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Autore: Ink Voice    30/04/2015    2 recensioni
Erano davvero bei vecchi tempi quelli in cui, pur avendo perso la propria quotidianità e la propria famiglia, si aveva un altro punto di riferimento a cui tornare con il proprio cuore; si era trovata una nuova casa rassicurante che scacciava i pericoli esterni e lasciava che, anche in tempi tanto burrascosi, ci si sentisse al sicuro dentro pareti e stanze che ormai si conoscevano come le proprie tasche.
Ma tutto questo si è dissolto nel nulla, o meglio: è stato demolito. L’Accademia che tanto rassicurava i giovani delle Forze del Bene è ormai un cumulo di macerie a causa dell’ennesima mossa andata a buon fine del Nemico: ora tutti sono chiamati a combattere, in un modo o nell’altro, volenti o nolenti.
Le ferite sono più intime che mai ed Eleonora lo imparerà a sue spese, perdendo le sue certezze e la spensieratezza di un tempo, in cambio di troppe tempeste da affrontare e nessuna sicurezza sul suo avvenire.
[La seconda di tre parti, serie Not the same story. Qualcuno mi ha detto di avvertire: non adatta ai depressi cronici.]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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Extra II
Scelte

Ormai converrebbe distinguere due differenti realtà venutesi a creare sulla Terra nel corso del tempo, l’esistenza delle quali è dovuta a un concatenarsi di eventi che non hanno lasciato alcuna scelta agli umani, se non quella di adeguarsi a una tale distinzione e decidere che fare della propria vita, irrimediabilmente spaccata a metà e purtroppo irreparabile almeno per moltissimo tempo. In ogni caso è stato decisivo per la loro nascita, senza ombra di dubbio, l’avvento del Victory Team; un’alleanza la cui fragilità non è data a vedere - ma che si sta facendo strada ovunque, pian piano - e che sfrutta le forze combinate dei vecchi Team, i quali si trovavano uno su ogni regione - ai tempi senza influenzarsi in alcun modo.
A chi è più spaventato, se non terrorizzato da questi Victory, l’organizzazione appare come una potenza totale, in grado di agire su ogni forma di governo e con la stragrande maggioranza dei mezzi conosciuti, oltre che delle armi “segrete”, la cui elaborazione è più o meno ancora in corso - se non già segretamente completata.
Le due realtà parallele nate in seguito all’avvento del Victory Team sono l’una il mondo umano, che non conosce l’esistenza di creature denominate Pokémon ed è tecnologicamente più arretrato, l’altro quello che oltre gli umani comprende anche questi esseri potentissimi, sovrannaturali, e silenzioso ma onnipresente governa grazie a una fitta rete di conoscenze anche la realtà esclusiva degli umani, la più debole nei fatti. I due mondi però non sono nettamente separati e il fatto che uno s’insinui, in un modo o nell’altro, negli affari del secondo, è una delle prove che in alcuni punti i confini non sono così definiti, anzi sono molto confusi.
Un’altra prova è la situazione ai limiti dell’assurdo che diviene esistente alla morte di qualcuno appartenente al mondo dei Pokémon. È quasi impossibile isolarsi totalmente e non entrare in contatto con la vita dell’altra realtà, poiché si hanno rapporti anche - e soprattutto, a volte - con chi si trova “dall’altra parte”. Per questo motivo la maggior parte di questi Allenatori, Professori, Campioni eccetera, ha l’onore di possedere due tombe: l’una nel mondo umano, l’altra oltre le barriere che consentono l’accesso al lato nascosto, quello della realtà Pokémon. È il caso dei primi tre Capipalestra di Kalos, ovvero Violetta, Lino e Ornella. Tre ragazzi giovanissimi le cui cause della morte sono differenti a seconda del mondo in cui ci si trova ad esaminare la loro storia, la loro lapide.
Nel cimitero di Yarantopoli, nei sotterranei della Torre Maestra, la doppia tomba di Ornella riceve visite da entrambi i mondi, che la ragazza ha imparato a conoscere benissimo grazie al suo buon carattere e alle sue due passioni principali: lo sport e i Pokémon. Molti ammiratori della grande pattinatrice, eccellente anche in molte altre discipline, lasciano davanti la sua foto incastonata nella lapide dozzine di fiori, quasi ogni giorno. Invece coloro che hanno conosciuto la Ornella Capopalestra, una dei custodi delle Megaevoluzioni, meno frequentemente hanno la possibilità di imitare i fan dell’altra realtà; ma quando trovano l’occasione giusta per rendere omaggio a quella ragazza esemplare, lo fanno con tantissimo calore e affetto. La famiglia di Ornella non si è mai abituata a questa differenza e sempre con qualche perplessità va a trovare la loro cara, scomparsa non per un infarto ma per un assassinio, che è la mera verità sul suo triste caso. Lo stesso destino è capitato agli altri due Capipalestra - e quindi alle loro famiglie, che con enorme difficoltà hanno assimilato la notizia della fine della loro vita.
Violetta, Lino e Ornella sono morti senza una vera ragione, troppo giovani e lontani dalla principale base segreta delle “forze del bene” per partecipare attivamente ai piani di chi vuole contrastare la forza terribile dei Victory. Quest’organizzazione, indicata comunemente come il Male più oscuro e potente, li ha eliminati con l’unico scopo di seminare il panico tra chi la combatte, che in verità ogni giorno ascolta notizie simili e trema di paura al pensiero che lo stesso destino potrebbe capitare a ognuno di loro, uno per volta.
È una situazione insostenibile, terrificante, e tutto questo porta a chiedersi: qual è il vero obbiettivo di questo nemico misterioso? Sarà davvero il dominio del mondo o è addirittura qualcosa di più? Chi è che ne fa parte e quali motivi, soprattutto, hanno spinto tante persone a diventare membri del Victory Team?

 
§

-Vulcano! Fermati, Vulcano!
Corrado corre sotto la pioggia battente di fine estate che si riversa da ore su Arenipoli. La città però non si accorge della sua figura quasi solitaria che disperatamente cerca di raggiungere il suo amico, o quello che si era abituato a considerare tale. La distanza tra i due si riduce sempre più: il giovane Capopalestra si è permesso di star fermo troppo a lungo, impietrito dall’affermazione - a cui non riesce a credere - che l’altro ragazzo ha detto poco prima. Quindi Vulcano si è allontanato placido e calmo da lui, finché questi non si è riscosso per ribattere.
Appena è raggiunto sulla spiaggetta di Arenipoli devastata dalla pioggia e dal mare burrascoso, l’Allenatore di Pokémon Fuoco si volta e studia la figura conosciuta di Corrado, ansante, piegato sulle sue ginocchia e afflitto dal fiatone della corsa repentina che ha fatto. Il più piccolo tra i due non osa toccarlo, inizia a temere seriamente le conseguenze che una simile azione potrebbe produrre, ora che l’altro gli ha detto qualcosa del genere. Stenta a crederci, ma nemmeno riesce a rifiutare quella che pare essere la verità. -Dimmi perché… ti prego…
Vulcano lo guarda severamente e risponde solo quando Corrado alza lo sguardo. La sua espressione è contrita dalla corsa e dalla pioggia che cerca di chiudergli le palpebre, continuando ad andargli negli occhi. -Non dovresti giudicare le azioni che hanno intenzione di compiere come malvagie solo perché sono uomini che hai conosciuto come “cattivi” a metterle in atto. Non è una cosa matura.
-Stai parlando di un uomo che voleva distruggere la nostra regione e il mondo intero per crearne uno a sua immagine e somiglianza!- sbotta Corrado, riferendosi a Cyrus, l’ex capo del Team Galassia che è entrato a far parte del famigerato Victory Team, nato da poco più di un anno. -Come puoi pensare che non sia cambiato, quello lì, che si crede un Dio? Quella gente vuole solo la propria felicità personale e la vuole ottenere con mezzi terribili!
-Se Bellocchio desse le informazioni così come sono realmente- ribatte Vulcano gelido, -allora sapresti che le azioni finora realizzate dai Victory sono tutt’altro che crudeli. Conosci Ghecis, il vecchio comandante del Team Plasma che agiva sul territorio di Unima? Ebbene, ha detto di voler donare il nuovo ordine mondiale ai Pokémon. Non ha solo scopi personali da perseguire, ma anche molto altruismo da mostrare.
-Se tu ascoltassi le informazioni di Bellocchio, assolutamente vere e provate- ringhia Corrado rabbioso -allora sapresti delle sperimentazioni che stanno eseguendo sui Pokémon, usandoli come cavie da laboratorio!
Il Superquattro pare immune all’effetto fastidioso della pioggia che si intensifica sempre più. -Bellocchio non sempre dice le cose come stanno. Potrebbe essersi inventato tutto. Io non mi fido di lui.
-Cosa ti fa credere che lui sia un bugiardo?!
-Ho i miei motivi e so anche di svariati episodi sgradevoli risalenti a quando era nella Polizia Internazionale.
-Fammi indovinare- Corrado si alza in piedi correttamente. È molto più basso dell’altro. -Hai già racimolato qualche informazione dai Victory, non è così? Sei già passato dalla loro parte, quindi?
-Esatto. E faresti bene a svegliarti anche tu- gli consiglia Vulcano.
-Non ti ascolterei nemmeno se vedessi in te il mio vero amico!- grida Corrado, sull’orlo del pianto per la rabbia, la tristezza, l’incredulità, la paura. Si prende la testa tra le mani. I suoi occhi riflettono disperazione e Vulcano cerca di non farci caso. -Tu… non posso credere che tu sia lo stesso Vulcano che ho conosciuto, non ci voglio credere, non puoi essere sempre tu. No, no, è impossibile!
-Calmati, fai pietà in questo stato- mormora il Superquattro.
-Ah sì, eh?! Perché tu, che ti allei con dei pazzi da sbattere al fresco e buttare la chiave della loro cella, sei mille volte meglio!- ribatte Corrado, troppo spiazzato dalla decisione del suo vecchio amico perché quelle parole velenose lo possano offendere. Anzi, a malapena le ha sentite.
-Non ho voglia di perdere altro tempo con te se non hai intenzione di collaborare. Ti ho dato i miei motivi…
-No, non è vero. E se pensi che quelle poche parole che mi hai detto possano costituire le tue ragioni, allora sei pazzo anche tu!- esclama il Capopalestra, i cui capelli biondi sono appiattiti sulla sua fronte corrucciata a causa della pioggia. -Sì, devi essere proprio impazzito per fare una cosa del genere!
-Sicuramente sono pazzo, già- conferma Vulcano freddamente, -ma tu sei solo uno stupido.
Corrado finalmente riesce a sentire la sentenza dell’altro e si rende conto, terrorizzato, che non ha più alcuna possibilità di riportarlo alla ragione. Lo fissa negli occhi, stavolta ignorando l’acqua che continua a tormentarlo, e non trova più il caro amico di un tempo. Lo ha perso, quel Vulcano conosciuto da bambino è morto, è scomparso, è introvabile ed irrecuperabile. Una prova è la freddezza della sua espressione, così decisa nella sua scelta ormai immutabile, così in contrasto con il tipo Pokémon che ha sempre amato e allenato.
-Allora è finita- sussurra con voce rotta il più piccolo. L’altro annuisce senza farsi problemi, poi fruga nella tasca dei pantaloni - le sue mani, stranamente, non vi sono infilate dentro in quella posa casual che lo caratterizza - e tira fuori una piccola Ball. La getta a terra e Corrado la raccoglie quasi sconvolto: nella semisfera rossa, appena appena trasparente, vede l’Infernape del Superquattro, che lo guarda pregandolo di riportarlo alla ragione.
-Mi stupisci, lo ammetto, perché mi aspettavo di dover combattere una lotta con te- dice Vulcano osservando la scena con apatia spietata. -Avrei usato Infernape, ma in aggiunta l’ho sentito indisposto a schierarsi al mio fianco. Nella speranza che gli altri non si siano instupiditi come lui, te lo lascio. Puoi anche liberarlo per quanto mi riguarda, ormai non me ne importa più nulla. Ho preso la mia decisione.
Corrado è il primo a fuggire via, stringendo con forza immensa la Ball dello starter e senza nascondere le lacrime che gli bruciano gli occhi e si confondono con la pioggia sul suo viso. Vorrebbe urlare mentre corre e perdere tutto il fiato che ha nei polmoni, forse vorrebbe morire pur di non vedere il proprio migliore amico, che ha sempre considerato un fratello, tradirlo in questo modo. Vulcano è diventato per lui non solo un pazzo, ma anche un assassino, degno delle atrocità peggiori che i Victory saranno in grado di compiere.

 
§

Uno schiaffo sonoro raggiunge la guancia di Nina, la quale certo non si aspettava una simile reazione da parte del padre. -Ma che cazzo ti salta in mente, papà?!- sbotta, non temendo le conseguenze del suo linguaggio sconveniente e indelicato che Koga le ha imposto fin da bambina di non imparare, di non conoscere.
-Potrei fare a te la stessa domanda- dice lui con fredda collera. I pugni stretti, abbandonati lungo i fianchi, tremano dall’ira che le parole della figlia hanno fatto nascere in lui. -Pensieri del genere… dovrebbero stare lontani dalla tua mente. E invece ti permetti addirittura di giudicare il mondo quando non sei nemmeno un’adulta consapevole!- grida poi, incapace di controllarsi. -Tu che hai votato la tua vita all’allenamento e ai Pokémon, da quando in qua sai distinguere cosa è giusto e cosa no?!
-Da quando tu mi hai tolto ogni libertà- risponde Nina, se possibile più arrabbiata del temibile genitore. -Ti ringrazio per il colpo, padre, ma non sarà questo a farmi cambiare idea.
Schiva con prontezza un altro schiaffo, materializzandosi alle spalle di lui, che la scruta furente capendo che non è il caso di insistere in quel modo. Sono le parole a cambiare qualcuno o qualcosa, e Koga lo sa bene. -Io non ti ho tolto la libertà, razza di stupida. La stessa arte ninja insegna cosa sia la libertà! Ma a quanto pare tu hai scelto la strada della fama e del potere anziché quella del bene, che è più impervia e difficile da praticare!
-No, non credo proprio. Io non voglio ottenere niente passando dalla parte dei Victory e speravo che tu non mi credessi capace di qualcosa del genere, ma a quanto pare ne sei in grado- ribatte Nina, calma ma delusa. -Il potere che cerco io è puramente personale, è la voglia di mettermi alla prova e di oltrepassare i miei limiti. E ovviamente di superare te, imparando qualcosa dai grandi Allenatori di questo nuovo, grandioso Team!
-Mi renderebbe fiero vederti superarmi, so che ne sei in grado- ammette Koga, studiandola dall’alto in basso. -Ma che tu voglia farlo con crudeltà, che è l’unica cosa che i Victory ti insegneranno… mi disgusta. È l’unico sentimento che riesco a provare in questo momento, oltre la rabbia che cerco di contenere.
-E che non riesci a fare- sibila Nina mettendo mano alle Poké Ball nella cintura.
Il padre non dà ulteriori segni di rabbia, continua a mostrare l’ira gelida che ha adottato. -Non ti ho insegnato nulla, a quanto vedo. Non so se sia io il genitore pessimo o tu la figlia squilibrata, ma di una cosa sono sicuro: non ho più intenzione di riconoscerti come parte della mia famiglia.
Nina trasalisce ferita, ma decisa a non dargliela vinta. È la sua battaglia, sta per raggiungere la libertà, ed è sicura che quella decisione del padre le faciliterà la fuga verso il suo obbiettivo. -E dire che pensavo di poter passare dalla parte dei Victory insieme a te, che eri così fedele a Giovanni ai tuoi tempi d’oro!
-Le persone cambiano. Io e te ne siamo la prova.
-Allora dimmi perché l’hai fatto. Perché adesso sei così buono come ti definisci.
-Io non sono buono, Nina. Io sono una delle persone più orribili sulla faccia della Terra: mi sono macchiato di colpe a cui non posso porre rimedio, troppo gravi per potermi cambiare. Non dimenticherò mai questo. Ma conoscere tua madre mi ha riportato alla ragione e mi ha reso consapevole degli errori commessi nel mio passato, e preferisco soffrire sapendo di essere stato un mostro piuttosto che essere rimasto tale.
La ragazzina certo non si aspettava che la conversazione prendesse una piega simile e vacilla sulle sue forze, che le parole del padre più esperto e saggio mettono alla prova, rendendola fragile. -Mia madre…
-Anna era una donna eccezionale- sospira Koga, reso triste dal ricordo della moglie defunta. -Non conosceva il mio stile di vita e non sapeva dell’esistenza del male. Ma lei viveva pura, giorno per giorno, viveva per gli altri e per fare del bene. Io avevo perso la forza di andare avanti, non avevo più un capo da seguire, era stato sconfitto e non sapevo che farmene della mia vita rovinata. Lei mi ha salvato, mi ha donato l’amore anche quando conobbe il mio passato orribile. Mi manca come l’aria, Nina. È stato così difficile riprendere a respirare quando Giovanni, che a quanto pareva non era morto come si diceva e non era così lontano da me, me l’ha portata via. L’ha uccisa, Nina. Uno degli uomini con cui vuoi allearti ha ucciso tua madre!- La ragazzina è mortificata e indecisa se pentirsi delle sue azioni o se perseverare nella sua decisione, ma ci pensano le successive parole del padre a scegliere per lei.
-Vattene, sei una delusione, nemmeno tua madre ti accetterebbe più!- Le spalle di Koga tremano violentemente. -Non so in cosa io o lei abbiamo sbagliato, ma tu che come il vecchio me sei così facile alla corruzione… no, non posso accettare un secondo di più la tua presenza in questa casa!
Nina pare sull’orlo del pianto. Crobat è uscito dalla sua sfera ed è pronto a portarla via appena lei glielo chiederà, ma non sembra in grado di parlare. Invece il padre non riesce a smettere di farlo.
-Io e te da adesso siamo nemici, ragazzina, e se Giovanni non avrà ucciso anche te per allora, quando ci ricontreremo vedrai che non sarai riuscita e mai riuscirai a superarmi, soprattutto con ideali del genere!
Urla anche quando Crobat è volato via con Nina, che silenziosamente piange non più sicura delle sue decisioni.

 
§

Lo specchio riflette la bella figura di Adriano. L’uomo attende con una certa impazienza il ritorno della sua amata compagna, Alice, e intanto lui si studia allo specchio. Mentre giocherella più o meno distrattamente con il colletto della camicia candida, il suo sguardo si sposta dai suoi capelli tagliati corti e ordinati, che tanto gli fanno rimpiangere la pettinatura di quando era più giovane, di quando era Campione e Coordinatore; si sposta evitando gli occhi azzurri per scorrere velocemente il fisico snello e ben vestito.
Però le sue stesse iridi sono attratte da quelle catturate nello specchio. E Adriano vede le sue pupille ristrette, non solo dalla luce, ma da qualcos’altro che gli ronza nella testa da molto tempo. È anche ora di confidarsi con Alice, per quanto sia difficile farlo, ben sapendo la disapprovazione basita che incontrerà. Ma lei lo ama, questa carta potrebbe aiutarlo a vincere la discussione, portando lei con sé. Altrimenti sa qual è il prezzo da pagare per le proprie scelte, gli è stato già detto in un incontro a cui preferisce non ripensare.
Ma inevitabilmente vede davanti a sé, al posto del suo riflesso nello specchio, una persona che si è abituato molto presto a non considerare più amica. Rocco. L’ex Campione che lasciò il proprio posto alla Lega per lui. Appena è venuto a sapere delle sue dimissioni di qualche giorno prima è corso alla Lega, sperando di trovarlo ancora là, ma si era dovuto fermare prima. Lo aveva incontrato presso l’entrata della Via Vittoria.
Adriano ovviamente aveva pensato ad una sua visita e si era preparato, anche per farsi trovare con più facilità. Aveva voluto mettere fine alla chiacchiera pesante dell’Allenatore di Pokémon Acciaio, in un modo o in un altro. Ma già aveva immaginto le risposte e le posizioni irremovibili della persona che aveva avuto di fronte, la quale aveva seguito il copione che si era programmato alla perfezione.

-Che storia è questa?- Il tono di Rocco era tremendamente controllato. I suoi occhi di ferro cercavano di incontrare le iridi sfuggenti di quello che da pochi minuti a quella parte era l’ex Campione in carica di Hoenn, che se ne era andato dicendo addio a tutti senza dare alcuna spiegazione, rifiutando le domande di chiunque e gli sguardi attoniti che gli venivano lanciati.
Adriano sorrise beffardo. -Tu speri che sia solo una storia, non è così?
-Ne sono certo- lo sfidò con ostinazione l’altro.
L’Allenatore di Pokémon Acqua scosse la testa quasi divertito, ma suo malgrado lo fece tristemente. Era una dura via quella che aveva intenzione di percorrere da quel momento per il resto della sua vita. -Ho lasciato la carica di Campione definitivamente- esordì, per poi pronunciare le parole più terribili: -perché ho intenzione di unirmi al Victory Team.
Si voltò, cercando di apparire disinvolto e continuando a sorridere, ma sul suo volto c’era solo un ghigno già contaminato dall’influenza dei Victory. Un tenue venticello soffiava e smuoveva il suo mantello.
-Guardami, razza di codardo.- Sbatté più volte le palpebre, Adriano, e si girò a fronteggiare quello che era solo un vecchio amico. Si rese conto di non averlo guardato per tutto il tempo, perché aveva paura dei suoi occhi. “Io non sono, non posso essere un codardo” pensò cercando di mantenere la calma, profondamente turbato dal suo sguardo, pieno di una furia implacabile e allo stesso tempo terribilmente silenziosa. “Non l’ho guardato perché… perché… perché non l’ho guardato?”
-Hai qualcosa da dirmi?- Ma Adriano recitò divinamente anche quel ruolo.
-Fosse solo qualcosa!- sbottò Rocco, digrignando i denti. Era furioso più d’ogni altra volta in vita sua.
-Che ti prende? Ho i miei motivi, non pensare che l’abbia fatto così, tanto per.
-Purtroppo sei una persona troppo intelligente per prendere una decisione come questa “tanto per”- ringhiò l’altro. -Ma mi chiedo quali possano essere questi motivi. Temo di aver riposto troppa fiducia in te.
-E come mai?
-Rispondi!- gli ordinò Rocco, irato per la sua recita ridicola.
Adriano sospirò, ancora ghignante, e mise mano alla Poké Ball di Swanna, che da poco aveva catturato ma che aveva già allenato quasi alla perfezione. -Io sono una persona incontentabile, Rocco, lo sai bene anche tu. Il potere che riceverò non appena metterò piede sul territorio della mia nuova fazione sarà mille volte più sorprendente di quello che posso avere stando chiuso in una stanza e aspettando Allenatori che si fanno sempre più rari. Non mi sembra una cosa così terribile, penso che se tu fossi stato al posto mio avresti trovato ugualmente seccante la mia noiosissima posizione.
-No, Adriano. Non lo avrei mai fatto- negò Rocco.
-Ah! E te ne sei pure andato prima di me- lo prese in giro l’altro.
-Avrei preferito non conoscerti mai, se le cose stanno così- mormorò l’Allenatore di tipo Acciaio, turbando ancora di più Adriano, che cercava di mostrarsi in tutt’altro modo. -Non avrei dovuto lasciarti il posto di Campione. Avrei dovuto capire, invece, che la tua era un’anima facile alla corruzione… probabilmente è colpa mia.
Adriano non poteva crederci, si stava rassegnando. Aveva rinunciato a riportarlo alla ragione che credeva di possedere.Se Rocco non riconosceva più lui, la cosa era reciproca. Dov’era la sua determinazione, che sempre aveva visto viva e combattiva anche nelle situazioni più vicine alla morte stessa? Cosa era successo al suo vecchio amico? C’era qualcosa che non sapeva, che era successo e di cui non era venuto a conoscenza? -Allora ti arrendi- sibilò poi. Tolse la spilla che chiudeva il Mantello e lo gettò a terra, incurante dello sporco che lo avrebbe aggredito. Non era più roba sua, d’altronde, e nemmeno di Rocco.


“Rocco se n’è andato senza combattere quando io avrei preferito lottarci.”
È stato questo, molto a lungo, il pensiero di Adriano. E lo è ancora, è presente mentre stringe i pugni con una certa collera provata nei confronti del Campione che lo ha preceduto, che come si è aspettato non ha affatto tollerato le sue decisioni apparentemente improvvise. Proprio perché se lo è immaginato non è stato questo a farlo vacillare sulle sue convinzioni, non ha praticamente dato importanza alla disapprovazione di Rocco. Piuttosto se l’è presa molto con lui per quello che considerava un gesto codardo e offensivo.
Adriano si sente offeso, sì, perché Rocco lo ha praticamente considerato un caso perso, e questo lo fa davvero imbestialire. Le unghie delle dita stanno per graffiare il palmo della sua mano, perciò l’Allenatore la rilassa. Non ottiene lo stesso effetto sul suo stato d’animo turbolento, che si sente offeso dalle azioni e dalla resa di Rocco, il quale non lo riteneva capace di un tradimento. “Avrò anche fatto un terribile voltafaccia per quanto riguarda quelle che si fanno chiamare le forze del Bene” pensa, “ma lui mi ha ferito, mostrandosi per l’incompetente… pazzo… stupido… per quello che è…” Digrigna i denti ed evita di guardarsi ancora allo specchio, sente nella sua mente le auliche parole che costituiscono il giuramento di fedeltà al suo nuovo padrone, il Victory Team, che seducente gli ha promesso il potere da lui a lungo cercato. “Non m’interesso dell’opinione degli altri, non mi importa sapere cosa ne pensa la gente di quello che sto facendo. Sarà anche sbagliato, ma è un fatto mio, e poi il mondo scoprirà di cosa è capace il Team e del benessere che porterà ad ogni suo ammiratore.”
Trasalisce e i suoi occhi si incontrano inevitabilmente con quelli riflessi nello specchio appena sente la porta di casa aprirsi, dopo il sonoro rumore prodotto dal girare della chiave nella toppa. La melodiosa voce della sua Alice gli raggiunge le orecchie e si chiede perché si trovi lì, perché abbia deciso di vederla prima di andarsene, consapevole del fatto che lei non accetterà mai la sua scelta e che gli impedirà in ogni modo, al contrario di Rocco, di andar via da lei per passare dalla parte di quelli che lei considera malvagi. Ha paura di Alice, ha paura dell’amore che prova per lei e teme che non sarà la sua fidanzata a seguirlo dai Victory, ma che sarà lui costretto a rimanere dalla parte di Bellocchio pur di non lasciarla.
-Amore!- lo chiama la giovane donna. I suoi lunghi capelli lilla fanno capolino dalla porta della stanza dei due prima del suo stesso, bellissimo viso. I grandi occhi azzurri gli sorridono più delle labbra e Adriano non può che ricambiare quell’espressione, nella speranza che il suo sorriso tirato non sia notato troppo da lei.
-Oggi ti devo pregare per darmi il bentornata a casa, eh?- ridacchia avvicinandoglisi, abbandonando la borsa per terra e andando subito a cingergli le spalle con le braccia magre. -Tutto bene? Come va, amore mio?
-Tutto bene- ripete Adriano. -E tu?
-Sono stanchissima!- si lamenta Alice con un tenero sospiro, sedendosi sulle ginocchia del compagno. -Sono stata metà giornata a parlare con Bellocchio, ultimamente è davvero nervoso. Ma come biasimarlo? Questi dannati Victory riescono a eludere ogni attacco che l’organizzazione prepara, è davvero assurdo se penso a quello che mi ha raccontato. Non basta trovare password e raccogliere informazioni, anche perché molte cercano sicuramente di confonderci le idee- racconta con trasporto, -e intanto siamo sempre punto e a capo. Non concludiamo nulla.
“Dannati Victory. Bellocchio. Organizzazione.” Le parole di Alice fanno capire velocemente ad Adriano che lei è fermamente dalla parte dell’ex investigatore della Polizia Internazionale, e che sarà quasi impossibile convincerla ad abbandonare tutto per passare da una parte più sicura. -Dannati Victory- ripete Adriano sovrappensiero.
Alice nemmeno lo sente e continua a parlare: -Come vorrei che tutto questo non fosse mai successo tutto questo! Così all’improvviso si sono rifatti vivi Cyrus, Giovanni e Gechis, che pareva fossero stati imprigionati o fossero morti da qualche parte. E sai la novità, caro? Max e Ivan si sono alleati! Quasi non ci credevo quando l’ho scoperto!
-Come Team promette bene.
Le parole di Adriano ammutoliscono per un momento Alice, che poi va avanti: -Sicuramente sono più potenti di prima, anche grazie all’unione di tutti i loro poteri. Hanno un seguito foltissimo, non me lo sarei mai aspettata.
-Cosa credi abbia spinto tanta gente ad unirsi a loro?- mormora Adriano. I suoi occhi fissano il vuoto, vitrei.
-Io… non lo so, è una posizione troppo lontana dalla mia concezione di Bene e Male per poterli capire. Per me, i Victory rappresentano la malvagità più assoluta e pericolosa, che andrebbe estirpata al più presto. Bellocchio è un grand’uomo, è stato molto coraggioso a riunire così tante persone sotto il suo comando, non è una cosa in cui in molti sarebbero riusciti, com’è facile immaginare. Lo ammiro molto per questo e sono felice di lavorare per lui.
-Bellocchio è solo uno stupido…- Anche stavolta Alice si stupisce di ciò che dice un Adriano che appare sempre più turbato, estraneo alla realtà, perso nei suoi silenziosi pensieri. Timorosamente gli chiede di ripetere.
Ma lui aggiunge anche le spiegazioni a tutto ciò. -Sì, Bellocchio è uno stupido, si oppone a persone che hanno il potere di poter unificare il mondo. Sai cosa significa questo, Alice? Sai cosa vorrebbe dire un mondo unito? Non m’importa delle loro azioni passate, loro sono in grado di uniformare il pianeta sotto un unico governo, imparziale e pronto ad operare sempre e solo secondo la giustizia. Max, Ivan e tutti gli altri sono persone intransigenti, non accetteranno mai azioni sbagliate o contrarie alle loro idee. Sono loro il Bene, Alice.
La donna ha gli occhi sbarrati. Sente l’impulso di fuggire dalle braccia fino a poco prima confortevoli del suo amato, che ora è semplicemente spaventoso, se non pazzo. Le si gela il sangue nelle vene appena sente l’ultima, fatidica frase: “Sono loro il Bene”. Com’è possibile che uomini del genere lo siano?
-Perché ti ostini a non volerlo capire, Alice?- Il suo nome da lui pronunciato la terrorizza. Perché conosce il suo nome? -Bellocchio vuole mettere i bastoni tra le ruote a persone assolutamente competenti, pronte a fare di questo mondo un’utopia. Sono intelligenti, preparati, sicuri di sé, pronti a tutto… non mi interessano i loro mezzi, Alice, saranno anche violenti e sbagliati, ma è così che si costruisce il potere. Solo così, e anche Bellocchio sarebbe pronto a sfuttare i loro stessi metodi, se non fosse così stupido. Sono loro il futuro, Alice. I Victory sono il nostro futuro.
-Nostro…
-Ti prego, cerca di capire e di ragionare. Se ci pensi attentamente è così che deve andare, con la vittoria di un Team che non a caso si fa chiamare Victory, perché è troppo potente per essere anche solo sfidato. Bellocchio e chi con lui andranno incontro a morte certa, ma a ragione. Io non voglio che per un paradigma infantile, basato sul Male che non può trasformarsi in Bene e sul Bene assolutamente puro, tu vada via da me. Non voglio perderti.
Il silenzio segue le sue parole. Adriano è stato stranamente sicuro di sé durante tutto il suo discorso, ma quella terribile assenza di suono lo mortifica. -Alice- la chiama, più incerto adesso.
-Vattene.- L’ordine di Alice, la sua voce ferma tradita da una nota di profonda, viscerale tristezza, è come una condanna a morte per Adriano.
-Sapevo che questa sarebbe stata la tua prima reazione- cerca di insistere lui, terribilmente sicuro che quella conversazione non andrà a buon fine. -Ma non sarai mica non disposta a pensarci, Alice? Perché…
-Ti ho detto vattene- ripete lei con un filo di voce. Si alza di scatto dalle sue ginocchia su cui era seduta, le braccia di Adriano che le cingevano la vita vanno ad appoggiarsi inerti sulla poltrona. -Non ti conosco. Non so chi tu sia dal momento in cui hai preso una simile decisione. Sei solo un pazzo assetato di potere.
-No, Alice, non dire così- la prega lui, sull’orlo di una crisi.
-Via- mormora lei, iniziando inevitabilmente a singhiozzare. -Vai via… esci da questa casa… è casa mia…
-Alice, ti prego…- “Non considerarmi un caso perso anche tu…”
Uno strillo disperato segue l’ultima preghiera dell’ex Campione. La donna gli molla un ceffone e poi un pugno che lo fanno mugolare per la sorpresa, più che per il dolore. Intanto lei ha aperto la finestra e, dopo aver chiamato Altaria fuori dalla Poké Ball, vola via lontana da Adriano. Alla fine è stata lei ad andarsene per prima.

 
§

-Essere… non essere
Narciso cammina avanti e indietro per la sala a lui riservata alla Lega di Kalos. Numerosi sospiri intervallano la specie di nenia che continua a ripetere. -Questo è il dilemma.
Si ferma finalmente, capendo che continuare a dire sempre le stesse parole gli darà alla testa.
Sono giorni che si pone lo stesso problema, la medesima questione lo turba da relativamente poco tempo, pochissimo se confrontato con l’anno e passa che è già trascorso dall’inizio della cosiddetta guerra. Il tempo è volato via e lui da un momento all’altro ha iniziato a chiedersi, nel vuoto della Lega Pokémon abbandonata ormai anche da alcuni colleghi - non solo da ogni possibile sfidante, quale posizione convenga prendere e quale invece sia la più giusta. Le pareti in pietra su cui l’acqua ha smesso da molto di scorrere, quell’acqua che annunciava agli Allenatori quale fosse il tipo di Pokémon da affrontare in quella sfida, mandano un silenzio deprimente in risposta ai celebri versi che lui recita di tanto in tanto, trovandoli così tristemente adatti alla sua situazione.
Essere o non essere?
Narciso deve operare una scelta tra due fazioni, una definita il Bene e l’altra figlia del Male, che però inizia a sembrare a molti una prospettiva promettente. Quei molti un tempo erano solidi servitori di coloro che tentavano di combattere le organizzazioni criminali che volevano imporsi sulle varie regioni. Queste si sono fuse nel fantomatico Victory Team, un nome parlante il suo, il quale si presenta sotto aspetti tutti diversi tra loro ma uguali nella loro natura: l’essere ammaliante e attraente. Promette obbiettivi che ben presto, grazie però solo all’aiuto di molti, saranno ben presto realizzati; promette anche un futuro migliore per tutta la società, per un mondo che comprenda anche i Pokémon. Già, i Pokémon, che vengono sfruttati come cavie da questi uomini per esperimenti scellerati che potrebbero essere benissimo evitati; la prova ne è Bellocchio con la sua squadra di scienziati di prima categoria, la quale ha risolto non pochi problemi legati a quelle creature, creatisi nel tempo con l’intervento umano. Invece i Victory non hanno capito che è possibile far mutare la natura di un Pokémon con mezzi che non siano esperimenti scientifici, che violano i diritti di questi esseri tanto amati da Narciso.
Il Superquattro però continua a camminare avanti e indietro per la piattaforma rialzata su cui si trova la specie di trono a lui riservato, quel trono che lo fa sentire come un re. Ma la sua unica area di governo è semplicemente sé stesso, ed è già difficile così mantenere il potere. Sospira rumorosamente. A difesa dei Victory si dice che siano sbagliati solo i loro mezzi, e gli duole ammettere che forse hanno ragione.
Non ha mai conosciuto il “famoso” Bellocchio, una delle punte di diamante della Polizia Internazionale, ma molti lo criticano per la sua esagerata volubilità e per i suoi tentennamenti, le sue riflessioni troppo lunghe, le quali non sempre portano al successo. È stato informato, Narciso, delle numerose missioni da lui organizzate che spesso si sono rivelate inutili perdite di tempo, a causa dell’innata capacità di trasformarsi dei Victory e dei misteri che aleggiano sulla loro organizzazione. Un’organizzazione di cui si conoscono a malapena i capi, che molto spesso danno l’idea di rispondere a comandi di qualcun altro e che anche per questo non sono più gli ex Comandanti dei vari Team di una volta. Sono cambiati, sono diversi, sono quindi più pericolosi.
-Ci rinuncio.- È da molto tempo che Narciso desidera poter pronunciare con sicurezza queste parole e finalmente ha trovato la forza per farlo. È fermo, si tiene la testa teatralmente tra le mani e ha gli occhi chiusi, ma ha preso una decisione. Almeno questo rende meno triste e compassionevole la sua figura, che fino a pochi istanti prima è stata oggetto di tormento da parte di così tanti dubbi; ma ora che si è tolta un peso dal cuore è più leggera.
-Me ne vado a Città Nera!- esclama al vuoto, consapevole del fatto che qualcuno, però, lo sta ascoltando. E la cosa non lo intimorisce. -Città Nera sarà la mia nuova patria, nella quale sarò accolto come perfetto disinteressato quanto a questa stupida guerra. Sarò assolutamente neutrale, è questa la mia scelta: non ho intenzione di lacerare me stesso e i miei Pokémon schierandomi da una o dall’altra parte. Io non sono un codardo, non rifiuto lo scontro: chiunque abbia da ridire su questa mia decisione, venga a parlarmi a Città Nera! In ogni caso sarò irremovibile!

 
§

L’Isola Cannella ha perso il suo fascino da molto tempo. O almeno è così che la vede Blaine, che passa le sue giornate ad allenarsi in attesa della chiamata dell’organizzazione che combatte il Victory Team, il cui nome presuntuoso è risultato odioso alle orecchie dell’ex Capopalestra fin da subito, dalla prima volta in cui l’ha sentito nominare. È ben felice di prendere parte, dal basso delle sue modeste capacità, a una guerra che promette sangue e fatiche, dolori, crisi; ma lui vuole tutto questo, vuole riscattarsi da un errore commesso in passato.
Non lo dice con cattiveria nei suoi confronti, pur sapendo che lui è molto suscettibile e sensibile quando si tratta della sua esistenza. Accarezza la sua Poké Ball distrattamente con due dita, come al solito nella tasca del camice che è un po’ il marchio di fabbrica dell’uomo. Ma sa che presto dovrà abbandonarlo per adottare abiti più semplici e anonimi, consoni al lavoro che sta andando a fare e che lo costringerà ad uno stato di quasi invisibilità. Dovrà essere silenzioso e non rintracciabile quando sarà ufficialmente dalla parte di Bellocchio.
Ma intanto sta aspettando qualcun altro. Non può nascondere una certa ansia derivata da questa attesa, perché non sa cosa riserva per lui il futuro prossimo. La conversazione che seguirà sarà decisiva per la sua storia, Blaine è certo di questo. D’altra parte è di uno dei più grandi uomini di quel tempo di cui si sta parlando; non sa come e quando di preciso arriverà, però sta per farlo, glielo dice il suo sesto senso. E una certa agitazione dell’abitante di quella particolare Poké Ball gli conferma che manca davvero pochissimo.
L’uomo sorride appena sente dei passi dietro di sé e smette di fingere di studiare la composizione delle pendici del vulcano, ormai esploso e apparentemente inattivo. La sua vecchia conoscenza è giunta dal mare.
-Allora, Enigma, che si dice di nuovo?- gli domanda affabile, voltandosi, sinceramente sollevato dall’arrivo del suo amico e non più turbato. Davanti ai suoi occhi, sullo sfondo di un mare pacato e di un cielo sereno, a dispetto dei tempi burrascosi che vanno profilandosi all’orizzonte, si staglia la figura alta e anziana di Enigma, un intimo collega di Bellocchio. O meglio, quello che è stato un intimo collega dell’uomo; ha dato le dimissioni subito dopo l’inizio del conflitto tra Victory Team e “Forze del Bene”, lavandosene le mani per quanto riguardava la guerra.
Ma Blaine, pur disapprovando la sua neutralità da fervido sostenitore di Bellocchio qual era, non ha potuto mai biasimarlo per questo, sapendo che certe scelte sono indiscutibili - o almeno, si dice ridacchiando per la sua stessa incoerenza, lo sono finché non si entra tra le fila dei Victory. Ora rivede l’amico, più giovane di lui senza ombra di dubbio - Blaine sa di essere un vecchio coi fiocchi, vestito in maniera trasandata e parecchio ingrassato rispetto ai ultimi tempi. La pancia si è gonfiata d’alcol, non smentisce il suo passato di appassionato “intenditore di vini” e così via. Se è riuscito a contenersi durante gli anni di lavoro, è sicuro che ben presto inizierà a lasciarsi andare.
-Mah, di nuovo non c’è niente- replica Enigma vago e, secondo Blaine, sornione, sorridendo in modo altrettanto affabile. -Ormai Bellocchio deve avermi detto addio per sempre, e mi dispiace. Ma sono passati mesi e mesi, ci ho fatto l’abitudine… anche se mi preoccupa non sapere come stia; tu hai sue notizie, piuttosto?
-L’ho sentito giusto l’altro giorno, l’ho contattato io. Come saprai già, ho deciso di lavorare per lui.
-Oh, siete talmente tanti ad andare dalla sua parte che non fa più differenza sapere chi stia con lui e chi no. Ma c’è una bella concorrenza, da quello che sento dire a Città Nera; non pochi Capipalestra, Superquattro, persino dei Professori sono andati dai Victory. Paradossalmente- sospirò Enigma, mutando il suo sorriso in uno amaro, -trovo che Città Nera sia molto più vuota rispetto ad anni fa, quando davvero non c’era nessuno. Non so perché, o forse sì?, ma vedere solo qualche persona neutrale di tanto in tanto… la città mi sembra più vuota e grigia. Non nera…
-Dimmi che non era una battuta, ti prego- borbotta Blaine.
-Non lo era, non ti preoccupare. Ma hai capito quello che intendo? Voglio dire- Enigma capisce subito di aver confuso non poco il buon vecchio Blaine, -ho passato periodi della mia vita a Città Nera molto prima della guerra, quando magari lavoravo per la Polizia Internazionale. Ebbene, la sensazione di vuoto e desolazione è molto più accentuata ora, più popolata di prima indubbiamente, che nei tempi scorsi. Gira poca gente per le strade, è vero, ma nonostante essa sia molta più di quella di anni fa… l’ho detto, Città Nera sembra ancora più vuota.
-Sei rimasto il solito chiacchierone di sempre, Enigma, e puzzi di alcol e fumo in una maniera rivoltante. Che ne dici di disintossicarti? Ti confondi con le tue stesse parole in una maniera imbarazzante, amico mio, non succedeva mai che il Grande Enigma dovesse spiegare ciò che diceva- lo critica Blaine, consapevole del fatto che l’altro non lo prenderà mai sul serio. Infatti si esprime in una risatina rauca che si dissolve subito, senza lasciare tracce sul suo volto, stropicciato dalle rughe e da qualche macchia cutanea. Una barbetta incolta non aiuta il suo misero aspetto.
-Proprio tu mi dici questo, caro Blaine? Sai che sono un intenditore…
Blaine scuote la testa e sorride pensierosamente. Alché Enigma decide che bisogna smettere di chiacchierare in termini simili e che è ora di capire perché l’altro lo abbia chiamato. -Cosa volevi dirmi?
La risposta si fa attendere per qualche secondo di silenzio. Solo il mormorio sommesso del mare e gli strilli dei gabbiani, che un tempo erano stati cacciati via da Wingull e Pelipper vari, si odono in quegli attimi di attesa.
-Non posso partire per la guerra senza prima mettere in salvo un caro amico e compagno, la cui esistenza è dovuta ad alcuni esperimenti terribili condotti da me e da altri scienziati anni ed anni fa, quando eravamo alleati con il Team Rocket. Non posso permettere che gli venga fatto del male, ha sofferto fin troppo in tutto questo tempo. Non mi interessa se è il Pokémon o uno dei Pokémon più potenti al mondo, non merita di subire altro male, non merita di vedere ulteriormente la capacità umana di ferire, fare del male, distruggere.
Fa una pausa. Enigma non è sicuro di sapere a quale Pokémon si riferisca Blaine: non ha mai avuto grandi contatti con i Pokémon, non è mai stato un Allenatore, solo un agente di Polizia più o meno segreto. Né lui né Bellocchio hanno mai avuto a che fare con casi riguardanti i Pokémon, sono sempre stati ignoranti in materia.
Blaine riprende: -Purtroppo lui si sente colpevole per la sua stessa esistenza. Lui è un doppione mal riuscito, in teoria, di un Pokémon già esistente; in quanto tale non sarà mai in pace con sé stesso e avrà sempre il rimorso di esistere, semplicemente di essere stato messo al mondo. È stato creato da umani, è il Pokémon più umano che sia al mondo e possiede molti dei suoi difetti: lui odia, lui porta rancore, risolve problemi con la violenza. Ma allo stesso tempo non vuole essere così terribilmente umano; ed è lo stato che spero possa raggiungere non entrando a contatto con una realtà tanto spaventosa, come quella della guerra in corso.
-Io non so di chi tu stia parlando, non conosco i Pokémon- risponde subito Enigma, -ma non credo che tenere il tuo compagno lontano dalla guerra sia il modo giusto per insegnargli il “bene”. E se comprendesse come fare del bene al prossimo proprio sul campo di battaglia, soccorrendo feriti e bisognosi?
-No, Enigma, non posso prendere una decisione del genere. Sono convinto che gli nuocerebbe combattere, lo fa già con sé stesso ogni giorno della sua esistenza, che potrebbe non avere mai fine, forse.
-Ho capito. Ho capito tutto- mormora Enigma. -Tu vuoi affidarmi il tuo compagno, confidando nella mia irremovibile neutralità, per tenerlo lontano dalla violenza e dalla morte seminate dalla guerra.
-Esatto- conferma Blaine. Infila una mano nella tasca in cui è contenuta la Poké Ball più preziosa che possieda; la metà rossa lascia intravedere una creatura dall’aspetto forse felino, un po’ umanoide. La parola corretta è alieno, figlio di esperimenti di laboratorio, ma Enigma non può classificarlo come tale, non conoscendolo.
Blaine glielo presenta; una terribile serietà rende il suo anziano volto di pietra. -Il suo nome è Mewtwo. È stato clonato da Mew, uno dei Pokémon Leggendari per eccellenza. È un tipo Psico e ha poteri spaventosi, pochi della sua specie riescono a tenergli testa, nessuno se togliamo i Leggendari. Preferisco non farlo uscire dalla Ball, ora. Io odio gli addii e temo non riuscirei a cedertelo se lo vedessi qui, davanti a me…
Gli porge la sfera tendendo il braccio. Dopo un attimo di esitazione, Enigma la prende e osserva la figura del temibile Mewtwo, che pare addormentato e ignaro di ciò che sta succedendo, del suo destino che sta cambiando.
-Enigma, promettimi che ci sarai sempre per lui, che imparerai a conoscerlo e che farai di tutto per il suo bene- lo prega Blaine con la voce ridotta ad un mormorio. -Insegnagli a vivere come io non riuscirò mai a fare, colpevole come sono di avergli donato un’esistenza tanto terribile. E tu imparerai da lui molte cose, te lo garantisco.
-Mewtwo…- dice Enigma impensierito. -La sua è una triste vita, una vita che forse avrebbe fatto meglio a non esistere, da quello che ho capito, perché lui odia sé stesso per il suo stato e gli uomini per averglielo dato. Sì, hai ragione, Blaine: lui è il Pokémon più umano che esista, capace di provare odio e commettere violenza. Io non sono un Allenatore e non so proprio come gestire un Pokémon, questo lo sai bene, e proprio per questo motivo, Blaine, ti assicuro che farò di tutto per rispettare il compito che tu mi hai affidato. Se mi sarà possibile, darò a Mewtwo un motivo di esistere, che gli donerà la voglia di esistere e la forza di andare avanti. Magari di amare.
Blaine è immancabilmente commosso dalla promessa così forte e significativa di Enigma. Sorride, il suo sorriso non è più sfumato di tristezza, amarezza o corrotto da qualche pensiero turbolento e intimo; sorride perché questo addio darà a lui la possibilità, forse, di redimersi, combattendo l’uomo che l’ha costretto a rovinare la vita di Mewtwo, semplicemente creandola. E darà al Pokémon una possibilità, la possibilità di vivere davvero.
-Grazie di cuore, amico mio.

 
§

Fragorosamente la cascata del percorso 47 si tuffa nel mare, ruggendo in tutta la sua potenza ed erodendo la roccia dietro di essa che cade a strapiombo sulla distesa acquatica. Questa riflette il colore del tramonto, o meglio, i colori numerosi che possiede; frammenti d’acqua blu oltremare sono tinti d’arancio, sono cremisi, sono d’oro. E perché no, anche porpora: se si sposta lo sguardo verso la volta celeste si nota anche questo colore.
È quello che fa Crystal, seguita dal suo Arcanine che prontamente la imita, incuriosito dalla sua stessa curiosità. In realtà la ragazza è semplicemente impensierita, come tanti appartenenti alla parte del mondo che conosce e che ama i Pokémon, dai tempi che corrono. Lei sa già cosa fare della sua carriera da Allenatrice, non le è mai passato per la testa e mai le passerebbe per essa l’idea di allearsi con i Victory, che anni addietro - pur non conoscendo la grande maggioranza dei loro capi, erano stati i suoi più grandi nemici. -Oh…- sospira, prendendo ad accarezzare il pelo folto e caldo di Arcanine, che accetta di buon grado le coccole, -perché sono tornati? Come hanno fatto a riunirsi, nonostante tutte le divergenze tra di loro? Persino i Magma e Idro si sono uniti… come hanno fatto?
Arcanine ringhia sommessamente qualcosa di imprecisato, troppo rintontito dalle coccole magiche di Crystal.
-Loro sono il Male. È davvero così attraente, il Male? Perché io riesco a rifiutarlo con energia e senza alcun ripensamento, mentre altri lo adottano come loro Credo? Perché tutto questo, Arcanine?
Lancia un’occhiata ad Arcanine e vede che è completamente in estasi grazie alle sue carezze, quindi sbuffando indispettita lo fa rientrare a malincuore nella Ball. È arrivata a un lungo ponte che collega il percorso 47 al 48 e poi alla Zona Safari. Ma stranamente qualcuno è sul ponte, in una zona che di solito è sempre deserta, soprattutto a quell’ora e in quel periodo. Crystal non impiega molto a ricordare che a partire dal percorso 47 in poi, l’accesso a quell’area è consentito solo ai conoscitori del mondo Pokémon: dev’essere un potente Allenatore o un turista che viene da una regione lontana, perché di comuni aspiranti Allenatori non se ne trova più alcuno in giro.
Indecisa, temendo che possa essere un nemico, Crystal si avvia verso di lui, rassicurata solo dalla certezza di avere una squadra di Pokémon al completo, preparata e pronta a correre in suo soccorso. Impiega poco tempo a capire che quello è un uomo, anche a giudicare dalla stazza: Crystal non saprebbe dire se egli sia muscoloso o semplicemente grasso. Non è interamente vestito, indossa un paio di pantaloni blu e, questo la stupisce non poco, una maschera. Proprio questo la porta a riconoscere il Capopalestra Omar in persona. Subito la ragazza si chiede come mai sia proprio lì, nei pressi dell’abbandonata Zona Safari.
-Mi scusi?- fa incerta. Omar trasalisce ma, voltandosi di scatto verso di lei, le dà la conferma della sua identità. -Lei è Omar di Pratopoli?- Lui sbatte un paio di volte le palpebre, confuso: si intravede quel momento attraverso i grandi buchi nella sua classica maschera, che mostrano all’interlocutore gli occhi piccoli e chiari dell’uomo.
-S… sì, sono io- mormora poi dopo qualche istante di silenzio. -Tu invece… tu chi sei? Che ci fai qui?
-Io… ehm…- Crystal tentenna, non sapendo se Omar sia dalla parte dei Victory o meno. Si mordicchia il labbro inferiore e poi, con più determinazione possibile, esclama: -Prima delle presentazioni, visti i tempi che corrono, voglio una prova del fatto che lei, Omar di Pratopoli, non è alleato con il Victory Team!
Punta un dito accusatore contro di lui e arrossisce lievemente, sentendosi improvvisamente dentro un anime e immaginando la scena con i tratti di un cartone animato. Omar inarca le sopracciglia e ironicamente le dice: -Io mi chiamo solo Omar, puoi evitare di ripetere ogni volta “Omar di Pratopoli”…
-Non è importante!- ribatte la ragazza, che probabilmente agli occhi di quell’uomo di mezza età appare come una ragazzina con i codini non poco infantile. -Allora, Omar? Ha delle prove?
Segue un imbarazzante silenzio, al quale segue un triste sospiro da parte del Capopalestra. -Non credo di averne, mi spiace, ragazzina. Ho solo moltissima voglia… di rendermi utile per le forze che vogliono abbattere il Victory Team, perché ho qualche conto in sospeso con Cyrus e con i suoi amici, più in generale…
Il tono di Omar è così sconsolato che Crystal dubita parecchio della sua sincerità. -Mi spiace, ma io non posso crederle se lei dice così. Ho bisogno di prove reali, tangibili: solo allora potrò dirle chi sono. Può darmele?
Omar fruga nella borsa da viaggio che ha ai piedi e ne tira fuori, sospirando nuovamente, un PokéGear vecchio di non pochi modelli. Ci armeggia per qualche secondo, pigiando sulla tastiera indelicatamente, poi lo porge a una sempre più curiosa Crystal. -Ecco qua. Se tu hai il numero di Bellocchio, e penso che sia proprio così perché ritengo improbabile che tu sia un’alleata dei Victory, allora puoi controllare. Sono messaggi che ci siamo scambiati tempo fa, parlo di qualche mese o poco meno- le descrive, sempre con quel tono basso e triste.
-… Quindi Bellocchio ti ha chiesto di entrare nella sua organizzazione, tu sulle prime hai rifiutato perché volevi badare alla situazione di Pratopoli e non volevi abbandonare la tua città, pensando che potesse essere scoperta per qualche attacco dei Victory, e nonostante le sue insistenze tu hai detto che ci avresti dovuto pensare perché, pur essendo totalmente contro di loro, non volevi che Pratopoli diventasse un obbiettivo facile per i nemici… ho capito bene?- riassume, immaginando ogni momento della breve discussione come una chiacchierata a tu per tu tra due uomini seri e misteriosi. Omar annuisce e Crystal controlla i numeri: coincidono. Ne controlla anche altri nella rubrica del PokéGear e sbircia nelle chat con i Dexholders di Sinnoh, che ha avuto modo di conoscere anche lei.
-Va bene, Omar. Mi fido- decide infine. -Cosa ci fa qui?
-Ehi, ragazzina, devi prima dirmi chi sei- le ricorda lui.
-Ah sì, giusto! Io sono Crystal. Sono un’aiutante del professor Oak e sto completando il Pokédex.
-Oh, anche tu una Dexholder- la interrompe Omar con scarsissimo, anzi, inesistente entusiasmo. -Ho fatto la conoscenza di due o tre ragazzi come te, incaricati dall’amico di Oak, il professor Rowan. Hanno ottenuto con una facilità non indifferente la Medaglia della mia Palestra, si vedeva proprio che erano ad un altro livello. Comunque, io sono qui… a rilassarmi prima di partire per la mia personalissima missione- aggiunge infine.
Crystal si fa più attenta. -Lei è in missione? Ma non è mica a…
-A servizio di Bellocchio e compagnia? Lo so, lo so. Crystal, ho deciso di rimanere fedele alla fazione che io giudico come il Bene quasi assoluto: ho conosciuto Bellocchio e, nonostante le accuse rivolte nei suoi confronti, lo stimo profondamente anche solo per il suo coraggio. Lui è abile, è intelligente e furbo, ma sta sfidando un nemico che lo è molto più di lui. Per questo ho deciso… di fingere di passare dalla parte dei Victory.
Crystal trasalisce. -La scopriranno subito. È una missione suicida- replica all’istante, sbiancando dalla paura.
Omar fa spallucce. -Sì, è probabile. In più aspetterò il momento opportuno per rivelarmi, e purtroppo esso sarà solo quello in cui giungeranno gli alleati di Bellocchio per liberare il mondo dall’oppressione del Victory Team. Sarà la missione finale che lui organizzerà e che deciderà le sorti del pianeta: quello sarà il momento migliore per cercare quelli che chiamerò sempre amici e ai quali rivelare tutto ciò che saprò sui Victory.
A Crystal, sinceramente, non pare un grande piano. Ma ascolta ciò che Omar ha da dire fino alla fine. -Io non sono un grande Capopalestra, nonostante la mia età non sono affatto uno dei più utili sul campo. Ma ho qualche asso nella manica che i Victory non rifiuteranno, e che mi spiace, ma non posso rivelare nemmeno a te, Crystal.- Sorprendentemente le sorride. -Nonostante noi due non ci siamo mai parlati prima, hai fatto davvero una grande impressione su di me, con la tua positiva ingenuità e la voglia di conoscere. Crystal, io indosso una maschera per non mostrare il vero me, ma sappi che gli aspetti di noi che vogliamo nascondere non hanno bisogno di un attrezzo del genere per essere celati agli altri. Nessuna delle persone che incontrerai non indosserà almeno una maschera, e con questa certezza tu puoi sapere di non poter mai conoscere il vero prossimo.
Le parole di Omar, pronunciate finalmente con entusiasmo e trasporto, sono quasi incomprensibili per Crystal. Ma lui continua, sicuro che prima o poi le capirà appieno: -Tutti noi indossiamo maschere per adattarci a ogni situazione, proprio come fa l’acqua, malleabile e in costante cambiamento. La maschera di cartone che ho in volto non è altro che un simbolo, uno stupido simbolo che rappresenta lati di me che solo io conosco tutti - sempre che sia possibile conoscersi, perché ogni altra persona vede un lato differente di me. Il gioco delle maschere è affascinante, ma purtroppo associato alla slealtà ed è sfruttato dai maligni per i loro comodi, per i loro stessi giochi di potere, non mostrando i veri sé stessi neanche allo specchio e perdendo inevitabilmente la propria identità… Dimmi, Crystal, tu quante maschere indossi, sapendo che nessuno è immune ad esse?
Crystal balbetta qualcosa di impreciso, presa alla sprovvista, ma l’uomo continua sorridendo calorosamente: -Per me è il momento di andare, ma prima devo chiederti una cosa. Io voglio che tu diventi potente come l’acqua, ma capace di rinfrescare il cuore delle persone. Mi raccomando! Crystal dalla maschera meravigliosa!

 
§

L’orizzonte tempestoso è contemplato in assoluto silenzio dall’unico abitante del Monte Argento. Rosso sta ben dritto con la schiena piantato sui suoi piedi, lo strato di neve che gli arriva alle caviglie, le braccia incrociate al petto e una fredda severità diffusa nella sua espressione e nella sua postura. Un Raichu finge di dormire acciambellato tra i suoi piedi appena divaricati, ma in realtà i suoi piccoli occhi scuri, che hanno perso lo scintillio vispo di un tempo, sono socchiusi e imitano il suo Allenatore nello scrutare l’orizzonte.
Come ogni giorno Rosso osserva i confini più impervi di Johto e di Kanto sepolti da uno spesso strato di nuvole cariche di tormente, talvolta anche di temporali. Quello che ormai è un uomo sfida quotidianamente il freddo, lo ha fatto fino a diventarne totalmente immune e non sentire più i brividi torturare il suo corpo di ragazzo.
Il suo viso è più imperturbabile e privo d’emozioni, ormai, della stessa bufera perpetua che frustra la cima del Monte Argento. Lui ha superato il vento, la neve e le tempeste che quando era più giovane hanno osato tentare di piegarlo, spezzarlo, di fargli mostrare la propria debolezza. Ebbene, sta avendo di dì in dì la propria vendetta, tratta il tempo come un proprio inferiore e riveste alla perfezione il ruolo di invincibile, come lo chiamano in molti.
D’altronde, lui è il Master. E proprio questo suo ruolo lo porta a ripensare alle sorti della guerra che pare non avere fine. Il professor Oak, molto invecchiato, lo aveva raggiunto otto anni prima allo stremo delle forze, non abituato alla bufera che già all’epoca Rosso non sentiva più così fredda e terribile. In quell’incontro gli aveva detto dell’alleanza tra i capi nemici, la nascita di questa organizzazione oscura e misteriosa, terrificante a causa dei mille volti e mille ruoli che possiede sia nel mondo Pokémon sia in quello esclusivamente umano.
-Bellocchio è riuscito a mettere in piedi da solo un muro per contrastarli: vorremmo che tu e la tua incredibile squadra collaboraste- gli aveva detto con il fiatone. -Forse la prospettiva per te non è delle migliori, ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. Te lo chiedo a nome di tutte le forze del Bene: alleati con noi.
Il giovane uomo era voltato di spalle come suo solito anche quella volta e il professor Oak non riusciva a vederlo in viso. Si chiedeva quanto fosse cambiato, se in meglio o in peggio, se fosse ancora così forte e soprattutto perché non se ne andasse da quel maledetto Monte.
La sua risposta era arrivata fredda e senza tradire alcuna emozione. -Non ho intenzione di farlo.
-Rosso!- Oak aveva esclamato pieno di risentimento. -È per il bene del mondo intero, cerca di capire! Ricordati l’anno del tuo viaggio per Kanto e le imprese incredibili che tu, un ragazzino di dieci anni a malapena, sei riuscito a compiere! Hai battuto Giovanni e ora il tuo nemico si è alleato con altri uomini terribili, i capi dei vecchi Team, per dare vita a questa organizzazione… perché non vuoi collaborare?
Qualche attimo di silenzio era seguito a quelle parole disperate. -Giovanni non è più il mio nemico. Ora non ho più rivali e non devo temere nessuno. Ho imparato a considerare mia nemica questa bufera… ma l’ho sconfitta. Ho superato il vento e la tempesta- aveva detto, voltandosi. -Direi che non sono più affari che mi riguardano.
Oak lo guardava negli occhi ma Rosso sembrava non vederlo. Non ritrovava più il suo sguardo ardimentoso e pieno di vitalità, coraggio e voglia di mettersi alla prova. Non vedeva nemmeno emozioni negative come rabbia o odio, e ad essere sincero avrebbe preferito fronteggiare sentimenti come quelli anziché parlare con una persona che pareva aver perso il proprio cuore. Lui aveva imparato a conoscere quello che un tempo era stato un bambino eccezionale e pieno di potenziale: vederlo in quello stato gli procurava immenso dolore. Quasi non credeva alla trasformazione, sperava che Rosso stesse solo recitando e che poi gli saltasse al collo per abbracciarlo e dirgli che avrebbe impiegato tutte le sue possibilità nel tentativo di distruggere il nemico.
-Sei diventato così egoista- era stata la triste sentenza di Oak.
Aveva creduto di vederlo accennare a una risata. -Anche voi del “Bene” non siete da meno, devo dire.
-Perché lo credi?
-Il mio mito è finito quando altri ragazzi, a quanto pare al mio livello, hanno iniziato a percorrere i miei stessi passi e voi professori avete affidato a loro il Pokédex, nella speranza che qualcuno riuscisse finalmente a completarlo perché io avevo fallito, per un motivo o per un altro. Quindi eccomi qua, solo sul Monte Argento. Lo ripeto: ho superato la natura e posso affermare di essere io e solo io il Master. La mia non è presunzione- aveva aggiunto. -Anche lei sa che è così. Tutto il mondo lo sa e lo saprà per sempre.
-Il mondo è cambiato, non è più come credevi di conoscerlo. Ora c’è un mondo per gli umani normali e uno per quelli che sanno dei Pokémon. Rosso, se è questo che vuoi, la tua leggenda è viva e vivrà per sempre tra chi saprà dell’esistenza dei Pokémon. Fino alla fine della loro gente sarai ricordato come il più grande. Ma allora lasciati dire, ripeto, che se è questo che vuoi, e non posso non disapprovarlo…- Oak pareva sforzarsi per mantenere un tono non alterato. -Combatti come solo il Master può fare. Non hai bisogno di altre ragioni.
Un imbarazzante silenzio aveva seguito quella frase, ma Rosso non avrebbe mai ceduto, lo sapeva. Perché mai avrebbe dovuto confondersi tra Allenatori che avevano come unico obbiettivo raggiungere la splendente fama, la fama che li avrebbe resi immortali nel tempo ma che li avrebbe portati a morire prematuramente? Lui la gloria già la possedeva, ma aveva anche abbastanza voglia di vivere finché il suo corpo glielo avesse consentito. Se era riuscito a sopravvivere sul Monte Argento allora combattere i Victory avrebbe dovuto essere uno scherzo; ma non aveva alcuna intenzione di farlo. Non aveva più risposto a Oak, che se ne era andato pieno di delusione e tristezza.
E adesso Rosso rivaluta le risposte date in passato. Ha impiegato dieci anni per rielaborare le sue decisioni, che all’epoca era stato sicuro fossero irrevocabili e immutabili; ma ha qualcosa da perdere andando a fare quello che ha sempre amato, lottare? Ora che la gloria la possiede, ora che numerosissime leggende circolano sul suo conto e lo rendono una figura praticamente mitologica, che senso ha continuare ad essere così inumano? Perché non cercare di ritrovare il Rosso dei tempi andati, il ragazzino sprizzante vitalità e pura energia da ogni poro della sua pelle candida, che adesso è diventata a dir poco cadaverica?
“Perché no?” è il pensiero che lo sta piegando. -Perché no?- ripete a bassissima voce.
“Dieci anni fa era una questione d’orgoglio. Lo è anche oggi. Ma all’epoca era la voglia di essere una leggenda, di perdere la propria mortalità diventando il Master più grande mai esistito. Adesso è la voglia di riprovare, di intraprendere un’altra avventura, di far rivivere il Rosso di venti anni fa, in un certo senso. Non gli lascerò prendere il sopravvento su ciò che sono diventato ora, perché altrimenti perderei il me stesso più vero, più reale e sincero. Ma direi che è proprio ora di tornare nel mondo dei comuni mortali…”
Rosso stringe i pugni. -Raichu, andiamo.
Il Pokémon squittisce a dir poco sorpreso e segue il padrone, che a grandi falcate si dirige verso l’interno del Monte Argento. Per poi arrivare all’uscita.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa
HEY HO HEY! Ho fatto appena in tempo a pubblicare entro la fine del mese, già: sono le nove di sera e io ho appena compiuto l'impresa titanica di rileggere circa dodici pagine di capitolo. Ecco a voi il mitico extraaaa *coriandoli*
Spero vi sia piaciuto, a me ha fatto molto piacere descrivere di situazioni tanto diverse e spero di essere riuscita nel mio intento senza risultare noiosa! Ho preso i personaggi più diversi e le situazioni più disparate per mostrarvi come i Victory abbiano incrinato l'equilibrio non solo di Bellocchio, di Capipalestra senza nome e senza identità, ma di vere realtà - come quella tra Nina e Koga o la parte su Alice ed Adriano.
Le cose da dire sarebbero tante, ma cercherò di non esagerare e di mettere solo le parti più importanti - se avete dubbi o domande sul testo (?) ditemelo!:
- Non ditemi che avete preso a shippare la CorradoxVulcano, vi prego
- Piuttosto, dite che ho esagerato con gli Allenatori di tipo Acqua? :P Come vedete ognuno di loro rappresenta la differenza che c’è tra persone che, in teoria, dedicandosi ad uno stesso elemento, dovrebbero essere uniformi nelle loro scelte. Invece c’è Adriano che passa dai Victory, Narciso che se ne frega della guerra e Omar che pur di aiutare si finge alleato del Nemico. È la capacità di adattamento e di trasformazione dell’acqua, un elemento che si presenta sotto mille aspetti diversi e che cambia sé stessa come più le conviene. (L'anonimissimo e praticamente inesistente, nei giochi, Omar l’ho inserito per le frasi dette al giocatore in HG e SS, che ritrovate lì, proprio alla fine.)
- Nel manga, Blaine ha collaborato alla creazione di Mewtwo, perciò gliel'ho affidato per far avere a Enigma il suo primo Pokémon.
- Mi sono ispirata a qualcosina per la parte di Rosso... è un po' il problema di Achille, che ha dovuto scegliere se vivere per sempre nella storia grazie alla sua fama e morire presto, oppure vivere felicemente e a lungo, morendo vecchio e sereno. Be', per quanto abbia poi detestato morire, facciamogli i complimenti, perché ancora oggi si parla di lui.
- Come vedete il tema ricorrente in ogni spezzone di coloro che passano dalla parte dei Victory è “non ti riconosco più, dov’è finito il lato di te che avevo conosciuto e amato?", ma ancor di più l'indecisione della parte dalla quale stare che poi Narciso risolve nella neutralità. Abbiamo visto questa stessa indecisione nello scorso capitolo con la protagonista che inizia a valutare l'ipotesi di passare dai Victory, ma che non riesce proprio a decidersi.
Va bene, ho finito di scassare, vi lascio in pace e ci rivediamo non so quando.
Salutozzi.
Ink
  
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