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Autore: BabaYagaIsBack    01/05/2015    1 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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§ This was not supposed to happen §

Conto le ore che ci separano dalla partenza di Jace sulle dita di una mano e più le abbasso, più il vuoto allo stomaco si fa grande.
Vorrei poter passare questi ultimi momenti stretta tra le sue braccia mentre guardiamo l'ennesimo film natalizio e parliamo di stupidaggini, ma invece mi tocca osservare il soffitto della stanza mentre la pancia chiama qualsiasi cosa possa definirsi commestibile.

Liz ed io siamo state abbandonate nel silenzio di una casa che ancora non si è abituata all'assenza dei suoi occupanti, in parte perché i nostri genitori son dovuti rientrare sui rispettivi posti di lavoro, in parte perché Josephine ha sequestrato il maggiore dei suoi nipoti, lo stesso che lascerà un vuoto annichilante nel mio cuore, tanto quanto nella camera da letto che si trova di fronte alla mia.
Inevitabilmente, spostando il corpo, lancio uno sguardo stanco in direzione della porta spalancata sulle pareti bluette di Jace. I suoi poster mi fissano, così come i riconoscimenti che ha collezionato negli anni – lo fanno da sempre, ma ultimamente paiono più severi.

E i loro giudizi mi pesano fastidiosamente sulle spalle.

Così con uno sbuffo mi convinco che sia meglio se mi allontano; non voglio rovinarmi maggiormente l'umore.
Con un colpo di reni mi sollevo dal materasso e, a passi sempre più veloci, mi dirigo verso la cucina. Se devo essere messa in soggezione da degli oggetti tanto vale che sia il frigorifero a evidenziare la mia inadeguatezza, magari partendo dalla solita dieta squilibrata che seguo con regolarità dal momento in cui ho varcato la soglia dell'adolescenza.
Sto per svoltare all'interno di quello che è il set domestico del Masterchef nascosto di Catherine quando, senza alcun preavviso, il campanello suona. 
Mia sorella, senza nemmeno lasciarmi il tempo di realizzare cosa stia succedendo, si precipita dal salotto all'ingresso e, prima di aprire, si concede una sistemata veloce alla chioma ribelle. 
Dal modo in cui si muove, del tutto incurante della presenza di qualcuno che potrebbe usare questi suoi atteggiamenti come base per fastidiose battutine, suppongo che stesse aspettando qualcuno, magari una delle sue mille amichette della Saint Jeremy, quelle con cui tanto ama insultarmi nelle rare occasioni in cui c'incrociamo per i corridoi – ed è forse cosa buona e giusta che non mi soffermi qui. Se già normalmente sono il bersaglio mobile dei loro inutili commenti, conciata a questo modo potrei diventare il punto focale di questa giornata casalinga.
Eppure, ciò che mi giunge alle orecchie appena spalanco l'anta del frigo, non è la miriade di striduli saluti che mi sarei aspettata, quanto più una voce familiare e nettamente più baritonale: «Tuo fratello?» sento domandare, così non posso evitarmi di entrare in un totale stato confusionale.

Mollo la presa sulla maniglia, affacciandomi nuovamente sull'androne.

Nonostante la dote a me negata dell'altezza, la testa di Liz non copre a sufficienza il nostro ospite e, quando realizzo di chi si tratta, il cuore non può che accelerare il suo ritmo.

Vestito di scuro, con una maglietta dei Nirvana che gli ha regalato Charlie, alza lo sguardo oltre il viso di mia sorella, accorgendosi finalmente di un'altra presenza che, dall'espressione, non sembrerebbe si fosse aspettato d'incontrare: la mia. È bello come sempre, anzi, oserei dire che dopo qualche giorno di lontananza lo è anche più del solito, ma qualcosa nel suo sguardo mi attorciglia lo stomaco.
Vederlo imbronciato non è una novità, ma questa volta c'è qualcosa di più, una sorta di rabbia che difficilmente si potrebbe ignorare.

«Seth...?» lo saluto, titubando sul fatto che sia o meno la cosa migliore da fare, ma prima che lui possa ricambiare o spiegarmi il motivo per cui si è presentato a casa nostra con quella scintilla assassina negli occhi, un'altra voce tuona alle sue spalle, facendoci sobbalzare tutti – anche in questo caso, seppur non consueto, riconoscerne il proprietario è cosa fin troppo semplice.

Jace piomba nella scena, spintonando l'amico all'interno dell'edificio. Gli ringhia addosso al pari di un animale e, inesorabilmente, Liz ed io ci concediamo un nuovo sussulto.
Lei si spinge sempre più indietro, fino a raggiungermi. Mi è tanto vicina da oscurarmi in parte la visuale e, inoltre, la sento tremare a ridosso della mia spalla; peccato solo che io non sia in grado di trovare la forza per calmarla, troppo occupata a capire cosa diamine stia succedendo.

Seth infuriato è una cosa, ma JJ un'altra; lui non perde mai le staffe, non si porta a muso duro di fronte ad altri. Lui è sorrisi biechi e risate calde, parole ponderate e azioni altrettanto misurate – o almeno è così che io l'ho sempre visto, anche se ora mi vien quasi da dubitare.
La scena che si va a dipingere innanzi ai nostri occhi pare irreale, un incubo che non mi ero mai immaginata potesse prendere forma, eppure sta accadendo, esattamente come un incubo inaspettato.

«Che cazzo ci fai qui?» sbraita Jace, mentre la mascella gli si contrae in un gesto del tutto innaturale per lui. Vederlo così alterato mi spaventa, rende i suoi connotati eccessivamente duri, ma non si può non notare come anche i muscoli siano tesi quasi fino allo spasmo.

Le occhiate che si lanciano non promettono nulla di buono, pare quasi che da un momento all'altro debba scoppiare una guerra, una di quelle che non lascerà speranze per nessuno, né per i vinti, né per i vincitori.

Ed io non so che fare, in che modo impedire la tragedia.

Se loro due stanno litigando, che è ben diverso dai soliti battibecchi tra migliori amici, deve per forza di cose essere successo qualcosa di grave – cosa, però, è un argomento di cui non conosco nulla, né l'origine, né lo sviluppo e men che meno la fine.
Seth d'improvviso reagisce, con i palmi aperti dà un colpo a mio fratello, allontanandolo da sé. 
Vedo la tensione muovere i loro corpi, la rabbia montare sempre più e, di conseguenza, mi ritrovo il cuore bloccato in gola, forse nel tentativo di soffocarmi.
«Sono venuto a mettere in chiaro qualche cosetta» risponde Morgestern dopo lunghissimi momenti, mentre è ovvio che di stia trattenendo dallo sferrare un pugno. Lo noto io come lo nota Liz che, di slancio, cerca di precipitarsi verso di loro, andando in aiuto del nostro Jace. Eppure, qualcosa non va come dovrebbe. Il mio istinto di protezione nei suoi confronti fa capolino in quella che potremmo definire l'occasione peggiore e, afferrandola per la spalla, me la tiro dietro la schiena, stringendo la presa su di lei così tanto da farle male. 

Devo tenerla lontana da quei due a qualsiasi costo, ma allo stesso tempo devo evitare che nostro fratello si faccia male e la casa diventi un campo di battaglia – perché è ovvio che andrà così.

I due intanto si gridano addosso cose che non capisco, parole che non riescono a prendere forma tra i miei pensieri. Continuano a darsi contro a muso duro, si fissano e si incitano come cani rabbiosi e, quando credo che Morgestern sia finalmente sul punto di aggredire Jace, perdo la cognizione del mio corpo, muovendomi all'unisono con il suo braccio tatuato.
A essere sinceri, il mio istinto di sopravvivenza non è mai stato molto sviluppato, la maggior parte delle volte mi ha spinta a fare cose di cui mi sono pentita, come ora, ad esempio. Senza realmente rendermene conto mi comporto come la più temeraria tra le soldatesse, prendendo posizione in questa faida che non mi coinvolge.

Sbatto contro Jace e lo faccio spostare di poco, anche se quel misero movimento è sufficiente per salvarlo, ma non si può dire altrettanto di me.

Come un fulmine a ciel sereno percepisco l'impatto delle nocche contro l'osso altrettanto duro dello zigomo e, stranamente, mi ritrovo a sentire rimbombare il colpo in tutto il viso, quasi a imitare un gong.
Il dolore arriva veloce, inizia a espandersi su tutta la guancia partendo da sotto l'occhio e fermandosi nei pressi del labbro superiore. E fa male, sempre più. Mi pare quasi che una decina di spilli abbiano preso a perforarmi la pelle con violenza – e vorrei non cedere ai singhiozzi, ma pare essere un'impresa titanica per una cosetta come la sottoscritta.
Calde lacrime prendono a scorrermi lungo il viso, andando a schiantarsi sulla maglia, macchiandola e testimoniando contro la fermezza che ho provato a dimostrare con questo folle gesto difensivo – sono una sciocca.

E fa un male boia.

Ovviamente, dopo lo sgomento generale che dura giusto una manciata di secondi, Jace prova a reagire. 
Cerca di allontanarmi per ripagare Seth nello stesso modo, solo che, quando prova a scansarmi con il gomito, mi aggancio al suo braccio al pari di una cozza: «Smettetela, dannazione!» grido, facendo ricorso a tutta l'aria che mi è rimasta in corpo e lasciando che persino i vicini possano udire la tragedia che mi incrina la voce.

Mio fratello non demorde e io nemmeno, così ad ogni suo tentativo di andare avanti, lo tiro indietro.

Non ho idea del perché stia succedendo tutto ciò, ma sono certa che ora deve finire. Basta rabbia, grida, odio e dolore. Basta farvi la guerra. Basta rovinare così il mio mondo idilliaco in cui Jace è la persona perfetta e Seth il suo migliore amico, nonché il ragazzo di cui sono innamorata da anni e che, piuttosto che farci male, scomparirebbe dalle nostre vite.
Morgestern cerca di dirmi qualcosa, di afferrarmi e tirarmi a sé per controllare il danno, ma Liz è più veloce e come una pazza inizia a strillare e spintonarlo via. Lo caccia senza dargli il tempo di capire la gravità della situazione, di scusarsi o altro.

Mia sorella non sembra essere in sé; piange e prova a difendermi alla bene e meglio, ribaltando così i ruoli. Non dovevo essere io quella che si prendeva cura di lei?
Eppure non c'è santo che tenga, ogni nuovo tentativo di Seth d'avvicinarsi a me viene bruscamente bloccato da Liz o Jace, che si trasformano in personali mastini di una ragazza troppo occupata a piangere e restare incollata a un braccio, per prendere una posizione nella situazione.

Nonostante questo, però, e a prescindere dalla vista appannata, riesco a scorgere nell'espressione di Morgestern tutto lo sgomento, la paura e il risentimento che prova nei confronti di quello che è appena successo.
Vorrei dirgli che lo so, che avremmo modo per dimenticare, ma allo stesso tempo provo un inspiegabile nausea all'idea di rivederlo in questa casa. Credo sia lo spavento provato a parlare, la sorpresa di essere stata colpita da qualcuno che ho sempre guardato con tanto desiderio e ammirazione – o forse ho sperato fino all'ultimo che quel pugno non partisse e, vedendo come è andata a finire, non ho potuto che restarne delusa.

Jace ringhia, lancia nuove minacce, si gonfia di una rabbia che non gli appartiene. Vuole vendetta, lo sento dal modo in cui i suoi muscoli, sotto alla manica in jeans, sono ancora contratti e pronti a saettare in direzione di quello che è uno dei suoi più cari amici. Ma io ho bisogno che ora si calmi, che lo lasci andare via. Ho bisogno che mio fratello giri il capo, si liberi di tutta la negatività che ha dentro e mi abbracci finché il dolore non passi.

Così, scorgendo la titubanza di Seth accanto alla porta e sapendo che tutta questa tragedia non finirà fino a quando se ne starà lì, lo esorto anche io: «Vattene! Morgestern, vai via!» e lui corruga la fronte, visibilmente sorpreso dalla richiesta che gli ho appena fatto. Forse non se lo aspettava. Forse pensava che gli avrei dato modo di spiegare, chissà. Sta di fatto che ora ho bisogno di pace e lui è tutto tranne che quello.

Si morde il labbro, trattiene una smorfia, ma alla fine ci dà le spalle, andandosene via.


correzione del 27.07.2019

(spero che arrivati a questo punto la differenza si noti abbastanza)

   
 
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