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Autore: KiarettaScrittrice92    05/05/2015    5 recensioni
- Buona notte fanciulla...
- Buona notte mio Angelo...
- Ladri per sempre...
- ...bianchi e liberi!
- We can...
- ...do magic!
Questa storia è molto importante per me, ci ho messo tutta me stessa a scriverla parecchio tempo fa ed ho deciso solo ora di pubblicarla qui, per questo motivo sarà strutturata in modo diverso dalle mie altre fanfiction.
Innanzi tutto sarà divisa in tre parti (ossia tre grandi storie) che ovviamente avranno un filo conduttore che le unisce come se fossero una il sequel dell'altra.
Poi per ogni capitolo metterò l'angolo dell'autore (di solito non lo faccio con le long, ma con questa ci tengo a farlo) e lo metterò ad inizio capitolo non alla fine, pregherei tutti di leggerlo (ma se non volete pazienza).
P.S. Tutto quello che leggerete qui è strettamente collegato alle trame di Gosho, ma non sempre le seguirà alla lettera. Quindi se vedete delle incongruenze sono volute apposta (soprattutto nella storia del passato di Kaito), inoltre tutti gli spoiler della saga di Bourbon non esistono.
Per concludere il raiting giallo è messo solo per un singolo capitolo, quasi alla fine della storia, ma è tranquillamente raiting verde.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kaito & Kiaretta'
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Angolo dell'autrice:
Eh sì... Shinichi non è contento se non fa in modo di trovare un morto ogni tanto XD
Non vi anticipo nulla su come andrà questo caso, vi avviso solo che vi stupirà parecchio la svolta!
Quindi... beh non ho molto da dirvi, se non di godervelo.
Vi ringrazio come al solito tutti per i commenti!
Buona lettura ^-^

La rosa rossa



Caso chiuso?
 

«Quante persone risiedono attualmente qui?» domandò Shinichi al portiere, una volta ridiscesi all’ingresso.
«Attualmente, sette...» rispose lui, sembrava leggermente più tranquillo di prima, anche se sudava ancora vistosamente, tanto che dovette asciugarsi la fronte con un fazzoletto.
«Abbiamo bisogno che raduni tutti quanti!» intervenne l’ispettore.
L’uomo rispose solo con un cenno di testa, poi prese la cornetta del telefono che c’era sul bancone e premette il tasto zero, subito dopo la sua voce echeggiò per tutto l’albergo.
Mentre i clienti, venivano chiamati alla sala da pranzo dal portiere, un uomo della scientifica entrò nella hall.
«Ispettore sul corpo della vittima sono state trovate tracce di smalto rosso, tra cui una molto particolare sul lato destro del collo.»
«Sarebbe a dire?» chiese l’uomo e Shinichi si fece attento.
«È una sagoma di fiore, sembrerebbe un papavero, ma è tutta sbavata.»
A quelle parole Shinichi s’irrigidì, per poi voltarsi verso Ran. Nei suoi occhi chiari vide la stessa preoccupazione che attanagliava lui in quel momento.
«C’è altro?» chiese l’ispettore Megure.
«Sì, sono state riscontrate delle fibre di stoffa verde sotto le unghie della vittima» rispose nuovamente l’agente della scientifica, dando la possibilità a Shinichi di ragionare meglio sulla situazione.
Le fibre di stoffa le aveva notate anche lui, quando meno di mezz’ora prima si era avvicinato al corpo, ma com’era possibile che non si fosse accorto di una cosa così evidente come una macchia a forma di fiore sul collo? Cercò di focalizzare la sua memoria su quel corpo riverso a terra, tutto storto per via delle varie fratture e finalmente comprese. Quando era arrivato lui, il lato destro del collo era quello rivolto verso il terreno e per non inquinare le prove non aveva toccato il cadavere.
Ora però doveva pensare a risolvere quel caso per fare in modo che, almeno uno di quei criminali, finisse in prigione. 
«Ispettore le posso parlare in privato, mentre i sospetti si dirigono nella sala da pranzo?» chiese quindi ad alta voce.
«Certo Shinichi!» ed entrambi uscirono un’attimo nel cortile esterno, assieme a Ran a cui il ragazzo aveva afferrato la mano.
«Allora, cosa succede? Mi sembri nervoso, ti senti bene?» domandò Megure preoccupato.
«Non è niente ispettore... Credo di sapere come smascherare l’assassino, ma non deve far niente finché non glielo dico io?»
«Come vuoi tu... ma ricordati che devi anche avere le prove.»
«Ispettore mi prende forse per uno sprovveduto? Non si preoccupi le prove ci saranno!»
«Benissimo, – disse lui con un sorriso – Ora ci conviene rientrare.»
«Lei inizi ad andare, arrivo tra poco.» gli rispose di nuovo lui, stringendo più forte la mano di Ran. Non appena l’ispettore attraversò l’ingresso dell’hotel, fu la ragazza a parlare.
«Shinichi, cos’hai intenzione di fare?» chiese preoccupata.
«L’unica cosa possibile, far credere all’assassino che sono uno di loro.»
«Non lo fare... – disse Ran – Ho paura, ti ricordi come finiva la recita?» la voce era già smorzata.
«Non finirà così.» fece lui, abbracciandola all’improvviso.
Ran però lo conosceva bene. Era evidente che era molto preoccupato, lo capiva dal modo in cui la stringeva, non era uno dei suoi abbracci rassicuranti, ma piuttosto uno di quelli che sembravano voler chiedere sostegno.
Lui invece, era quasi turbato da quella sensazione che stava provando, non gli era mai successo di avere così paura del futuro, nemmeno con i Man In Black. Forse era perché ora, essendo con il suo vero aspetto e con Ran sempre affianco, aveva molto di più da perdere.
Si sciolse dall’abbraccio e la baciò, un bacio veloce, prima di rientrare entrambi nell’albergo e dirigersi nella sala da pranzo. 
Oltre all’ispettore Megure, Takagi e alcuni poliziotti, c’erano otto persone: quattro uomini, tra cui il portiere, e tre donne. Il ragazzo con un’occhiata veloce e attenta individuò il suo uomo, ma non si espose. Rimase lì, lontano dagli altri, doveva attenersi al suo piano.
«Bene… – disse, e la sala da pranzo si zittì, mentre tutti, compresa Ran, si girarono attenti verso di lui – Prima di dirvi chi è l’assassino vorrei parlare con voi. Vi devo dire una cosa che solo uno di voi capirà.» disse, levandosi la giacca e passandola a Ran.
Sotto aveva ancora la camicia rossa della recita. Si sbottonò il polsino e iniziò a tirare su la manica, come aveva fatto sul palco davanti al pubblico e mentre lo faceva, sperò con tutto se stesso di essere abbastanza lontano. Quando finì la rosa rossa sulla sua spalla fu ben scoperta e parlò di nuovo.
«Chiedo a chi capisce – continuò poi ad alta voce – di rivolgermi la parola per informarmi su chi sarà il prossimo Papavero, dato che la signorina Roku è morta.»
«Non si sa. Non ho ancora avuto il tempo di chiamare il capo, quindi non lo sappiamo.» rispose con voce tremante, un uomo robusto dalla pelle chiara, con i capelli corti neri e gli occhi di un verde intenso.
Come sospettava la rosa rossa era destinata ad essere uno dei pezzi forti dell’organizzazione e, nonostante non sapesse il significato del contorno nero per cui si erano spaventati tutti, a quella distanza era impossibile notarlo, perciò l’uomo l’aveva trattato con un certo rispetto. 
«Mi dispiace... ma ha appena confessato il suo crimine...» disse lui con un ghigno.
«Cosa? – domandò l’uomo terrorizzato – Non mi può fare questo!»
«Mi dispiace, – rispose Shinichi che si era già riabbassato la manica e si stava mettendo la giacca – ma io non ho mai prestato giuramento e non ho intenzione di farlo.»
«Non hai le prove per farmi arrestare... il portiere sa che sono stato tutto il tempo alle terme dell’albergo.»
«È vero signore, è sceso con la signorina Roku e poi, lei è andata fuori e sembrava alquanto arrabbiata e lui aveva un borsone ed è andato verso le terme.» confermò il portiere.
«E non c’è nessuna strada che porta dalle terme al versante della rupe?» chiese ancora Shinichi.
«Sì c’è!» rispose il portiere.
«Continua a non avere prove della mia colpevolezza.» insistette l’uomo.
«Signore io di prove ne ho ben tre... Ispettore può mandare qualcuno alle terme a prendere il borsone del signore?»
«Certo! Takagi...»
«Subito ispettore!» e scappò via.
«Bene... la prima prova sono le macchie di smalto rosso che si trovano sul colletto della sua camicia, le stesse che si trovano nella stanza della signorina. L’altra... – in quel momento tornò Takagi portando la sacca in spalla – si trova nel suo borsone, ossia un maglione verde, dello stesso tessuto che è stato trovato sotto le unghie della vittima e che magari anche lui avrà macchie rosse.»
Takagi tirò fuori il maglione appena descritto dal ragazzo, mostrandolo al suo superiore.
«Infine, quella più schiacciante ce l’ha ancora in tasca, perché non è riuscito a liberarsene, ed è la boccetta di smalto rosso.» disse, indicando il rigonfiamento nella tasca dei pantaloni dell’uomo.
A quelle parole due poliziotti si avvicinarono a lui e lo ammanettarono, arrestandolo.
«Te ne pentirai! Il boss ti prenderà e non avrai altra scelta! – urlò l’uomo mentre lo portavano via – L’Angelo Bianco non potrà proteggerti a vita.»
Shinichi s’irrigidì. Possibile che si fosse invece accorto del contorno nero? Ma se era stato così, per quale motivo aveva confessato il suo crimine, poteva semplicemente ignorare la sua provocazione, costringendolo a mostrare soltanto le prove. 
A quelle stesse parole, la mano di Ran scattò verso quella di Shinichi, che a sua volta gliela strinse. In quello stesso istante, Megure si avvicinò ai due liceali.
«Shinichi, si può sapere che succede?» chiese.
«Nulla ispettore, non si preoccupi... È un vecchio romanzo di mio padre, credevo che non fosse stato mai pubblicato, ma a quanto pare quell’uomo ne aveva una copia e ha pensato bene di imitarne gli eventi.» mentii il ragazzo.
Non aveva nessuna voglia di spiegare all’ispettore di quella situazione, anche perché era ancora fin troppo incasinata anche per i suoi gusti.

 

Il ragazzo era sotto la doccia, l’acqua che gli picchiettava il viso, mentre nella sua testa risuonavano in alternanza la voce di Kaito:
«Stai attento Kudo, tu sei il fiore che Light vuole al suo occhiello.»
E quella dell’uomo:
«L’Angelo Bianco non potrà proteggerti a vita.»
Uscì dalla doccia, mettendosi dei vestiti puliti ed entrando nella sua camera. Afferrò il copione della recita, che aveva abbandonato sulla scrivania e, con quello in mano, si buttò sul letto, per poi cominciare a sfogliarlo finché non finì a quella pagina...

KUDO: No, ti prego è la verità...
MOURI: Come faccio a crederci?
KUDO (piangendo): Te lo dimostrano le mie lacrime
STEVE: Basta Christian, è meglio così...
KUDO: No, non è vero! Io non posso più essere la Rosa Rossa, non lo voglio più se ciò vuol dire non rivederla! Kathryne ti amo, devi credermi!
KASERU (entra e spara a Christian)
KUDO (cade a terra)
MOURI (urla e poi cade in ginocchio piangendo)
KUSANE (urlando): Perché l’hai fatto? È mio fratello (anche lui si butta in ginocchio)
KASERU: Non voleva più essere la Rosa Rossa, ma non può. L’unica libertà che poteva avere era quella di morire. 

Shinichi chiuse di botto il copione e lo lanciò dall’altra parte della stanza.

  
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