Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Giulia K Monroe    31/12/2008    9 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VIII - Cotto? Speriamo di no!
 
 
 
 
Camminava per i corridoi di un Hogwarts ancora dolcemente cullata dalle braccia di Morfeo. Erano pochi gli studenti che, mattinieri, si aggiravano già tra i passaggi illuminati dal tiepido sole autunnale. Il passo svelto, la divisa sporca tra le braccia, Alexis raggiunse i sotterranei, provando la solita sensazione di disagio non appena mise piede in quei corridoi. Davanti alla porta della Sala Comune di Serpeverde, un ragazzo alto, dalla pelle bronzea e i capelli corvini, aveva appena pronunciato la parola d’ordine e si accingeva a varcarne la soglia. Alexis lo vide da lontano, così affrettò il passo e gridò: «Aspetta! Aspetta! Ferma la porta!»
Il giovane si voltò immediatamente e mise una mano davanti al muro di petra, arrestandone la chiusura. La piccola Potter si infilò nell’apertura e si introdusse nella Sala Comune. «Grazie!» gli sorrise, poi si girò e raggiunse in tutta fretta il dormitorio femminile, scomparendo dietro la porta.
«Non c’è di che…» sussurrò di risposta il Serpeverde, inutilmente, dato che ormai la ragazza era andata via.
Ma, durante tutto il percorso fatto da lei, Blaise Zabini non l’aveva persa di vista neanche per un secondo, la nuova piccola preda del suo migliore amico, e aveva compreso perché, Draco Malfoy, ci tenesse già così tanto.
Raggiunta la porta della sua camera, Alexis abbassò piano la maniglia ed entrò in punta di piedi. Era presto ancora e sapeva che Diamond era una grande dormigliona, le sarebbe dispiaciuto svegliarla. Così, fece quanto più piano possibile e, con passo felpato, raggiunse il suo letto e vi poggiò accanto gli indumenti sporchi. Si stava girando, per controllare la sua compagna di stanza, quando la sua voce, in un misto di irritazione, preoccupazione e sollievo, la fece trasalire. «DOVE DIAVOLO SEI STATA?!?»
Alexis si voltò, facendo una mezza piroetta, per trovarsi di fronte alla figura di una sconvolta Diamond. Si era evidentemente svegliata da poco, i corti capelli biondi, solitamente ordinati in un elegante acconciatura, le incorniciavano il viso, scompigliati e crespi e i grandi occhi color nocciola,  ancora assonnati e delle profonde occhiaie nere, si infossavano nel viso pallido e magro. Aveva le labbra sporche di dentifricio e brandiva lo spazzolino da denti come fosse una bacchetta, riempiendo la stanza di goccie d’acqua. Si avvicinò con aria minacciosa ad Alexis, che si era fatta piccola piccola.
«Ehm… io… ecco…» farfugliò timidamente, mentre l’amica la sovrastava minacciosa e la guardava severa dall’alto. Poi, di sorpresa, la stritolò in un abbraccio.
«Mi hai fatta preoccupare così tanto, Alex!» esclamò sollevata, stringendola a sé come un peluche.
Alexis quasi non respirava, ma decise di non dire nulla.
Meglio non svegliar il can che dorme, si disse.
Dopo qualche minuto, Diamond sciolse l’abbraccio, rimanendole comunque vicina. «Si puo’ sapere che ti è successo? Dopo pranzo non ti ho più vista e nessuno aveva notizie di te! Sei così piccola e fragile che ho paura che anche una spinta possa farti crollare!»
Diamond la guardava con due occhi ansiosi, pieni di affetto, che ad Alexis ricordarono quelli di una mamma troppo premurosa, così sorrise e le accarezzò una guancia, per rassicurarla. «Tranquilla, sto bene! Sono solo svenuta perché non avevo mangiato niente ieri! Così mi hanno portato in infermeria e Madama Chips mi ha guarita! Ora mi sento più in forma che mai!» disse, facendo una piroetta su se stessa e mettendosi in una posa che doveva dimostrare forza.
Diamond ridacchiò. «Va bene, va’. Per questa volta ti perdono. Ma fammi un altro scherzo del genere, Alexandra Black, e non la passerai liscia!» la minacciò, brandendo di nuovo lo spazzolino.
«Sissignora!» esclamò Alexis, mettendosi sull’attenti.
Diamond annui’ soddisfatta e si voltò, per tornare in bagno e finire di lavarsi, mentre Alexis sistemava i libri nella cartella secondo l’orario di lezione previsto per quel giorno.
«Andiamo a colazione insieme? Sappi che non accetto un no, come risposta!»la apostrofò Diamond, affacciandosi dalla porta del bagno.
Alexis ci pensò su, poi sorrise e annuì.
Non aveva molta scelta e la lettera per Sirius poteva aspettare.
 
*
 
Quando Draco Lucius Malfoy e Blaise Eliàs Zabini fecero il loro ingresso nella Sala Grande, il solito e tormentato coro di sospiri femminili si levò dai quattro tavoli apparecchiati e già gremiti di gente. Le uniche ragazze che non si lasciavano andare a quella manifestazione di sciocchi sentimentalismi – a parte le giocatrici di Quidditch, che non pensavano minimamente all’amore, specialmente per quei due, e a qualche altra ragazza impegnata o stranamente disinteressata – erano Hermione Jane Granger e Ginevra Molly Weasley. La prima perché era occupata nella lettura di un grande libro – e perché, ovviamente, se provava qualcosa per quei due, era solo disgusto. La seconda perché ambiva a qualcosa di decisamente più vicino.
Ronald Bilius Weasley, seduto accanto al suo migliore amico, stava divorando tutto quello che gli capitava sotto tiro, con una voracità da far invidia ad un elfo domestico appena liberato e oltremodo affamato, ma le sue orecchie erano concentrate sul discorso dell’amico. Harry James Potter, infatti, stava raccontando ai compagni di una nuova conoscenza.
«Vedrete, vi piacerà! E’una vera forza! E’ così tenera e carina, che vi verrà subito voglia di abbracciarla!»
«Non sfedo l’ora di conscioscerla allora!» esclamò entusiasta Ron, sputacchiando qua e là pezzi di porridge.
Hermione alzò lo sguardo dal libro e osservò Ron, con un cipiglio disgustato. «Potresti finire di masticare, prima di parlare, Ronald?» lo rimproverò esasperata, chiudendo il volume e prendendo una brioche ripiena di marmellata alla zucca.
Per tutta risposta, Ron le fece una smorfia, per poi inghiottire un pasticcino e rivolgere di nuovo la sua attenzione su Harry. «Allora, come hai detto che si chiama, la tua nuova fiamma?» domandò ironico, dando una leggera gomitata all’amico.
Harry lo guardò in tralice, alzando gli occhi al cielo. Ginny, accanto ad Hermione, abbassò lo sguardo, rattristata, fissandolo nella tazza di tè fumante che aveva davanti.
«Lei non è la mia nuova fiamma!» protestò, eppure non poté impedirsi di arrossire appena. «E’ solo un’amica!»
Ron alzò un sopracciglio e, mentre ingoiava un bicchiere di succo di zucca, gli diede un’altra gomitata. «Si’, si’! Dicono tutti così!» e gli fece un’occhiolino.
Harry sospirò: contro quello zuccone del suo migliore amico non poteva averla vinta, specialmente quando si metteva in testa qualcosa.
«Allora, possiamo sapere chi è, la tua futura fidanzatina?» ghignò infatti Weasley. Gli piaceva prendere un po’ in giro Harry, non si arrabbiava mai e stuzzicarlo era divertente.
Purtroppo, non si divertiva allo stesso modo Ginny che, cotta del bambino sopravvissuto, non era troppo contenta di sentire che a lui potesse piacere un’altra. Così, stufa di quei discorsi, si alzò da tavola e corse via.
Fu in quell’occasione che Ginny trovò il diario segreto di Tom Riddle.
Hermione, capita la situazione, lanciò un’occhiataccia a Ron e gli affibiò un calcio negli stinchi, da sotto il tavolo. Poi, scosse la testa, esasperata, e sbuffando, seguì l’amica, con l’intenzione di calmarla.
Ron lanciò un gemito di dolore, tenendosi la gamba e guardando in cagnesco la figura della brunetta allontanarsi a passo svelto. «Ma che diamine gli è preso?» imprecò a denti stretti, massaggiandosi lo stinco.
Harry ridacchiò, stringendosi nelle spalle, ma non potè aggiungere altro, perché la sua attenzione fu catturata dalla coppia di ragazze che stavano entrando in quel momento nella Sala Grande e che andavano a sedersi al tavolo dei Serpeverde.
 
*
 
Quando Hermione Granger varcò, a passo svelto, la porta della Sala Grande, non notò la figura conosciuta - e poi disprezzata - di una ragazza di primo, Serpeverde. E, quando Alexis Lily Potter, meglio nota come Alexandra Walburga Black, vide la migliore amica di suo fratello passarle accanto senza degnarla nemmeno di uno sguardo, avvertì una fitta allo stomaco che salì fino a bruciarle il petto. Si voltò ad osservarla, mentre scappava via.
Se solo le cose fossero andate diversamente – o se solo Hermione Granger non avesse avuto quei pregiudizi sui Serpeverde – era sicura che loro sarebbero diventate ottime amiche.
Abbassò lo sguardo, rattristata, restando immobile per qualche minuto.
«Hey, Alex, tutto bene?» Diamond la prese per un braccio e la strattonò delicatamente, preoccupata dalla sua reazione.
Alexis rialzò lo sguardo e le sorrise, annuendo. «Si’, tutto a posto! Andiamo a sederci!»
Diamond la guardò sospettosa, poi scosse la testa e la trascinò al tavolo.
Con lo sguardo basso, persa di nuovo nei suoi pensieri, Alexis non avvertì i due sguardi che la osservavano da lontano: uno, smeraldino e incantato; l’altro, argenteo e minaccioso.
 
*
 
«Terra chiama Harry! Terra chiama Harry!» Ron, con nel piatto ancora più roba di quanta non ne avesse all’inizio, sventolò la mano davanti al viso dell’amico, improvvisamente fisso su di un punto lontano.
Harry scosse la testa, tornando a concentrarsi su Ron, l’espressione spaesata. «Eh? Che c’è? Che succede? Mi sono perso qualcosa?»
«Ti sei imbambolato, ecco che succede!» disse Ron, mettendosi in bocca un’enorme porzione di panettone farcito con canditi tutti i gusti più uno.
«Ah…» si limitò a rispondere Harry, tornando a concentrare la sua attenzione su Alexandra Black: la ragazza stava parlando animatamente con una biondina seduta al suo fianco, che agitava le mani in modo frenetico.
Ogni gesto di lei lo rendeva incapace di azioni e gli scaldava il cuore.
Il tenero modo di stringersi nelle spalle.
La dolcezza del viso quando si piegava di lato,
Il timido abbassarsi dello sguardo.
Il gesto di abituale imbarazzo, quando si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Ma il cuore di Harry andava letteralmente a fuoco, quando lei alzava lo sguardo sul suo e lo incontrava, come in quel preciso istante, sorridendo timidamente.
«…troppo cotto.» stava dicendo Ron al suo fianco, guardandolo di sottecchi per vedere se lo stesse ascoltando.
«Cosa?» chiese distratto l’amico, voltandosi finalmente verso di lui.
«Harry, si puo’ sapere dove hai la testa stamattina? Mi ascolti o no, quando parlo?»
«No, scusa…» confessò, con aria colpevole. «Che stavi dicendo?»
«Dicevo che questi pasticcini sono troppo cotti! Assaggiali, sanno di bruciato! Dovremmo andare a protestare giù in cucina!» ripetè, mettendogli un pasticcino di un marrone scuro sotto il naso.
Harry sospiròe lo assaggiò, ma, mentre masticava con lentezza quella morbida pastella, leggermente brucciacchiata, Harry Potter cominciò a pensare seriamente che forse Ron non aveva tutti i torti, quando diceva che era troppo cotto.
Ma non si riferiva di certo al pasticcino.
 
*
 
Se, quando gli occhi profondi di Alexandra Black incontravano quelli identici di Harry Potter, quest’ultimo avvertiva un caldo bruciore scaldargli il petto, a qualcun altro erano gli occhi ad ardere in modo pericolosamente minaccioso.
Draco Malfoy, seduto all’altro capo del tavolo di Serpeverde rispetto alla sua piccola preda, osservava i due piccioncini scambiarsi occhiate imbarazzate e teneri sorrisi.
Odio.
E i suoi occhi trafiggevano, irati, la schiena di quel maledettissimo maghetto da strapazzo che, troppo imbambolato (come un vero idiota) neanche lo notava.
Rabbia.
Poi, il suo sguardo scorreva sulla figura di lei, così dannatamente tenera, mentre abbassava lo sguardo e le sue guance prendevano quel delizioso colorito che gli faceva perdere il controllo.
Frustrazione.
Una mano andò a scegliere, con non curanza, un dolcetto viola e se lo portò alla bocca, mordendolo distrattamente.
Una smorfia.
Il bambino sopravvissuto si era girato di nuovo ad osservarla e, come fosse stata chiamata, Alexis aveva alzato il viso e l’aveva osservato di nuovo, stringendosi nelle spalle, imbarazzata.
Disgusto.
La mano che teneva ancora il piccolo pasticcino si serrò attorno ad esso, sbriciolandolo e lasciando sporco il palmo bianco.
Violenza.
«Se non ti piaceva, potevi darlo a me.» osservò Blaise Zabini al suo fianco, notando la fine poco decorosa che aveva fatto il pasticcino viola. Era l’ultimo… e a lui piacevano così tanto.
Un’occhiata furiosa da parte di Draco gli fece capire che non era in vena di battutine ancora. Lo vide prendere un tovagliolo e pulirsi la mano con rabbia.
Vederlo in quello stato era strano anche per Blaise, che lo conosceva meglio di tutti: Draco Malfoy, che era sempre così posato, elegante, controllato, freddo, che perdeva quelle caratteristiche per una ragazza qualsiasi, era una cosa assolutamente impensabile e, se qualcuno glielo avesse rivelato solo qualche giorno prima, gli avrebbe riso in faccia.
Invece, era successo.
Ma, non sapeva perché, Blaise non era poi così tanto sorpreso. Lui aveva sempre sostenuto che a Draco servisse una ragazza che lo addolcisse, diversa da tutte le sgualdrine che si portava dietro, ma Malfoy non gli aveva mai dato retta. Eppure, quella mattina, quando aveva visto Alexandra Black sorridergli per ringraziarlo, credeva di aver capito perché quella ragazzina stava diventando un’ossessione per il suo migliore amico.
Allungò una mano sul vassoio che aveva davanti e prese una fetta di panettone al miele, non potendo optare per i suoi dolcetti preferiti. Cominciò a spezzettarlo e a mangiarlo, mentre il suo sguardo correva da quello pericoloso di Draco alla figura dall’altra parte della tavolata, alla quale lui stava ostinatamente rivolgendo le sue attenzioni.
«Perché ancora così incazzato, Draco? Non ti sei sfogato abbastanza con la Parkinson, ieri notte?» domandò ghignando, sperando di tirare su di morale l’amico con qualche battutina sulla Serpeverde, ma l’occhiata agghiacciante che Draco gli lanciò, seguita da un grugnito, lo freddò sul posto, facendogli salire un brivido lungo la schiena che gli si fermò sulla nuca con un fastidioso pizzicore. Abbassò gli occhi blu sulla propria colazione e continuò a spezzettarla, senza avere davvero voglia di finirla. Provò a fare un ultimo tentativo. «Eppure, Pansy sembra distrutta questa mattina…» e la indicò con un cenno del capo, ma, di nuovo, l’amico non rispose e, quando Blaise si voltò per guardarlo, lo vide alzarsi e andarsene, con passo lento e strascicato, l’odio in viso.
 
*
 
Pansy Parkinson sedeva stranamente lontana da loro. Era circondata dalle solite amiche – altre ragazze che morivano dietro a Draco e che lui non aveva esitato a portarsi a letto – ma non partecipava all’animata conversazione che intercorreva tra queste. Aveva sul viso sciupato un’espressione stanca e abbattuta; i grandi occhi scuri, solitamente taglienti e maliziosi, non erano altro che uno specchio vuoto e opaco che osservava, senza interesse, la colazione; i corti capelli neri, solitamente lucidi e voluminosi, le ricadevano sul viso e sulle spalle, senza forma; i suoi gesti erano meccanici e privi di vita.
Pansy Parkinson era decisamente diversa dal solito.
E Blaise Zabini non era l’unico ad essersene accorto.
«Non ti sembra che Pansy abbia qualcosa di strano, oggi?» aveva domandato infatti Diamond, catturando l’attenzione di Alexis, concentrata fino a quel momento sul fratello. Portò gli occhi sull’amica e si strinse nelle spalle. «Non so, non ci ho fatto caso.» ammise, seguendo poi la traiettoria del suo sguardo fino ad incontrare la figura poco distante della Parkinson.
In effetti, ora che glielo faceva notare, Pansy Parkinson le sembrava molto diversa dal solito, sebbene l’avesse osservata poche volte, molte delle quali l’aveva solo intravista nei corridoi. Eppure, da quello che aveva potuto vedere, le era sembrata una ragazza fiera e orgogliosa, forte, sempre con un sorriso provocatorio sulle labbra fine, che nascondevano una fila di denti bianchi e regolari. Una ragazza elegante, di alta classe, sempre posata e di fredda educazione.
Eppure, quella mattina, sembrava decisamente un’altra persona.
Chissà che cosa l’aveva ridotta così… o chi.
Quando la maliconica Serpeverde si voltò a guardarla, sentendosi, con molte probabilità, osservata, le scoccò uno sguardo carico di odio e rabbia, che la fece rabbrividire e la costrinse a divergere gli occhi sulla brioche alle bacche di moratille che prese a sbriciolare con nervosismo.
Che fosse lei, la causa del suo evidente malumore?
«Secondo te, che le è successo?» domandò Diamond, tornando a guardarla.
Alexis si limitò a stringersi nelle spalle e a scuotere leggermente la testa. «Non ne ho idea».
La Cherin, che stava guardando di nuovo Pansy, sospirò. «Forse, dovrei andare a parlarle. Ti dispiace se…»
Senza neanche lasciarla concludere, Alexis scosse il capo e sorrise. «Non preoccuparti, vai tranquilla. Io finisco la colazione e vado a spedire una lettera».
«Sicura?»
«Si’, si’! Vai, su!» e le diede una leggera spinta, indicandole la ragazza.
Diamond sorrise e si alzò. «D’accordo, ci vediamo a lezione allora!»
Alexis annuì e la guardò andar via.
Concentrò di nuovo il suo sguardo sulla brioche, quando qualcuno le si avvicinò di nuovo.
Alzò lo sguardo e…
«E finisci tutta la colazione! Sappi che lo saprò, se avrai lasciato anche solo una briciola!»
Diamond, di nuovo accanto a lei, la guardava dall’alto con espressione severa e le stava puntando un dito sul naso.
«Mangerò tutto, promesso mammina!» le rispose e le due scoppiarono a ridere.
Poi, Diamond si allontanò di nuovo e prese posto vicino a Pansy.
Sembrava proprio una mamma in miniatura.
Era molto magra, ma la sua altezza andava a compensare quella apparente fragilità, perché tutto si poteva dire di Diamond Anne Cherin, tranne che non fosse una ragazza forte e di grande personalità. Nonostante fosse finita a Serpevere – e Alexis non riusciva a spiegarsi perché, visto il gran cuore e il buon carattere – era sempre gentile e cordiale con tutti e, soprattutto, era sempre pronta a dare una mano alle amiche. Poi, con quello sguardo scuro e profondo, sapeva infondere una serenità nelle persone che sembrava quasi ti facesse un incantesimo.
Ma presto, Alexis Lily Potter avrebbe capito perché Diamond Anne Cherin fosse stata assegnata proprio a Serpeverde, nonostante tutte le sue buone qualità.
Come promesso all’amica, Alexis finì tutta la sua brioche e bevve il suo tè alla fragola fino all’ultima goccia. Finalmente sazia e con la mente lucida, poteva scrivere la lettera a Sirius, senza preoccuparsi di far trapelare alcun sentimento negativo. Si alzò e il suo sguardo percorse la Sala Grande e, specialmente, il tavolo sovrastato dagli stendardi rosso-oro, alla ricerca del suo gemello smeraldino, e lo trovò subito, a ricambiare lo sguardo con un’intensità tale da farla arrossire.
A volte, quando la guardava così, una fitta allo stomaco la trafiggeva.
Loro erano fratelli, sì.
Ma lui non lo sapeva.
Lei voleva stargli accanto e trasmettergli tutto il suo affetto fraterno.
Ma sperava che lui non travisasse i suoi comportamenti.
Perché se Harry Potter si fosse innamorato di lei, le cose sarebbero state ancora più complicate di quanto già non fossero.
Lui avrebbe sofferto… e Alexis sarebbe morta, piuttosto che ferirlo.
Purtroppo per lei, non sapeva che quella terribile idea stava già prendendo forma anche nella mente del giovane Grifone.
Scacciò quel pensiero dalla testa, convinta che niente avrebbe turbato la loro amicizia e che Harry non potesse davvero innamorarsi di lei, e gli sorrise timidamente, alzando una mano in segno di saluto.
Proprio in quel momento, un forte e gelido profumo di pioggia la investì in pieno, entrandole con dolcezza nelle narici e diffondendolesi in tutto il corpo; le riempì i polmoni e le fece bruciare il petto, stringendole il cuore in una dolorosa morsa. Un brivido le percorse la schiena quando una fredda mano le si serrò attorno al polso, interrompendo quel gesto di saluto.
Per fortuna del suo assalitore, Ron, ingurgitato troppo in fretta una nuova fetta di panettone, cominciò a tossire, catturando completamente l’attenzione del bambino sopravvissuto. Bastò quell’istante e, colui che l’aveva fermata, la trascinò senza alcuna fatica in un angolo della Sala Grande, lontana dagli occhi di indiscreti testimoni.
Non lo aveva ancora visto in faccia, ma Alexis sapeva benissimo chi fosse il suo rapitore e non aveva bisogno di sentire la sua voce che le accarezzò il collo con un sussurro carico di astio, per capirlo.
«Chi stavi salutando, Black?»
Draco Malfoy.
Alexis si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con quella Serpe.
Un peccaminoso angelo dagli occhi di ghiaccio e l’espressione arrogante.
Un angelo dannato.
Con il polso ancora serrato in quella morsa gelida, cercò di allontanarsi da lui e dal suo viso, troppo vicino.
Lui, ovviamente, non glielo permise. «Ti ho fatto una domanda, Black.» disse, il tono controllato e l’espressione impassibile. Gli occhi d’argento scesero su quelli smeraldo di lei e ne lessero la paura mista ad orgoglio insita in essi.
Rabbia e sofferenza.
«Non sono affari tuoi, Malfoy. E adesso, sei pregato di lasciarmi in pace.»replicò Alexis, il cui orgoglio era prevalso sul timore.
Degno di una vera Grifondoro.
Cercò di nuovo di allontanarsi, strattonando il braccio che lui teneva saldamente nella mano, ma il solo risultato che ottenne fu quello di farsi male.
«Stavi salutando Potter, non è vero?»
Rabbia.
La morsa sul suo polso si fece più salda e l’espressione sul viso di Malfoy divenne, se possibile, ancora più seria. Nel suo sguardo, una chiara nota di rabbia che lo faceva scintillare pericolosamente.
Sembrava impazzito.
«E se anche fosse? Te l’ho detto e te lo ripeto: non sono affari che ti riguardano.» e scandì bene l’ultima frase, come fosse davanti un bambino di tre anni e lo stesse rimproverando per qualcosa che non doveva fare.
Alexandra Black era brava a nascondere ciò che provava dietro parole sicure e cariche di orgoglio, ma quello che non sapeva era che Draco Malfoy l’aveva osservata bene e aveva capito che l’unica cosa che non poteva mentire di lei era il suo sguardo.
Due limpidi smeraldi, chiari e sinceri, incapaci di raccontar bugie.
Attraverso quel verde intenso, Draco Malfoy aveva compreso che la sua piccola Black esprimeva tutto ciò che provava: se era contenta, il suo sguardo si illuminava; se era triste, i suoi occhi si inumidivano; e se si muovavano irrequeiti, come in quel momento, era terribilmente spaventata.
Sofferenza e frustrazione.
Sul viso del bel Serpeverde, fino a quel momento gelido nella sua maschera di impassibilità, si dipinse un sorriso rassicurante, che non arrivò a scaldargli quello sguardo infuriato. E, sebbene la sua funzione fosse quella di calmare la ragazza, sortì esattamente l’effetto contrario.
Niente è più pericoloso di un serpente che si stringe sul tuo corpo, senza tirare fuori quei denti appuntiti intrisi di veleno mortale.
La stretta sul polso si fece meno pressante, ma la sua mano gelida era ben lungi dal lasciarla andare; anzi, con uno strano sguardo indecifrabile, Draco si portò la mano di lei su di una spalla e poi fece in modo che il braccio gli circondasse il collo. La mano libera le scorse lungo la schiena e poi, con poca pressione, la costrinse ad appiccicarsi a lui.
Con un braccio intorno al suo collo e l’altra mano poggiata sul petto, Alexis avvertiva chiaramente il battito calmo del suo cuore, in completa sintonia con quel respiro freddo che le si infilava nel colletto della camicia e le scendeva lungo la schiena. E, allo stesso modo, con una mano premuta sulla sua schiena, lui avvertiva chiaramente quel corpo esile e fragile tremare.
Questa volta, in un misto di paura ed emozione.
Un ghigno prese il posto di quel sorriso rassicurante, mentre il viso si piegava leggermente e la bocca andava a sfiorarle un orecchio, accarezzandone l’udito con quella voce maliziosa. «Oh, io invece credo che siano affari miei eccome, mia piccola e impertinente Black».
Il corpo di lei fremette ancora sotto le sue braccia e Draco soggnignò soddisfatto. Si distanziò leggermente, per permettersi di vederla in viso e di poter annegare in quelle pozze di smeraldo liquido; di potersi deliziare di quel caldo rossore delle sue guance;
di poter desidere quelle labbra piene e invitanti.
Che non avrebbe ancora osato assaggiare.
La mano libera – quella che non le stringeva la vita – andò a posarsi sul viso e prese a giocare con una ciocca ribelle, più lunga rispetto al resto della frangia, e gli occhi di Alexis, tremolanti e confusi, lo guardarono dal basso con timore, senza capire cosa volesse farle.
«Ricordi quello che ti ho detto ieri, Black?»
Lo sguardo di Maldoy tornò a scintillare di una luce pericolosa e si incastonò in quello di lei, che degluti’.
Alexis poteva sentire il cuore di lui battere calmo nel suo petto, mentre il proprio chiedeva freneticamente di uscire ed era sicura che anche lui potesse sentirlo.
Draco le lasciò cadere la cioccia su quegli occhi ingannevoli e, con una mossa lenta e studiata, le sfiorò il viso con una carezza. «O hai bisogno che ti rinfreschi la memoria?»
Restarono solo per una manciata di secondi a scrutarsi e a lasciare che i loro respiri si fondessero, ma a lei sembrò passare un’eternità prima che riuscisse a staccare gli occhi da quello sguardo penetrante e a voltare il viso di lato.
«No, grazie.» riusci’ finalmente a rispondere, manifestando una sicurezza incomprensibile, di cui si complimentò mentalmente.
Il sorriso pericoloso di Draco si allargò. «Bene.» mormorò, tornando ad avvicinare le sue labbra all’orecchio della ragazza. «Allora ricorderai anche che tu sei mia, Black.» soffiò, stringendola di più a sé.
Alexis balzò all’indietro e lo spinse via, riuscendo a sciogliersi dalla sua presa. «Io non sono di nessuno, Malfoy! E tanto meno sarò mai tua!» sbottò, rossa in viso e con il fiato corto; negli occhi le si era accesa una scintilla di orgoglio.
Draco sollevò un sopracciglio. «Vedremo.» C’era un tono di sfida nella sua voce e anche nel modo in cui tese una mano e le sfiorò il profilo della guancia, costringendola reprimere un nuovo brivido che, impertinente e traditore, le era salito lungo la schiena. «Ma ricorda una cosa: io ottengo sempre ciò che voglio.» La mano le sfiorò la mandibola, con lentezza, e infine scivolò di nuovo al suo posto. «Ed io voglio te, Alexandra Black».
La guardò intensamente per un’ultima frazione di secondo e poi la superò, abbandonandola lì, con il cuore che batteva a mille, il fiato corto e le gambe molli per l’emozione.
Poteva continuare a fare la sostenuta quanto le pareva, ma Alexandra Black, senza rendersene conto, stava già cadendo nella sua trappola.

 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Giulia K Monroe