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Autore: Aiondorf    08/05/2015    0 recensioni
Nel deserto di Gerudo, dopo moltissime decadi, un figlio maschio è nato dal ventre della Regina, il tredicesimo nell'intera storia del popolo del deserto. Rimasto fin da subito orfano di madre, il piccolo viene affidato alle cure dell'ancella Nabooru, la quale però sarà coadiuvata da due personaggi da poteri straordinari ed intenzioni poco chiare. Nelle sue mani vi è il destino di un intero popolo sempre più vicino ad una guerra civile, nonché alla propria estinzione, motivo per cui egli dovrà scoprire in fretta cosa di cui è capace, svelando al contempo antichi misteri legati al proprio popolo ed all'angusto territorio nel cui è nato.
Per appassionati e curiosi, la vita di Ganondorf in una Fanfiction originale.
Anni fa decisi di scrivere una storia che descrivesse la vita del principale antagonista di questa amata saga. Come molti sapranno però, la storia nonché la timeline di The Legend of Zelda contengono numerosi paradossi. Per questo ho dovuto aggiungere mie personali invenzioni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ganondorf, Nabooru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Il sapore acro del sangue, il suo umore salato e ferroso, scivolò lentamente sulla lingua di Nabooru, risvegliandola dal suo sonno forzoso e dolorante.
La testa gli girava vorticosamente, mentre un dolore acuto, solamente a tratti sopportabile identificato nel suo braccio, le fece capire come, molto probabilmente, una delle sue ossa si era fratturata. Ma come?
Non aveva alcun ricordo di ciò che era capitato poco prima o, chissà, diverse ore addietro.
Dove si trovava? Che cosa era successo? Che giorno era?
Se lo chiese diverse volte, senza trovarvi mai uno straccio di risposta.
Era al buio. Almeno questo le fu certo. Non era però la naturale oscurità generata dalla notte e dall'assenza della luce solare, ma quella soffocante di uno spazio chiuso e sigillato.
Sotto di lei, ovviamente, il terreno appariva duro e roccioso, ma a differenza dei pavimenti lastricati e levigati dei palazzi della Città di Arenaria, quello era invece grezzo e ruvido come quello di una grotta.
Appoggiandosi sul braccio ancora integro, faticosamente si aiutò ad alzarsi, procedendo poi, zoppicante, a tentoni nelle tenebre. Quel luogo puzzava di chiuso e di morte. L'odore delle carogne avvizzite penetrava nel suo olfatto violentemente, smuovendole nello stomaco un forte senso di nausea e vomito.
"Che posto è questo?" si domandò ancora una volta terrorizzata. "Che cosa è successo?"
Continuò a camminare per diversi minuti in linea retta, stupendosi come quel posto fosse incredibilmente enorme e vasto, dato che, con il braccio rivolto in avanti, ancora nessun ostacolo si era fatto percepibile al suo tatto.
"Che sia diventata cieca?" pensò colta da un'ennesima paura. "No, impossibile". Ogni tanto infatti, nonostante non vi fosse alcuna luce all'interno di quello spazio, i suoi occhi balenavano di riflessi e bagliori brevi, segno che i suoi occhi erano ancora ben funzionanti.
Ad un tratto, uno dei suoi piedi si abbassò di qualche pollice, come se una parte del terreno sotto di sé avesse percepito la differenza di peso.
Abbagliandola, subito una miriade di fuochi e torce si accesero, rivelandole una camera immensa, grande sette volte il palazzo nella quale era stata Regina per diversi anni. Mura alte fino a divenire sfocate alla vista. Colonne sostenenti un soffitto imperioso, nonché strani meccanismi, fatti di piani rialzati e carrucole da cui dipartivano catene larghe quanto il su busto e che avevano il compito, come immaginò, di sollevare uno dei piani fino a collegarlo con un portale che, incredibilmente, sostava in mezzo ad una delle pareti.
In mezzo ai suoi pensieri, infine tornò a farsi forte quell'odore nauseabondo che aveva sentito in precedenza, cosa che la portò a cercarne l'origine.
Tenendosi il braccio fratturato, tornato a sdolorare, cercò di acuire i propri sensi, passeggiando, un po' a destra un po' a manca. Facendo così però ella per poco non cadde in un dirupo profondo chissà quanto dato che il fondo non ne era visibile, posto chissà perché al centro di quel gigantesco salone. Con il cuore scalciante nel suo petto, si abbassò, comprendendo come il puzzo insopportabile provenisse proprio da lì.
Si portò una mano di fronte alla bocca, cercando invano di alleviare la propria nausea.
"Che diavolo c'é laggiù?"
Si sporse ancor di più, sperando magari che da una posizione migliore si riuscisse a notare qualcosa sul fondo, ma niente, il buio più totale.
Ancora una volta, Nabooru fu sul punto di crollare all'interno di quell'insolito pozzo artificiale quando, d'improvviso, un tonfo sordo risuonò nell'intera sala, proveniente dal portale sulla parete.
Era stato come se qualcuno, dall'altra parte, avesse sferrato un colpo poderoso, riuscendo a far vibrare il granito.
- Ma cosa... -
Il tonfo si ripeté, facendo sussultare Nabooru.
Tremolante, si fece più vicina alla parete. Nonostante lo spavento, una sorta di curiosità s'insinuò in lei. Voleva entrarvi, trapassare quel pesante lastrone diviso dal resto della roccia da brevi e finissime fessure. Come sollevarlo però e, soprattutto, come arrivare ad una simile altezza. Magari scalando una delle catene? Impossibile con il braccio così malridotto.
Il piano rialzato. Solo riuscendo ad abbassare quella sottile, ma alla vista, solida pialla di roccia agganciata ai catenacci, sarebbe stato possibile. Dove sostava però l'ingranaggio per far scattare il meccanismo atto alla sua discesa? Nabooru lo cercò con la vista in lungo e in largo, ma nulla di simile apparve mai nel suo raggio visivo.
Poi però, come al solito in maniera totalmente inspiegabile, essa cominciò a scendere spontaneamente, come se il singolo e semplice pensiero della donna fosse riuscito a comandarla.
Stranita ed intontita dal dolore persistente, ella poggiò i suoi piedi sulla pialla, tenendosi ben salda ad uno dei quattro catenacci legati agli angoli. E, ancora una volta, il piano rialzato cominciò a muoversi, portandola verso il portale sulla parete.
Come smuovere quel lastrone di pietra? Ora tale domanda aveva un senso. I suoi occhi notarono subito però uno strano incavo raffinato che, nella sua lavorazione precisa e perfetta, ben si discostava dal resto del monolite grezzo. Esso aveva la forma di una mano a dita serrate tranne il pollice. Non avendo null'altro da fare, ella avvicinò dunque il proprio arto, purtroppo quello fratturato, verso l'incavo, sostenendolo con l'altro. Cercando di controllare il dolore, percepito il contatto con la nuda pietra, spinse leggermente la propria mano all'interno di esso, esercitando una breve pressione che però fu sufficiente a scatenare un'ignota reazione a catena.
L'incavo infatti si ritirò sempre più all'interno della pietra fino a sparire, lasciando un foro dalla forma di un cerchio attraverso il quale però Nabooru non poté notare alcunché dall'altra parte. Poi, sbuffi di polveri e sabbia uscirono perentori dalle fessure, accecando temporaneamente Nabooru che si trovò costretta coprirsi il volto con entrambe le mani, persino quella dolorante per la frattura.
In un boato il portale scorse indietro, rivelando uno spazio già illuminato dall'interno e decisamente più piccolo rispetto all'immenso salone sottostante.
Lentamente, Nabooru avanzò all'interno della stanza, tenendo gli occhi fissi sull'unica cosa che era presente all'interno. Un sarcofago largo e granitico.
Esattamente come il pesante portale poco prima, il sarcofago, sopra cui era posto un coperchio dall'aspetto altrettanto gravoso, cominciò a schiudersi, come ravvivato dalla sola presenza della donna.
Con il cuore in gola, Nabooru rimase inebetita di fronte a quell'evento incredibile.
Infine, una figura lucente, dai lineamenti evanescenti, ne fuoriuscì. Il suo sorriso smagliante l'unica cosa visibile.
La bocca di Nabooru si spalancò, non appena un bagliore di una dimenticata somiglianza si fece palese sul volto di quella strana creatura.
- Tu... -
 
Re Daphnes non seppe come interpretare i propri sentimenti, le proprie emozioni. Chi era l'uomo appena entrato nel grande e maestoso salone del suo palazzo? Chi era quel ghignante titano vestito di una nera armatura? Un grande monarca? Uno stregone? Uno spietato dittatore?
Troppe voci erano giunte al suo orecchio negli ultimi giorni, con il risultato che la sua mente ed i suoi pensieri erano piombati in uno stato di confusione assoluta.
Il fido Mynard gli era come sempre al fianco, ma il suo sguardo truce, prevalentemente rivolto alla pavimentazione in marmo, segnava come il suo verdetto fosse stato già emanato. Non si fidava di quell'uomo. Qualcosa lo aveva sconcertato durante la sua missione in avanscoperta. Possibile che anche questa volta egli ci avesse visto giusto?
Daphnes se lo domandò più e più volte, pensando in un primo momento come il suo Lord Ciambellano non fosse uno sprovveduto e che il suo parere era stato sempre assai accurato ed importante per le sue decisioni, mentre in un secondo non poteva fare altre che ricordare in quale condizione penosa vertesse il proprio regno ed il proprio popolo.
Che fare?
Ganondorf intanto continuava ad avvicinarsi, facendosi sempre più prossimo al suo trono. L'etichetta prevedeva che il primo a parlare fosse il Re di Hyrule, ma per qualche strano motivo Daphnes avrebbe tanto voluto cedere tale onore al suo ospite, come se alcune semplici parole avessero potuto svelargli qualcosa di più.
Infine, il Banditore di corte annunciò - Maestà, il Re di Gerudo, Ganondorf di Dragmire! -
Accompagnato da quattro figure femminili, tre delle quali avevano già superato la metà della loro vita, Ganondorf chinò leggermente il capo in segno di rispetto e onore e così fecero le sue seguaci. Gli occhi di Daphnes contraccambiò tale gesto, mentre i suoi occhi si fissavano su una in particolare delle quattro Consigliere, quella più giovane. Anche lui era stato attratto ed ammagliato dalla bellezza di Rovan, ma subito se ne vergognò, pensando come non fosse adeguato, in particolare per un reale, concentrare le proprie attenzioni su di una donna ad appena qualche giorno dalla fine del funerale della moglie.
Arrossì e tornò a concentrarsi sul suo regale ospite.
- Benvenuto! - fu l'unica parola che gli venne in mente, continuando - Che siate benvenuto nel mio Regno, Re Ganondorf! -
L'altro sorrise - Grazie mio Signore! È un onore essere qui al vostro cospetto e permettetemi di presentare ogni mio ringraziamento per l'aiuto che ci avete conferito di recente! -
- Ah! - espirò Daphnes - Avete trovato i miei soldati degni? -
- Senza alcun dubbio. Guerrieri abili e pronti a tutti. Sono stati molto preziosi per la mia vittoria! -
I volti di tutti i presenti a corte rotearono i propri volti straniti verso il trono, dato che una strana risata soffocata a fatica si era elevata proprio dal regale seggio del loro Re. Mynard ebbe anche la tentazione di toccarlo con il gomito, al fine di ricordargli come non fosse educato comportarsi così di fronte ad un ospite tale levatura.
Nessuno però osò fare niente, un po' rincuorati dal fatto che Ganondorf non pareva per nulla offeso da quella reazione anzi, da una parte mostrava una sorta di divertimento anch'egli.
Il Re infine tornò a parlare.
- Siete dotato di un grande umorismo, mio carissimo pari! - disse mettendo fine alla propria ilarità - La vostra gentilezza è massima, ma non mi sarei offeso se mi aveste detto ciò che è chiaro a tutti qui. Che i miei soldati non valgono la metà di una delle vostre guerriere Gerudo. Che sono uomini coraggiosi, è vero, ma oramai vecchi e inabili a battaglie sanguinose! -
- Per un Gerudo è il coraggio, non l'abilità, a fare grande un guerriero, mio Re! Per questo non v'è stata menzogna nelle mie parole, ma solamente una grande verità! -
L'espressione di Daphnes cambiò perentoriamente. Solo in quel momento si era accorto come aveva dato del bugiardo, anche se in maniera bonaria e poco offensiva, al suo ospite. Da quando aveva perso le sue capacità retoriche ed oratorie al punto di commettere un simile errore?
Cercò dunque di recuperare, sperando che non fosse già troppo tardi.
- Noi... noi non siamo in grado di esprimere totalmente la nostra gioia nel vedervi qui! - claudicò - Tutti noi pensiamo come questo sia un momento epocale che potrebbe portare all'inizio di una era... -
Mynard si schiarì la voce bruscamente, irritando il Re che si era visto fermare in una maniera così poco gentile e decisamente non rispettosa delle gerarchie.
- Sei impazzito? - gli domandò in un sussurrò.
- Col vostro permesso vorrei fare una domanda! -
Tutt'altro che desideroso di permetterglielo, il Re lo fulminò con i suoi occhi, ma il Lord Ciambellano non ne fu alquanto sfiorato. Fu proprio per questo che allora Daphnes decise di concedergli la parola, facendogli però ben presente come non avrebbe più permesso simili intromissioni.
Tutte le attenzioni si posarono sul Lord Ciambellano il quale, privo di portamento totalmente rispettoso per colui che ora sostava a pochi piedi da loro, domandò - Re Ganondorf, io sono Mynard, Lord Ciambellano del Regno di Hyrule, carica che mi mette al comando del governo del mio Re e del suo esercito! -
Ganondorf non disse e non fece nulla. In un certo senso, i suoi occhi vuoti denotavano come il Lord Ciambellano non avesse avuto grande importanza per lui fin dal primo momento.
- In quanto tale desidero fermamente domandarvi il motivo dell'udienza che avete richiesto. Insomma, perché siete venuto fin qui? -
- Pensavo che il vostro aiuto dovesse ricevere un giusto ringraziamento! - rispose semplicemente il Re di Gerudo.
- Mmm - mugugnò annuendo il Lord - Il ritorno della vostra ambasciatrice sarebbe bastato! -
Un cicaleccio di sdegno si sollevò delicatamente tra i presenti, mentre le Consigliere Gerudo lanciarono occhiate infiammate nelle sua direzione.
- Ti farò tagliare quella lingua, maledetto idiota! - lo insultò sottovoce Daphnes, ora ancor più intimorito per la situazione. Se prima la sua offesa involontaria era passata senza conseguenze, cosa sarebbe accaduto con un affronto deliberato da parte della più alta carica del suo governo?
Gli occhi di tutti si posarono allora su quelli di Ganondorf e, contro ogni previsione, essi non avevano cambiato minimamente la loro espressione neutra.
- Devo dire... - riprese mentre i presenti trattennero il fiato per la tensione - Devo dire Re Daphnes che siete attorniato da personalità abili ed intelligenti. A quanto pare non ho più bisogno di attendere altra miglior occasione per porre a Voi una questione assai importante per entrambi. -
Le sopracciglia di Daphnes si corrugarono in un'espressione incuriosita, ma anche preoccupata.
Ganondorf si fece più vicino, con le guardie reali che, tenendo a freno le proprie emozioni, sentirono stranamente un guardingo riflesso scorrere sulle loro schiene.
- Poco tempo ho chiesto al vostro glorioso regno un aiuto. Un aiuto non solo per difendere i miei domini da un invasore vile e mostruoso, ma per difendere i vostri! -
Un'ondata di sconcerto investì la corte. Ganondorf accolse tale reazione con velato compiacimento.
- La mia vittoria è stata solamente un breve intermezzo, una battaglia minima che prelude ad una grande guerra nella quale, se non ci uniremo, tutti noi saremo alla fine dalla parte degli sconfitti! -
Scostando bruscamente Mynard, Re Daphnes IV si alzò perentoriamente.
- Che cosa state dicendo? - esclamò in preda al terrore.
Ganondorf gli rispose prontamente - Tra qualche mese, le mie spie sono sicure, un massiccio esercito di Blin prenderà d'assalto prima il mio regno, Gerudo, surclassandolo. Lì però non si fermerà, in quanto siamo certi di come i predatori del deserto e delle piane abbiano messo gli occhi su questa verde terra, pronti ad invaderla e conquistarla! -
Alcune urla partirono nella piccola folla ai lati del salone. Delle donne svennero dalla tensione, mentre i consiglieri stretti del Re di Hyrule si chiusero in un fitto dialogo sussurrato, chiedendosi se una cosa simile fosse possibile.
Perso quanto i suoi sudditi, Daphnes ciancicò - Ne... ne siete sicuro? -
- Senza alcun dubbio! -
Mynard ribatté - I Blin sono esseri inferiori, incapaci di vere e proprie strategie belliche! Sono millenni che essi depredano il nostro mondo, senza però formare delle schermaglie degne... -
- Le cose sono cambiate! - lo bloccò furente Ganondorf - Nuovi signori della guerra li animano ora. Più grossi, più potenti, più intelligenti! Se così non fosse il mio esercito non avrebbe avuto problemi a respingerli... mio signore Daphnes dovete ascoltarmi! -
Mynard dimenticò allora chi si trovava davanti e, irrispettosamente, gli diede le spalle per cercare di confidarsi con il proprio monarca.
- Mio signore,  non possiamo fidarci della parola di uno straniero senza avere certezze. Mandiamo una squadra in avanscoperta. Cerchiamo di comprendere se... -
La mano di Daphnes si alzò fermandosi vicina alla bocca del Lord Ciambellano, indicando a costui di fare silenzio.
Scostatolo, avanzò di un passo e, mantenendo lo sguardo vitreo perso nel vuoto, a bassa voce ordinò - Lasciateci da soli! Uscite. Devo parlare con il nostro regale ospite in privato! -
Il brusio nella sala cessò, ma in molti furono restii a muoversi, increduli ancora sul fatto che le loro orecchie avessero percepito simili scempi futuri.
Daphnes s'infuriò dunque - Uscite! - urlò.
A passo svelto, come risvegliatasi, l'intera corte allora lo accontentò e così fu costretto a fare lo stesso Mynard scortato dal resto delle guardie, lanciando però un'occhiata infingarda a Ganondorf ed alle sue consigliere che, come lui, lentamente si stavano allontanando.
Le porte si rinchiusero in diversi tonfi altisonanti. Il silenzio prese il dominio del salone.
Daphnes, tornato a sedersi in tutta la sua anziana pesantezza, e Ganondorf si trovarono finalmente soli. O così almeno crederono, dato che Mynard, furbescamente, aveva lasciato uno spiraglio sufficiente affinché gli echi delle loro voci fossero ancora udibili al suo orecchio.
Mordendosi il labbro ed inumidendosi il palato, il Re cercò le parole giuste per cominciare il loro primo dialogo privato, un momento storico velato però dalla coltre di una fitta e soffocante preoccupazione.
Ganondorf attese invece silente e rispettoso, ben consapevole comunque come orecchi indiscreti fossero in agguato.
- Avete visto i nostri campi? - riprese il Re, scuro in volto.
- Scusatemi? - non capì immediatamente Ganondorf.
- I nostri raccolti! - precisò dunque Daphnes - Ce ne sono per svariati acri nella zona settentrionale che immette nei domini di Hyrule! -
- Oh, ovviamente, mio signore! -
- E ne siete stato colpito? Siete stato soddisfatto della nostra capacità di raccolta viveri? -
Il Re di Gerudo inclinò leggermente la testa, serrando la mascella e le labbra.
- Lo immaginavo... - annuì il suo pari.
Ganondorf cercò di dargli un secondo di tregua.
- Per una qualsiasi delle mie suddite le vostre capacità apparirebbero impressionanti, credetemi mio signore. Ma io mi sono documentato molto su di voi. So che il vostro regno conta decine di migliaia di sudditi e, sinceramente, se i miei occhi non mi hanno tradito, i vostri raccolti non sono in grado di sfamarne nemmeno un quinto! -
- I vostri occhi vi hanno indicato bene! - esclamò Daphnes tutt'altro che offeso - Ed ogni anno che passa è sempre peggio. Durante l'inverno il gelo soffoca la nostra terra, mentre durante le estati sciami infiniti di locuste ci tolgono gran parte di quel poco che riusciamo a coltivare! I miei sudditi la chiamano la Piaga di Nayru a causa delle predicazioni dei sacerdoti delle Antiche, i quali pensano che l'abbandono dei culti ancestrali abbia fatto infuriare le Divinità! -
Ganondorf sbuffò scuotendo la testa, per poi chiedere - E voi, cosa pensate invece? -
- Non lo so. Sinceramente, io non so più nulla di nulla di ciò che accade nel mio Regno! Solo di una cosa sono sicuro: peggiorerà. La situazione continuerà a crollare sempre più verso il peggio, fino a quando non rimarrà più nulla di Hyrule, esattamente come accadde alla mitica razza degli Hylian, i figli della Dea! -
Alla mente di Ganondorf tornò l'immagine dell'immensa statua che sette anni prima aveva trovato all'interno del Tempio dello Spirito, che, secondo le sue esperte e le sue storiche, non era stata costruita dal suo popolo, ma da un agglomerato umano nota come Hylian, un'antica razza che nelle leggende era nata dal medesimo sangue della Divinità più adorata ad Hyrule.
La voce del Re lo fece tornare però immediatamente alla realtà.
- Carestia... malattie... violenze inconsulte nei miei villaggi da parte di luridi furfanti e ladruncoli... - bofonchiò tristemente - Già simili problematiche sono state in grado di mettere in ginocchio l'ordine del mio Regno e la sua prosperità. Non oso pensare dunque se il pericolo da voi profetizzato possa essere veramente una realtà! Chi ci salverebbe, cosa potremmo fare? Saremmo spacciati... persino se le nostre due antiche, ma oramai decadute nazioni si unissero in una grande alleanza! -
- Che mi dite allora degli altri? - domandò il Re di Gerudo facendosi sempre più vicino al trono, cosa che destò una certa irrequietezza nel Monarca di Hyrule.
- Gli altri?! - rilanciò il quesito al mittente con sguardo stranito.
- Non mi ricordo esattamente quando e dove, ma sono sicuro di aver letto di come Hyrule, un tempo, facesse parte di una sorta di alleanza... un... un triumvirato! -
Daphnes IV si riaccomodò lentamente sullo schienale rigido del proprio trono, scostando nervosamente il pelame del suo girocollo ornamentale.
- Ah sì! - ricordò con malcelato distacco - State parlando degli Zora, nonché dei Goron ovviamente! -
L'espressione del Gerudo si fece curiosa. Intanto poco distante da loro Mynard continuava ad origliare famelicamente le loro parole, affiancato poi da qualche istante da un paio di guardie reali incuriositesi anch'esse.
- Non ne ho mai sentito parlare sinceramente! - fece notare Ganondorf, gesticolando con un braccio.
- E' normale! - affermò Daphnes - Zora e Goron non sono di certo due popoli estroversi anzi, tengono molto ai loro segreti ed alla loro storia! -
Il capo leggermente chino del suo interlocutore e gli occhi spalancati lo implorarono di far luce ai suoi quesiti. Il Re di Hyrule lo accontentò.
- Gli Zora sono un popolo assai particolare. Alcuni dicono che nacquero dalle lacrime di Hylia stessa, mentre altri invece pensano di come si trattava di alcuni Hylian che, trasferitisi in zone lacustri o marine, si trasformarono in esseri in grado di vivere e respirare sott'acqua! Abili guerrieri e spie militano nel loro esercito, ma da tempo non se ne avvistano ai confini del regno. Temo che anche loro non se la passino molto bene! -
- Che mi dice invece di questi... Goron, giusto? -
Daphnes annuì.
- Loro sono molto meno aggraziati e decisamente meno belligeranti degli Zora, nonostante siano noti per le loro capacità fisiche e di combattimento. Si tratta di esseri nati dalla terra e dalla pietra. Nessuno sa quale divinità adorino e se effettivamente lo facciano. Sono in grado di mimetizzarsi a causa del carapace sulle loro schiene che li fa assomigliare a delle pietre - si fermò - Ma perché me lo chiedete? -
Ganondorf alzò leggermente le spalle - Pensavo si potesse chiedere aiuto anche a loro! -
Daphnes esplose in una risata tutt'altro che divertita anzi, ricolma di vecchi rancori.
- Temo proprio che non sia possibile. - negò tale possibilità - Vedete, Zora, Goron ed Hyruleani non hanno più rapporti di alcun tipo da almeno un secolo e mezzo, quando i rispettivi monarchi o capi scissero il triumvirato a causa di interessi personali e decisamente più legati alla cupidigia che all'interesse comune! -
Com'era noto a tutti i suoi fedelissimi, Ganondorf non amava per nulla i discorsi criptici o poco chiari, tanto che, senza alcun indugio, domandò subito all'ultimo Re della stirpe dei Nohansen di essere più chiaro e preciso. Perché Hyrule aveva rotto i loro patti con gli antichi alleati?
Daphnes si grattò nervosamente parte della capigliatura lasciata scoperta dalla corona in oro e gioielli, dimostrando una sorta d'imbarazzo nelle proprie movenze.
- Beh, vedete Re Ganondorf, il mio vecchio bisnonno, il Monarca di allora, Re Atreias III, aveva apportato degli importanti cambiamenti nel regno, allargando i confini e portando la popolazione ad aumentare a dismisura! - spiegò, alzandosi nuovamente dal seggio - Al tempo, grazie ai patti del Triumvirato della Piana, così si chiamava la nostra alleanza che durava da quasi tre secoli, Zora e Goron riconoscevano ad Hyrule, in cambio di protezione ed amicizia, un certo numero di primizie, viveri, nonché rarità. A causa dell'aumento dei sudditi però, a poco a poco essi cominciarono a lamentarsi dato che gran parte delle loro popolazioni vide appropinquarsi fame e povertà a causa dei patti. Quando il Signore degli Zora ed il Consiglio degli Anziani Goron chiesero al mio avo di scindere tali patti, egli s'infuriò rifiutandosi. Di tutta risposta, i suoi alleati se ne andarono, mettendo così fine al triumvirato. -
Sia lui che Ganondorf si lasciarono andare ad un sospiro contrito e desolato. Se però da una parte uno dei due era totalmente sincero nel suo comportamento, l'altro invece nascondeva una malsana furbizia, oscuri tornaconti che ben presto si sarebbero rivelati ai molti, ma troppo tardi.
Fu forse per un puro caso, o magari per il volere dello stesso destino, che Re Daphnes IV, ultimo monarca Nohansen, tornò a dire - Se solo le antiche leggende fossero vere... -
Stupito per una simile affermazione, capitata così, nel momento più giusto possibile, Ganondorf colse al volo la sua occasione.
- A cosa vi riferite? -
Daphnes puntò il dito in alto, verso un esteso e consunto stendardo sulla parete alle sue spalle. Si trattava dello stemma del suo casato, la famiglia Nohansen, la quale si insediò in Hyrule subito dopo la fine della Grande Guerra Civile. Esso si stagliava in un grande essere alato stilizzato, con le piume delle sue ali appuntite come lame, nonché, al posto del capo, tre triangoli uniti in modo di formare insieme un quarto.
- Tempi addietro, la mia famiglia non era stata solamente riconosciuta come la detentrice del trono di Hyrule, ma come protettrice del sacro portale, quello che, sempre secondo la leggenda, dividerebbe il nostro mondo dal Sacro Reame. Là, dove la Triforza, il dono delle Divinità, risiede! -
Facendo ancora lo gnorri, l'altro allora gli chiese - La Triforza? -
Daphnes si meravigliò di quell'inattesa ignoranza, in particolare perché detenuta da un reale, una persona istruita insomma. Evitando di far notare il suo stupore, ritornò dunque a spiegare - A tutti gli abitanti di Hyrule viene insegnato fin dalla nascita la storia di Hylia e del Lascito Divino. Un dono, Ganondorf, un oggetto nel quale fu riversato il potere residuo delle Tre Divinità Ancestrali Farore, Nayru e Din. Un artificio potente, in grado di rendere il suo detentore imbattibile, nonché possessore di enormi poteri, tra cui quello di realizzare il desiderio più grande del proprio cuore! -
- Una mera leggenda... - sbuffò Ganondorf fingendosi disinteressato.
- Già! - annuì l'altro - Nemmeno io credo ad una simile favola.... -
Poi, dopo una breve pausa, aggiunse - Ma se così non fosse... -
- Se così non fosse i nostri problemi verrebbero spazzati via in meno di un istante. Una cosa incredibile nel vero senso della parola! - scosse il capo il Re di Gerudo - D'altronde, se una simile cosa fosse vera, immagino che avreste fatto di tutto per trovarla! -
A qualche metro da loro, il cuore scalpitante di Mynard ebbe un breve secondo di tregua, ringraziando Hylia del fatto che quell'uomo spaventoso solo alla vista non trovasse palesi interessi nel potere ancestrale, enigmatico e devastante della Triforza. Il suo signore però, per chissà quale strana ragione, aveva deciso di non abbandonare completamente il discorso, continuando a delineare dettagli su dettagli al suo pari straniero.
- Anche se volessi, mio caro amico - ricominciò - Troverei numerosi ostacoli sul mio cammino. Primo fra tutti il portale che si trova proprio qui, nel mio regno, nel tempio collegato al palazzo! -
- In che senso? - domandò allora Ganondorf, sempre più rallegrato dal fatto che Daphnes possedesse una lingua alquanto lunga per la sua posizione.
Costui per risposta gli lanciò un quesito - Avete mai sentito parlare dei Contrabbandieri Oscuri? -
Ovvio che ne aveva sentito parlare anzi, aveva speso ore, giorni, perfino anni nel tentare di raggruppare un gran numero di dicerie e leggende sul loro conto. Intelligentemente però non fece parola delle proprie ricerche, rimanendo nascosto sotto il velo di una falsa ignoranza.
- Maghi potenti ed assetati di poteri. Esseri in grado di piegare gli eventi al proprio volere. Questo sappiamo di loro o, comunque, questo è ciò che la storia ci ha tramandato. Essi desideravano impossessarsi della Triforza, ma furono sconfitti dalla luce dei Guardiani e puniti per la loro cupidigia. Il Sacro Reame però non era più al sicuro così, Rauru, ultimo discendente dei Gaepora, famiglia che la leggenda descrive come la casa reale dei primi Hyliani, discesi dal cielo millenni e millenni fa, costruì un immenso tempio che divise per sempre il Sacro Reame dal resto di Hyrule. Un tempio in funzione di barriera, la quale non può essere aperta se le sue tre chiavi non vengono recuperate e riallineate sul Grande Altare! -
Ecco. Le chiavi. Ganondorf aveva trovato solo pochi frammenti riguardanti tale aspetto della leggenda. Finalmente nuove rivelazioni andarono a comporre l'intricato puzzle che aveva cominciato ad assemblare diversi anni prima.
- Immagino però che tali chiavi non esistano. - affermò con estrema furbizia - O mi sbaglio? -
Il silenzio che ne seguì fu più chiaro di qualsiasi altra palese risposta.
"Esistono veramente"
La conferma giunse infatti poco dopo.
- E' qui che la leggenda collima con la realtà, superbo pari! - sospirò Daphnes - Le chiavi sono l'unica cosa certa di tutta questa storia. Esse infatti furono portate via da qui più di cento anni fa, quando la fine del Triumvirato giunse imperterrita. Una rimase come pegno agli Zora, un'altra fu consegnata come deterrente ai Goron e la terza.... ah, quanto vorrei che il mio avo non avesse mai fatto una simile scelta! -
Ganondorf gli chiese ancora una volta di essere più chiaro.
- Per evitare che fosse perduta o trafugata da qualcuno, egli l'affidò ad un plotone delle sue guardie migliori le quali ebbero il compito di portarla in una terra a sud ovest, una foresta sacra dove nessun uomo che vi sia addentrato ha mai fatto ritorno... comprese le guardie... -
Il Re di Gerudo si mise allora a passeggiare lentamente, avanti e indietro, di fronte al suo anfitrione, con il mento sostenuto da una delle sue mani con fare riflessivo. I suoi passi risuonavano nello schiocco dei tacchi dei suoi stivali foderati nel cuoio e ricoperti da nero metallo, scandendo i secondi ed i respiri inquieti di Daphnes come un metronomo.
- Tre chiavi... - mugugnò - ... un artificio magico e potente... una storia ridicola! Ridicola però sarà anche ogni nostra tentazione di voler fermare quell'immensa orda di mostri e belve. Sì... forse, per quanto balzana, potrebbe essere una possibilità! -
Daphnes si spazientì immediatamente, sentitosi tenuto all'oscuro dei ragionamenti del suo ospite.
- Posso sapere cosa vi passa per la testa, mio caro e benvenuto amico?! - ringhiò cercando di essere il più gentile possibile.
Ganondorf lo accontentò in men che non si dica.
- Re Daphnes, ditemi: siete veramente sicuro che tali chiavi esistano? -
Sorpreso da un simile quesito, l'altro balbettò - S-sì... gli Zora addirittura adorano la loro come una reliquia! - nel suo tono era stato percepibile un velo di offesa, la quale molto probabilmente si era dovuta alla persistente malfidenza dell'interlocutore.
- Allora concedetemi una mappa, un manipolo dei vostri migliori uomini e viveri a sufficienza per circa sei mesi! - esclamò Ganondorf.
- Che cosa intendete fare? -
- Io non credo a tutta questa storia. - sbottò ben sapendo di mentire - Ma se in essa vi è solo anche un briciolo di verità, allora io farò in modo che i nostri popoli possano usufruirne perché, credetemi mio Re, solo un miracolo potrebbe salvarci dal nostro destino! -
I due si congedarono poco dopo. Per quanto turbato dal tema del loro lungo colloquio, Daphnes aveva sentito in sé, almeno per qualche istante, riaffiorare la speranza. E nemmeno lo sguardo truce ed ammonitore di Mynard, tornato al fianco del suo Signore, riuscì a fargli cambiare idea sul Re di Gerudo, nuovo alleato di Hyrule.
Tornato in compagnia delle proprie consigliere, scortato insieme ad esse verso le proprie stanze per la loro breve permanenza, si appartò alcuni minuti con Rovan, in un momento ed in un luogo dove nessuno sarebbe stato in grado di udirli.
Ella domandò prontamente - Devo mandare dunque una comunicazione ad Agahnim? -
Ganondorf annuì sorridente. Il suo nuovo luogotenente, uno degli ultimi discendenti degli Sheikah, si trovava a non molte leghe dalla capitale di Hyrule, al comando di un numeroso manipolo di Blin assoggettati al timore nei suoi confronti, nonché al suo potere, divenuto particolarmente forte e raffinato negli ultimi sette anni grazie al tirocinato offertogli dalle due streghe madrine del Re.
Il piano era assai semplice. Ben consapevole del suo odio per il Regno dei Nohansen, Ganondorf gli aveva chiesto di uccidere tutti i Re Blin a nord della Città di Arenaria, al fine di far decadere i predatori del deserto sotto il suo controllo. Con essi, egli avrebbe attaccato buona parte dei villaggi di Hyrule, al fine di assicurarsi la fedeltà di Daphnes.
Ovviamente, la capitale non sarebbe mai stata toccata e, nonostante Agahnim si era più volte ingolosito al pensiero di dare assedio al trono, Ganondorf era riuscito sempre a tenere a freno i suoi istinti promettendogli la testa del Re una volta che la sua funzione non fosse più stata utile a nessuno.
Così, quando la notte si fece profonda come il sonno di tutti all'interno della città, una Gerudo della scorta del Re si allontanò silenziosa ed invisibile al di fuori delle mura, diretta verso il guerriero stregone.
 
L'aria del deserto era secca e pungente come sempre quella notte. Eppure, con gli occhi rivolti verso alle stelle, Nabooru sentiva una strana freschezza dentro ed all'infuori di sé. Di molte cose era giunta a conoscenza quella notte. Segreti antichi ed oscuri, dimenticati dagli annali e persino dalle leggende.
Per anni aveva la sua vita era andata sempre più col perdere di significato, dilaniata dalle nefandezze e dai dispotismi del figliastro. Restia a combatterlo per tutto quel tempo, ora il suo spirito era pronto per una missione assai gravosa, dalla quale però sarebbe dipeso il destino stesso del mondo intero.
Stringendo i pugni, con le dita talmente serrate da ferirsi i palmi con le unghie, ella disse a sé stessa - Ora sei uno dei Saggi! Comportati come tale! - 
   
 
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