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Autore: Writer_son of Hades    02/05/2015    2 recensioni
In un passato lontano, gli uomini stavano distruggendo la terra. Gli dei, vedendo queste atrocità, scesero nel mondo e devastarono l'umanità. Solo un uomo e una donna, per ognuno degli dei esistenti, vennero salvati per diventare figli del dio che li aveva scelti.
Nel loro sangue di mortali, scorreva anche una parte dell'icore dorata degli dei. Generazioni e generazioni di discendenti si precedettero, portando pace e rispettando per gli dei e per la terra dove vivevano.
Mille anni dopo, una ragazza mortale, discendente di nessun dio, si ritrova a dover affrontare il suo destino.
Sarà veramente pronta ad abbracciare il ruolo così importante che le spetta?
(per questa storia ho preso spunto da alcuni aspetti della saga di "Percy Jackson")
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I








             Saranno state ore che camminavo. Ma non ero stanca.
Faceva freddo, ma almeno non come le notti passate. Mi issai meglio lo zaino sulle spalle e misi le mani in tasca del giubbotto. Ad ogni respiro una nuvoletta di vapore mi usciva dalla bocca. Dovevo trovare il posto dell’appuntamento.
C’era solo fango per le strade della periferia. La neve che era caduta giorni prima ormai si era mischiata al terriccio maleodorante dando vita ad uno strano intruglio che mi bagnava gli scarponi. Girovagai ancora per un po’ prima di leggere su di un pezzo di legno appeso “Locanda da Cefalo”. Ero arrivata.
Mi avvicinai alla grossa porta dalla quale provenivano ovattate melodie di musiche da ballo e rumore di stivali e tacchi sul pavimento. Mi feci coraggio ed entrai.
Le urla assordanti mi colpirono come una palla di cannone. La locanda non era grandissima, ma i tavoli erano stracolmi di persone. Uomini con boccali di birra ed ambrosia grandi come un vaso da fiori che cantavano o biascicavano le parole della canzone mentre delle donne formose e davvero poco vestite si strusciavano come serpenti in cerca di cibo. Gli odori del sudore, del vomito, del fumo e dell’alcool si mescolavano insieme dando forma ad una strana nebbia che mi faceva lacrimare gli occhi.
Molti mi stavano già fissando in una maniera che proprio non stavo gradendo. Mi tirai più su il cappuccio della felpa nera e mi strinsi forte lo zaino alle spalle. La maggior parte saranno stati discendenti di Ermes.
Mi diressi con passo cauto al bancone che era appiccicoso dato l’alcool che veniva versato con noncuranza da un vecchio uomo calvo e con un grosso pancione, che avrebbe dovuto essere il barista.
Quando mi vide, prima finì di riempire altri cinque boccali di birra allungandoli con dell’ambrosia, poi mi si avvicinò con passo barcollante e mi domandò: – Cosa fa’, una ragazza così bella, in una locanda malfamata della periferia alle 2 di notte?
                – Bevo. – risposi semplicemente.
L’uomo mi fissò con gli occhi ridotti a due fessure ed uno strano sorrisetto sulla bocca. – Ottimo. – disse, per poi scomparire sotto al bancone per prendere una bottiglia scura dal collo lungo e stretto. Si avvicinò un bicchiere di normale misura e ne versò il contenuto con calma, facendo attenzione a non far cadere nemmeno una goccia sul tavolo.
                – Offre la casa. – mormorò aggiungendo un pizzico di polvere gialla allo strano liquido nero. Ambrosia e sangue degl’Inferi. È un cocktail davvero forte per una ragazza come me. Proprio quello che mi serviva.
L’uomo mi passò il bicchiere e io ne bevvi un sorso. Il gusto era così amaro che mi dovetti sforzare parecchio per non fare una smorfia di disgusto. Poi arrivò l’ambrosia e un dolce retrogusto di miele e di cioccolato mi riempì la bocca facendomi deglutire senza dover rimettere subito dopo.
L’uomo annuì fra sé e sé, soddisfatto.
                – Ti hanno già spiegato cosa devi fare? – mi domandò dopo che bevvi un altro sorso.
Io annuii, decisa.
                – Ottimo. Allora domani al confine con il pacco. – sussurrò, come se fosse servito a qualcosa in quel mare di urla.
Io non dissi più nulla e dopo un altro profondo sorso di quel liquido scuro mi alzai per uscire da quel posto infernale. Mi avviai lentamente e facendo attenzione a non finire nella mani di nessuno verso la porta. Aperta quella respirai finalmente quell’aria fredda, ma pulita.
Dovevo tornare al rifugio e dormire un po’, l’indomani avrei fatto ancora tardi. Mi incamminai allora da dove ero venuta e appena svoltai per un piccolo vicolo sulla destra vidi due figure alte e robuste che barcollavano, facendo fatica a reggere l’alcool. Decisi di cambiare strada, ma non mi ero accorta di un terzo proprio all’inizio del vicoletto. Mi si parò davanti, bloccandomi ogni via di fuga.
                – Dove scappi? – biascicò l’uomo che mi aveva fermata. Lo guardai meglio. Capelli lunghi e sporchi, mani callose e sporche di nero, vistosi muscoli. Discendente di Efesto.
Cercai di superarlo, ma mi bloccò prendendomi un braccio.
                – No, non andare via. – aveva un sorrisetto malizioso e l’alito odorava di birra in una maniera assurda.
Intanto sentivo i passi biascicati degli altri due che si stavano avvicinando. Ero stanca e un po’ intontita dalla bevanda presa prima, ma avvicinai lo stesso la mano alla vita per estrarre un pugnale. Quando anche gli altri due erano abbastanza vicini, con un rapido movimento perforai la mano del mio aggressore con l’arma e nel caos cominciai a correre via. Sono veloce a correre e lo ero. Ma il fango mi giocò un brutto scherzo quella notte. Inciampai violentemente scivolando sulla poltiglia di neve e terriccio, facendomi raggiungere e immobilizzare dagli uomini, ormai visibilmente arrabbiati.
Quello a cui avevo ferito la mano, infatti, mi tirò una sberla, mentre gli altri due mi tenevano le braccia ferme. Avevo freddo, ero stanca ed intontita.
                – Stupida ragazzina! Ti insegno io come ci si comporta! – sbraitò l’uomo più grosso strappandomi lo zaino dalle spalle. Io mi innervosii e gli tirai un calcio nei gioielli.
                – Cuciti la bocca, stronzo! – urlai mentre si accasciava a terra tenendosi le parti doloranti. Non si mosse più, per cui pensai che fosse svenuto. Meno uno.
Gli altri due fecero come se non fosse successo niente e continuarono a tenermi ferma e cercarono di togliermi anche il giubbotto. Io mi dimenai, tirai calci a destra e a manca, morsi una mano, ma ero stanca, infreddolita e rintontita.
Poi sentii la stretta di uno dei due che si allentò improvvisamente. Era successo qualcosa, ma non mi importò in quel momento. Tirai un pugno a quello ancora in piedi ed estraendo nuovamente il pugnale gli tagliai la gola. Il suo sangue mi sporcò la faccia, che ripulii passandoci sopra la manica del giubbotto, tutto strappato. Merda, pensai. Dovrò prenderne un altro.
Presi un colpo quando qualcosa mi scaraventò a terra. Tastai il suolo convulsamente ad una ricerca alla cieca del mio pugnale, per fermare il nuovo aggressore. Ma questo mi immobilizzò completamente buttandosi sopra di me, non lasciandomi un margine di movimento. Allora urlai, non sapevo cos’altro fare. Urlai così forte che mi fecero male i polmoni per lo sforzo. Questi però mi tappò la bocca e mi trascinò attaccata al muro del vicolo. Ero tutta bagnata e il fango mi era entrato sotto alla maglietta. Mi accorsi di una cosa strana. La mano che mi copriva la bocca era morbida e più piccola di quelle dei miei precedenti aggressori. Aveva anche uno strano profumo di … estate. Strano, vero? Era un misto di profumo dell’abbronzatura, limone e qualcos’altro di dolce che non riconobbi in quell’istante.
                – Shhhh. – sussurrò dolcemente al mio orecchio. Io stavo andando nel panico più totale.
Poi sentii dei passi provenire dalla strada vicina. E delle voci.
                – E non veniamo nemmeno pagati bene. – si stava lamentando un uomo. – Eppure ogni notte dobbiamo controllare queste maledette strade.
                – Non me ne parlare… – cominciò un secondo. – Questi cavolo di problemi con il Signore degli Inferi mi stanno facendo incazzare che-
                – Ma sei matto!? – lo sgridò l’altro con voce preoccupata. – Non puoi dire queste cose sul Signore Oscuro.
In quel momento uscirono dal muro e si fermarono all’entrata del vicolo. Grazie agli dei era tutto oscurato nascondendomi dalla loro vista.
                – Tanto non succede niente. – rispose quello con la divisa da soldato dell’Armata.
                – Sempre a tentare la sorte. – lo prese in giro l’altro avvicinandosi una bottiglia di vodka alla bocca, macchiandosi però tutta l’uniforme.
Quello che mi stava tenendo ferma, all’improvviso si mosse, provocando un leggero fruscio. I due si girarono verso il vicolo. Bravo coglione.
                – Hai sentito anche tu? – gli chiese quello senza bottiglia.
L’altro annuì. Si avvicinarono lentamente alla stradina buia ed io mi preparai ad attaccare. Continuavano a fare passi lenti e quando furono a qualche metro da noi, il mio aggressore si levò in piedi ed una freccia si piantò al centro del petto di uno dei due uomini. Io ne approfittai per sfuggire alla sua presa per fiondarmi sull’altro, ancora vivo, ma stordito dalla scena appena successa. Lo scaraventai a terra e gli presi la pistola, puntandogliela alla testa. Non potevo lasciarlo in vita, mi avrebbe denunciata al Consiglio e gli dei solo sanno cosa mi sarebbe successo dopo. Stavo per premere il grilletto, ma una freccia mi precedette. Sospirai sentendo il respiro dell’uomo sotto di me, cessare.
Mi alzai, ancora un po’ scossa. Avevo freddo, ero stanca e schifosamente intontita. Mi strofinai gli occhi e quando mi guardai le mani erano sporche di un liquido rosso accesso. Il sangue dell’uomo a cui avevo tagliato la gola era sulla mia faccia. Feci tanti respiri profondi. Chiusi gli occhi.
Poi, mi ricordai che c’era un altro che mi aveva attaccata. Mi voltai e vidi una figura che estraeva la freccia dal cadavere del soldato e cha la ripuliva meticolosamente. Portava un lungo giubbotto nero che assomigliava più ad un mantello con le maniche con un largo cappuccio tirato sulla testa. Una faretra di cuoio nero era riposta sulla schiena e l’arco era vicino.
Quando finì di ripulire la punta della freccia la ripose nella faretra e si avvicinò a me. Io arretrai d’istinto ma lui alzò la mani, in segno di resa.
                – Tranquilla. Non voglio farti niente. – mi disse una voce maschile dolce e vellutata come una melodia di cetra. – Non sono qui per farti del male, lo giuro. – ripeté.
                – Chi sei? – gli domandai, ancora infida a credergli.
Lui si portò una mano al cappuccio e lo tolse. In quel momento era come se l’intero vicolo si fosse illuminato. Letteralmente. Aveva un’aura luminosa attorno al volto, come se fosse stato una fonte di energia. Scostò i capelli biondi e li arruffò mentre due occhi nocciola mi fissavano.
                – Mi chiamo Aiden. – disse porgendomi la mano.
Poche persone potevano irradiare quella luce. – Discendente di Apollo.
                – Sì, – mi rispose ritraendo la mano visto che non la stringevo. – discendente di Apollo.
                – Sei stato tu con le frecce. – confermai da sola. – Perché aiutarmi?
Lui sorrise. Un sorriso che per poco non mi accecò. – Vorrei tanto risponderti. Ma presto capirai.
                – Capirò? – chiesi.  – Ma di che diamine stai parlando?
                – Sei molto forte. – mi disse cambiando completamente discorso. – Sarà un onore combattere al tuo fianco.
                – Okay, tu sei strano. – affermai cercando il mio zaino ed il pugnale per andarmene al più presto.
                – Sì, non sono del tutto normale. – canticchiò seguendomi. – Ma nemmeno tu lo sei.
Già… ne vendono di cose per sballare la gente.
Trovai il mio zaino completamente zuppo ed il pugnale vicino ad un corpo morto. Non mi domandai di chi fosse.
Feci per andarmene quando la sua voce mi bloccò: – Non si ringrazia?
                – Grazie per avermi quasi fatta diventare una ricercata per omicidio di due guardie dell’Armata. – risposi ironicamente, senza voltarmi.
                – Quasi. – si giustificò lui. – E prego, generale.
Generale? Ma cosa?...
Mi voltai verso di lui, ma era scomparso lasciando solo un dolce profumo di sole.

 





Spazio dell'autrice: Avevo preannunciato in "La Figlia della Terra" che stavo lavorando ad una storia con degli spunti da Percy Jackson. Bé, NON è questa. ahahahah!
Questa è un'altra idea che ho sviluppato di recente. 
Ho deciso di aggiornare ogni sabato e spero di riuscire a rispettare i tempi visto che ho altre tre storie da seguire.
Grazie di aver letto questo primo capitolo e se non vi è piaciuto giuro che i prossimi saranno migliori.
Lasciate una recensione che è sempre ben accetta.
Un bacione
Sempre la vostra 
Silvia
   
 
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