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Autore: giamma21    26/04/2015    1 recensioni
Lavorare come investigatore privato può essere difficile, e Alexandra Mayer sta imparando velocemente che oltre la superficie della realtà si nasconde una fitta rete di inganni e bugie.
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lasciando la casa di Michael, Alexandra provò una strana sensazione. Sentiva che ci sarebbe ritornata. Una macchina della polizia superò la sua.
Poliziotti, pensò Alexandra. Non erano in grado di fare il loro lavoro per bene.
Lo testimoniava il caso di sua madre. Come può una donna sparire nel nulla, da un giorno all’altro? Come potevano esserci zero testimoni, e zero tracce?
Melissa Mayer non era una donna perfetta, e probabilmente era una pessima madre. Ma Alexandra sapeva che la sua condizione era complicata. Viveva distante dai genitori, e non voleva che la aiutassero economicamente. Questo si rifletteva sulla vita sua e di Alexandra, allora una bambina.
Non la amava per quello che poteva offrirle o no, ma la amava perché era sua madre. Il padre di Alexandra lavorava come barista giorno e notte, e ci metteva tutto se stesso per non mostrare alla figlia che la loro situazione era una catastrofe.
Poi cominciarono a circolare in casa persone strane, “amici della mamma”. Alexandra sapeva così poco, di come stavano le cose all’epoca, eppure aveva così tante domande. Nessuno aveva pensato che potevano essere state quelle stesse persone a far scomparire sua madre. Forse nessuno voleva pensarci.
Persa nei suoi pensieri, non si rese conto di aver raggiunto l’ospedale dove era ricoverata Margareth Sullivan.
 
La donna sedeva su una sedia a rotelle, guardava fuori dalla finestra della camera 103. La faccia era coperta da un enorme livido nero, e Margareth era tenuta insieme da qualche banda medica.
-Non ricorda altro?- chiese Alexandra, camminando avanti e indietro per la stanza stretta. Il suo orologio indicava le cinque del pomeriggio.
-Gliel’ho già detto. Se avessi ricordato qualcosa d’importante, lo avrei subito fatto sapere ai poliziotti, signora Mayer- rispose acidamente la donna.
Beh, Michael non mentiva.
-Signora Sullivan, ho la vaga impressione di non esserle molto simpatica, ma sono stata assunta dalla sua famiglia per scovare il suo aggressore, e mi pagheranno lo stesso per il servizio. Ora, può decidere di reagire chiudendosi in un guscio, oppure può beccare insieme a me chiunque le abbia fatto questo, e avere la sua vendetta-
Margareth si voltò, e guardò Alexandra parlare.
Prese un grande respiro, e tornò a guardare la finestra.
-Lei mi ricorda tanto me stesssa da giovane... Determinata, impavida. Ora mi guardi. Debole, indifesa. Jane è morta per colpa mia...- disse con voce tremante.
-Non s’incolpi, non lo faccia. Lei si stava difendendo- cominciò Alexandra.
-Sono una donna orribile, Alexandra, mi ha chiesto di essere sincera con lei, ma non riesco a trovare il modo per rivelarle un segreto di cui mi vergogno- replicò Margareth, sospirando.
-E’ il momento di parlare, Margareth. Io sono qui per ascoltarla, non per giudicarla- la rassicurò la ragazza.
-Io, avevo avuto dei rapporti... con il fidanzato di Jane, Michael- la rivelazione fu uno shock, un colpo improvviso nel petto di Alexandra.
-All’inizio era un semplice flirt, ma più tardi ci siamo entrambi ritrovati in una sorta di gioco passionale. Quando Jane ha cominciato a sospettare di noi, Michael ha voluto troncare i rapporti, e entrambi ci siamo alterati. Lì sono cominciate le lettere di minaccia. Credo che Jane le scrivesse. Lei e Michael erano in piena crisi, e persino io potevo avvertire che c’era qualcosa che non andava in lei- spiegò Margareth, lentamente, scandendo bene ogni parola.
Alexandra si era appoggiata al lettino della camera, e metabolizzava tutte le informazioni, facendo collegamenti mentali, costruendo ipotesi. L’immagine della ricca donna e dello scrittore, uniti in una tresca... chi era il colpevole di questa vicenda?
-Michael Sutton, la sera scorsa, come lo aveva trovato?- chiese poi, guardando Margareth.
-Stanco, nervoso. Era da parecchio, che non ci vedevamo...- rispose lei, cercando di non mostrare l’imbarazzo che provava.
-Margareth, un’ultima domanda. La collana, è stata rubata?-
-No, è al sicuro- disse la donna.
Ma non mi dire.
 
-
 
Quindi, l’assalitore di Margareth Sullivan, si è lasciato sfuggire una collana di inestimabile valore, dopo che aveva messo K.O. la donna? Che senso aveva l’attacco, se non di rapinarla? E Michael... oh, saresti dovuto essere sincero con me.
Non posso credere di essere stata così stupida con te. Fortuna che la amavi, Jane, eh?
 
La macchina di Alexandra parcheggiò fuori dalla casa di Jane e Michael.
L’Audi A1 era mancante, e si era fatto buio.
Alexandra suonò il campanello, ma nessuno rispose.
Si guardò intorno, in cerca di zerbini o sassi di dimensioni particolari. Nulla.
Dove tenevano le chiavi di casa?
Magari non ne hanno bisogno.
Alexandra girò la maniglia della porta, e questa si aprì.
-Non siamo molto prudenti, signor Sutton. Soprattutto con una ficcanaso come me, nei paraggi...- la ragazza entrò, e chiuse la porta alle sue spalle.
Prese il telefono e utilizzò la torcia per farsi strada nella casa.
Pile di libri dello scrittore giacevano sulla scrivania nello studio, seconda porta sul corridoio a sinistra.
Il computer al centro era illuminato.
Alexandra provò ad accedervi, ma era protetto da una password.
Digitò un numero sul telefono e chiamò.
Le rispose l’amico Bobby, di 28 anni. Probabilmente si trovava in ufficio, ad aspettarla.
-Ehi Alex, qualche novità? Non ti sei fatta più viva- disse lui, preoccupato.
-Ho grandi novità, ma al momento non posso proprio spettegolare con te sui gossip della media società, ho davanti il computer di un sospettato, ed è protetto da una password- spiegò lei, in un batter d’occhio.
-Perché ho la sensazione che non dovresti trovarti davanti a quel computer?- chiese Bobby.
-Ehi, la porta era aperta! Ora aiutami-
-D’accordo!- disse lui ridendo, -Riesci a collegare il computer alla rete del tuo telefono?-
-Diciamo che ci posso provare- Alexandra creò una connessione personale dal cellulare. Riaccese il computer e cambiò linea Wi-Fi, collegandosi alla sua.
-Ok, dovrei aver fatto tutto- concluse poi.
Bobby non rispose, poi dopo qualche istante parlò di nuovo.
-Sto hackerando il suo computer attraverso il tuo telefono, ci vorrà qualche minuto- spiegò, con voce stabile.
-Ho quasi finito, la password è veramente complicata- replicò Bobby.
Per quale motivo avere una password così difficile?
Improvvisamente una portiera sbatté fuori dalla casa.
Alexandra si voltò, e uscì dallo studio per guardare alla finestra.
Michael era tornato.
-Oh, merda... Alex- disse Bobby.
-Che succede?- chiese lei, osservando Michael raggiungere la porta d’ingresso. Lei tornò nello studio.
-Margareth Sullivan. E’ morta soffocata in ospedale- ribatté Bobby.
Il cuore di Alexandra si fermò. Prima non le importava che stava per essere probabilmente scoperta da Michael Sutton, ma ora che la sua amante era morta...
Alexandra corse nello studio, nascosta dietro al computer.
-Bobby, sono a casa di Michael Sutton. Chiama la polizia e mandala subito qui!- sussurrò, cercando di fare meno rumore possibile.
Il computer era stato hackerato, niente password!
-Cosa? Alexandra, che succede? Esci subito da lì!- esclamò Bobby, su tutte le furie, spaventato. Il telefono cadde abbandonato sulla scrivania.
Alexandra trovò come prima pagina l’indirizzo dell’ospedale dove era ricoverata Margareth Sullivan.
All’improvviso la corrente saltò. Alex lo capì dal simbolo di carica del computer, che cambiò in una “batteria”.
Era in trappola.
Fotografò lo schermo, e si diresse alla porta.
-Alexandra!- esclamò Michael, sul ciglio della porta. Lei si fermò prima di uscire, e si appoggiò al muro.
-So che sei in casa! Ho trovato la tua macchina di fuori!- la voce del ragazzo ora si stava muovendo. Non era più davanti alla porta, sembrava spostarsi in salotto.
-Immagino che i tuoi genitori non ti abbiano insegnato le buone maniere. Se qualcuno non risponde alla porta, non puoi semplicemente entrare!- continuò Michael. Andò nello studio, e trovò il computer aperto. Alexandra si era spostata nello sgabuzzino di fronte allo studio, situato dentro le scale.
-Hai visto la cronologia! Vuoi anche sapere dove mi trovavo un paio di minuti fa?- disse Michael, uscendo nel corridoio, -Sono andato a trovare la nostra amichetta, è stato piuttosto facile entrare senza che nessuno mi chiedesse niente. Mi chiedo dove si trovasse il Signor Sullivan e famiglia!- il ragazzo prese dalla tasca dei pantaloni una piccola pistola nera, e se la passo tra le mani.
La caricò, e Alexandra riconobbe il suono immediatamente. Era la pistola che teneva in macchina. Merda! E ora cosa faccio? Se esco da qui, sono alte le probabilità che quel moccioso mi spari. Alexandra, non ti dovevi cacciare in questo guaio. Se ora apre la porta, sono fregata. Ti prego, Dio, aiutami...
-Vogliamo continuare nascondino a lungo?- chiese ironicamente Michael, prima di spalancare la porta dello sgabuzzino. Puntò la pistola all’interno, ma Alexandra si era abbassata ad altezza stomaco e gli si gettò contro.
Michael sbatté contro il muro, e la pistola cadde per terra.
Lei fece per raccoglierla, ma lui la colpì con un forte calcio alla vita, spedendola ai piedi del divano in salotto.
Si rialzò velocemente e corse nella cucina collegata alla sala. C’era uno strano odore pesante, ma Alexandra non aveva tempo per annusare l’aria.
Cadde dietro un bancone di marmo verde, e si rannicchiò.
Michael, che nel frattempo si era rialzato dal pavimento con la pistola in mano, l’aveva seguita. La ragazza realizzò che il gas del forno davanti a lei era aperto. Allungò la mano per disattivarlo.
-Alexandra, basta giochetti!- gridò, mirando intorno con la pistola.
Alex si alzò dal suo nascondiglio e si mise in mostra.
-Sono qui, ti prego, abbassa l’arma Michael. Non ti servirà a niente spararmi. La polizia sta arrivando, non hai possibilità di farla franca- spiegò, con voce calma.
-Hai chiamato la polizia?! Lo possono fare gli investigatori privati?- chiese lui, ridendo sadicamente.
-Se spari ora, moriamo entrambi. Il gas si è disperso nella casa. Pensaci due volte, prima di fare qualcosa di cui potresti pentirti. Ricordi di cosa abbiamo parlato oggi? Jane...- Alexandra si muoveva a piccoli passi verso Michael, tenendo le mani sopra la testa.
-Jane è morta! Non è qui, non può soffrire o essere dispiaciuta- urlò lui, agitando l’arma.
Alexandra si preparò a compiere un’ultima follia.
-E’ arrivata la polizia, Michael- disse, indicando con la mano la finestra alle sue spalle.
Michael sgranò gli occhi, e si voltò a vedere, mantenendo la pistola puntata.
Alex si gettò sul pavimento, e rotolando verso di lui prese la bomboletta di spray al peperoncino che teneva nascosta negli stivali.
Quando Michael ebbe il tempo di rendersi conto della mossa, lei gli spruzzò un’onda del liquido dritta in faccia. A terra, sotto di lui, gli calciò il braccio con cui teneva l’arma. Michael sparò un colpo, e urlò dal dolore. La pistola volò lontana. Il gas si era piano piano dissolto, ma una fiamma si accese comunque sulla cucina, danzando nell’aria.
Alexandra si alzò e trascinò Michael, che si sfregava nervosamente gli occhi, fuori dalla casa. Fuori era buio pesto. Superarono il portico, e in quel momento l’onda d’urto di un’esplosione li fece volare entrambi sul prato del giardino.
   
 
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