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Autore: Gru    08/05/2015    5 recensioni
"Ma noi non siamo pericolosi! E se... e se lo spiegassimo? Potremmo dire loro che siamo bravi, eh papà? Veniamo fuori sotto una grande coperta e... e poi diciamo che... no, anzi, scriviamo un bigliettino! Scriviamo un biglietto e lo spingiamo verso il primo umano che passa, così lui capirà e lo dirà agli altri umani, e potremmo uscire! Eh papà?"
Raccolta di drabbles su quanto la vita sia ingiusta con le persone sbagliate.
(La cronologia disordinata dei capitoli è ispirata ad una fanfiction in lingua inglese che ho letto tempo fa. Spero di non venire arrestata per questo.)
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE!! POSSIBILE OOC!! MANTENETE LA CALMA E DIRIGETEVI VERSO LE USCITE DI SICU-okay, la smetto.


Età: 5 anni




“Signore? E’ ancora in linea?”
“Sì… sì, ci sono.”

Splinter si passò una mano sul volto inspirando, mentre con l’altra teneva nervosamente il telefono cellulare premuto contro la base dell’orecchio.
“Signore, ho bisogno che lei mi descriva tutti i sintomi.”
Si voltò di nuovo verso il lettino sfatto alle sue spalle, dove giacevano diverse coperte scolorite stese una sull’altra, sotto le quali si ergeva una piccola protuberanza che si sollevava e riabbassava quasi impercettibilmente ad un ritmo appena più veloce di qualche ora prima.
Sollevò con delicatezza alcuni lembi di tessuto, che rivelarono la testolina di una piccola tartaruga mutante.
Sembrava addormentata, benchè la fronte fosse lievemente contratta in un’espressione non del tutto rilassata, e respirava con la bocca aperta, mentre l’aria usciva dalla gola accompagnata da un suono rauco.

Sistemò le coperte in modo che non ostacolassero il respiro del piccolo. “Suda molto ma… credo abbia freddo.”
“Rabbrividisce?”
“Sì. Ma l’ho coperto, e…”
Il mutante udì la donna dall’altra parte della linea sospirare. “Ha fatto bene ad assicurarsi che stia al caldo: deve espellere liquidi. Più tardi lo scopra per far evaporare il sudore, così da eliminare un po’ di calore. La temperatura è salita nelle ultime ore?”
“La…”
“La temperatura, signore. L’ha misurata da poco?
Splinter deglutì.
“Pronto?”
La voce sembrava sempre più irritata, e l’uomo-ratto sentì l’ansia crescere dentro di sé. Si guardò in torno, quasi alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a prendere il controllo della situazione, ma in quella spoglia stanzetta era solo, con un problema da risolvere ma senza i mezzi né le conoscenze per farlo. 
Sapeva ancora troppo poco di bambini, pensò amaramente, ma si proibì di soffermare la propria mente sul fatto che non avesse avuto il tempo di apprendere di più. Doveva rimanere concentrato. Chiuse gli occhi.

Quello raggomitolato nel lettino affianco non era un bambino della superficie, ed era molto probabile che il suo organismo non funzionasse esattamente come per uno di loro. Il pensiero non lo aveva abbandonato da qualche giorno prima, quando si era reso conto con orrore di non aver mai pensato a questo genere di eventualità.
Aveva mentalmente imprecato contro se stesso per quella mancanza. Era già un vero e proprio miracolo il fatto che nessuno dei suoi figli avesse ancora contratto una malattia fino a quel momento, visto l’ambiente in cui li stava allevando. Ma ogni volta che pensava che, tutto sommato, stesse facendo un buon lavoro, sorgeva una nuova complicazione, più impegnativa della precedente. 
Nel momento in cui, accorrendo ai richiami dei bambini che urlavano che il loro fratellino non riusciva ad alzarsi dal divano, aveva visto suo figlio tremare rannicchiato tra i cuscini, non aveva mai trovato così difficile mantenere la calma per trovare una soluzione che non arrivava.

“ Signore, le ho chiesto…”
“No. Non di recente.”
Riaprì gli occhi, la voce un po’ più ferma, e cercò di prepararsi per le conseguenze della sua risposta.
Un altro sospiro irritato.
“E’ necessario che verifichi la temperatura del bambino ogni due o tre ore a seconda dell’ultima misurazione” fece infatti la donna con un tono di voce più professionale e monocorde.
“Non credo di averne la possibilità”, rispose Splinter, preoccupato. ‘E’ necessario’ significava che sarebbe stato un rischio non farlo? Un rischio per la già precaria salute del figlio? Non sapeva se ci fossero altri metodi per misurare la temperatura corporea, magari meno precisi… Ma la donna avrebbe voluto una risposta dettagliata, e non poteva mentirgli rischiando di dare informazioni troppo vaghe, aveva bisogno di aiuto…
Si ricordò che le informazioni precise erano ciò che non poteva assolutamente fornire, e fu colto da una nuova ondata di ansia, sempre più intensa.

Si premette le tempie con la mano libera. Doveva rimanere concentrato, doveva…
“Non ha un termometro in casa? Digitale, o anche a mercurio*?”
Scetticismo. Impazienza.
“No, io… E’ importante?”
La sua voce non era più ferma, stava perdendo il controllo, di nuovo. Il mutante non si accorse nemmeno di aver iniziato a muoversi freneticamente per la stanza. L’orecchio era bollente a causa della forza con cui vi premeva contro il cellulare abbandonato.
Rubato. Splinter scosse la testa, cercando di impedirsi di rivedere le immagini di se stesso, nascosto nell’ombra come un criminale, mentre stringeva tra le mani l’apparecchio e sentiva l’odiosa sensazione che lo accompagnava sempre nel tragitto di ritorno al rifugio quando portava con sé qualcosa che non aveva trovato tra gli scarti dei supermercati o tra i rifiuti,  che la sua famiglia gli aveva insegnato a chiamare disonore.
Si disse, come tutte quelle volte, che non aveva alcuna importanza davanti ai bisogni dei suoi figli.
“Come le ho appena detto, deve misurare…”
“Non esiste un altro modo per farlo?” sbottò.

Calò un breve silenzio, spezzato solo dal respiro pesante che proveniva dal letto e dal lieve ronzio che produceva il telefonino. Poi la voce riprese a parlare, più lentamente, e con un’evidente variazione del tono.
“Mi ascolti. E’ una comune febbre da influenza infantile, non c’è alcun motivo di preoccuparsi se si seguono i metodi corretti per curarla, d’accordo?”
Compassione. Cautela.
Splinter sospirò, la vergogna per il proprio comportamento che faceva capolino tra il nervosismo.
“Sì.”
“Molto bene. Ora mi stia a sentire: può acquistare un termometro in qualunque farmacia…”
“In questo momento non mi è possibile.”
“Signore, è…”
“La prego.”
Sentì il bisogno di sedersi ai piedi del letto, così si lascio cadere sul materasso prima di ricordarsi di non svegliare il bambino. Un respiro più profondo degli altri e un lieve mugolìo lo fecero inveire mentalmente contro la sua disattenzione.
La donna al centralino parlò di nuovo dopo un altro silenzio in cui Splinter preferì non chiedersi se e cosa avesse iniziato a pensare a proposito di quella situazione. “D’accordo.”
Sembrò riflettere per qualche secondo. “Provi a contare i battiti cardiaci. Sono lievemente più precisi dei respiri, ma comunque approssimativi. La frequenza cardiaca di suo figlio dovrebbe rientrare tra gli ottanta e i cento battiti al minuto, ad ogni dieci battiti in eccesso corrisponde circa un grado in più rispetto alla temperatura corporea normale.”

Il mutante non smise di fissare la parete della camera di fronte a lui. Le parole gli rimbombavano nella testa, pesanti come macigni. 
La voce era pacata, come se la sua proprietaria fosse convinta che quelle parole gli avrebbero infuso un po’ di sollievo dalla preoccupazione.
Dovrebbe rientrare. Temperatura corporea normale.
Normale.

“Può aspettare, per favore?”
“Ma certo. Cerchi di mantenere la calma, va bene?”
Splinter non le rispose e appoggiò lentamente il telefono sul materasso.
Si alzò avvicinandosi alla pila di coperte, e delicatamente infilò tra queste ultime una mano, in cerca del braccio del figlio.
Un lamento. “Shhh…” fece l’uomo-ratto accarezzando la guancia del mutante più piccolo e constatando che la pelle bruciava sempre di più.
Vinse la debole resistenza del piccolo e fece affiorare una manina fino al polso. Cercò tastando con il pollice il punto in cui le pulsazioni erano più evidenti, controllò l’orario sul cellulare e iniziò a contare.



“Si lamenta. Si sta lamentando nel sonno.”
“E’ normale, ha la febbre alta. Ora faccia quello che le ho chiesto, per favore.”
Splinter le chiese nuovamente di rimanere in linea, e la donna acconsentì. Il mutante cercò di ignorare il fatto che quella centralinista lo stesse trattando come se fosse lui, il paziente.
Quando spalancò la porta della stanza, nella fretta, quasi inciampò in una piccola figura sul pavimento.
“Leonardo, perché non sei a letto?”
Il bambino-tartaruga lo guardava con gli occhi blu cobalto spalancati, seduto sul pavimento. Splinter lesse nel suo sguardo il riflesso della propria ansia.
Leonardo abbassò gli occhi, torcendosi le mani. “Noi… io… volevamo sapere…” 
“Michelangelo non sta tanto bene. Come ieri.”
Il bambino aprì di nuovo la bocca, ma il padre lo precedette, sbrigativo. “Per favore, Leonardo, torna nella tua stanza, cerca di dormire” fece, superandolo in direzione della cucina, senza controllare che il figlio lo avesse ascoltato.

La grossa ciotola che aveva preso dalla credenza rischiò di cadergli più volte mentre la aspettava che si riempisse per metà di acqua, rovesciandosela sulle mani. Diede un’occhiata veloce per controllare che la telefonata non si fosse interrotta, e si accorse che la batteria si stava esaurendo. La bacinella si inclinò un’altra volta. 
Mentre tornava verso la camera il più velocemente possibile dopo aver preso anche un panno pulito, lasciandosi dietro una scia di goccioline sul pavimento, sbuffò irritato alla vista di due dei suoi figli davanti alla porta. Leonardo e Donatello parlottavano a bassa voce; il primo sembrava ancora più preoccupato, e sobbalzò alla vista del padre che si avvicinava a grandi passi. Prima che potesse giustificarsi, Donatello si volto verso Splinter ed esclamò: “Papà, Leo ha detto che Mikey sta ancora male! Quell’acqua è per lui?” aggiunse notando la bacinella improvvisata tra le braccia del padre. 
“Donatello, torna a dormire, e in silenzio. Avevo detto a tuo fratello di…” 
“Quello cos’è, papà?” chiese il più curioso tra i suoi figli, non potendosi trattenere vedendo, l’apparecchio luminoso che Splinter cercava di non far bagnare tenendolo con le dita libere.
Si sentì un brusio proveniente dal cellulare, e il terrore che la linea fosse stata interrotta prese il sopravvento. “Voglio che torniate immediatamente a letto, e senza una parola di più. Subito.” Senza attendere repliche, Splinter oltrepassò i due bambini, spinse con la spalla la porta e la richiuse con più forza di quanto volesse. 
Sospirò, stanco, e si voltò verso il letto nell’atto di portarsi di nuovo il cellulare all’orecchio.
Fu come se una mano fredda lo avesse afferrato per la gola. La bacinella gli scivolò dalle mani.

“No! Non lo tenga!”
“Ma si farà del male! Lui… gli occhi…”
“Lo so, ma non lo blocchi. Come respira?”
“Michelangelo…”
“Ascolti me: come respira?”
Gli occhi vermigli dell’uomo-ratto vagavano impazziti sul corpo del figlio che aveva liberato dalle coperte, una mano a pochi centimetri da esso, senza osare più toccarlo, senza sapere cosa fare. Il panico aveva strappato brutalmente le redini della sua mente all’ansia, e faticava a sentire qualunque cosa non fosse il terribile suono dell’aria che attraversava la gola del figlio ma che sembrava non bastare. Il piccolo mutante aveva irrigidito il corpo e inarcato la schiena per quanto possibile a causa del guscio. Sotto lo sguardo impotente del padre, gli arti avevano iniziato ad irrigidirsi a scatti, e forti scossoni aggredivano le spalle e il collo. 
Splinter dimenticò di dover rispondere e di saperlo fare.
“Se fatica a respirare lo giri su un fianco. Mi sente?”
Il mutante, ancora chino sul letto, spinto dall’urgenza ma esitante per la paura, iniziò a far leva con un braccio sotto il guscio. “Non si è ancora fermato!”
“Durerà ancora qualche minuto. Intanto…”
“Mi dica come posso farlo stare meglio, io…”
“Lo spogli.”
Splinter si bloccò.
“Si fidi, da scoperto dovrebbe iniziare a calmarsi.”
La testa gli formicolava. “E’… Lui è già scoperto.”
“E’ sicuro che…?”
“Sì”
La voce esitò. “Deve raffreddarsi ancora. Ha preparato le spugnature?”
Si girò lentamente verso la pozza di acqua fredda che gli aveva ormai raggiunto i piedi. Stava ancora sostenendo il corpo teso di Michelangelo.
Qualcuno bussò piano alla porta. “Papà? Posso… posso entrare? Spike voleva chiederti come sta Mikey…” Non riuscì a rispondere.

Il silenzio parve preoccupare la donna, che sembrava però aver compreso che la situazione non era esattamente normale.
“Senta, le invio un’ambulanza. Mi detti solo il suo indirizzo, i paramedici le forniranno  medicinali ed istruzioni; si occuperanno del bambino, d’accordo?”
“Non può darmi lei le istruzioni?” Il sussurro si perse nella stanza.
“Avrà comunque bisogno di essere visitato.”
Un altro silenzio.
“Signore, sua moglie è in casa?”
Il telefono batté contro la superficie bagnata e si spense.




*Chissà se sono l'unica ad avere ancora il termometro a mercurio...


ANGOLO COLPEVOLE DELL'AUTRICE:
*tenta di fuggire ma un occhio di bue la immobilizza sul posto*
*sorride a trentadue denti, in cerca di pietà*
*non ne trova*
Ehm, ciao.
Vorrei potervi dire che gli alieni hanno prelevato il mio pc impedendomi di aggiornare o qualcosa del genere, ma, come immaginerete, non sarebbe vero. Chiedo umilmente perdono, ho avuto il periodo di vuoto assoluto, infatti questa one-shot (perchè SI', ho finalmente corretto il termine, ma il bello è che avevo letto la definizione di drabble&co, ma... non so che dirvi) è un po' forzata. Era un'idea che non sapevo bene come sviluppare, ed è uscita in un modo che non mi soddisfa. Boh. Mi direte voi, se ne avrete voglia...:)
Dunque... *controlla la scaletta* Ah, ecco, due cose tecniche:
Sapere la temperatura corporea è importante per decidere come curare la malattia. Questione di assunzione di antipiretici e altro, ma la nostra "crocerossina" non poteva sapere che la cosa non fosse così semplice... Questa gente che risponde al telefono per consigli medici e aiuti vari esiste veramente, a proposito.
Alcuni bambini possono soffrire di convulsioni febbrili, quando la febbre si alza troppo. Passano dopo alcuni minuti, e nella maggiorissima(?) parte dei casi non lasciano danni permanenti. Quindi ho immaginato che Mikey si sia ripreso tranquillamente... il padre un po' meno...
Così ho immaginato la prima complicazione fisica dei ragazzi, dopo la quale immagino che Splinter abbia preso precauzioni maggiori. Spero di non essere caduta nell'OOC, 'sta roba non mi convince proprio (DAVVERO, lo penso veramente, non lo dico solo per stressarvi!:')).
Ultima cosa: questo era il penultimo aggiornamento di "Destino". Forse questa raccolta è un po' breve, spero non scocci nessuno. Ma ogni cosa è destinata a finire! *si liscia la barba fregata a Splinter* U.U
Chiedo ancora scusa per il ritardo e per l'eccessiva lunghezza della one-shot (eh sì, e che cavolo... u.u), e ringrazio tutti coloro che visualizzano, leggono, recensiscono e tutte quelle belle cose ^^
Ciaociao!
Gru
   
 
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