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Autore: Lissa Bryan    08/05/2015    4 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/14/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  14

 

Bella avanzò furtiva come un ladro nella casa buia, trasalendo ogni volta che scricchiolava una tavola. Dalla finestra vedeva il primo tocco dell’alba. I domestici si sarebbero svegliati presto e doveva sbrigarsi a rientrare nella sua camera prima che qualcuno la vedesse. Fece ancora una smorfia mentre un’altra asse

strideva. Non era stata a Hatfield abbastanza a lungo da imparare quali erano le assi che scricchiolavano, così da poterle evitare. Salì lentamente le scale, tenendosi più possibile vicino al muro, mordendosi il labbro. C’era quasi …

La scorsa settimana aveva esplorato le terre di Hatsfield e aveva scoperto un laghetto non lontano dalla casa. Non era molto grande, né profondo, ma aveva soddisfatto il suo desiderio di nuotare una volta spezzata lo strato di ghiaccio che lo ricopriva.

Entrò nella sua stanza e sospirò di sollievo. Alice era ancora profondamente addormentata sul suo giaciglio (la ragazza dormiva come se fosse morta) e la piccola Elizabeth era acciambellata nel letto, il pollice in bocca. Bella oltrepassò Alice in punta di piedi e andò verso il suo armadio per prendere una camicia asciutta.

«Dove sei stata?»

Bella sobbalzò e per poco non gridò. «Oh, Santi, Bess!» sibilò, la voce bassa per non svegliare Alice e la piccola Elizabeth. «Mi hai spaventato a morte.»

Elisabetta inarcò un sopracciglio. I suoi occhi passarono sui capelli gocciolanti e sulla camicia che era quasi trasparente per le chiazze bagnate. «Cosa sei stata a fare, Bella?»

Bella strascicò un po’ i piedi. «Ti ricordi quando mi hai detto di non farti domande perché non volevi mentirmi?»

Elisabetta sospirò. «Dimmi questo: mio cugino sa di cosa si tratta?»

Bella annuì, sollevata. «Se gli dici quello che hai visto stanotte, ti dirà che sa cosa stavo facendo e che approva. Perché sei qui, comunque?»

«È venuto un messaggero», disse Elisabetta. «C’è una sollevazione in Kent.»

«Una sollevazione? Intendi una ribellione?» Bella sgranò gli occhi e dovette sedersi sul letto perché le sue ginocchia sembravano aver perso tutta la loro forza.

«Thomas Wyatt ha raccolto un esercito di oltre quattromila uomini», disse Elisabetta cupa. «Il Duca di Norfolk è stato mandato con un contingente di truppe di Maria per fermarli, ma Norfolk ha dovuto ritirarsi di nuovo nella capitale quando la maggior parte dei suoi soldati ha disertato per unirsi a Wyatt.»

Bella piagnucolò e il terrore trasformò il suo viso in una maschera bianca. Lei era stata in Scozia durante il cosiddetto ‘Brutale Corteggiamento’ (Rough Wooing), quando Enrico VIII aveva cercato di costringere la Scozia a consegnare la Regina di Scozia bambina perché fosse cresciuta in Inghilterra e poi sposata al figlio di Enrico. Non avrebbe mai dimenticato la puzza dei villaggi bruciati, le urla delle donne stuprate, i pianti patetici dei bambini trapassati da lame senza pietà. Guardò la bambina che dormiva e a cui pensava come sua figlia, e provò disperatamente a pensare dove poteva portarla per tenerla al sicuro.

«Bella, basta», disse Elisabetta tagliente. «Hatfield è sicura.»

Era per questo che Elisabetta l’aveva portata qui? Sapeva cosa stava per accadere?

Elisabetta alzò una mano. «Non chiedere. Sappi solo che tu sei al sicuro e che Edward è al sicuro.»

«Chi è Thomas Wyatt, e perché sta facendo questo?»

«È il figlio di un uomo che scriveva poesie d’amore a mia madre», disse piano Elisabetta. «Ha passato del tempo in Spagna, e ha visto cos’è l’Inquisizione. Ha paura che Filippo la porti nei nostri lidi.»

Bella aveva evitato la Spagna da quando la nonna della Regina Maria, Isabella di Castiglia, aveva espulso tutti gli ebrei dalla nazione, vietando loro di prendere con sé denaro o proprietà di valore andandosene. A quelli che volontariamente si convertirono al cattolicesimo fu consentito di restare, ma i conversos divennero gli obiettivi favoriti dell’Inquisizione. Le selkie si riferivano alla Spagna come ‘La terra che brucia’ e ne stavano alla larga. Poteva capire perché Wyatt temesse che le stesse cose potessero succedere in Inghilterra, ma di sicuro Maria non avrebbe permesso una cosa simile. Di sicuro …

«Dovevano esserci delle sollevazioni contemporanee in altre zone, ma quelle sono fallite. Courtenay è stato arrestato.»

Bella boccheggiò. «Davvero?» Questa era la notizia migliore che Bella avesse sentito da mesi.

«Si stava incontrando con alcuni capi ribelli. Gardiner ha saputo del complotto, ha chiesto a Courtenay e lui ha confessato tutto. Il suo piano era detronizzare mia sorella in mio favore e poi costringermi a sposarlo.»

Bella rabbrividì. «Dio non voglia. Oh, Bess, cosa facciamo?»

«Aspettiamo», rispose Elisabetta. «È la cosa che so fare meglio.»

 

 

Edward seguì la Regina dalla Sala delle Corporazioni, dove aveva appena fatto un travolgente discorso, implorando il suo popolo di difendere il suo governo. Aveva detto che si stava sposando non certo per la lascivia del corpo, ma per lasciare un erede che governasse quando lei non ci sarebbe stata più. Se avesse pensato per un solo momento che il suo matrimonio sarebbe stato un male per il suo popolo, aveva giurato, sarebbe morta vergine. Giurò che non sarebbe fuggita da Londra, ma che avrebbe versato il proprio sangue in difesa del popolo che amava teneramente come una madre ama i suoi figli.

Fu magnifico. Edward vide in lei la spina dorsale d’acciaio che aveva ereditato da sua madre e da generazioni di regine prima di lei. Non si sarebbe piegata. Non si sarebbe arresa. Non aveva paura perché sapeva di essere la sovrana scelta da Dio, quella destinata a riportare l’Inghilterra tra le braccia della Chiesa e niente su questa terra poteva fermarla.

Il popolo nella Sala gridò «Dio salvi la Regina Maria

Adesso tornavano a Westminster, Edward aveva implorato Maria di andare alla Torre, ma lei aveva fede nei suoi soldati. Maria voleva che il popolo la vedesse, che vedesse che non aveva paura e che era certa della sua lealtà. Edward non era altrettanto sicuro. Aveva raddoppiato le sue guardie del corpo, pagando di tasca sua quando il resto del consiglio era troppo indaffarato per destinare i fondi, perché erano tutti occupati a battibeccare su di chi fosse la colpa dei disordini: Gardiner per le nuove politiche religiose, o i consiglieri per aver sostenuto la scelta di Maria di sposare Filippo.

Teneva la mano sulla spada mentre camminava. La gente era allineata lungo le strade per festeggiare e lanciare benedizioni alla Regina, ma Edward vide molte facce cupe e rabbiose tra la folla. Questa rivolta, la prima volta che un esercito si avvicinava alle porte di Londra dai tempi del Medioevo, era segno di una corrente sotterranea profonda di  malcontento, qualcosa che Edward pensava che la Regina dovesse ascoltare, ma lei andava dritta per la sua strada senza tentennamenti.

Aveva emanato un proclama secondo cui sarebbe stata usata clemenza ai ribelli purché deponessero le armi e ritornassero alle loro case entro ventiquattro ore. Edward non poté fare a meno di ricordare un proclama simile emanato da suo padre, che poi uccise i ribelli che gli si erano arresi. Se lo sarebbero ricordato anche i ribelli, e avrebbero pensato che la loro unica speranza di sopravvivenza  sarebbe stata rovesciare la Regina?

I cannoni della Torre erano puntati verso l’area della città dove i ribelli erano entrati, ma Maria si rifiutava di farli sparare, per paura di uccidere cittadini innocenti. Intorno alla città, i ponti levatoi erano alzati, i cancelli sbarrati e le barricate costruite. La popolazione terrorizzata si era chiusa in casa e un silenzio inquietante era sceso su Londra, come se fosse congelata nel freddo di febbraio.

Edward era profondamente grato che Bess avesse portato Bella a Hatfield. Altrimenti adesso sarebbe stata nel gruppo delle terrorizzate dame della Regina, che tremavano e piangevano e pregavano per la salvezza. Edward non sapeva ancora quanto sarebbe diventata forte questa ribellione. Se Wyatt fosse riuscito a convincere il popolo della città a sollevarsi contro Maria, Edward avrebbe avuto il dovere di proteggerla con la sua vita.

I ribelli si avvicinavano ad ogni ora e Westminster era dritta sulla loro strada. Quando una freccia colpì uno dei difensori alla periferia delle loro linee, uno dei capitani di Maria non aspettò altre vittime prima di caricare verso le stanze della Regina. Edward lo seguì, perché c’era sempre la possibilità che ci fossero traditori anche nei loro ranghi.

Fece irruzione nelle stanze della Regina gridando che erano sotto attacco. «Alla chiatta! Dobbiamo portare via la Regina Maria!»

Maria non batté ciglio, nonostante le sue dame urlassero di paura e si aggrappassero l’una all’altra con braccia tremanti. «In preghiera!» ordinò la Regina. «Tutte voi! Pregate e avremo presto notizie migliori.»

Le dame singhiozzanti caddero in ginocchio, giungendo le mani. «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te …»

Il Signore era con la Maria che faceva pregare le sue dame? Anche Edward si fece il segno della croce e si chinò su un ginocchio, tenendo l’altro alzato nel caso dovesse all’improvviso saltare in piedi per proteggere la Regina. Ma la sua preghiera era per Bella. «Fa’ che sia al sicuro, ti prego Signore, fa’ che sia al sicuro

«Wyatt è preso!”» urlò qualcuno. «È finita! Wyatt è stato catturato!»

Edward si alzò in piedi. «Che notizie?» chiese.

Wyatt era riuscito ad arrivare fino a Ludgate, ma non era riuscito a oltrepassare i difensori. I suoi soldati avevano disertato, lasciando Wyatt sconsolato seduto di fronte a una locanda, con solo una manciata di soldati leali con lui. Si era arreso quando si erano avvicinati gli uomini della Regina. La ribellione era finita prima di cominciare, con davvero poco spargimento di sangue. Wyatt era stato arrestato e condotto alla Torre. Con lui c’era Henry Grey, padre di Jane Grey, che aveva nutrito la speranza di rimettere Jane sul trono dopo la deposizione di Maria, ma avrebbe accettato Elisabetta se i suoi compagni di cospirazione non si fossero rivelati trattabili. Era a casa sua che si erano incontrati per la prima volta i capi ribelli. Quando si era saputo che Wyatt aveva dato il via alla sollevazione, lui era partito in fretta e furia per le sue tenute in campagna, e quando le indagini avevano puntato verso di lui, aveva indotto il guardiano del parco a nasconderlo. Passò due giorni in un albero cavo prima che il guardiano del parco lo consegnasse per una ricompensa maggiore.

Questo è il problema di fare affidamento sui ribelli, pensò Edward. Non hanno nessuna lealtà.

Andò nelle sue stanze, le stanze che lui e Bella dividevano quando erano troppo stanchi per andare a casa. Si stese sul letto, completamente vestito, e appoggiò la testa dal lato di lei. Immaginava di poter ancora sentire vagamente il suo odore, l’odore fresco e pulito dell’oceano che sembrava aderire alla sua pelle di seta. Presto, promise a se stesso, e cadde in un sonno profondo, sognando Bella tra le sue braccia.

 

 

«Courtenay è implicato con una delle vostre dame, maestà», disse il Cancelliere Gardiner alla Regina la sera successiva. «Lady Cullen.» Fece ricadere la testa come se la notizia lo turbasse, ma non era così. Non gli era mai piaciuta Lady Cullen ed era preoccupato della sua crescente influenza sulla Regina.

«Lady Cullen?» ripeté la Regina, gli occhi sgranati per lo shock. «Questo non è possibile, mio lord. Quella ragazza non ha un briciolo di malizia.»

«Sua cognata, Rosalie, Viscontessa Lisle, conferma che Lady Cullen si è incontrata con lui due volte in luoghi appartati.»

«Non ci credo», disse Maria piatta. «E non mi fido di Lady Rosalie. Ho sentito molto su di lei, e non a suo credito.»

«Vostra maestà, voi sapete quanto  Lady Cullen sia vicina alla Principessa Elisabetta …» la voce di Gardiner si spense, come se questo pezzetto di informazione fosse sufficiente ad implicarla.

«E cosa mi dite di Elisabetta?» chiese la Regina. «Sono state trovate delle prove?»

«Courtenay non la coinvolge, ma voi sapete che è innamorato di lei, quindi naturalmente proverebbe a proteggerla.» Gardiner stava provando ostinatamente a minimizzare il coinvolgimento di Courtenay, come se avesse offerto spontaneamente delle preziose informazioni. Voleva che questa fosse dipinta come una sollevazione protestante per mettere Elisabetta sul trono. «Abbiamo intercettato una lettera di Wyatt alla Principessa in cui delineava i suoi piani.»

«Wyatt ammette che lei ha partecipato?» chiese insistente la Regina.

«Lo farà», promise cupo Gardiner.

Ma non lo fece. Gardiner usò le torture più crudeli che avevano, ma Wyatt continuò a rifiutarsi di implicare la Principessa nel complotto. Gardiner era frustrato per questo, ma insisteva con Maria che la lettera da sola era sufficiente a provare che Elisabetta sapesse del complotto.

Maria sospirò. «Le chiederò di tornare a Londra.»

«Se non lo fa, saprete che lei è la causa di tutti questi guai», disse Gardiner.

 

 

Bella ed Elisabetta erano nella camera da letto e ricamavano la copertina di un libro per Maria. Elisabetta aveva talento con l’ago e spesso faceva dei regali ai suoi amici e alla sua famiglia. Chiacchieravano mentre lavoravano e la piccola Elizabeth giocava con alcuni giocattoli della Principessa che erano stati presi in soffitta.

«Cos’è?» chiese Elisabetta. «L’hai sentito?»

Bella piegò la testa. «No, non … Aspetta! Sì, lo sento.» Sbatté gli occhi verso Elisabetta. «Soldati?»

Perché sembravano proprio quello, decine di stivali che marciavano in formazione.

«Cazzo», disse Elisabetta. Saltò in piedi e cominciò a strapparsi il vestito di dosso. «Aiutami, Bella!»

Bella la aiutò, anche se non aveva idea del perché Elisabetta si stesse spogliando. Buttò il vestito e il guardinfante nell’armadio e chiuse la porta.

«Kat!» tuonò Elisabetta. Kat Ashley era stata la governante della principessa fin da quando lei era bambina, e adesso era la sua più leale domestica e amica. Kat era una donna paffuta e amichevole, fieramente protettiva con ‘la sua bambina’ e una volta appurato che Bella era una vera amica di Elisabetta, aveva preso anche lei sotto la sua ala.

Kat era senza fiato per la corsa quando irruppe nella camera. «Bess, ci sono …»

«Lo so. Porta una bacinella d’acqua e un panno, svelta. Sono terribilmente malata.» Elisabetta infilò le braccia in una veste da camera e saltò nel letto, tirandosi le coperte fino al mento.

Kat fece una cosa stranissima. Mise le mani nella cenere del camino e passò con attenzione il grigio sulla pelle di Elisabetta. Quando ebbe finito, Elisabetta sembrava pallida e tirata, e se Bella non avesse saputo come stavano le cose, avrebbe pensato che Elisabetta fosse a un passo dalla morte.

«Siedi, Bella!» sibilò Elisabetta e Bella si rimise in fretta sulla seggiola, riprendendo in mano la copertina a cui stava lavorando. Provò a fare qualche punto, ma le mani le tremavano troppo.

Quei passi pesanti entrarono in casa e Bella inspirò all’improvviso. Kat ritornò di corsa nella stanza con l’acqua e il panno, mettendo il panno umido sulla fronte di Elisabetta e collocando il suo ampio didietro su una sedia vicino al letto di Elisabetta.

Tre uomini entrarono nella stanza di Elisabetta senza bussare o annunciarsi. «Principessa, io sono Sir Aro.» Era alto e ossuto e sembrava decisamente poco amichevole mentre chinava brevemente la testa.

«Sir Riley,» disse il secondo uomo. Era giovane, con capelli bruni morbidi e un esile tentativo di baffi ricopriva il suo labbro superiore. Si chinò educatamente, e con una certa grazia.

Il terzo si chinò leggermente e disse, «Sir Laurent.» E a Bella sembrò il più spaventoso di tutti, perché i suoi occhi erano freddi come il Mare del Nord, spietati e crudeli.

«Siamo qui per scortarvi indietro dalla Regina, di gran carriera», dichiarò Aro.

«Saluti, miei lord», gracchiò la Principessa. Sembrava lottare per tirare fuori le parole. Si leccò le labbra e Kat le toccò gentilmente col panno umido. «Vorrei tanto rivedere la mia amata sorella, ma sono troppo malata per viaggiare.»

«Oh, la mia povera bambina», gemette Kat. Si tirò il grembiule sulla faccia e cominciò a singhiozzare.

«Chiamate un dottore», ordinò Aro a Riley. «Chiamatene due

Si mise seduto sulla seggiola che Elisabetta aveva occupato fino a qualche minuto prima. Diede un’occhiata al lavoro di ricamo in mano a Bella con un piccolo ghigno, e poi guardò la bambina che giocava tranquilla, senza preoccuparsi dell’agitazione degli adulti intorno a lei. Bella era scioccata dal suo comportamento irrispettoso, sedersi in presenza di una Principessa senza esserne invitato, l’inchino appena accennato, il basso rango delle persone mandate a prendere la Principessa.

La piccola Elizabeth gli offrì un giocattolo, che lui non prese. La fissava, ma la piccola Elizabeth non era intimidita. «La Principessa è molto malata», disse lei.

«Lo vedo», disse Aro, un accenno di sarcasmo nella voce.

La stanza divenne silenziosa. Kat bagnava la fronte della Principessa e le sussurrava parole rilassanti. Ogni tanto, la Principessa si muoveva  irrequieta sotto le coperte e dava un gemito di fastidio. Kat provava a calmarla, a tenerla ferma.

Sir Riley rientrò, seguito da due uomini con le borse. Tutti e due andarono dritti dalla ragazza nel letto e si chinarono. «Vostra altezza? Possiamo visitarvi?»

Elisabetta si leccò le labbra e aveva la voce rauca e spezzata quando rispose. «Sì.»

In pochi istanti, uno dei due si pronunciò, affermando che i suoi umori erano squilibrati e aveva bisogno di un salasso. L’altro decretò che erano necessari una purga e un vescicante per attirare fuori i veleni dannosi che aveva assorbito. Tutti e due, comunque, giudicarono che fosse in grado di viaggiare. Elisabetta li squadrò e rifiutò il vescicante e la purga, ma permise a uno di loro di farle un piccolo taglio nell’avambraccio e drenare una coppa di sangue in una ciotola d’argento.

Kat protestò che avrebbero dovuto imballare e impacchettare tutto. Non potevano riportare Elisabetta al palazzo senza vestiti e senza mobili. Sir Aro esalò un sospiro irritato ma accondiscese.

Kat si muoveva lenta come una lumaca, quando voleva, e aveva una scusa molto convincente per ogni ritardo. Ma la sera successiva, tutto il processo di preparazione alla partenza non era ancora finito. Sir Aro perse la pazienza e ordinò a Sir Laurent di portare la Principessa floscia alla portantina che aspettava fuori; i domestici potevano finire di imballare e poi seguirli.

Elisabetta era pallida in modo allarmante quando Sir Laurent la pose sulla portantina. Bella salì al suo fianco e le prese la mano. «Sembra che tu stia veramente male», le disse.

«È così», disse Elisabetta. «Non mi aspetto che questo viaggio finisca in modo piacevole.»

«Perché? Non hai fatto niente di male. Ho fatto quello che mi ha chiesto la Regina e ti ho guardato, e non ho niente da riferire. Sei stata a messa nella tua cappella almeno una volta al giorno. Hai giocato con la piccola Elizabeth e hai spettegolato con Alice. È tutto quello che hai fatto.»

Elisabetta ridacchiò. «Mi fai sembrare molto noiosa.»

«Noiosa va bene», disse Bella. «Noiosa è sicuro

Alice salì sulla portantina con loro, tenendo la piccola Elizabeth su un braccio e la scatola dei gioielli della Principessa nell’altro. C’era sempre una piccola sensazione di vertigine quando i lacchè alzavano i pali e cominciavano ad avanzare, i loro piedi che colpivano ritmicamente il suolo gelato. Le dame tennero le cortine tirate e avevano una grossa coperta a coprirle, ma stavano tutte rabbrividendo.

Bella non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ contenta per il viaggio. Avrebbe rivisto Edward presto. Ma quella felicità la faceva sentire un po’ sleale. Elisabetta era spaventata. Bella pensava che probabilmente stava male davvero con tutta la paura e la preoccupazione.

«Maria ti ama,» le offrì.

«Ama di più la sua corona e la sua chiesa», replicò Elisabetta. «Non esiterà se penserà che io minacci l’una o l’altra.»

La distanza era di sole diciotto miglia, ma il viaggio durò sei giorni. Elisabetta continuava a far fermare la portantina per correre di lato alla strada e vomitare. Quando diventò troppo debole per correre, Bella la aiutò ad arrancare. Aveva un aspetto orribile. La sua pelle era cerea e i suoi occhi opachi e apatici.

«Bess, non possiamo andare avanti così», le disse Bella quando Elisabetta ordinò di fermarsi per la giornata, a metà mattina, a una locanda lungo la strada, perché l’ondeggiare della portantina le dava troppa nausea per continuare. Bella era esasperata, anche se cercava in tutti i modi di essere paziente. Aro sembrava sforzarsi di non picchiare Elisabetta e anche l’educato Sir Riley cominciava ad essere teso per i continui ritardi.

«Bella, se la tua vita sarà mai in pericolo, allora capirai», le disse Elisabetta. «Farai di tutto per avere un altro giorno … un’altra ora … e anche solo un altro minuto.»

Elisabetta pensava che avessero delle prove della sua partecipazione alla ribellione? Bella avrebbe tanto voluto chiedere, ma non lo fece. Voleva essere onesta quando avrebbe detto che non aveva visto o sentito niente di sospetto, niente che avrebbe potuto implicare Elisabetta.

«Gardiner mi disprezza», disse Elisabetta. «Sai che mi ha seguita nelle mie stanze dopo che avevo chiesto alla Regina il permesso di andarmene? Mi ha dato una lezione molto severa sulle mie carenze morali, e ha detto che sapeva che la mia conversione era insincera.»

«Non credo ci sia nulla che tu possa fare per convincerlo.»

Elisabetta si sedette sul letto. Era la stanza migliore che la locanda aveva da offrire, ma era molto semplice. Uno stretto letto al centro, il materasso di crine. Elisabetta aveva ordinato ai domestici (che li avevano facilmente raggiunti con i carri pieni degli averi di Elisabetta) di non montare il suo letto in questa stanza, perché aveva paura che si infestasse di pulci. Lei e Bella avrebbero dormito sul materasso bitorzoluto con la piccola Elizabeth tra loro, e Alice e Kat su un pagliericcio sul pavimento al loro fianco.

«Ho detto loro che stavo considerando di emanare una dichiarazione pubblica che la mia conversione e la mia presenza alla messa erano libere da coercizione e completamente volontarie.»

«Lo farai?»

Elisabetta sbuffò. «No.» Diede uno schiaffo a una pulce che era atterrata sul suo braccio. «Anche Renard mi odia.»

L’ambasciatore spagnolo. Maria prendeva i suoi consigli molto seriamente, vedendolo come un tramite con i suoi parenti spagnoli, ed ora col suo promesso.

«Be’, io non ti odio e Edward non ti odia. La Regina tiene in considerazione anche le nostre opinioni.»

«Probabilmente perché siete le uniche persone che conosce che non vogliono nulla da lei. Né terre, né titoli, né nomine politiche …»

«Tu cosa vuoi?» chiese Bella, sedendosi accanto a lei e grattandosi un morso di pulce sul dorso della mano.

«Io voglio vivere tranquillamente in campagna», disse Elisabetta.

«Senza intrighi?» rise Bella. «Appassiresti e ti porterebbe via il vento.»

Elisabetta si girò un anello nel dito. «A volte mi chiedo com’è per le donne contadine. La loro preoccupazione è portare abbastanza cibo a casa per le loro famiglie. Semplice e diretto. La mia è tenere la testa attaccata al collo, mentre cerco di blandire i miei partigiani ma senza offendere quelli che hanno potere di vita e di morte su di me. Ricordi quell’acrobata da Maria, la Dodicesima Notte, quello che danzava sul filo? Io mi sento così. Non è che mi piaccia, Bella. È quello che devo fare per sopravvivere. E ogni tanto, sogno una vita in cui la mia sopravvivenza dipenda semplicemente dall’avere un po’ di pane.»

 

 

Raggiunsero il palazzo la sera tardi. Alice prese in braccio la piccola Elizabeth addormentata e disse che l’avrebbe portata negli appartamenti di Edward e Bella finché fossero stati pronti per andare a casa.

Con sorpresa di Bella, Elisabetta non fu portata alle sue ricche stanze. Invece le fu mostrata una piccola, angusta stanza con uno stretto letto e un tavolo con una sedia di legno, e le fu detto di aspettare “il piacere di sua maestà.” Elisabetta barcollò a quelle parole e Bella la aiutò a sedersi. Sentì la porta chiudersi, ma non il rumore della serratura.

«Bella, vai», disse Elisabetta quando ebbe recuperato la capacità di parola. «So che vuoi vedere Edward.»

«Non ti lascio così!» protestò Bella.

«Kat starà con me.» Elisabetta fece un gesto di congedo con la mano. «Vai. Parla con Edward e parla con la Regina. Dille quello che hai visto a Hatfield.»

«Odio tutto questo, Bess», disse Bella. «Odio stare in mezzo a voi due. Voglio bene a entrambe.»

«Anch’io ti voglio bene. Ora vai da tuo marito.»

Bella aprì la porta. C’erano due guardie, una per lato, ma lei le guardò a malapena mentre passava. Si chiese se le sarebbe stato permesso di tornare e sperò di sì.

Andò direttamente nelle stanze della Regina e trovò Maria seduta al suo grande tavolo che firmava documenti. «Lady Cullen!» esclamò. Bella fece un profondo inchino e Maria la fece alzare col tradizionale bacio sulla fronte. «Come sei stata, mia cara? La campagna sembra farti bene.» Guardò la pancia leggermente arrotondata di Bella e un po’ di nostalgia balenò nei suoi tratti. «Prego, siediti.» Le indicò una seggiola a fianco del suo tavolo e Bella si sedette. “ Devi essere esausta del viaggio. Hai già visto Edward?”

«No, vostra maestà. Speravo che poteste dirmi dove trovarlo.»

«Temo che sia a una sessione del consiglio, ma sono sicura che verrà da me non appena finito.» Giunse le mani e guardò Bella attentamente. «Ti è piaciuto il soggiorno con mia sorella?»

«Sì, molto, ma gli appartamenti dov’è alloggiata adesso …»

Maria alzò una mano. «Ti prego, dimmi cosa hai visto a Hatfield.»

«Non ho visto nulla», disse Bella, provando a trattenere la foga della sua voce. «Abbiamo giocato a carte. Abbiamo ricamato. Abbiamo giocato con mia figlia. Siamo andate a messa. Abbiamo spettegolato su delle banalità. In questo periodo, ha ricevuto due lettere, una da Padre Jasper, per vedere se aveva progredito negli studi religiosi, e l’altra da voi.»

«Lei sapeva che la stavi osservando», disse Maria.

«Certo che lo sapeva, ma non c’era niente da nascondere. Sono stata in sua compagnia dall’alba al tramonto e non ho visto nulla che potesse offendervi o causarvi dei danni.»

Maria si strofinò gli occhi. «Ha ricevuto una lettera dai cospiratori, Bella.»

«Lei ha scritto a loro?» chiese Bella.

Maria scosse la testa. «Non che noi si sappia, ma le lettere potrebbero essere state distrutte.»

La porta della camera della Regina si aprì all’improvviso e Edward marciò dentro, gli occhi che balenavano di rabbia. Vide Bella e si addolcì un po’. La prese tra le braccia e poi si rivolse alla Regina. «Tu non andrai davvero fino in fondo, vero?»

La Regina sembrò sapere esattamente di cosa stava parlando. «Renard dice che Filippo non verrà nel mio regno fin quando ci sarà pericolo dagli altri aspiranti al trono.»

Edward lasciò Bella e cadde in ginocchio. «Vostra maestà, io vi imploro di non farlo. Punite quelli che hanno provato a metterla sul trono. Mandatela in esilio. Ma vi prego, non giustiziate Jane.»

Bella boccheggiò. «No!»

Gli occhi della Regina Maria si riempirono di lacrime. «Se ci fosse un altro modo di eliminarla come minaccia, non lo farei.»

Edward pensò in fretta. «Se si convertisse, se non fosse più un simbolo della regola protestante, ti fermeresti?»

Maria pensò per un momento poi annuì. «Sì, sì lo farei. Se puoi farlo, Edward, salva la vita e l’anima della bambina.»

Edward sospirò e si alzò in piedi. Abbracciò Bella e nascose il viso nel suo collo. Un brivido lo attraversò.

«Andiamo a casa», disse Bella. «Andiamo a casa.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La storia registra due differenti versioni del discorso di Maria nella Sala delle Corporazioni. Una registrata da John Proctor, che ne fu testimone e scrisse un libro sulla ribellione più avanti quell’anno, e una registrata da John Foxe. Gli storici tendono a favorire il primo.

-          Elisabetta in quel periodo era in realtà a Ashridge, ma mi piaceva di più Hatfield. Rivendico la licenza artistica.

-          Salassi, purghe e vescicanti furono usati fino all’inizio del XX secolo. Si credeva che gli umani avessero quattro umori, sostanze prodotte dagli organi del corpo: bile nera, bile gialla, flègma e sangue. Se uno di questi veniva prodotto troppo o troppo poco, il paziente si ammalava. Il medico doveva scoprire di quale di questi umori si trattava e prescrivere una “cura” che avrebbe riportato il corpo in equilibrio. Il vescicante era un impasto denso con all’interno un irritante che causava vesciche sulla pelle, e si credeva che questo portasse all’esterno le sostanze cattive. La purga era un preparato che causava vomito o diarrea, con lo steso obiettivo del vescicante: liberarsi di qualunque cosa avesse sbilanciato gli umori.

-          La storia per cui Maria sarebbe stata d’accordo a non giustiziare Jane se si fosse convertita, probabilmente è apocrifa. Sappiamo che mandò un confessore (in questa storia, Padre Jasper) per provare a convertire Jane, ma probabilmente era solo il tentativo di Maria di salvare Jane dalle fiamme dell’inferno, che credeva fosse il destino di qualunque non-cattolico. Anche se Jane si fosse convertita, il suo destino sarebbe stato probabilmente lo stesso.

 

 

  
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