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Autore: Lissa Bryan    28/04/2015    3 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/12/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  12

 

Una tempesta si preparava. Bella lo sentiva nelle ossa.

Non appena la notizia della scelta del marito di Maria si diffuse, lei perse molta della benevolenza che aveva ottenuto alla sua ascesa. Il popolo odiava l’idea di uno Spagnolo che governasse, una delle poche cose su cui concordavano cattolici e protestanti. Gli inglesi erano piuttosto xenofobi e erano in molti ad incoraggiare quel sentimento. Ogni pochi anni scoppiava una rivolta anti-stranieri, a Londra, perché i ‘forestieri’ venivano accusati di qualunque cosa, dalla mancanza di lavoro alla diffusione della peste.

Gli inglesi potevano tollerare che un re sposasse una principessa straniera per la ricchezza e gli alleati che avrebbe portato alla loro terra, ma il marito di Maria non sarebbe stato un semplice consorte. Per la legge inglese, un marito prendeva possesso di tutte le proprietà di sua moglie. L’Inghilterra stessa sarebbe stata la dote di Maria.

La nonna di Maria, Isabella di Castiglia, aveva governato autonomamente a fianco di suo marito, Ferdinando II d’Aragona, ma questo era stato dimenticato dal popolo, che credeva sarebbe stato Filippo a governare. Avrebbe addirittura potuto scegliere di esercitare la sua ‘tirannia maritale’ e trascinare Maria in Spagna, a governare da là, e l’Inghilterra non sarebbe più stata altro che una provincia della Spagna. Maria, alla sua età avanzata, sarebbe potuta morire di parto, lasciando che il regno fosse governato da Filippo in nome di suo figlio.

Forse se Filippo fosse stato conosciuto come un più nobile carattere, il matrimonio poteva essere tollerabile per gli inglesi, ma quello che avevano sentito di Filippo non era promettente. Si diceva che fosse pomposo e cafone, e gli inglesi erano convinti che con i suoi modi lascivi avrebbe offeso e maltrattato la loro Regina ostentando le sue amanti di fronte a lei. Un pamphlet con un titolo piuttosto pesante cominciò a circolare: “Un Avvertimento per il Continente d’Inghilterra delle orribili pratiche del re di Spagna nel regno di Napoli e le miserie che quel nobile Reame ne ha tratto. Perché tutti gli uomini inglesi possano comprendere il flagello che scenderà su di loro se il Re di Spagna ottiene il Dominio in Inghilterra.”

Il Parlamento stava ancora lavorando sulle proposte legislative di Maria, e la volta successiva che si presentò di fronte a loro, la implorarono di riconsiderare. Lei doveva sposarsi, naturalmente, perché una donna non poteva sostenere da sola il peso degli obblighi di una monarchia, ma certamente Courtenay, un inglese e l’ultimo dei Plantageneti, sarebbe stata una scelta migliore.

Maria era oltraggiata. Il Parlamento non aveva mai provato ad interferire nella scelta del coniuge di suo padre, replicò lei, e anche la donna più umile del regno poteva scegliere chi sposare.

A questo, tutte le donne nella galleria si scambiarono degli sguardi. La maggior parte di loro era stata sposata a uomini scelti dal loro padre, e non avevano avuto altra scelta che obbedire. La povera Jane Grey era stata picchiata quando aveva provato a rifiutarsi di sposare Guildford Dudley, un evento non raro quando le donne provavano a esercitare la ‘scelta’ che Maria pensava che avessero.

La Regina divenne un po’ melodrammatica via via che parlava, affermando che se fosse stata costretta a sposare un uomo che non aveva scelto sarebbe morta nel giro di tre mesi, lasciando la nazione in condizioni peggiori di quelle attuali, senza un erede (a parte Elisabetta, che lei non menzionò). Se ne andò con alterigia dalla Camera, Bella e le altre dame al seguito. Il Vescovo Gardiner, cancelliere di Maria, arrivò nelle sue stanze poco dopo di lei e la implorò di riconsiderare l’idea di sposare Courtenay.

Maria era esasperata. «Perché siete così tanto suo partigiano?»

«Siamo stati imprigionati nella Torre insieme», disse Gardiner. «Abbiamo passato molto tempo insieme e lo conosco molto bene. È un ottimo giovane e sarebbe un marito eccellente per voi.»

Maria alzò le mani. «Volete che sposi un uomo solo perché in prigione vi siete affezionato a lui?»

«Conosco la sua natura, e sarebbe un buon re. Lui è …»

Maria lo interruppe. «È al di sotto di me. Non sposerò un uomo al di sotto del mio rango.» La voce di Maria era ferma, risoluta e Gardiner piegò la testa sconfitto.

«Come desiderate, vostra maestà», disse piano e se ne andò, un’espressione pensierosa in faccia.

«Sarebbe un terribile re», sbottò Bella. Istantaneamente si pentì della sua uscita. Courtenay avrebbe saputo cosa aveva detto e avrebbe voluto vendicarsi. Non era uno da lasciar passare un affronto, vero o immaginato, senza intervenire.

Maria ridacchiò. «Tendo ad essere d’accordo. E comunque, il mio cuore è per Filippo.»

Non parlava solo la sua determinazione, pensò Bella. La sua espressione sognante era quella di una donna alle prese col suo primo amore. Bella pregò silenziosamente che le sue speranze non finissero con un mal di cuore. La Regina aveva così bisogno di qualcuno da amare che la amasse di rimando.

Maria aveva sperato di trovare questo in Elisabetta, ma le cose andavano male tra loro. Elisabetta pensava prima di tutto alla politica, non alle emozioni, e Maria era il suo opposto. Invece che passare il tempo nelle stanze di sua sorella, Elisabetta era sempre in giro per la corte, a coltivare amicizie, fare alleanze e a costruirsi un sostegno tra i lord protestanti. E nonostante i bei vestiti e il rosario prezioso che Maria le aveva inviato, Elisabetta vestiva sempre nel sobrio bianco e nero delle fanciulle protestanti, i suoi capelli lucenti l’unica macchia di colore.

Dalla finestra, Bella intravide la Principessa Elisabetta che passeggiava nel giardino, come soleva fare. Bella si precipitò verso la Regina. «Vostra Maestà, posso essere scusata per un attimo?»

Maria fece un cenno di assenso con la mano e Bella corse verso la porta. Un valletto le diede il suo mantello e Bella se lo buttò sulle spalle. Alice corse dietro di lei. «Non fate tardi per la messa, vostra grazia!» le disse dietro la Regina.

«No, vostra maestà!» rispose Bella. Trottò per i corridoi del Palazzo velocemente quanto glielo permettevano i suoi corsetti, e uscì nel giardino. La Principessa Elisabetta passeggiava su uno dei viali di ghiaia, leggendo un libro mentre camminava. Le sue dame la seguivano, chiacchierando e spettegolando piano. Bella accelerò sul sentiero finché fu di fianco a Elisabetta e si piegò in un inchino. «Vostra Altezza.»

Elisabetta sorrise e chinò la testa in risposta. «Vostra grazia.» Sbrigate le cortesie, Elisabetta abbassò la voce. «Voglio parlarti. Perché non ci sediamo un momento?»

Condusse Bella a una panca sotto un piccolo albero e fece un gesto con la mano alle dame, indicando loro di allontanarsi un po’, dando l’illusione di un po’ di privacy. Bella guardò Alice e alzò una mano. Le dame di Elisabetta esaminarono criticamente Alice, chiedendosi se valeva la pena farsela amica, considerata la relazione di lady Cullen con la Regina. La sua stella stava sorgendo o tramontando? Sembrava che alla Principessa Elisabetta piacesse Lady Cullen, ma con Elisabetta non si poteva mai sapere. Era amichevole perfino con quelli che disprezzava perché non si poteva mai sapere quando una relazione avrebbe potuto fare comodo.

«Non ho avuto la possibilità di farti visita da un po’», disse Bella. «Vieni raramente nelle stanze di Maria.»

«Come preferisce la Regina, immagino.» Elisabetta posò il libro sulla panca vicino a sé.

«Mi manchi.»

Elisabetta sorrise alla piccola Duchessa, per la sincerità che brillava in quei suoi enormi occhi scuri. «Anche tu mi sei mancata, ma ho sentito che era meglio … assentarmi per un poco.»

Si avvicinò un po’ di più a Bella. Quando parlò, la sua voce era così bassa che Bella la sentiva a malapena. «Bella, ti dirò una cosa e tu non devi farmi domande. Capisci?»

Bella annuì.

«Penso che dovresti andartene per un periodo. Spingi tuo marito a portare via te e la tua figlioletta da Londra. Torna a Cullen Hall o in un’altra delle sue proprietà. Più lontano è, meglio è. Di’ alla regina che ci sono problemi nelle sue proprietà che richiedono la vostra presenza. Dille quello che vuoi. Ma prendi la tua famiglia e vattene.» Elisabetta si alzò in piedi e le fece un gran sorriso. «È ora di andare a messa, vostra grazia.»

Bella si alzò e la seguì dal giardino di nuovo nel palazzo. Aveva lo stomaco annodato. Cosa sapeva Elisabetta? Perché dovevano lasciare Londra? La Regina era in pericolo? Bella si morse le labbra per non sbottare con tutte le domande che le frullavano in testa.

Mentre camminavano verso la cappella, Elisabetta conversava piacevolmente di banalità. Bella immaginò che fosse interessante, perché Elisabetta era sempre una conversatrice brillante, ma non riusciva a seguirla, data la turbolenza che aveva in mente al momento.

Il vestibolo fuori della cappella era affollato e i domestici di Elisabetta, che si erano riuniti a loro al suo ingresso a palazzo, dovevano gridare per liberare la strada e usare il personale d’ufficio per spingere di lato quelli che si affollavano troppo vicino alla Principessa.

«Tradimento!» gridò qualcuno.

Elisabetta gelò. Il colore scomparve dal suo viso. Ondeggiò come un albero al vento e le sue dame immediatamente la circondarono per afferrarla se fosse svenuta.

«Chi l’ha detto?» chiese il cameriere di Elisabetta nel silenzio che era caduto come una lama. Passò un lungo momento prima che uno dei cortigiani si facesse avanti. Aveva l’aria imbarazzata. «Mi dispiace, vostra altezza. Era solo uno scherzo diretto al mio cameriere per la sua smemoratezza.»

Elisabetta boccheggiò, tremando violentemente.

«Portatela nelle sue stanze», ordinò Bella alle sue dame. «Ha bisogno di stendersi.»

Guardò mentre le dame della Principessa Elisabetta la portavano quasi di peso per il corridoio.

Quella notte, parlò con Edward dell’avvertimento di Elisabetta. La sua faccia si incupì. «Manderò te e mia figlia a Cullen Hall, se lo desideri, ma io non posso andarmene. Ho delle responsabilità qui e non posso abbandonarle, e neanche la Regina, se avesse bisogno di me.»

«E il mio posto è al tuo fianco.»

Edward rimase in silenzio per un lungo momento. «Almeno siamo stati avvertiti.»

«Ma avvertiti di cosa

Edward sospirò. «Vorrei saperlo. Ma temo che lo scopriremo abbastanza presto.»

 

 

Il matrimonio di Emmett era previsto per metà mattina, e lui era già ubriaco quando Edward e Bella andarono a trovarlo dopo aver fatto colazione nella loro stanza con un pasto leggero di pane, formaggio e birra.

«Emmett, bevi così presto la mattina?» lo rimproverò Bella.

«Veramente non ho mai smesso da stanotte», replicò Emmett. Si alzò e allargò le braccia, barcollando un po’, e i domestici cominciarono a vestirlo con gli ornamenti da sposo sulla camicia e la calzamaglia che già indossava.

«Sembra che tu vada a un’esecuzione piuttosto che a un matrimonio,» commentò Edward. «Andiamo, non sarà così male. Non siete la prima coppia che dovrà imparare come andare d’accordo. Molti matrimoni felici cominciano così.»

«Non ho scelta,» disse Emmett, come a ricordarlo a se stesso. «Ho preso la sua innocenza e le ho messo dentro un bambino.»

Bella lo fissava. «Cosa? Emmett, Rosalie non era una vergine», disse Bella. «Non so da dove ti venga questa idea, ma lei era una balia. È stata sposata e ha avuto un bambino. Non te lo ricordi?» Sapeva che gli uomini tendevano ad evitare i discorsi sulle funzioni corporee delle donne, ed evitavano completamente tutto quanto riguardava il parto come ‘faccende di donne’, ma di sicuro sapeva cosa faceva produrre latte a una donna.

Emmett si passò la mano sui capelli, un gesto così simile a quello di suo fratello che a Bella fece male un po’ il cuore. «Io non … immagino che non stessi pensando. Lei ha detto …»

«Cosa ha detto?»

«Ha detto che faceva male», disse Emmett brusco, le guance arrossate dalla colpa.

Bella considerò. «Se non era stata con un uomo per anni, può essere stato un po’ disagevole per lei.»

Edward scosse la testa. Aveva lasciato passare senza pensarci il commento di Emmett sulla deflorazione di una vergine, e adesso si sentiva lui stesso confuso. Se la prese con il fatto che aveva troppe cose in testa.  «Alla fine, non ha importanza. Lei è di buona famiglia, e se Emmett ha concepito un figlio con lei è giusto che la sposi.»

Seguirono un Emmett dall’aria infelice per il corridoio verso la cappella. Bella non poteva fare a meno di farsi delle domande su quanto aveva detto. Rosalie intendeva approfittarsi del suo stato di ubriachezza per costringerlo, col senso di colpa, a un impegno che avrebbe dovuto onorare anche quando la sua mente si fosse schiarita abbastanza da pensarci? Dire che intendevi sposare qualcuno davanti a testimoni costituiva fidanzamento giuridicamente vincolante, che era vincolante quasi come il matrimonio stesso. Un fidanzamento precedente che non fosse stato discusso dalla chiesa costituiva motivo di nullità. Era la scusa che Enrico VIII aveva usato per sbarazzarsi di molte delle sua mogli.

Rosalie aspettava nella cappella con Padre Jacob, le teste chinate vicine in conversazione. Lei indossava il suo vestito migliore, una veste di lana color ruggine con una scollatura quadrata che era stata modificata con l’inserimento di tessuto che formava un alto collare come era di moda. Emmett non la guardò, ma la sua espressione, mentre guardava Padre Jacob era di evidente disgusto.

Padre Jacob lesse i voti dal Libro delle Preghiere Comuni. «Vuoi tu avere questa donna come tua sposa, per vivere insieme come Dio ordina nel santo stato del matrimonio? La amerai, la conforterai, la onorerai in salute e in malattia? E abbandonando tutto il resto, le sarai fedele finché morte non vi separi?»

Ci fu una lunga pausa prima che Emmett dicesse, «Sì.»

«Vuoi tu avere quest’uomo come tuo sposo, per vivere insieme come Dio ordina nel santo stato del matrimonio? Gli obbedirai e lo servirai e sarai con lui in salute e in malattia? E abbandonando tutto il resto, gli sarai fedele finché morte non vi separi?»

Rosalie non esitò. «Sì.»

«Chi dà questa donna a quest’uomo?»

«Io», rispose Edward, che era stato incastrato in questa funzione semplicemente perché non c’era nessun altro a farlo. Edward prese la mano di Rosalie nella propria e la offrì a Padre Jacob, che la prese dalla mano di Edward e la mise nella mano di Emmett. Emmett si voltò verso la sua sposa e recitò, in tono morto e monotono, «Io prendo te, Rosalie, come mia sposa, per tenerti e proteggerti da questo giorno in poi, nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, per amarti e onorarti finché morte non ci separi, secondo il santo ordine di Dio, e prometto di esserti fedele.»

Lei ripeté i voti, sorridendo mentre lo faceva.

Non c’era stato tempo di comprare a Rosalie una fede, ma ne occorreva una per il rito. Riluttante, Edward aveva aperto la sua cassetta dei gioielli che erano stati della sua prima moglie e scelse un anello semplice, piccolo, con un rubino nel centro. A Bella non importava se lui dava via alcune delle pietre lucenti, ma lui era seccato.

Ora, Emmett stava mettendo l’anello di Mary al dito di Rosalie e recitava, «Con questo anello io ti sposo; con il mio corpo ti venero, e con tutti i miei beni ti doto. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Amen.»

Sentire «Amen» normalmente significava che la funzione era finita. Bella si rianimò mentre Padre Jacob li dichiarava marito e moglie, ma lui, poi, andò avanti a recitare due salmi, e poi fece un sermone sugli scopi e i simbolismi del matrimonio. Bella mosse i piedi indolenziti  nascosti sotto la gonna. Non sarebbe mai finita?

Emmett e Rosalie presero la comunione e poi, finalmente, fu finita. Emmett mollò la mano di sua moglie come se fosse un sasso rovente e lasciò la cappella, probabilmente cercando un po’ di solitudine e una bottiglia. Rosalie guardò Bella, il mento alzato e un sorriso compiaciuto di trionfo sulle labbra. Bella avrebbe voluto ringhiarle contro, ma Rosalie era parte della famiglia, adesso, e andava trattata come tale.

Bella strinse i denti ma mise in mostra un bel sorriso. Sembrava che la vita sulla terraferma presentasse continuamente nuove sfide.

 

 

Il Natale a Palazzo quell’anno fu sottotono, ma a casa del Duca di Cullen, tutto era brillante e festoso. Era il primo Natale di Bella e Edward voleva che fosse un periodo magico per lei. L’intera casa era decorata con rami di pino e i cuochi avevano superato se stessi con vassoi e vassoi di leccornie festive. Per la gente dell’era Tudor, le festività cominciavano la vigilia di Natale e continuavano fino alla Dodicesima Notte. Anche se alcune tradizioni come il ‘Vescovo Ragazzo’ o il ‘Lord del Malgoverno’ erano cadute in disuso, si mantenevano alcune usanze, come le ciotole di vino speziato e il ceppo di Natale.

Bella e Edward andarono nella foresta vicino alla loro casa per cercarne uno. Doveva essere un ceppo abbastanza grande da bruciare per tutta la lunghezza delle festività, da Natale alla Dodicesima Notte, ed era tradizione che tutti gli abitanti della casa cercassero nel bosco fino a trovare il tronco perfetto. Bella però aveva insistito che era troppo freddo perché Elizabeth uscisse e Emmett e Rosalie non avevano lasciato le loro stanze dal giorno del matrimonio. Elizabeth aveva pianto delusa, ma la promessa di Alice di adornarlo poi con fiocchi colorati una volta portato dentro, un poco la calmò. Bella le aveva lasciate sedute sul pavimento della sua camera, a modellare nastri di seta in decorazioni festive.

Bella aspettò che Edward le desse le spalle, raccolse una palla di neve e la tirò alla sua testa ignara. Lui si voltò guardandola per un attimo completamente scioccato, uno sguardo che lentamente si trasformò in un sorriso quando non poté più resistere alla malizia sulla faccia di lei. I domestici che li seguivano portando le torce, rimasero a bocca aperta di fronte all’audacia di lei.

«Ti insegno io ad aggredire tuo marito!» ringhiò lui e prese anche lui una palla di neve.

«Mi arrendo, mi arrendo!» strillò Bella.

«Non basta. Devi essere punita per la tua insolenza!» Le sorrise con intenzione, aggiungendo altra neve alla palla che stava facendo.

Bella si voltò e scappò alla velocità che le permettevano gonne e corpetti. Aveva indossato il vestito più semplice che aveva per la camminata nella foresta, ma lo stesso non era adatto per correre attraverso un bosco innevato.

Edward le corse dietro, gridando che quando l’avrebbe presa le avrebbe fatto il solletico fino a farla strillare. I domestici si agitarono e si guardarono l’un l’altro, perché non sapevano se avrebbero dovuto seguirli o no. Il Duca e sua moglie indulgevano in strani comportamenti, ormai da mesi. Almeno una volta al mese ai domestici veniva ordinato di allontanarsi dalla camera del Duca e veniva loro detto di portare i loro giacigli nella camera di sua figlia. Tutti loro si chiedevano cosa lui e sua moglie non volessero far sapere ai domestici e le speculazioni a volte erano sfrenate.

Bella inciampò in una radice nascosta sotto la neve e cadde a faccia avanti su un mucchio di neve. Edward fu al suo fianco in un istante, sollevandola con attenzione. «Bella! Per il respiro di Dio, stai bene?»

«Perfettamente», gli assicurò, e lo spinse sulla schiena, sedendosi su di lui con un sorriso malizioso sulla faccia. «Ora ti ho dove ti voglio», fece le fusa lei. «Ora che ti ho catturato, umano, devi pagare un pegno per essere liberato.»

«Gioielli?» offrì lui.

Lei scosse la testa.

«Terre?»

Lei scosse la testa di nuovo.

Lui sospirò. «Non mi rimane che la mia umile persona.»

«Questo basta», sussurrò Bella e si chinò per baciarlo.

«Vostra grazia?»

Le loro teste ruotarono e trovarono il loro maggiordomo a pochi passi, le mani strette nervosamente.

Bella si alzò, togliendosi la neve dalla gonna. «Io … er … sono caduta», borbottò Bella. «Sua grazia stava controllando che non avessi ferite.»

«Lode a Dio che non ne abbia trovata nessuna», disse Edward, piamente.

«Ed… Mio signor marito, guarda!» disse Bella indicando.

Un enorme ceppo era a poca distanza, appena dietro a dove erano rotolati sulla neve.

«Perfetto!» dichiarò Edward. «Torniamo a casa, mia signora moglie, prima che ti prenda un raffreddore.» I domestici corsero a prendere il ceppo scelto da Bella, e il maggiordomo li ricondusse a casa, facendo brillare d’oro la neve con la torcia.

Non appena tornati a casa, Bella chiamò Alice perché la aiutasse a cambiare il vestito, ma non si vedeva da nessuna parte. Perplessa, Bella l’andò a cercare e la trovò nella sala grande, seduta con Jasper di fronte al camino. Erano così presi dalla loro conversazione che non notarono Bella che si avvicinava. «Buonasera», disse lei.

«Buonasera, vostra grazia», replicò sereno Jasper, ma Alice sobbalzò e aveva un’aria colpevole.

«Alice, mi serve aiuto con questo vestito bagnato», disse Bella. Poteva anche chiamare un’altra cameriera per farsi assistere, ma era estremamente curiosa di sapere perché Alice avesse reagito come se fosse stata pescata a fare qualcosa di sbagliato. Stava parlando con Jasper, dopotutto. Alice era cresciuta protestante (così come Bella, avevano detto alla Regina), e Jasper la istruiva sulla religione cattolica.

La faccia di Alice rimase rossa per tutto il tragitto fino alla camera di Edward. Cominciò a slegare i lacci di Bella senza una parola.

«Alice, che c’è?» dovette chiedere Bella.

«N-niente», balbettò Alice.

Bella aspettò.

«Oh, va bene, te lo dirò, ma devi promettermi di non dirlo a nessuno.»

«Lo giuro.»

«Io ho una certa … passione per Padre Jasper.»

«Ma lui è …»

«Sì, lo so», disse Alice.

La religione protestante sotto il giovane re aveva permesso ai preti di sposarsi, ma Maria aveva re-istituito il celibato per il clero e ridotto allo stato laico tutti i preti che si erano rifiutati di rinunciare alla loro moglie e ai loro figli. Vedere degli ex preti senzatetto chiedere l’elemosina per il pane per i loro figli era una cosa che spezzava il cuore e era diventato anche troppo comune.

«È un uomo così gentile, Bella,» disse piano Alice. «Non credevo che un uomo potesse essere così gentile. E che mente brillante! Aspetto con ansia le nostre lezioni perché non mi stanco mai di parlare con lui. Vorrei solo …» Le sue parole si spensero perché non aveva senso desiderare cose che non potevano cambiare.

Bella sospirò. «Vorrei avere una soluzione da offrirti.»

La porta si aprì ed entrarono diverse cameriere, aspettando di prendere l’abito bagnato di Bella. Alice finì silenziosamente di slacciarlo e poi lo fece passare sopra la sua testa. Probabilmente era rovinato. La stoffa non avrebbe dovuto bagnarsi. Si chiese se avrebbe potuto avere dei ‘vestiti da gioco’, vestiti che poteva mettersi da sola e che non richiedessero corpetti. Da questo punto di vista, le donne contadine erano fortunate.

La cena quella sera fu un’occasione festosa. Bella era grata a Maria che aveva lasciato che restasse a casa, a Elizabeth fu permesso di cenare in sala, quella sera, sedeva in braccio a Bella battendo le mani deliziata dallo spettacolo. Strillò davanti a una torta che era stata fatta a forma di Gesù bambino nella mangiatoia, e trovò la testa di cinghiale arrostita molto divertente.

Edward aveva ingaggiato un buffone che danzava, faceva giochi e scherzi, e un menestrello che intonava carole natalizie. Bella non conosceva le parole, così lei e Elizabeth guardavano soltanto, apprezzando in silenzio. Venne fuori che suo marito aveva una bella voce da baritono che fece venire i brividi a Bella e si ripromise di farlo cantare ancora per lei, in privato.

Alla fine del pasto, tutti gli abitanti della casa mangiarono pezzi da una grande torta che aveva un singolo fagiolo all’interno, cucinato assieme. Chiunque trovasse il fagiolo nella propria fetta di torta avrebbe avuto un anno fortunato, e lo trovò Edward, quasi spaccandosi un dente quando lo morse. Tutti applaudirono quando lo mise in alto, dopo averlo estratto dietro un tovagliolo che gli aveva passato un domestico inginocchiato.

Quella notte, dopo essersi svestiti e aver tirato le cortine del letto, Edward mise la mano sotto il cuscino e la tirò fuori nascondendo qualcosa. «È tradizione dare dei regali a Capodanno», disse lui. «Ma io ti do il mio regalo stanotte perché non posso più aspettare.»

Fece cadere l’oggetto sulla mano di Bella. Era un ovale d’oro con un grande diamante al centro, attaccata a un perno simile a un cappio, ricoperto di rubini. Edward vide che lei non capiva cosa fosse, così allungò la mano e lo aprì per lei.

All’interno c’erano le miniature di due ritratti dipinti su uno sfondo di un blu brillante. Il ritratto di Edward era a destra e quello di sua figlia a sinistra. Elizabeth teneva la bambola che Bella aveva fatto per lei.

«Li ha dipinti Hans Holbein», disse Edward. «Era l’artista di corte che ha dipinto i ritratti di Re Enrico e delle sue mogli.»

«Era?»

Edward annuì. «È morto di peste il mese scorso. Queste probabilmente sono le ultime cose che ha dipinto.»

«La peste!» Bella era allarmata. «Pensavo si diffondesse solo nei mesi d’estate.»

«D’estate è più comune, ma può succedere in ogni momento.»

Bella rabbrividì, pensando quanto fosse fortunata che Edward e Elizabeth non fossero stati infettati. Queste miniature avrebbero potuto essere il loro ultimo ricordo.

«Grazie», disse lei piano. «Sono bellissimi e li terrò sempre come un tesoro.»

«Vuoi posare per un ritratto per me?» chiese Edward.

Bella sbatté gli occhi. «Io?»

Lui ridacchiò. «Sì, tu, ragazza zuccona.»

«Se vuoi», acconsentì lei.

«Preferisco avere la cosa reale, ma un ritratto sarebbe …» Edward si interruppe. Non voleva dire ad alta voce il motivo per cui voleva quel ritratto. Non voleva neanche pensarci, ma qualche istinto profondo gli diceva che il loro tempo insieme poteva essere breve.

 

 

Emmett si presentò con Rosalie alla messa di Natale e Bella notò che la Regina dava loro delle occhiate penetranti e sospettose. Bella chinò il capo e si chiese cosa poteva essere. Sembrava che fosse circondata da mille piccoli misteri come questo ogni giorno e non si poteva mai sapere quando una piccola incongruità potesse trasformarsi in un problema maggiore più avanti.

Rosalie si inchinò profondamente e fece alla Regina un sorriso dolce che la Regina non ricambiò. Maria si dilungò il minimo indispensabile in convenevoli e poi si allontanò, le labbra strette. Bella si chiese perché Maria avesse dato a Rosalie il posto di dama di corte se non le piaceva affatto, ma immaginò che seguisse la stessa linea di pensieri che aveva seguito lei dopo il matrimonio: Rosalie adesso era membro della famiglia della Regina Maria, ed essi erano pochi e preziosi.

Quando raggiunsero le stanze della Regina, Bella notò qualcosa sul pavimento, un foglio di carta che era stato ripiegato fino a farne un quadratino. Lei lo spiegò e boccheggiò.

«Cos’è, lady Cullen?» chiese Maria.

Bella strinse il pezzo di carta nel pugno. «Nulla, Vostra Maestà.»

«Fammi vedere.» Maria tese la mano.

«Vi prego, vostra maestà», implorò Bella. «Non guardatelo. È … orribile.»

Maria schioccò le dita, la mano ancora tesa. Bella riluttante le diede il foglietto. Maria lo distese e anche lei boccheggiò. Era un crudo (nel vero senso della parola) disegno con delle parole minacciose, e affermava che gli inglesi non avrebbero tollerato un re spagnolo e che ci sarebbe stata una rivolta, se necessaria a fermare tutto questo. Dovette essere doloroso vedere se stessa ritratta come una vecchia strega scheletrica che Filippo avrebbe scopato solo se prima si fosse messa sul corpo una mappa dell’Inghilterra. Bella vide le lacrime agli angoli degli occhi di Maria, ma lei era la Regina, e si mise addosso, con qualche sforzo, il suo mantello di dignità.

«Dove è stato trovato, lady Cullen?»

«Era sul pavimento, vostra maestà.»

«A chi appartiene?» chiese Maria, ma naturalmente nessuno rispose. Maria marciò verso il camino e vi buttò dentro il foglio. Le fiamme riverberavano nelle sue lacrime.

 

 

 

 

Note storiche

-          Durante il regno di Elisabetta vi furono rivolte anti-stranieri nel 1563, 1571, 1576, 1584, 1586, 1592 e 1595.Quella del1517 fu scatenata da un predicatore nei cui sermoni si dichiarava che Dio aveva stabilito i confini di tutte le nazioni e che gli artigiani stranieri rubavano il lavoro agli artigiani inglesi.

-           Alcuni di voi possono aver notato che chiamo Elisabetta Tudor “Principessa” durante la storia, anche se il suo titolo, a quel tempo, era semplicemente “Lady Elizabeth”, ed era così da quando suo padre l’aveva dichiarata bastarda. La ripristinò nella successione quando si rese conto che non avrebbe avuto altri figli, ma non le restituì mai la sua legittimità né il titolo. Ho pensato che sarebbe stato più facile distinguere le due Elisabette di questa storia chiamandola “Principessa”, dato che anche la figlia di Edward è “Lady Elizabeth”.

-          “Il vescovo ragazzo” e “Il lord del Malgoverno” erano due soggetti di basso rango scelti rispettivamente per fare il vescovo e il re. Il vescovo dirigeva le cerimonie in chiesa ( Enrico VIII mise fuorilegge questa pratica, ma alcune chiese l’hanno mantenuta fino ai giorni nostri) e il Lord del Malgoverno diventava capo della casa per tutto il giorno, durante il quale faceva scherzi, faceva richieste stravaganti alla sua “corte” e in generale indulgeva in uno spensierato casino. La Regina Maria non lo permetteva nella sua corte.

-           Hans Holbein morì nel 1543, ma io ho esteso la sua vita di 10 anni per questa storia perché era un meraviglioso artista di ritratti e mi piace immaginare come sarebbe stato un ritratto di Holbein del Duca di Cullen e sua figlia. Holbein probabilmente non morì di peste; fu probabilmente qualche tipo di infezione che lo uccise.

-           I voti del matrimonio sono dal Book of the Common Prayer del 1559

 

 

  
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Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Lissa Bryan