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Autore: zorrorosso    27/04/2015    0 recensioni
Ritornando dalla Louisiana, Elwood crede di essersi perso, per poi invece arrivare ad un'altra lenta conclusione: qualcuno lo sta cercando.
***Specifica contenuti forti: linguaggio.
Genere: Commedia, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Pt.2 
Fuori Servizio

 

Ore 3.33.

Non poteva essere certo quell’ora.

Era già giorno fatto ed il sole coperto da nubi. Elwood controllò il vecchio telefono cellulare che teneva sotto il sedile dell’auto, ma la batteria era esausta da diverso tempo.

L’autostrada attraversava la distesa senza incontrare edifici. C'era solo il cartello di una stazione di servizio a poche centinaia di metri. L'orizzonte si abbassava verso un avvallamento che non rendeva visibile neppure l’edificio segnalato..

Dietro di loro, nessuna auto.

La lunga coda delle auto della polizia era sparita.

Controvoglia, Elwood scese e cominciò a spingere la macchina in direzione del segnale stradale, incontrando presto la discesa e subito dopo il tetto, di un rosso sbiadito, dell'area di servizio poco piú in basso. Detestava camminare, così cominciò a correre per prendere la velocità ed appoggiare i piedi sul paraurti con leggerezza, specialmente durante le discese. Sentì le sue gambe agili come lo furono un tempo, prima di quando l'ora d'aria e la pausa pranzo erano gli unici momenti per distenderle, un certo senso, si sentì come ringiovanito.

Il posto sembrava deserto e su tutte le pompe di benzina pendeva un cartello scritto a mano. ”Fuori servizio”.

Ne provò una, sperando che ci fosse dentro ancora della benzina, ma era completamente vuota: il bocchettone risucchiò l’aria con un sospiro roco.

Si avvicinò alle casse per capire quello che stava succedendo e non c’era nessuno. Tuttavia il negozio era pieno di accessori e strumenti per auto, bevande, cibo e qualsiasi altra cosa di cui avessero avuto bisogno, alcune taniche di carburante per piccoli macchinari a motore, giacevano sotto il bancone. Mancavano soltanto persone a cui chiedere informazioni.

Neanche la cassa era aperta.

Non c’era elettricità, ma notando tutto in un ordine sommario e la leggera frescura del condizionatore ancora nell’aria, sembrava che il negozio avesse subito un black-out solo momentaneo.

 

Sul bancone notò una specie di pistola, però non era un’arma, lui lo sapeva. Se ne ricordava. Ovvero, ricordava di aver avuto un arnese simile in precedenza. Osservò lo strano oggetto con un vago sorriso e sparò due colpi in direzione del registro di cassa.

Niente.

Il grilletto non affondava del tutto, come bloccato da qualche cosa.

La puntò verso di lui e controllò accuratamente la canna. Da quell’arnese a molla, sarebbero dovute uscire delle monetine o dei gettoni per il telefono pubblico al posto dei proiettili, ma qualche cosa era incastrato al suo interno:

nella fessura in corrispondenza dell'uscita, c’era un foglietto giallo con una grafia un po’ elementare, tuttavia composta da chiare e grandi lettere.

 

Come and find me.

X

P.S. Don’t get yourself in trouble!

Beware the motorhead! Don't ever talk to the motorhead!

 

Erano anni che non leggeva quel tipo di scrittura.

Sovrapposto su quel biglietto, ricadde piegato un altro foglietto più chiaro.

Diecimila dollari. Diecimila.

Uno e quattro zeri. Non un centesimo di meno.

L’assegno, anche quello già visto in precedenza, era decorato con fini onde azzurre e stampe nere, era stato emesso dalla Clarion Records ed era intestato a lui personalmente, da una banca di cui non aveva mai sentito nominare.

Si guardò attorno e lo mise lentamente in tasca, nessuno era presente.

Sparò un’altra volta un colpo verso la serratura della cassa, che si aprì automaticamente all'urto, piena di banconote. Sicuramente dollari, ma un sorriso nervoso trapassò i suoi denti quasi subito: tirando fuori una banconota da cento, notò il ritratto di un giovanissimo Eddie Floyd al posto di Benjamin Franklin.

"Ed?"- sussurrò tra se, ricordando il loro incontro di qualche tempo prima.

Pensò fosse uno scherzo e che quelle fossero tutte banconote false.

A parte lo strano particolare, il colore e la consistenza sembravano quelli di una banconota normale: volendo sarebbero potute passare come banconote normali, piegate o arrotolate. Ne prese alcune, per poco meno di mille dollari e quasi solo per diletto. Non si aspettava di certo che qualcuno potesse cascare a quello scherzo di cattivo gusto.

Raggiunse di corsa la Ford e guardò all’interno, notando Buster ondeggiare armonicamente la testa al suono di musica della radio.

“Mh...”- disse voltandosi di scatto e notando come Elwood lo stava osservando da fuori, ancora perplesso.

Aprì lo sportello con confidenza e gli fece cenno di entrare.

La radio trasmetteva una canzone di Otis Redding in chiusura. Subito dopo ne partì un’altra, sempre sua, senza nessuno spazio pubblicitario. Buster cambiò canale più e più volte, ma Otis era quasi esclusivamente l’unico cantante di tutti i pezzi, famosi o meno.

“Arrivato nessuno? La Band? Cab e Mac?”- il ragazzino scosse la testa senza rispondere.

Usando le piccole taniche che aveva trovato al bancone, Elwood fece il pieno dell'auto e si sedette in attesa al posto di guida nella speranza che i loro amici lo raggiungessero prima della polizia. La radio perse lentamente il segnale, gracchiando in un suono strano e poco dopo lo riprese.

Ad un jingle pubblicitario seguì una voce familiare con un accento vagamente del Sud:

“Questo programma è presentato dalla vostra casa discografica! Clarion Records! La trovate sempre aperta e al vostro servizio al numero 055-44-863! Ed è tutto dal vostro DJ, Tom Malone!”.

“Figlio di... Non puo essere! Era proprio dietro di noi!”- Elwood censurò brevemente le sue parole e guardò Buster, che alzò le spalle altrettanto spaesato da quella voce".

 

***

 

“Chi è Tom? Chi cazzo è Tom?”- i denti di Andrew spuntavano rabbiosi dalle labbra arricciate come quelli di un cane.

Abbaiò verso Ira, con un tono più aggressivo della sua solita post-sbornia mattutina.

A quel baccano, Edou si voltò dal bancone del Bar, dove aveva appena finito di sistemare gli ultimi bicchieri asciugati.

“Kaaaals”- disse lentamente, facendo cenno all’uomo di avvicinarsi.

Lui stava lavando il pavimento con indifferenza e, insistendo sui suoi richiami, lo guardò con fare interrogativo, poi volse lo sguardo nella stessa direzione.

Ira era tornata per presentare le dimissioni ad Andrew, ma la situazione stava lentamente degenerando sull’irascibilità di Andrew. Non guardò la prima lettera e tirò fuori dalla tasca qualche cosa, come se la giovane donna avesse commesso un crimine molto grave, qualche cosa di indicibile e questo Tom fosse solo un pretesto per confrontarla.

“Chi è Tom? A cosa cazzo si stava riferendo Andrew?”- si chiese Ira con lo stesso tono, osservandolo impazzire e sbraitare ancora più forte.

 

“Thomas Malone, musicista... Musicista?! Che cazzo vuol dire?”- Andrew scandì lentamente le parole scritte su un biglietto da visita che teneva con due dita, alzando il mignolo ed imitando un goffo accento inglese.

“Di cosa stai parlando? Chi ti ha dato quel biglietto?”- chiese Ira, strappandoglielo dalle mani.

 

“Un tizio moro, capelli ricci, occhiali da sole, jeans e un gilet nero, finto accento inglese. Chiedeva di te. Lo conosci?"- aggiunse Jeanette con tono serio. Le sue lunghe ciglia si abbassarono e rialzarono con indifferenza allo stesso modo di quelle di una bambola.

“Bones! Certo che lo conosceva”- pensò Ira tra se mentre prese il biglietto da visita in silenzio e lo osservò con un mezzo sorriso.

"Chi cazzo è Tom?"- ringhió di nuovo Andrew.

"Nessuno. Fatti gli affari tuoi!"- sbottò lei allontanandosi.

Kals ed Edou guardarono tutta la scena incuriositi dal baccano, Andrew si rivolse a loro con un’espressione sprezzante:

“Che cazzo avete da guardare?”- in un primo momento, i due si lanciarono un'occhiata d'intesa e solo ad una seconda occhiata fecero finta di voltarsi e tornare a lavorare.

Ira fissò l’uomo, preparandosi un discorso dalle parole grosse, nell’intenzione di difendere i suoi amici da quell’aggressività gratuita, ma lui la fermò prima che potesse cominciare.

 

“Scordati la liquidazione!”- disse puntandole nervosamente un dito addosso.

“Sei tu l’idiota che si è sempre bevuto e vomitato tutte le serate! Se non hai i soldi per pagarmi non è certo colpa mia!”- ribatté lei, arrabbiata allo stesso modo.

Jeanette si mise tra i due e scostò Ira verso l’entrata, cercando di rimanere calma. Era difensiva, ma questa volta non sembrava disturbata dal comportamento di Andrew come al solito. In quel caso, esattamente, la sua espressione non era affatto facile da interpretare

 

“Ira: sono spariti 10.000$”- disse scandendo ogni singola parola con attenzione. Ira sgranò gli occhi, sorpresa. Al Pub non si vedevano somme simili dai tempi in cui Andrew era sobrio, forse non avevano mai visto tanti soldi tutti insieme da molto prima.

“Diecimila dollari? E da dove?”- chiese improvvisamente.

“La band ha ricevuto un anticipo dalla casa di registrazione. È stato firmato un contratto, si inizia dalla prossima settimana. Pensavo che Andrew te l’avesse detto... Forse è per questo che ha deciso di intestare a me l’assegno...”- disse Jeanette in tono pensieroso, voltando meccanicamente lo sguardo verso lui e Lynn, che discutevano accanitamente tra di loro, indicandole.

 

“Andrew non mi ha detto niente. Mi ha detto di tenere i piedi per terra e di stare al Bar, che non c’era più speranza nella musica... Che la nostra non era roba che andava di moda... Credevo fosse tutto finito, Jeanette!”- disse Ira con delusione.

“Non è una ragione per prendere quell’assegno dalle tasche di Andrew senza essere autorizzata... Sono i soldi di tutti...”- commentò in tono difensivo. Le sue lunghe ciglia sventolarono più volte e riaggiustò il trucco con la punta delle dita, si distrasse per qualche secondo guardandole tremare.

“Jeanette... Devi credermi! Ti ho mai mentito?”- disse Ira, confusa, passandosi una mano sulla fronte.

Non aveva idea di quello che stava succedendo al Pub e, negli ultimi giorni, aveva solo pensato a trasferire le sue cose dall’appartamento di Andrew. Niente assegni, niente contratti, niente soldi... Niente casa. Solo un letto nel soggiorno di un bilocale che conteneva tre giovani adulti cresciuti, troppo vecchi per vivere ancora in famiglia, ma troppo poveri per avere una stanza per conto loro. Kals ed Edou dormivano ancora in un letto a castello come se avessero avuto otto anni.

Diecimila dollari... Oh se li avesse presi lei avrebbe già riscosso l’assegno ed avrebbe affittato un vero appartamento. O almeno uno con il bagno.

Ira guardò il volto contrito di Jeanette

“Posso sapere per quale ragione non me lo avete detto?”- disse cercando di mantenere la calma.

“Andrew non voleva...”- la voce accomodante e meccanica di Jeanette di fermò proprio come se la molla di una bambola parlante avesse smesso di girare.

“La tua musica fa schifo, Ira, ha sempre fatto schifo!”- urlò Andrew dall’altra parte della sala, Lynn cercò di trattenerlo, ma lui strattonò il braccio ed in un lampo la fronte leggermente sudata di lui toccava il suo volto, mentre con gli occhi rotondi e furiosi avrebbe voluto spellarla viva.

“Almeno dimmi che non te la fai con uno di questi due!”- ribatté volgendosi verso il bar. Kals ed Edou alzarono la schiena, sorpresi di essere presi in causa senza ragione.

Ira si tirò subito indietro ed esitò: per lui quello fu un chiaro segnale. Infuriato, sputò sul pavimento a pochi passi dal bancone del Bar.

I due si guardarono un’altravolta, accendedosi lentamente.

“Questo è troppo!”- sbottò Edou nello stupore.

“Signor Sterk, i-io ed il signor Lowbless non siamo d-dei burattini! Ci...”- balbettò nervosamente Kals.

“...Ci licenziamo! Io ed il signor Jeabou siamo fuori di qui e non ne vogliamo sapere più nulla! Adios!”-  Edou completò la frase guardandolo con la stessa espressione furibonda e gli gettò lo straccio addosso.

Kals ondeggiò un gomito e lo oltrepassò con altrettanta indifferenza per abbassarsi all’orecchio di Ira.

“Forse faresti meglio ad uscire con noi, adesso...”- gli sussurrò in un orecchio.

Lei si voltò verso le due figure che si stavano allontanando, lanciò un cenno di saluto a Jeanette e raggiunse i due con una lieve corsa.

Senza soldi e senza lavoro.

 

Edou incrociò le braccia. Le sue spalle prendevano largamente la sedia del café in fondo alla strada, aperte, aveva una posa impettita. Le narici emettevano lentamente aria, ritornando alla normalità.

“Spiegami!”- disse veloce, alzando di i piedi sul tavolo come se fosse nel salotto di casa sua.

“Non c’è nulla da spiegare. Andrew se la fa con Lynn. Ha cominciato a trovare scuse per non farmi suonare e farmi stare sempre al Bar con voi. Cosa devo spiegare?”- disse Ira distrattamente.

“Sai suonare?”- chiese Kals, quasi lamentandosi.

"Ottoni. Voi?”- disse lei freddamente.

"Armonica. Edou cantava. Ci sa fare quasi quanto Andrew. Credevo ci avesse assunto per quello...”- rifletté Kals, normalizzando la voce.

“Quanto Andrew?”- sbottò Edou in disappunto.

“Giusto... Non vi sareste dovuti sposare?”- chiese Kals, quasi conoscendo la risposta.

 

“Come la vedi?”- chiese lei in tono retorico.

Kals scosse la testa.

“Al colloquio...”- cominciò a bisbigliare poco dopo, quasi sommessamente portando un gomito sulle lunghe ginocchia con un sospiro malinconico.

“No, spiegami come cazzo fai a conoscere Malone. Devi farci avere una gig con lui!”- incalzò Edou a voce alta e con impazienza.

“Beh, siamo senza lavoro e ti abbiamo appena parato il culo con Andrew: presentarci Malone è il minimo che possa fare per noi!”- commentò Kals con toni più ragionevoli.

 

Ira abbozzó un sorriso ripensando a Bones, era un tipo gentile, gli occhi grandi e le sopracciglia spesse. Alto, magretto, forse per questo lo chiamavano tutti Bones, ma non se lo era mai chiesto prima di quel momento. Si erano conosciuti in chiusura, come capitava spesso ultimamente, era rimasta troppo tempo senza suonare e si era messa ad allenare le labbra per timore di non ricordare più l’intonazione.

Un ronzio a lui piuttosto familiare, quello per l’intonazione degli ottoni leggeri. Bones l’aveva interrotta, l’aveva corretta, le aveva chiesto di ripetere il ronzio in un’altra intonazione e di presentarsi alla sua casa discografica il mattino dopo.

Le aveva offerto una bella lezione e fatto provare alcuni dei suoi ottoni più pesanti, con vaghezza, le aveva accennato a come potesse aver avuto talento, se avesse trovato il modo di allenarsi e qualcuno che le insegnasse.

Tuttavia lui non si era offerto personalmente di essere il suo insegnante e non le aveva lasciato un numero di telefono. Dopotuttoo lei non l’aveva chiesto. Sapeva dove trovarlo.

In silenzio, Ira prese la birra dal vassoio appoggiato sul tavolino e la bevve con cautela, fissando lo sguardo verso la strada in un vago imbarazzo.

 

Una strana Ford dalla targa illeggibile passò proprio di fronte a loro.

 
  
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