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Autore: FlyingBird_3    27/04/2015    3 recensioni
Berlino, 1938
La capitale tedesca è in fermento, viva più che mai grazie alle abili mani dei gerarchi nazisti; tra le sue strade però, le persone comuni svolgono la vita di tutti i giorni.
Tra queste vi è Gerda, una giovane ragazza berlinese amante della moda e della libertà; la sua routine quotidiana è scandita dal lavoro, da feste e chiacchiere con le amiche.
Tutto sembra perfetto finché un giorno, improvvisamente, fa la sua ricomparsa un’importante figura nella vita di Gerda: Andreas.
Andreas Lehmann è un ragazzo tutto d'un pezzo, reso una proiezione di sé stesso grazie ai tempi della dittatura; all’apparenza è freddo, distaccato dai rapporti umani, dedito solo al lavoro. Ma dietro la sua corazza, nasconde un passato di sofferenze e dolore che solo l’amore più sincero può guarire.
I due, amici dall'infanzia, si rincontreranno così dopo molti anni, scoprendo che non c'è via di fuga al loro destino.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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Il martedì seguente non dovetti prepararmi per andare a lavoro perché ci sarebbe stato il matrimonio di Beth.
Mi svegliai un po’ di controvoglia quella mattina: mi trascinai davanti alla toeletta e mi bagnai il viso con l’acqua ghiacciata, rabbrividendo. Optai per un tailleur blu scuro in lana e un paio di calze nere, dato che iniziava a fare abbastanza freddo.
Diedi un tocco di nero alle ciglia e ridisegnai le sopracciglia; ravvivai i capelli che avevo arricciato la sera prima e fui pronta per scendere al piano di sotto.
In cucina trovai mamma che preparava una sostanziosa colazione; ci salutammo, dopodiché la stanza ritornò nel silenzio. Da quando ero tornata tardi la domenica prima, non ci parlammo più molto: io mi ero presa una bella ramanzina, una di quelle che te le ricordi per un bel po’, e mia madre si offese perché pensava avessi tradito la sua fiducia. Per fortuna non aveva detto niente a papà, lui non avrebbe perdonato il fatto che abbia passato così tanto tempo a casa di un uomo, nemmeno se quell’uomo era una persona di sua conoscenza.
Ma, comunque, avrei dovuto parlargli prima o poi; cosa avrei dovuto dirgli? È tornato Andreas e me ne sono infatuata come quando ero ragazzina?
Mi bloccai improvvisamente con la mano, che sorreggeva una fetta di pane, a mezz’aria: forse non avevo mai smesso di amarlo. Era plausibile anche dopo tutto il tempo trascorso?
Forse non era amore, forse era solo trasporto momentaneo. Attrazione fisica.
Sospirai, tornando alla mia fetta di pane: in ogni caso, mi ero ripromessa di non pensarci su troppo.
 
*
 
Arrivai in centro circa venti minuti più tardi; trovai Jutte che -come d’accordo- mi aspettava sulla piattaforma della metropolitana. Per quello che riuscivo a scorgere da sotto il cappotto anche lei indossava un tailleur, ma beige, con vistosi orecchini che le risaltavano il biondo perfetto dei capelli; uscimmo insieme nel freddo autunnale, che sembrava fosse arrivato prima quell’anno. Ci dirigemmo con calma verso lo stabile descritto da Beth, lottando contro il vento avverso.
< < Allora con il tuo uomo come sta andando? L’hai finalmente perdonato? > >
Dopo tutti gli avvenimenti che si erano susseguiti la settimana prima, mi ero completamente dimenticata di aggiornare le mie colleghe sulle novità. Descrissi così a Jutte quello che era successo la domenica precedente, tralasciando il fatto che ero stata quasi ubriaca.
< < Sei scappata dopo averlo baciato? > > disse, sorpresa.
< < No, non sono scappata! Abbiamo dovuto fermarci perché ha ricevuto una telefonata. È andato in un’altra stanza e non è più uscito... Era troppo tardi per rimanere, sarei andata via in ogni caso > >
Jutte non rispose, sistemandosi il cappotto nel riflesso di una vetrina mentre aspettavamo di attraversare la strada trafficata.
Dopo qualche minuto arrivammo finalmente al punto d’arrivo: un’enorme ed imponente palazzo dominava completamente la piccola via in cui era collocato; sulla facciata sventolavano le solite sgargianti bandiere dalla croce uncinata.
All’entrata venimmo subito accolte dalla numerosa famiglia di Beth, portandoci in una grande sala dove il futuro marito di quest’ultima la stava aspettando assieme al funzionario che li avrebbe sposati.
Ci accomodammo su delle sedie dietro i parenti di Beth, aspettando che lei facesse la sua entrata; a mano a mano che il tempo passava, sentivo crescere dentro di me una strana sensazione.
< < Si può sapere cos’hai? > > disse Jutte.
Io mi avvicinai al suo orecchio, in modo che solo lei mi potesse sentire.
< < Sono un po’ agitata. L’ho sempre vista come una bambina, venire al suo matrimonio è un po’… strano. Mi sembra che il tempo stia passando in fretta. > >
La cosa che mi stava facendo riflettere era che eravamo entrambe senza marito e Beth invece, nonostante fosse molto più piccola di noi, era pronta a farsi una famiglia.
< < È così che va la vita. C’è chi ha tutto subito, e chi deve aspettare tempo > >
La sposa entrò qualche minuto dopo, fasciata in un semplice abito bianco che faceva risaltare i suoi ricci neri.
La cerimonia fu corta e per i miei gusti troppo fredda e burocratica; quando uscimmo dallo stabile per vedere gli sposi andarsene, all’improvviso sentii una stretta allo stomaco.
Nonostante Beth non voleva unirsi a quell’uomo, quel giorno sembrava davvero felice; un sorriso abbagliante e due occhi allegri riempivano il cuore di chiunque incrociasse il suo sguardo.
Una lacrima rotolò giù per la mia guancia quando la vidi partire, salutandoci da lontano con la piccola mano.
 
*
 
Beth sarebbe mancata per un’intera settimana da lavoro, così quel venerdì sera io e Jutte cambiammo un po’ i programmi, andando in uno dei bar più divertenti di Berlino: il Resi Bar era speciale, perché all’interno ogni tavolo aveva un telefono con cui ci si poteva mettere in contatto con altri tavoli.
Lilian ci aspettava già sul posto; un cameriere dal forte accento del sud ci portò nella sala principale, dove dopo pochi secondi, scorsi la sagoma della mia amica.
Passammo un migliaio di tavolini rotondi che riempivano tre quarti del posto; un bar serviva i clienti ed uno sfondo teatrale aspettava i suoi attori per intrattenere il pubblico.
Lilian ci salutò con fare annoiato, fumando distrattamente una sigaretta; quando le presentai la mia collega la sua espressione non cambiò di molto, e questo era un brutto segno.
Conoscevo bene la mia amica, e se rimaneva con la testa fra le nuvole per tutta la sera significava che aveva qualcosa d’importante a cui pensare.
< < Hanno già chiamato due volte, per carità non ne posso più! > > disse, liquidando il discorso con un gesto della mano.
Jutte mi guardò con espressione stranita, e andò a prendere da bere; io colsi l’occasione per chiedere a Lilian se andasse tutto bene.
< < Ho appena litigato con Joseph, e quindi non è la serata giusta per parlarne. Voglio solo pensare a divertirmi > >
La guardai scuotendo la testa.
< < Come fai a divertirti se hai quell’atteggiamento scontroso? > >
Lei non rispose, prendendo in mano il drink che erano appena arrivati.
Non passò molto tempo prima che Lilian iniziasse a bere troppo ed essere completamente brilla: stava parlando con dei giovani che ci erano venuti a trovare al tavolo e ad un certo punto monopolizzò completamente la conversazione, lasciando me e Jutte nel completo imbarazzo.
< < Ne devi fare ancora di strada per poter arrivare ad una come me ragazzino. Forse lei potrebbe fare al caso tuo, è volgare abbastanza > > disse con superiorità, indicando Jutte.
Lei fece per ribattere, ma io fui più veloce.
< < Si può sapere che ti prende? > >
Lilian mi guardò con sguardo innocente.
< < Siete voi due che siete noiose stasera > >
< < La tua amica dovrebbe imparare a chiudere la bocca > > disse Jutte, come al solito senza mezze misure.
La vidi raccogliere le sue cose ed allontanarsi, e a nulla servirono i miei tentativi per convincerla a rimanere.
I giovanotti che erano seduti al nostro tavolo si dileguarono silenziosamente, lasciandomi da sola con Lilian.
< < Se non mi dici che cosa hai giuro che me ne vado anch’io > > dissi, cercando di essere il più minacciosa possibile.
< < Joseph mi ha lasciato > > disse, semplicemente.
< < Perché? > >
Lei mi guardò con sguardo assente: sembrava completamente annebbiata dall’alcool, o da qualunque altra cosa avesse ingerito.
< < Perché ho passato la notte con Stephan > >
L’unico Stephan di cui avevo memoria era l’amico invadente di Andreas. Quello che l’aveva invitata alla festa… in pochi secondi collegai il tutto. Ma come aveva fatto Lilian a cadere nella rete di quel pallone gonfiato?
< < Cosa intendi per passare la notte…? > > dissi, pregando che non intendesse quello che stavo pensando.
< < Oh Gerda, lo sai benissimo cosa intendo. Mi aveva invitata alla sua festa, e alla fine sono rimasta con lui fino alla mattina dopo. Lui è così… perfetto. Bravo, intelligente e bellissimo… gli piace stare in società e uscire tanto quanto me. Sembriamo veramente fatti l’uno per l’altra > >
Presi un profondo respiro prima di risponderle con qualcosa che la facesse tornare con i piedi per terra.
< < Lilian… questa frase l’avrò sentita almeno un centinaio di volte. Io ti voglio bene, ma non puoi lasciarti trascinare dai sentimenti in questo modo. Perché se non sei più interessata a Joseph eri così scontrosa stasera? Ti dispiace che ti ha lasciata? > >
< < Joseph non c’entra niente. Ero solo pensierosa perché non ho più sentito Stephan da quella sera > >
Chiusi gli occhi, mentre pensavo che era accaduto proprio quello che avevo immaginato.
< < Mi dispiace Lilian, ma questo non è una giustificazione per offendere le mie amiche oppure ubriacarti in questo modo > >
Lei sembrò risentirsi del mio commento, guardandomi con espressione offesa.
< < Ma guarda un po’! Uno vorrebbe un aiuto dalla propria amica, ed invece ha solo critiche! Beh sai cosa ti dico? Neanche la tua vita sentimentale è perfetta. Il tuo caro Andreas è un frequentatore del Salone Kitty, e sai cosa vuol dire > >
Spalancai gli occhi, sentendo una morsa allo stomaco.
< < E tu come fai a saperlo? > >
La vidi scolarsi l’ultimo bicchiere, non riuscendo nemmeno a stare seduta sulla sedia.
< < Me l’ha detto Stephan. Quindi mia cara, scordati di poter avere uno come lui. Di certo non sarà mai interessato a te dopo tutte le bellezze del Salone Kitty > >
Quella era la goccia che fece traboccare il vaso. Mi alzai dal tavolo, ignorando le sue improvvise richieste del rimanerle a fianco, ed uscii col cuore che batteva all’impazzata.
Sul marciapiede incontrai con sorpresa Jutte che fumava una sigaretta.
< < Si è calmata la tua amica? > >
Scossi la testa, raccontandole quello che era successo.
< < Oh beh, le passerà prima o poi. Andiamo a casa? > >
Mentre eravamo sedute alla fermata della metropolitana, mi raccontò di come -nonostante quello che era successo- si fosse divertita quella sera, e di come aveva conosciuto nuovi uomini, anche se troppo giovani per lei.
Quando ci separammo, prendendo ognuna la propria strada, mi ritrovai a camminare da sola con i miei pensieri.
Non ci credevo che Andreas frequentasse un bordello, eppure Lilian non era il tipo di persona che mentiva su cose del genere.
Si raccontavano storie su quel posto, cose oscene. Le ragazze che ci lavoravano erano tra le più belle di tutta la Germania, tanto che uomini famosi furono visti uscire dal bordello.
Possibile che Andreas fosse cambiato così tanto? Perché la sua immagine non corrispondeva a quella che avevo sempre avuto?
Decisi di tenere il fatto per me, sarebbe stato troppo umiliante rivelare che la persona che stavo frequentando andasse a prostitute. Eppure, per quanto conoscessi bene Lilian e le credessi, il mio cuore diceva che si sbagliava, e si sbagliava di grosso.
  
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