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Autore: _Magica_    07/05/2015    0 recensioni
''Amore sparito, rinnegato, corroso e malsano troppo sudicio e marcio per essere puro... eppure troppo vivido e forte per non essere niente..."
Buona lettura! E fatemi sapere che ne pensate!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brenda, Minho, Nuovo personaggio, Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6
Dovrebbe urlarle, Kara lo farebbe. Dovrebbe arrabbiarsi, gridare, pestare i piedi a terra.
Ma non può più farlo.
Kara è morta.
E non è stata una brutta morte dopotutto. Certo, all’inizio ha sofferto, poi tutto d’un tratto è svanito tutto il dolore.
E’ morta. Ma comunque il suo cadavere si è rialzato, ha aperto gli occhi, ha mosso costantemente i piedi. E ha continuato.
Vuoto; immane, inesorabile vuoto. Cratere a posto del cuore. Ghiaccio a posto di tutto ciò che prima la animava.
E’ una sensazione strana, prima si è trovata a disagio, poi però si è abituata, ed infine l’essere morta è diventato parte di lei. E le è quasi impossibile ricordare che cosa facesse una persona viva.
Parla, ride, cammina. Eppure ha un cadavere a posto del corpo, una maschera a coprirle il viso, un vuoto a ghermire il cuore.
<< Penso che tra pochi giorni nascerà il bambino >> Dice una ragazza bionda di proposito più forte del dovuto.
Lancia poi uno sguardo sorridente alla ragazza morta. Ma quest’ultima guarda senza vedere, ride senza ridere davvero. E il suo cuore batte senza battere. E’ questa la cosa peggiore: se si appoggia una mano al petto sente il suo cuore palpitare per cercare di mantenere in vita un cadavere, un cuore monotono, pacato, metodico.
<< Iddio santo le torcerei il collo! >> Sussurra una ragazza castana a pochi centimetri dal cadavere di Kara.
<< Ma che ti importa? Lasciala parlare…>> Dice la morta.
<< Scoppia per presunzione… quella… quella >>
<< Brenda quanto sei noiosa, cavolo… ma che ti importa, falla pure parlare >> Dice il ragazzo dagli straordinari occhi azzurri << Sembra che la cosa ti dia parecchio fastidio >> Conclude facendole l’occhiolino.
Kara, o meglio quel che ne resta, sorride. Un sorriso falso, grigio, incolore quasi. Ma nessuno sembra accorgersene, nessuno sembra capirlo. Esiste una sola persona al mondo che le direbbe che è una pessima attrice e che dovrebbe andare a fare qualcos’altro, di certo smetterla di fingere in quell’orribile modo.
Ma chi è questa persona?
Il cadavere non ne ricorda il suo nome. Seppellito, ammuffito, disperso tra migliaia di altri. Ed ora non c’è nessuno a svelare le sue finzioni, a far cadere le sue maschere, a far battere il suo cuore che convulso cerca di far restare in vita un’anima morta, distrutta, spezzata.
Si alza, cammina, parla. Un’altra volta dice a se stessa, solo un’altra volta, solo un’altra ora, un altro giorno. Eppure continuano a passare le settimane, i mesi. E tutto appare uguale, monotono, spento.
Il ragazzo dagli occhi inconfondibilmente azzurri le passa un braccio sulle spalle.
<< Che fai questa sera? >>
<< Non ne ho idea, tu? >>
<< Pensavo i passare un po’ di tempo con te >> Le dice con un occhiolino.
<< Potrebbe andare bene >> Sorride a sua volta il cadavere. Un sorriso terribilmente vuoto. Eppure anche per questa volta passa. Anche per questa volta basta anche questo sorriso: così falso, così stupido.
E’ sempre stata abituata a mentire.
‘’Devi celare te stessa dietro infinite maschere di indifferenza e menzogna per continuare a vivere in un mondo dove solo i bugiardi riescono ad andare avanti.’’
‘’Devi fare in modo di non far trasparire le tue debolezze, perché quelle saranno le prime a venir schiacciate, pestate, bruciate.’’
‘’Devi allontanare le persone a cui vuoi bene da te stessa, perché a volte sei proprio tu a far loro infinito male. Ma devi anche proteggerti da chi ami… appunto perché sono sempre le persone che amiamo a distruggerci nel modo peggiore.’’
E quindi finge.
Il suo cadavere continua a fare quello che il suo corpo, la sua mente, il suo cuore hanno fatto per anni.
Mente, imbroglia, finge.
Tanto che importa? Non c’è nessuno a svelare le bugie. Nessuno da guardarle dentro abbastanza per capire l’imbroglio. E lei continua a morire ogni giorno, e continua a sorridere meno sinceramente ogni volta.
E la sera arriva, come sono arrivate tutte le sere che l’hanno preceduta, come continueranno a passare tutte quelle che le succederanno. E quella, di sera, non ha niente di diverso delle altre.
Nemmeno gli occhi incantevoli del ragazzo che l’aspetta sulla porta di una casa, rendono quella sera diversa dalle altre. Tutto dannatamente uguale.
Ecco come si muore. Non si muore solo a causa di una lama, o di una pallottola, o di una malattia. Si muore anche di dolore, di stanchezza, di infelicità, di amarezza, di amore, di monotonia… e queste in qualche modo sono le morti peggiori. Quelle che ti rendono così dannatamente sana esteriormente, ma così irrimediabilmente distrutta, spezzata, morta interiormente.
<< Immagino che tu non mi abbia chiesto di venire qui per giocare a carte>>
<< Oh se ci tieni possiamo fare anche a quello. Perdi una partita e ti togli un vestito >> Dice sfiorandole un fianco. Quel tocco non le dice niente. Non la fa rabbrividire, non la fa sussultare, non la fa impazzire. E’ solamente una tocco, un tocco morto su di un corpo morto di una ragazza morta.
LA prende per un braccio e la attira a se.
<< Cosa hai questa sera? Sembri triste >>
“Io sono sempre triste” vorrebbe dire “Solo che a volte lo nascondo meglio di altre”
<< Ho sonno, e sono stanca >>
Lui le mette una mano sul viso e la bacia.
Un bacio vuoto, smorto, umido.
Ma tanto ormai, che cosa può aspettarsi di provare un cadavere?
Disgusto. Questo la blocca un secondo.
Disgusto, amaro in bocca. Schifo.
E le dispiace, dannatamente le dispiace. Ma Aris non sarà mai nel suo cuore, non ci riuscirà mai. Non si appartengono, nemmeno un po’. Lei lo sa.
E tanto vale finirla qui e non prolungarla oltre. Perché lei sa che se ne andrà, prima o poi. E tanto vale andarsene subito e non prolungare l’agonia di un ragazzo così dolce.
Si stacca lentamente.
<< Mi dispiace >> E questa volta non dice una bugia, per una volta dopo parecchi mesi. Questa volta è seria, in qualche modo ancora viva.
Lui la sbatte ferocemente contro un muro, e continua a baciarla.
<< Non mi importa >>
<< Lasciami >> Cerca di dire <>
MA non serve a niente lui continua premere le labbra sulle sue, con violenza.
Disgusto ancora più profondo. Asfissia, schifo, vomito. Adesso più che mai.
<< Smettila lasciami andare >> MA lui non la smette e lei sente il panico montargli dentro. LA sua stretta è forte e sa che non riuscirebbe ad andarsene. Lui cerca di spingerla verso il letto e le resistenze di Kara non servono a niente.
Bussano alla porta.
Una.
Due.
Tre, volte.
Aris impreca a bassa voce mentre apre con violenza l’uscio.
Fuori c’è una ragazza castana minuta e decisa. Con gli occhi che sembrano lampi infuocati, eppure che lasciano trasparire preoccupazione.
Entra senza badare a nessuno, afferra Kara per un braccio e la porta fuori.
<< Non dovrei chiedertelo, lo so >> E’ preoccupata, delle righine sottili le corrugano la fronte.
<< Dimmi>>
<>
<>
<< Che tua madre era una levatrice >>
Quella domanda la sbalordisce abbastanza però annuisce.
<< Helen… il parto, Kara sta andando male, mi chiedevo se tu… se… se tu potessi andare da lei >> Si interrompe e prende un respiro << E aiutarla… in qualche modo >>
Lo sguardo di Kara è ghiaccio, fisso e imperscrutabile. Sospira, sa che dovrebbe semplicemente andarsene e lasciar crepare quella… quella.
‘’Cosa farebbe mia madre?’’
Una voce sottile, un sussurro appena udibile le dice dentro:
‘’Qui non si tratta di lei, ma di suo figlio ’’
Sospira a gran voce cercando dentro se stessa la forza, quella forza che non ha.
 
***********
 
Le mani intrise di sangue, lucidità nella mente, gelo nel cuore.
Aiuto hanno chiesto.
Aiuto lei ha dato, ma che non sia niente di più, non potrebbe reggerlo.
Le mosse sono le stesse, i procedimenti uguali, niente di diverso.
‘’io sono diversa’’ pensa lei. Già tu sei diversa dico io.
Le urla della donna si quietano, il respiro si calma.
E Kara porta lei la creatura linda e pulita che il suo ventre ha partorito, gliela posa in grembo.
La donna attira a sé la creatura come a proteggerla da Kara.
‘’Se avessi voluto farti del male l’avrei già fatto, idiota’’ vorrebbe dire, ma adesso è opaca, apatica…
Vuota…
Ecco come si sente.
Vuota.
Non c’è più rabbia, desolazione, tristezza. C’è solo una sensazione pressante di vuoto.
Si sciacqua le mani nel lavabo, le sfrega fino a che il sangue non esce… ed ancora, ancora, ancora.
<< Basta… >> Una mano le afferra i polsi.
<< Smettila… non dovevi venire qui lo sapevo… è solo che serviva aiuto e…  >>
<< E’ tutto apposto tranquilla, sto bene >> Dice nascondendo le mani dietro la schiena.
Brenda la guarda con rimprovero.
<>
Si avvicinano al capezzale della ragazza: il bambino appoggiato al petto…
i capelli biondi a onde sulle spalle
 e gli occhi
 azzurri,
chiusi.
Li apre di colpo, svelando un’iride ghiaccio soffuso, azzurro di un cielo cattivo, una tempesta carica di neve e sventura, un fulmine a ciel sereno.
Il suo bambino ha i capelli neri, piccoli ciuffi che spuntano al di sopra di un faccino rosso.
E’ così carino. Che Kara fatica a credere che quella megera sia sua madre.
<< Vattene, non sei la benvenuta qui >>
<< Una volta si diceva grazie >> Dice acida << Però vedo che l’educazione di questi tempi si fa sempre più rara >>
Quella donna le fa montare un odio che mai ha provato.
Ma non intende farsi provocare ulteriormente, perciò si avvia per lasciare la stanza.
Un ragazzo moro entra. E il cuore di Kara non fa alcun movimento, ghiaccio, immobile, duro.
Il suo sguardo si fa ancor di più pietra, se possibile.
Odio. Eccolo ancora quel sentimento.
‘’ Se non riesci ad amare, odia’’ le disse un giorno una vecchia in una grotta buia ‘’perché l’odio è più forte dell’amore, lo sarà sempre. “
E lei ora odia, anche se qualcosa un pochino si smuove dentro la sua anima morta.
Qualcosa da lontano, qualcosa che nemmeno ode, le urla, grida, e piange pregandola di non odiare così tanto.
“Ma anime corrose dall’odio hanno una vita triste e cupa’’
“Ma quelle corrose dall’amore vivono nel dolore e nella disperazione. Quindi bimba… che cosa scegli? “
E lei non aveva mai scelto. Ancora adesso non l’ha fatto.
Il bambino apre gli occhi svelando un’iride di un colore cristallino. Colore del cielo azzurro nelle giornate estive, del mare nei giorni luminosi, del turchese nelle sue sfumature più accese.
Un colore strano, pensa Kara. Troppo strano.
Cerca di ricordare gli occhi della madre del ragazzo moro. Ma le ritornano alla mente solo due profondissimi cerchi  neri. Non appartenevano a lei.
Guarda per un momento Helen, sdraiata in un letto morbido. Il colore degli occhi suoi e del bambinoè facilmente confondibile, ma non per un occhio attento come quello di Kara. Che negli occhi di quella donna ci ha guardato infinite volte con rancore.
Il ragazzo moro ha degli occhi scuri e profondi, leggermente allungati eppure molto grandi.
Non sono nemmeno i suoi. Scuote la testa.
‘’Sei come un gatto che si arrampica sugli specchi, non troverai niente per te stessa qui dentro’’
Eppure quella sensazione inquietante resta. Come un coltello puntato nelle costole.
Come una verità stampata su un foglio che sventola davanti la sua faccia, ma si muove troppo velocemente e prenderlo è impossibile.
E’ così vicina a capire qualcosa, ma non riesce ad afferrarne il significato.
‘’Sei morta, come puoi riuscirci?’’. Ma adesso, in questo istante si sente come rinata, resuscitata, riportata al mondo per dover scoprire qualcosa di pericolosamente scomodo.
Ma non sa cosa, ‘’dannazione… non so cosa!’’
Un altro ragazzo dai capelli scuri entra nella stanza e si avvicina lentamente a Kara.
La guarda e sorride dolce.
Lei fissa all’improvviso tutti nella stanza.
Brenda minuta e scattante è inquieta. Minho ha addosso un senso di disagio assoluto. Helen sorride adagiata tra i cuscini. E Aris le va in contro con le labbra distese in una vaga sfumatura di menzogna.
Come penultimo fissa il neonato e ci scorge qualcosa che non aveva notato, o meglio che non aveva capito.
E per ultima guarda se stessa, scruta il proprio cuore, cerca dentro di se. Si risveglia in qualche modo. Torna viva per qualche istante. E trova la forza che ha perduto, trova il coraggio che le manca.
E capisce, quasi si accascia a terra capendolo. E’ così senza senso che non vorrebbe nemmeno crederci.
‘’Te lo stai solo immaginando’’
Ed invece no, non questa volta.
Punta un dito accusatorio su Minho il ragazzo che odia, e che in fondo quasi inconsciamente che ancora ama. Poi lo sposta lentamente su Aris, il ragazzo che in quei mesi le era stato vicino, che l’aveva consolata.
E  lo dice. Con l’ultimo briciolo di forza, coraggio, odio, rabbia, coscienza, incredulità, e anche amore in fondo in fondo, anche con quell’unico briciolo di amore che le resta.
Guardando negli occhi quel ragazzo che da mesi non fa che evitare dice
<< Tuo figlio >> Sposta l’indice su Aris
<< Ha i suoi occhi >>
Poi semplicemente sotto lo sguardo attonito, confuso e perplesso di tutti esce e si dirige alla scogliera.

II
I
I
I
I
I
I
I
I
V
Raga... vi dò spiegazioni solo nelle recenzioni :)
  
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