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Autore: Lady Warrior    09/05/2015    1 recensioni
Eva è l'unica donna rimasta al mondo. è stata salvata dall'estinzione del genere umano da una scienziata. Si risveglia dopo circa un millennio dall'accaduto, e scopre grazie a una voce meccanica registrata che il suo compito è ricreare il genere umano, grazie a una grande quantità di sperma conservato in alcune boccette dentro il bunker nel quale era stata rinchiusa. Eva si comporterà di fronte al mondo come una bambina, quasi come un animale, essendo l'unico essere vivente sul pianeta, e prenderà sul serio il suo compito. Ben presto, però, scoprirà di non essere sola e allora inizierà a porsi delle domande, e capirà che anche per lei vi sono delle scelte. Deve veramente portare a compimento il suo compito? Qual è il vero scopo della sua vita?
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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†Un giardino fiorito† 
 
 
 
Si destò qualche ora dopo. La pioggia incessante pareva essere terminata, e tutto era più buio. Inizialmente Eva si spaventò, temendo in qualcosa di brutto, ma quando vide che non accadeva niente, si fece coraggio e uscì. Una volta fuori, rimase stupita dal paesaggio che le si profilava di fronte: tutto era scuro e tenebroso, le rovine primi chiare e distinte ora erano celate da un manto scuro che incuteva terrore e inquietudine alla ragazza, ma quel che più la sorprese fu il cielo. Mentre prima era grigio e plumbeo, adesso era colorato di un blu scuro, ed era illuminato da tanti puntini luminosi, che lo rendevano incredibilmente bello e affascinante. Posta quasi al centro del firmamento v’era un grosso cerchio che emanava una pallida luce bianca, sufficiente tuttavia ad illuminare la terra per quel poco che bastava.
Eva si sedette a contemplare quello spettacolo, osservando la Luna e le stelle. Aveva freddo, necessitava di qualcosa con cui coprirsi. Rimirando quelle meraviglie, la ragazza si chiese perché proprio lei era viva, perché gli umani avevano scelto di salvare, avevano scelto di dare speranza proprio a lei, al tempo una bambina praticamente appena nata. Non aveva vissuto gli anni dolci e spensierati dell’infanzia, ove l’unica preoccupazione è quella di giocare, né aveva trascorso gli anni turbolenti e affascinanti dell’adolescenza, coi primi amori e la scoperta della propria identità, lei era semplicemente nata, si era addormentata e si era risvegliata ormai quasi adulta, perché questo era lei: una ragazza non ancora donna, ignara e inesperta del mondo, dei suoi pericoli e delle sue brutture. Conosceva il concetto di morte, ma ancora non aveva ben chiaro cosa significasse, non pensava ad un essere superiore, perché lei era semplicemente lì, salvata da umani. Tuttavia, era felice, nonostante i suoi simili fossero scomparsi, nonostante non avesse vissuto gli anni più dolci della sua vita, nonostante fosse sola in un mondo arido e distrutto, nonostante avesse dovuto lottare tutta la vita per acqua e cibo, nonostante l’unico scopo della sua esistenza paresse essere quello di procreare. Era felice perché era viva. Era viva, e poteva sentire il vento soffiarle tra i capelli, carezzarle la pelle e farla rabbrividire, poteva udire suoni, vedere il mondo e contemplarne le meraviglie, poteva gioire ma anche soffrire, mentre gli altri umani non potevano più, perciò si sentiva fortunata, specialmente lì, sotto quella candida e splendida Luna. Era grata per la vita che le era stata donata, al contrario degli altri umani. Non contenti di ciò che avevano, non contenti della vita e della bellezza del mondo e dell’universo, gli umani avevano cercato di arricchirsi e di diventare sempre più potenti, perché la loro brama era quella di creare, creare un altro mondo: ma l’uomo non può creare, sa solo distruggere, infatti gli umani, con la loro tracotanza e superbia avevano distrutto non solo il mondo, ma anche tutto ciò che erano riusciti a creare. Non erano stati grati per la vita che era stata donata loro: volevano migliorarla, realizzarla. Fu proprio nel vano tentativo di creare la vita, che gli umani avevano costruito i robot. Inizialmente erano fieri di questi esseri di latta e metallo che camminavano in giro, ma poi realizzarono che il ferro non era adatto per far sembrare la loro opera più umana, così iniziarono a coprire i materiali inorganici con pelle vera, procurata in vari modi, da animali e non, e da capelli. I robot così sembravano più umani, ma ancora gli scienziati non erano soddisfatti, poiché quegli esseri avevano una scatola di latta al posto del cervello, quindi non ragionavano, non provavano emozioni. Erano solo pezzi di ferro che si muovevano grazie ad algoritmi e meccanismi. Gli scienziati dovevano creare una nuova vita, perché essi volevano elevarsi al livello di Dio, volevano essere loro stessi dio, ed erano finiti per crollare. I robot troppo avanzati avevano iniziato a disubbidire, e si erano diffusi molti virus che facevano ribellare quegli esseri contro i padroni. La scienza e la tecnologia avevano creato cose molto belle, la prima aveva scoperto vari medicinali, vaccini, e grazie a questi era riuscita a debellare molti morbi ritenuti inguaribili, ma poi la medicina venne vista anche come un’arma, e così nacquero le guerre chimiche, guerre senza soldati né armi, ove la popolazione veniva decimata da morbi incurabili. Anche la tecnologia aveva fatto molti miracoli: arti bionici, computer super intelligenti che aiutavano le persone nei problemi di tutti i giorni, ologrammi, treni ad alta velocità e altre innovazioni notevoli, ma anche in questo campo gli uomini avevano voluto eccedere, causando la loro distruzione.
Eva rimase a riflettere sulla sua condizione finché non sorse il sole, e un sole rosso illuminò l’orizzonte. Allora la giovane si alzò e iniziò a camminare, per scoprire altri luoghi interessanti.
 
Trascorse vari giorni esplorando ciò che la circondava, senza mai trovare niente che non fosse pietra o rovine.
Quel giorno stava vagando senza meta precisa, quando vide una cosa che non si aspettava: davanti a lei si profilava una distesa verde smeraldo, sulle rovine era cresciuta folta l’erba, e di qua e di là v’era qualche arbusto. Incantata, la ragazza camminò nella direzione del verde. I suoi piedi toccarono la soffice erba per la prima volta. Era morbida, e liscia, era diversa da tutto ciò che aveva visto prima. Eva si accucciò e sfiorò i fili verdi che crescevano dal suolo. Per la prima volta vedeva qualcosa di vivo. Le sorprese, però, non erano ancora finite. Lentamente procedette verso gli arbusti e si fermò a contemplarli, a toccarne le foglie e il tronco, chiedendosi quale meraviglia fosse tutto ciò. Gli uomini avevano distrutto tutto, eppure la terra era riuscita a rigenerarsi. Dopo tutta quella distruzione c’era ancora vita. La ragazza ancora non sapeva il perché il genere umano si era praticamente estinto, ma aveva compreso che tutta quella distruzione che aveva visto aveva nuociuto alla terra, eppure nonostante tutto, ancora lì cresceva l’erba, nonostante tutto c’era vita, e speranza di ricominciare. Era immersa nei suoi pensieri, quando vide qualcosa volteggiare di fronte ai suoi occhi. Osservò quell’essere, dopo un sussulto: una delicata, piccola creatura, dalle ali bianche e blu stava volando vicino a lei, dirigendosi verso qualcosa posto più in là. Eva si diresse a vedere: la piccola creatura si era posata su quello che era un fiore dai grandi petali azzurro, circondato da altri suoi simili più piccoli, dotati di ditti petali bianchi e da un pallino giallo in mezzo. Eva rimase ferma ad osservare il piccolo animale, che ben presto riprese il volo. La ragazza lo rincorse, stupita, per vedere dove si recava, e trovò ancora una volta la vita. In mezzo a quel capo d’erba verde, sorto vicino a delle rovine, volavano di qua e di là un grande numero di farfalle, che si posava di fiore in fiore in una danza spettacolare e senza fiato. Alcune di esse si posarono sulle spalle della ragazza, come a sancire un nuovo accordo tra l’umanità e la natura.
Altri piccoli insetti volavano di fiore in fiore, e per alcuni di essi, colorati di giallo e nero, la ragazza provava un naturale timore, senza capire da dove esso provenisse. Poco più in là vi era un essere altrettanto meraviglioso, che sanciva l’inizio di una nuova vita: un grande albero, un ulivo. Eva si avvicinò alla pianta, ne sfiorò il tronco con una mano e ne osservò le piccole e verdi foglie dalla forma allungata, vicino alle quali spesso v’erano i piccoli frutti della pianta. -Non sei piccolo. Come hai fatto tu a sopravvivere per tutto questo tempo? Le rovine devono essere lì da tanto- disse Eva, scoprendo che di avere una voce delicata e melodiosa.
Si sedette ai piedi della pianta, appoggiando la schiena al suo tronco, e iniziò a guardare lo spettacolo che le offriva la natura.
Per avere costruito tutte quelle case in rovina, tutte quelle strutture, l’uomo aveva dovuto distruggere gran parte di quella meraviglia naturale, pensò Eva, e come aveva potuto? Aveva tolto una casa a tutte quelle belle farfalle che le volteggiavano intorno, non avevano apprezzato ciò che la natura aveva donato loro.
 
Calò la sera, ed Eva iniziava ad avere fame e sonno, così si alzò e iniziò ad avviarsi verso quella che riteneva ormai la sua casa. Camminò tra le rovine, notando il contrasto che c’era tra il grigio della pietra e il verde vivo dell’erba. Sarebbe dovuta tornare in quel giardino più volte. Si accarezzò il ventre che non era ancora gonfio, e la cosa preoccupava la ragazza. La voce le aveva detto che la sua pancia sarebbe dovuta crescere, ma  non era così: forse era ancora troppo presto, la ragazza non lo sapeva. Continuò a camminare, finché non vide uno strano oggetto per terra. Si accucciò per vedere meglio: era formato da quelle che sembravano due “sbarre”, perpendicolari tra loro, una delle quali era a forma cilindrica, e aveva un buco. Dove si univano c’era una sorta di levetta, che Eva era curiosa di premere per vedere il suo effetto. Quindi prese l’oggetto in mano, fissandolo, quando udì un suono spaventoso e improvviso, e subito dopo un dolore allucinante al ventre. La ragazza si toccò la ferita, e vide le sue mani grondanti di sangue. Subito pensò al bambino, poi vide tutto nero e perse conoscenza. 
   
 
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