Noticine piccole e carine
(?)
Dunque, ecco il secondo
capitolo… se vi aspettate
Gallavich a gogò, avrete brutte notizie, ma
arriverà *parte in sottofondo la
canzone dei Modà feat. Emma* Spero piaccia il piccolo
approfondimento sul nuovo
pg e che Mick sia realistico nel suo pov. Il prossimo sarà
pov Ian e quindi ci
sarà un po’ più di Gallavich, sempre
approfondendo l’OC, naturalemente.
Ciao e buon capitolo.
Fuckin
speakin
russian!
Sono tre giorni che si
sono piantati in casa mia, la poca
acqua calda del mattino è già finita quando mi
sveglio, i pan cake sono sempre
appena fatti e Ryan è sempre più mortificato. In
tutto ciò, “Cas” (che non si
è
ancora degnato di dirmi il suo nome per intero, anche se ormai comincio
a
sospettare quale sia! Cassidy, ovviamente!) è riuscito a
farmi saltare i nervi
diverse volte: la sua strafottenza non mi piace, è come se
tutto gli fosse
sempre dovuto, non fa un cazzo dalla mattina alla sera tranne consumare
l’acqua
calda, il mio di cibo e il mio divano. Perché
se lo può scordare che lo
faccia entrare nella ex camera di Mandy, loro se ne andranno, questo
è quanto!
E tutte le allusioni di Ian al fatto che rimarrà vuoto
ancora per un po’, che
quando c’è Yev non sarebbe il caso che stessero in
mezzo al corridoio non serviranno
a nulla. Non voglio che si metta comodo, non voglio che resti qui.
Ora penserete che con la
famiglia e soprattutto il padre che
ho avuto io, un nuovo stronzetto da gestire sia il meno… e
vi potrei dare anche
ragione, ma dopo quello che è successo ieri,
compirò un omicidio a breve.
Ieri era lunedì
e come al solito, Svet ha pensato di
arrivare senza preavviso, senza bussare e senza la minima idea del
fatto che
avrebbe trovato due tizi che facevano un’ottima imitazione
dei conigli in
calore sul sofà. Ora, da una madre normale ti aspetteresti
che esca urlando e
copra gli occhi del suo tenero bambino… ma quando mai?! Lei
è rimasta lì,
dicendo qualcosa in russo a Yevgeny e fissandoli come se niente
fosse… e
sorrideva. Non è stato difficile spiegarle
l’accaduto, quando Ian ed io ci
siamo svegliati, complicato è risultato non ridere in faccia
al povero Ryan che
ha cercato di scusarsi in tutti i modi e si è offerto di
andare a fare la spesa
per il bambino, di cambiarlo… ci mancava poco che
l’adottasse a tempo pieno pur
di farci un favore. Il biondo invece ha fatto spallucce come se fosse
una cosa
da tutti i giorni
accoppiarsi davanti a un
bambino di poco più di un anno e si è limitato a
chiedere se Svetlana fosse
russa, a un suo cenno affermativo, ha cominciato una conversazione in
cirillico
compiuto, lasciando persino Ryan basito. Credo sia stato il momento in
cui gli
ho sentito dire più parole, anche se per come è
complicato il russo, avrebbe
potuto dire “ciao” usandone quaranta.
Svet è sembrata
entusiasta della novità: neanche avesse
trovato il suo nuovo migliore amico gay
e mi ha mollato Yev in braccio, mentre si tuffava a pesce in una
conversazione
in lingua madre. Credo le mancasse parlare in russo, in particolare da
quando
Nika è sparita nel nulla e lei vive nel piccolo appartamento
sopra il bar di
Kevin: era ovvio che la convivenza non sarebbe durata a lungo,
all’inizio
poteva anche essere divertente, ma quella dei Ball-Fisher è
una famiglia e la
russa non centrava.
Ammetto che mi ha dato un
po’ sui nervi che andassero così
d’accordo,
io con Svet avevo litigato, ci eravamo minacciati e avevo dovuto
sbattere la
verità in faccia al mio fottuto padre, prima che ci andassimo
a genio, invece
con quel figlio di buona donna erano rose e fiori dal primo momento;
all’inizio
avevo provato a convincermi che lo stesse insultando nel peggiore dei
modi, ma
quando i due scoppiano a ridere mi arrendo all’evidenza e
inizio ad occuparmi
di mio figlio.
E che sarà mai?
Direte voi e avete ragione, Svet ha trovato
un amico con cui parlare in russo, buon per lei!
Il peggio arriva, quando
torno dal lavoro: ormai è da un po’
che sono pulito e faccio il semplice autista di un furgone per una
ditta nella North
Chicago e mi trovo anche bene, la paga non è
granché , ma con Ian che lavora quasi
a tempo pieno come barista di giorno e solo due notti alla settimana
come
ballerino al Fairy Tale ce la caviamo. Appurato ciò, so che
qualcuno dovrà pur
essere a casa con Yev mentre Svet cerca una nuova acquirente per la
sforna-bambini, però incrocio le dita fino
all’ultimo sperando che non sia
finito nella mani del finto-russo. Ovviamente la fortuna dalla mia non
è mai e
quindi appena entro in casa li vedo: Yev sul seggiolone che gorgoglia
qualche
cosa che mi sa di russo e il biondino che parla alla
velocità di una cazzo di mitragliatrice,
mentre pulisce una pistola… e mi fermo, immobile in mezzo
alla stanza, neanche
chiudo la porta, registrando che quel tizio ha un’arma in
mano e si trova a
circa 20 centimetri da mio figlio. Non mi accorgo che
l’antina dove tengo pistole,
coltelli e tutto il resto è ancora chiusa con il lucchetto ma
urlo: “Che cazzo
fai, coglione?!” In due passi lo raggiungo e gli strappo dalle
mani l’arma. “Mi
rubi le cose e le punti addosso a mio figlio?!” Non faccio in
tempo a finire la
frase che mi è addosso. Mi ritrovo schiacciato tra il muro
con la sua faccia a
un centimetro: una mano mi chiude la gola e l’altra mi sfila
l’arma. Poi la
quiete, mi lascia, io ancora faccio fatica a respirare e lui ritorna,
come se
nulla fosse, a lucidare il cane.
Poi finalmente lo sento
dire una frase intera in una lingua
che capisco: “Guardati intorno, bello. Il tuo
armadietto-armeria è chiuso, non
che ci avrei messo molto a forzarlo, ma ho le mie.” Fa un
cenno del capo al
borsone nero che fino ad ora non avevo notato e che deve contenere le
sue cose.
“Senti un po’…” continua ,
sembrando in vena di parlare anche con il sottoscritto per una volta.
“La pistola è
scarica, solo un idiota si metterebbe a pulirla con i colpi
dentro.” Mi sento
insultato come ogni volta che si rivolge a me, ma non do peso alla
cosa, avvicinandomi
a Yev che salta contento sulla sedia. “Difficilmente,
potrebbe essere una delle
tue comunque… questa l’ho fatta io!” Deve
intercettare il mio sguardo perplesso perché
ci pensa un po’ su e poi spiega: “Io progetto armi,
disegno e finanzio i
prototipi,se poi funzionano come dovrebbero le vendo ai privati o anche a
sotto
banco ad altri paesi, mi è capitato anche
all’esercito delle volte, ma quelli
hanno la puzza sotto il naso e sono convinti che debba fargli un prezzo
di
favore per senso di patriottismo!” Ghigna e mi accorgo che
forse l’ho un po’
sottovalutato, se prima mi sembrava un figlio di papà senza
soldi, ora non
riesco a farmi un’idea di chi sia. So solo che quando mette
via la pistola e si
avvicina a Yev, dicendo due parole in russo, mio figlio sembra felice
di stare
con lui e questo mi fa incazzare.
Forse sì! Sono
geloso di mio figlio e che anche un po’ di
Svet e non voglio che lui resta nelle nostre vite perché
sembra essere tutto
quello che non sono e non sarò mai io. Nel momento esatto in
cui penso questo,
entra nella stanza, mentre il tizio del meteo alla televisione ci dice
che
continuerà a piovere, saluta Svet, da un cinque a Ian, un
buffetto a Yev e mi
fa un cenno con il capo, poi dà un'occhiata veloce allo schermo del cellulare e esce di casa. E dovrei dire che abbiamo fatto dei passi
avanti visto
che non mi ignora più. Mi fa cambiare idea, nel momento in
cui sento Svet
ridere e dire qualcosa in quella lingua strana che comincio a voler
bandire
dalla casa. La raggiungo davanti alla finestra, seguito da Ian e
lì, in mezzo
alla strada, fregandosene di tutto e di tutti, Ryan e
“Cas” si baciano sotto la
poggia come se fossero i protagonisti di un film. La gente passa:
alcuni
ridono, altri li sorpassano svelti, ma loro sembrano non vederli.
È quando Ian
mi abbraccia da dietro e mi dà un bacio sul collo e Svet
dice: “Esistono
checche con palle!” che mi accorgo di vergognarmi di non aver
avuto il coraggio
che ha lui in questo momento, semplicemente di non aver mandato a
fanculo tutti dal
primo momento. E non mi importa se non so nulla della sua storia, forse
non
voglio neanche sapere ciò che ha passato…
dopotutto finché non ti sbattono in
verità in faccia puoi far finta che quelli che odi siano solo
stati più fortunati di
te.