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Autore: Biszderdrix    10/05/2015    1 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO TRENTUNESIMO- PREZIOSO PIÙ DI UN GIOIELLO

Sulla Terra, la gente iniziò a festeggiare, non appena la voce di mr. Satan annunciò la sconfitta di Majin Bu.

Al palazzo del Supremo,  dopo Piccolo, Gohan, Goten e Trunks si attendeva ormai solo il ritorno di Goku e di Vegeta, che avvenne qualche istante dopo, per la gioia e la felicità di tutti.

«GOKU!» gridò Chichi, fra le lacrime, abbracciando il marito.

«Sono felice tu stia bene… come sono felice stiate bene tutti quanti! Sono tornato… questa volta, per restare.» disse, volgendo alla moglie uno sguardo dolce.

Ora la vita poteva tornare alla normalità.

«Pamela, sono felice sia tornata in vita anche tu! Ma come è possibile?» domandò poi Goku.

«Me lo sto chiedendo anch’io…» gli rispose la rossa.

«Credo sia dipeso dal fatto che sei stata mangiata da Majin Bu, quindi il tuo spirito non ha potuto fondersi con il flusso di energia del pianeta, di conseguenza sei dovuta andare nell’aldilà.» disse Piccolo, sorprendendo tutti «Goku, io però ho un’altra domanda.»

Goku si fece improvvisamente serio, e Vegeta ebbe un sussulto, voltandosi verso il namecciano.

«Cosa è successo lassù?» chiese, freddo, il namecciano.

Dende, rimasto in disparte, chinò improvvisamente la testa, coprendosi per un istante il volto con la mano.

Goku sospirò: «È arrivato Daniel.»

«Sul serio? E ora dov’è?» chiese improvvisamente Pamela, ansiosa. Ma la sua domanda non trovò risposta.

«Fin lì c’ero anch’io,» disse Piccolo «io mi riferisco a ciò che è successo dopo.»

A quel punto intervenne Vegeta: «È comparso improvvisamente, tenendo occupato Majin Bu mentre Kakaroth preparava la sfera Genkidama. E gli ha tenuto testa per un po’: ha acquisito una forza sensazionale, anche se credo fosse più merito della furia che provava in quel momento. Ma non è questo il punto: dopo uno scambio di colpi, c’è stato come uno scoppio. Quando l’ho visto, raccoglieva dei frammenti di qualcosa, minacciando Majin Bu…»

«Il braccialetto! Majin Bu deve avergli rotto il braccialetto!» disse Pamela.

«Intendi quel piccolo bracciale d’argento? Come ha fatto a causare lo scoppio di cui ha raccontato Vegeta?»

«Era un braccialetto di Hamon, fabbricato dagli hatwa… ed era anche un’eredità di famiglia. Posso capire perché si sia arrabbiato… ma lui dov’è? » disse, dando forza alla sua ultima domanda.

I volti dei due saiyan si fecero ancora più rabbuiati.

«Lui… si è trasformato.» disse, a fatica, Goku.

«Trasformato?! In che senso?» chiese Crilin.

«È rimasto piegato, tremante, per qualche secondo. Il cielo si è fatto scuro, e la terra ha iniziato a tremare…»

«È successa la stessa cosa qui!» intervenne Goten.

«L’universo intero ha tremato, in quel momento…» disse, mestamente Dende «Anche i Kaioshin se ne sono resi conto. Ma facciamo finire Vegeta…»

«E poi si è alzato, rilasciando un immenso e continuo bagliore energetico: ma la cosa più straziante, furono le sue grida. Io ne ho sentite molte, nella mia vita: e garantisco che quelle erano grida di dolore, di dolore fisico. E poi, quella cosa…»

Si voltò, dando nuovamente le spalle al gruppo.

«Una gigantesca lucertola umanoide, gli occhi di un rosso brillante, privi di pupille. Io ne ho visti di mostri in tutta la mia vita, ma questo… metteva i brividi.» disse, cercando comunque di apparire indifferente alla cosa.

«Ha umiliato Majin Bu, quasi divertendosi a torturarlo.» proseguì Goku «La sua aura sembrava non avere limiti… era una potenza incredibile. E quel sorriso…»

«Per nulla differente da ciò che abbiamo visto in passato.» concluse Vegeta, voltandosi nuovamente verso il gruppo.

Alcuni rimasero di sasso di fronte al pensiero di quell’orribile sorriso, pensando ai tempi in cui Daniel era in balia di quel mostro o, a quanto pareva, di una sua versione “minore”.

Pamela non sapeva cosa provare. Si voltò nuovamente verso Goku: «M-Maestro... Goku… ti prego… dimmi che ne è stato di lui.»

«Vegeta è riuscito a fargli recuperare il controllo…» gli disse, prendendogli la mano «È stato decisivo dirgli che eri tornata in vita.»

Il cuore di Pamela si riaccese per un istante, ma fu una fiammella che si spense all’istante, quando quella pressante domanda tornò a martellarle la mente.

«Lui dov’è? Ditemelo…» disse, mentre le prime lacrime iniziavano a formarsi sul suo viso.

Ci fu qualche istante di silenzio, in cui Pamela attendeva la sentenza come un condannato sotto la ghigliottina.

«Si è sacrificato.» disse, freddamente, Vegeta «Per il bene di tutti, sue testuali parole. Non riusciva a controllare appieno quel mostro.»

Pamela sbiancò: fisso per un attimo il saiyan, ritto in piedi sul bordo del palazzo, poi non resse più le lacrime, e cadde a terra, piangendo.

«No…»

Fissava il pavimento, mentre le lacrime le pervadevano le guance.

«Pamela, noi…» provò a giustificarsi Goku, ma Pamela non lo sentiva.

«NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!» gridò, disperata, il volto tra le mani, i palmi intrisi dalle lacrime. Bulma le fu subito a fianco, abbracciandola.

Sui volti di tutti ci furono solo espressioni tristi.

Marron, tra le braccia del papà, gli chiese: «Papà… dov’è andato lo zio? Tornerà anche lui?»

«Non lo so, piccola… lo zio ora è tanto, tanto lontano da qui…»

A quel punto, la bimba si strinse ancora di più al padre, il quale faticava a trattenere le lacrime.

Tutti quanti, in quel momento, faticavano a trattenere le lacrime.

«Bu non capisce perché la gente piange, ma Bu triste…» disse Majin Bu, al fianco di mr. Satan, che gli diede due pacche sulla gigantesca schiena.

Ma Pamela, ormai, le aveva già esaurite tutte, l’amica Bulma che piangeva piano sulla sua spalla, tenendola stretta tra le spalle.

Goku le si avvicinò: «Ehi, ancora mi ricordo quando da bambina venisti a casa mia, per imparare la arti marziali, anche un po’ invidiosa del trattamento che riceveva il tuo amico. Oggi invece, sei qui a piangere per lui. Non dovresti piangere, sapendo quanto ti amava… Sai, tra tutte le cose che ci ha detto, ce n’è una, che ha detto giusto prima di andarsene. Una cosa da dire a te.»

La rossa alzò lo sguardo verso il suo vecchio, il viso ormai devastato dal pianto, continuando a singhiozzare.

«Voleva sapere se avresti voluto sposarlo.» gli disse Goku, sorridendole caldamente.

Pamela guardò negli occhi il suo vecchio maestro, facendo sempre fatica a trattenere i singhiozzi.

«S-Si. Io gli dico si.»

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Un mese dopo…

Pamela fissava il soffitto della sua stanza da letto. Ormai era passato parecchio tempo da quando si era ristabilita la pace, e lei era rimasta lì tutto il tempo.

Sola, in quella stanza che, fino a qualche giorno fa, condivideva con l’amore della sua vita.

Bulma le aveva concesso un lungo permesso, in quanto perfino lei faticava ad elaborare la perdita: ciò non le aveva comunque impedito di organizzare una festa per la pace ritrovata, alla quale però Pamela non si era presentata.

Non sentiva più nessuno da parecchio tempo: non che non fosse cercata, il telefono aveva squillato diverse volte. La segreteria era strapiena di messaggi, ma lei non li considerava più.

Era già la sua seconda notte in bianco: ormai il sole dell’alba si poteva intravedere dalle finestre.

Si chiedeva come sarebbe potuta andare avanti, con quel posto vuoto al suo fianco: era da quando erano bambini che si completavano, erano sempre stati insieme, ed ora, non c’era più.

Portato via da un mondo, nel quale ora lei era solo una marginale comparsa.

Mentre si ritrovava ancora a pensare alla scomparsa del suo amato, ecco che con la seconda notte in bianco, gli venne per la seconda volta una grande sensazione di nausea.

Corse in bagno a vomitare: una volta che fu sicura di sentirsi meglio, si sedette per terra, appoggiando la schiena alla parete.

“Sarà sicuramente la mancanza di sonno…” pensò in quel momento, ancora piuttosto scossa dalla vomitata.

Era già la seconda mattina che le succedeva, doveva assolutamente ricominciare  dormire…

Poi però, un piccolo sospetto si insinuò nella sua mente: non gli diede troppa importanza, ma forse era il caso di essere sicuri.

Si alzò, dirigendosi verso il lavandino, aprendo l’armadietto dei medicinali: frugando di qua e di là trovo quello che stava cercando.

Un test di gravidanza.

Si ricordò di averlo comprato, per sfizio, all’insaputa di Daniel, tenendo conto della loro vita sessuale: ma viste le precauzioni che erano soliti usare, si era rivelato inutile.

Poi, la realizzazione la colpì rapida come un lampo: quella notte, prima che partisse.

La loro ultima notte.

Fu una notte selvaggia, passionale, forte: la ricordava con piacere. Ma gli venne in mente anche che, nella foga, potessero essersi dimenticati delle precauzioni.

Ora, quel test era fondamentale.

Seguì le istruzioni del test, dopo di che iniziò una delle attese più estenuanti della sua esistenza.

E alla fine, quelle due linee non fecero che aumentare il peso sulle sue spalle.

Si appoggiò nuovamente al muro, lasciandosi cadere per terra.

Incinta: era rimasta incinta.

E non c’erano dubbi su chi fosse il padre. I suoi dubbi ora, erano sul suo futuro: un futuro da dare anche a suo figlio.

In quel momento si sentii ancora più sola, in quell’appartamento, che nel giro di tre mesi aveva perso due occupanti su tre.

Poi, sentì il telefono suonare ancora una volta. Lo lasciò suonare, finché non si interruppe, facendo partire la segreteria:

“Ciao cara, sono Chichi. Senti, e da troppo che ti stai nascondendo, e mi dispiace vederti così. Ti va di passare per un thè? Fammi sapere, ciao!”

Pamela lo ascoltò, ma questa volta si sentii diversamente: capì di non essere veramente sola.

Si alzò, dirigendosi verso il telefono in salotto: avrebbe ripulito la segreteria e risposto a tutti in un secondo momento.

Ma ora doveva chiamare una persona: digitò il numero che ormai conosceva a memoria, e attese.

«Pronto? Qui parla Bulma Brief!»

«Bulma… sono io…»

«Pamela! Finalmente! Come stai, tesoro?»

«Direi bene… ma c’è un problemino del quale dovremmo discutere…»

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9 mesi dopo…

Spingeva con forza, cercando di reggere il dolore.

Era finalmente giunto il momento: dopo mesi passati nuovamente a nascondersi, ora stava per nascere.

Pamela non aveva voluto che gli altri venissero a sapere del bambino, per paura di ritrovarsi circondata di aiuti e di attenzioni: Chichi avrebbe sicuramente insistito per poter fare da baby sitter e ad aiutarla nei lavori di casa, cosa che avrebbe significato nritrovarsi a non fare più nulla, così come Crilin si sarebbe offerto di dare una mano nel curarlo mentre lei non c’era.

Penso poi a tutto quello che gli altri le avrebbero offerto: non che le dispiacesse l’idea, ma era decisa all’idea di rifiutare ogni offerta, ma voleva dimostrare, soprattutto dopo la morte di Daniel, di poter costruire da sola un futuro per il proprio figlio.

Per questo aveva preferito tenera nascosta la gravidanza.

Pareva strano che l’unica a cui si fosse rivolta fosse Bulma, la più ricca della compagnia: ma non fu per i soldi, quanto per l’amicizia che ormai le legava e le sue conoscenze e abilità, che le permisero di trovarle una saletta in un ospedale lontano dove, aiutata da robot-infermieri targati ovviamente Capsule, la stava aiutando a partorire.

«Avanti Pamela! Un ultimo sforzo!»

La rossa gridò mentre diede l’ultima, decisiva spinta. A quel punto, il pianto disperato di un neonato fu udibile nella piccola saletta.

«È un maschietto!» le disse Bulma, che lo affidò ad uno dei robot, che tagliò velocemente il cordone e ripulì il bimbo, avvolgendolo in un asciugamano.

Pamela lo prese tra le sue braccia, sentendolo finalmente calmarsi.

Poté rivedere in quel piccolo viso alcuni tratti del padre, e a quel punto iniziò a piangere, stringendolo più forte che poteva.

Lo sforzo per metterlo al mondo era stato enorme, eppure si sentiva come rinvigorita, ora, a guardare quegli occhi serrati, ancora non abituati alla luce, e quelle manine che si agitavano convulsamente.

«Come intendi chiamarlo?» le chiese Bulma, che si era seduta al fianco del letto.

Pamela guardò nuovamente a suo figlio, e vide finalmente qualcosa per cui proseguire davvero, per valere il sacrificio del suo amato.

Per poterlo ricordare tutti i giorni: per questo, suo figlio era prezioso più di un qualunque gioiello.

«Keiichi.» disse «Keiichi Ryder.»

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Poco più di un anno dopo…

«MUOVITI LUMACA!» gridò una decisamente arrabbiata Pamela, al volante della sua auto.

Di fianco a lei, un piccolo bambino con un piccolo ciuffo di capelli scuri in testa, vestito con una salopette di jeans e una magliettina rossa, smise di giocare con il suo pupazzetto, e si girò incuriosito verso la madre, rimanendo seduto sul suo seggiolino.

«Oh, scusa, tesoro, mamma è solo un po’ nervosa…»

La interruppe il suono di un clacson: «MA SMETTILA! PENSA A PIGIARE IL MALEDETTO ACCELERATORE, PIUTTOSTO!»

Il piccolo, intanto, riprese a giocare con il suo pupazzetto, mentre sua madre emise un lungo sospiro.

«Oh, Keiichi…» disse, fingendo di rivolgersi al figlio «Proprio oggi dovevo scegliere di presentarti agli altri, eh? La festa del grande mr. Satan! Ed ecco che l’autostrada si fa regolarmente strapiena…»

A quel punto, poggiò sconsolatamente la testa sul volante, mentre il bimbo al suo fianco aveva iniziato a ridacchiare, meravigliato dal suo giocattolo.

Ci misero tre ore per uscire dall’autostrada, quando era già l’una del pomeriggio. Altre due ore furono necessarie a raggiungere il luogo dove Mr. Satan aveva costruito il suo albergo di lusso.

O almeno, quello che doveva essere un albergo di lusso: ora erano solamente macerie.

«Cosa diavolo sarà successo qui?» si chiese Pamela, ad alta voce, mentre prendeva in braccio Keiichi.

Oggi aveva optato per indossare una semplice camicetta e dei pantaloni: ora la scelta di non indossare l’elegante vestito rosso da cerimonia si era rivelata azzeccata.

Anche perché la grossa borsa contenente anche il necessario per Keiichi era piuttosto pesante.

Salì la scalinata dell’albergo, e iniziò a sentire un brusio, che seguì, finché non sentì dei passi venirle incontro: fu sollevata dal veder sbucare Bulma da dietro un angolo.

«Ah, eccoti finalmente! E come sta il nostro piccolo ometto?» li salutò, chinandosi poi verso Keiichi, facendogli qualche smorfia che lo fece ridere.

«Dai, andiamo dagli altri, sperando sia avanzato qualcosa per te! Sai, non è difficile quando ci sono di mezzo dei saiyan… ma credo che comunque qualcosa ci sia ancora!» disse, ridacchiando.

«Si, ma… che è successo qui?» chiese, evitando un pezzo d’intonaco caduto sul pavimento.

«Ah, normale amministrazione: due cattivi si sono presentati e hanno fatto un po’ di casino. Alla fine si è risolto tutto.»

«E chi sarebbero questi due?»

«Oh, due ex membri dell’esercito di Freezer, Abo e Cado… Alla fine si sono rivelati due simpaticoni anche loro. E pensare che tormentavano il pianeta di mio cognato!»

Pamela si irrigidì per un istante sul posto.

«No, aspetta… tuo cognato?!» le chiese, sorpresa.

«Si, il fratello di Vegeta! Oh, è una persona squisita, proprio l’opposto di suo fratello! Ora lo conoscerai!»

«E meno male che non era successo nulla!» gli disse, sarcasticamente, Pamela.

Arrivarono poi in un grande salone, all’interno del quale erano stati ordinati diversi tavoli, tutti occupati dalla banda.

«Gente! È arrivata anche Pamela!» gridò Bulma, facendo voltare tutti verso l’ingresso.

Ma il saluto si smorzò in gola a tutti, non appena videro cosa Pamela portava in braccio: a Yamcha andò per un attimo qualcosa di traverso, con Puar che lo aiutò a respirare nuovamente, salvo poi riprendere a guardare, stupefatto, verso la rossa.

«Siamo onorate di presentarvi Keiichi Ryder!» disse entusiasticamente Bulma, prima che tutta la banda si radunasse attorno a Pamela, ammirando il bambino.

«Perché non ci hai detto niente, Pamela?» chiese Goku, stuzzicando con l’indice il naso del piccolo.

«È così carino, poi!» fu il commento di Videl.

«È una lunga storia…» rispose Pamela, mentre Keiichi tra le sue braccia continuava a ridere, almeno finché non gli finì davanti Crilin, allora iniziò ad agitarsi verso l’ex-monaco.

«Ah, a quanto pare gli piaci, Crilin!» disse Bulma.

«Vero, eh-eh… Posso prenderlo in braccio?» chiese Crilin a Pamela, che glielo porse senza problemi.

«Ti devo piacere tanto eh, piccoletto? Io sono lo zio Crilin, eh? Ti piace, eh?» gli disse, con Keiichi che sembrava al settimo cielo.

«‘ilin,’ilin!» mugugnò poi, agitando le piccole braccia.

Gli occhi di Pamela si illuminarono: «La sua prima parola! LA SUA PRIMA PAROLA!»
«Wow, che onor- OUCH!»

Crilin si interruppe non appena sentì i suoi capelli tirati dalla piccola manina di Keiichi, che fece sì che gli altri iniziassero a ridere come il piccolo stava già facendo da qualche secondo.

«EHI! Traditore!» disse scherzosamente Crilin, mentre si liberava della presa del piccolo, che fu preso in braccio da sua moglie.

«La prossima volta ascoltami quando ti dico ti accorciarti i capelli.» gli disse C-18, fredda, per poi buttare un occhio sul pargolo sorridente che aveva tra le braccia, regalandogli uno dei suoi rari sorrisi.

Dopo di che lo restituì alle braccia della madre, che però furono assaltate dalle latre ragazze, curiose di ammirare il piccolo.

«Dimmi, Pamela…» disse improvvisamente Yamcha «Ma il padre… è lui?»

In quel momento la rossa ebbe un sussulto, e per qualche istante fu come in un altro mondo.

Non pensava più a Daniel da una vita. La sua morte era passata inosservata anche alle autorità: dopo Cell, ci fu un grande casino all’anagrafe, e a quanto pare lui non si registrò mai, e già prima non era mai andato nemmeno a scuola. Insomma, era come se non fosse mai esistito.

Ma si vide costretta ad annuire all’amico: un segno lo aveva lasciato, ed era quello che ora stava tra le sue braccia.

«Beh, il suo essere così allegro e scherzoso ha una spiegazione, allora!» disse Gohan.

«Così come il fatto che monti su uno spettacolino per attirare l’attenzione su di sé.» bofonchiò Vegeta, rimasto seduto al tavolo.

«Zitto, imbecille!» gli gridò dietro Bulma.

«Perdoni i modi di mio fratello.» disse una voce proveniente dal basso, nascosta dalla ressa.

Pamela abbassò leggermente lo sguardo per vedere una copia in miniatura di Vegeta, con tanto di armatura, che la guardava sorridendo. Al suo fianco, una sorridente figura dalla pelle grigia poco più piccola di lui: aveva la pelle grigia, una grande testa tonda, e indossava un semplice abitino viola.

«Sembra scortese, ma in realtà è anche lui felice per lei.» disse, causando un grugnito di irritazione dal principe dei saiyan «Comunque io sono Tarble, fratello di Vegeta. E questa è mia moglie Gure. Siamo onorati di fare la vostra conoscenza, e vi facciamo le nostre più grandi congratulazioni!»

A quel punto si inchinò, e Pamela fece lo stesso.

«Molto onorata anche io, e vi ringrazio.» gli rispose, prima di bisbigliare a Bulma «Avevi proprio ragione!»

L’azzurra ridacchiò alla constatazione dell’amica.

Goku comunque si intromise ancora: «Pamela, però, a me piacerebbe sapere perché ci hai tenuto all’oscuro!»

La rossa sospirò: sapeva di dover essere pronta a domande del genere.

«Ok, ve lo dirò, ma non voglio che ne facciate una questione personale. Volevo essere certa di poter dare a Keiichi un futuro solido anche senza il vostro aiuto, che sapevo sarebbe arrivato incondizionatamente, e per questo vi avrei ringraziato. Ma ho avvisato solamente Bulma, perché era l’unica che poteva darmi una mano a portarla avanti segretamente, e perché era l’unica alla quale non avrei mai potuto nasconderlo!» disse, quasi senza prendere fiato.

Nel gruppo scese per qualche istante il silenzio, finché Chichi non parlò:

«Cara, non ti saresti dovuta preoccupare di una cosa del genere! Sono cose che andrebbero dette più profondamente ma, per adesso, fatti dire da chi ti conosce bene che, con o senza il nostro aiuto, tu sarai una madre perfetta!» le disse, sorridendole.

«Grazie Chichi.» le rispose, semplicemente, stringendo a sé Keiichi.

«Bene, ora bando ai convenevoli! Sbaglio o c’era una festa qui?» gridò Bulma, seguita immediatamente da tutti.

Pamela andò a sedersi al tavolo con la famiglia di Crilin e Yamcha, mettendosi il figlio sulle ginocchia.

«Allora, che mi raccontate d’altro?» chiese al gruppo.

«Beh, in questo periodo che mi hai dato buca, ho comunque trovato degli abiti meravigliosi…» iniziò a dirle C-18, e cominciò una lunga discussione su abiti e moda che fece annoiare a morte i due maschi a tavola.

Non che C-18 fosse una gran conversatrice, ma quando si trattava di vestiti riusciva a chiacchierare normalmente: l’unico problema era che gli unici interlocutori possibili erano Pamela e Bulma.

Intanto Marron stuzzicava Keiichi, facendolo ridere: la bambina iniziò a ridere a sua volta, almeno finché non si accorse che Keiichi aveva afferrato una ciotola di riso.

Non fece in tempo a fermarlo, che la ciotola si rovesciò tutta sul bambino, e di conseguenza su sua madre, che parve non accorgersi di nulla.

«Uh… zia Pamela…»

«Che c’è tesoro?» si girò, prima di notare il disastro sotto di sé, e il bambino seduto sulle sue ginocchia che continuava a sorridere.

«KEIICHI RYDER!»

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Dal suo pianeta, il Gran Maestro Re Kaioh osservava la scena, divertito.

«Hai fatto proprio un bel lavoro figliolo.» disse, senza che nessuno fosse attorno a lui.

Continuò ad osservare quella piccola creatura, quella nuova vita, generata da chi dentro portava la distruzione, non per sua volontà.

«Proprio un bel lavoro…» commentò nuovamente.

In quel momento, nuove esplosioni, soffocate dalle pareti del palazzo, si fecero sentire fino in giardino: il Gran Maestro sospirò.

«Posso solo essere dispiaciuto per te, ragazzo mio…»


NOTE DELL’AUTORE
Ehilà! Non vi lascio soli nemmeno ora! Mi sono preso una piccola pausa dallo studio, ma dopo questo capitolo dovrò riprendere a pieno regime, e quindi non ci sentiremo per un bel po’!

Vi lascio quindi con Keiichi, il figlio di Daniel: il suo nome da il nome ad un capitolo, spero che l’idea di un figlio di Daniel vi piaccia! Comunque, faccio un piccolo, ma piccolo spoiler: avremo Battle of Gods (il capitolo è pronto da settimane, ma come ho detto preferisco lasciarmi un bel divario tra pubblicati e scritti, e quindi vorrei prima scrivere ancora un po’, e soprattutto studiare!) ma non Fukkatsu no F, quindi nessun power-up al super saiyan god (anche se i capelli azzurri sono una gran figata a mio avviso!). Ma avremo comunque la resurrezione di un grande nemico… più di questo non dico!

Dragon Ball è proprietà di Akira Toriyama.

Alla prossima!
   
 
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