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Autore: Willows    10/05/2015    2 recensioni
E Mackenzie convinta di essere tanto diversa dalla sorella non l'ha ancora capito che in realtà sono uguali.
No, non uguali, ma speculari ecco, sono due facce di una stessa medaglia, parecchio arrugginita e malconcia, se permetti. Sono entrambe altamente distruttive, ma in maniera opposta.
Mackenzie è esplosiva, come un'eruzione, un tornado, uno tsunami, distrugge tutto ciò che tocca, tutto che che incontra, che ama. Perché questo è l'unico modo che conosce per potere sopravvivere, per poter andare avanti: prendere tutto ciò che ha davanti e distruggerlo fino a ridurlo in briciole. Solo cenere e macerie.
Mentre Ffion, beh lei è implosiva, la distruzione il caos, le avviene tutto dentro. Paradossalmente l'unico modo che conosce di sopravvivere è quello di distruggere se stessa, di annientarsi e annullarsi completamente, fino a ridursi ad un inutile cumulo di pelle, ossa e sangue.
Sono uguali, ma opposte ed è difficile dire chi delle due sia messa peggio.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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We might be hollow but we’re brave.
 
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Il cinque ottobre, giorno in cui le sorelle Lynch arrivano nella piccola cittadina di Wellston Ohio piove, ma non è una sorpresa considerando che da metà ottobre il caldo sole estivo ha lasciato posto all'autunno, l'autunno più piovoso di sempre. La pioggia e cielo scuro contribuiscono a rendere la cittadina ancora più triste e patetica di quanto già non sia, le strade sono deserte e in giro non sembra esserci anima viva.
Mackenzie è seduta nel sedile posteriore della Ford grigia metallizzata del duemilasette del padre, con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo rivolto alla strada che scorre fuori dal finestrino. Wellston non è molto diversa da Stockbridge, pensa mentre la voce di Alex Turner le rimbomba nelle orecchie, tutte le piccole città si assomigliano almeno un po'. Le case sono tutte uguali, disposte a schiera su larghe strade perpendicolari o parallele, hanno la staccionata bianca e il giardino frontale curato, con tanto di aiuole di fiori colorati e cespugli ben potati. C’è una scuola elementare, una media e una superiore, il panettiere proprio di fronte alla chiesa e un solo parrucchiere che, con ogni probabilità, è lì dagli anni ottanta e si ostina a fare ai suoi clienti sempre lo stesso taglio rockabilly alla Jhonny Cash. Se ti va bene trovi un locale o un pub, altrimenti neanche quello. E' tutto talmente monotono, noioso e stretto che non c'è da stupirsi se tutti vogliono andarsene dalle piccole città.
Tuttavia Wellston sembra molto più piccola della sua vecchia città, seimila abitanti recita il cartello posto all'inizio del centro abitato, e Mackenzie la odia già. Se proprio vogliamo essere precisi la ragazza non ha nulla contro questa città- che potrebbe essere la fotocopia in miniatura di Stockbridge- né con il fatto di essersi trasferiti, che ha accettato piuttosto bene. Il suo atteggiamento sprezzante, piuttosto, è solo mirato ad infastidirei genitori così emozionati alla prospettiva di trasferirsi in una nuova città e di iniziare tutto da capo.
"Città nuova vita nuova" le ha sussurrato sua mamma quando l'ha svegliata quella mattina con un sorriso entusiasta a illuminarle il volto. Come se scappando dai propri problemi e sbagli si possa risolvere qualcosa, come se fuggire fosse la soluzione che cercano da tanto tempo, come se ci fosse una soluzione.
Peccato che non sia tutto così semplice, che non basti cambiare città per voltare pagina o fingere che qualcosa non sia mai accaduto per dimenticarlo. Non è così che funziona e Kenny lo sa bene, tuttavia non dice nulla e aspetta con malcelata indifferenza che la famiglia cada nuovamente a pezzi, magari questa volta proprio per colpa sua.
«Kenny siamo arrivati» le dice sua sorella Ffion, togliendole una cuffia per farsi sentire.
Lei, riscossa da suoi pensieri, si volta a guardarla ed è come trovarsi davanti ad uno specchio perché Mackenzie e Ffion sono gemelle identiche, nate con un solo quarto d'ora di scarto: hanno lo stesso viso ovale da bambola, stessi occhi grandi e chiari e stessi capelli lunghi e biondi, biondissimi.  
Così uguali eppure così diverse, perché se fisicamente sono due gocce d'acqua, caratterialmente si trovano agli antipodi, "due facce opposte di una stessa medaglia" dicono sempre i loro genitori.
«Così è questa la casa?» domanda Kenz a nessuno in particolare, scendendo dalla macchina e sbuffa quando nota che sta iniziando a piovere. Non ha mai amato la pioggia, la neve o il freddo in generale, preferendo di gran lunga l'estate e la sensazione del sole che le scalda la pelle fino a scottare.
Vista dal fuori la casa sembra carina, la classica abitazione a due piani in stile coloniale, con veranda e tetto a spioventi. Gli infissi bianchi risaltano sui muri esterni che sono di un colore a metà fra il grigio scuro e il blu, non c'è la staccionata bianca- nota con grande delusione Kenny- ma ci sono aiuole di fiori ormai morti e quello che sembra essere un albero di melograno.
E' normale, forse in po' più piccola di quella che avevano prima, ma questa non è una sorpresa, adesso che sono in quattro in famiglia e non più in cinque non hanno bisogno di così tanto spazio. Afferra la sua borsa al volo dal sedile della macchina, promettendo che aiuterà a scaricare non appena avrà fatto un giro di perlustrazione della casa, così entra lasciandosi alle spalle il chiacchiericcio emozionato dei suoi genitori contornato dal silenzio di Ffion.
 
Ffion è seduta sul letto della sua spoglia e nuova camera e non può fare a meno che sentirsi in colpa. Hanno dovuto cambiare scuola, città, vita, solo per colpa sua e una così grande responsabilità lei non riesce a reggerla. Se solo non avesse fatto quello che ha fatto, se avesse resisto, se avesse tenuto duro, non sarebbero arrivati a questo punto. La decisione è stata presa da i suoi genitori un venerdì sera di fine Agosto, mentre tutti mangiavano a tavola in silenzio, ma ormai era palese che non si poteva più vivere a Wellston, che la situazione era diventata insostenibile per tutti. 
Per tutti tranne che per Kenny, ovviamente.
Lei aveva degli amici, degli interessi, aveva una vita a Wellston che non era nemmeno malaccio, quindi Ffion ancora non si spiega come mai, dopo l'annuncio dei genitori di volersi trasferire, la sua unica reazione sia stata quella scuotere la testa sbuffando e mormorare con uno strano sorrisetto sul volto "Come volete".
Forse hanno fatto bene a trasferirsi, allontanarsi da Stockebridge e i suoi abitanti che le conoscono da quando sono nate e sanno tutto della loro famiglia. Sanno quello che è successo - del resto come non potrebbero? - e si sussurrano nelle orecchie non appena vedono uno della famiglia Lynch passare, certi di conoscere tutto, ma proprio tutto su di loro. In questa piccola città dell'Ohio sono degli sconosciuti, nessuno sa niente di loro e nessuno può guardarli con quello sguardo a metà fra curiosità e compassione. Non le interessa come sia questa nuova città, non è interessata ad un nuovo inizio perché tutto è già finito da tempo. Vorrebbe solo un po' di pace, un po' di calma e che le voci nella sua testa la smettessero di urlare così forte.
Nulla di nuovo o emozionante, solo calma.
«Hey riesco a sentire i tuoi pensieri fin da qui- la spaventa sua sorella ferma sull'uscio della porta - cos'hai in testa?»
«Mi dispiace, non volevo, scusa» vorrebbe sussurrare.
«Mi piace la nuova casa, è carina» dice invece la prima cosa che le passa per la testa.
«Si, non è male- concorda Kenny, lasciandosi scivolare lungo il muro fino a sedersi per terra- un po' piccola forse»
Ffion coglie benissimo l'allusione, sa a cosa, o meglio chi, si sta riferendo Kenny con quell'affermazione, ma non dice nulla, limitandosi ad annuire con lo sguardo fuori dalla finestra.
«Dov'è la tua camera?» domanda allora per cambiare argomento, cercando di riempire il silenzio fattosi troppo pesante. Dopo aver scaricato la macchina da tutti gli scatoloni e valigie Ffion si è subito fiondata nella prima camera vuota che ha trovato, reclamandola come propria, senza nemmeno perlustrare il resto della casa.
«Teoricamente proprio di fronte alla tua, ma non credo userò quella» risponde la gemella alzandosi e iniziando a curiosare nella stanza «mi piace la tua vista, direttamente sul giardino dei vicini, magari hanno un figlio carino che taglia l'erba a petto nudo».
«Kenz siamo è Ottobre» le fa notare Ffion, ma Kenny si limita a fare spallucce. E poi non è che a Ffion interessino più di tanto i bei ragazzi a petto nudo.
«Oh ma avevo ragione, i vicini hanno un figlio carino» nota con un certo entusiasmo, dopo essere rimasta a fissare fuori dalla finestra per qualche secondo "dai vieni a vedere».
Kenny la strattona per il braccio, costringendola ad avvicinarsi alla finestra.
«Guarda è quello lì» lo indica picchiettando ripetutamente la finestra con l'indice. 
E effettivamente nel giardino dei vicini c'è un ragazzo che potrebbe essere definito carino, anche se sono un po' lontane per dirlo con sicurezza. Indossa dei pantaloni scuri e un giubbino in jeans, i capelli sono nascosti sotto un beanie grigio e la barba è incolta di qualche giorno. E' alto e sembra aver un fisico robusto con le spalle larghe e le gambe muscolose, ai suoi piedi un cane color crema sta scodinzolando allegramente mentre si rotola per terra. Sembra non essersi accorto di loro, troppo impegnato ad accarezzare il cucciolone che porta al guinzaglio. 
Ad un certo punto però si volta e fissa nella loro direzione per qualche secondo con gli occhi spalancati e prima di correre in casa, trascinandosi dietro il povero cagnolone e a Ffion basta girarsi verso la sorella per capire la causa della reazione del ragazzo. Kenny infatti lo sta salutando con la mano, un sorriso smagliante sul volto e gli occhi che sbattono ripetutamente.
«Kenny!» la riprende Ffion allontanandola dalla finestra per un braccio.
«Che c'è? Lo stavo solo salutando!» sbuffa incredula, come se non avesse fatto nulla di male.
«Questa casa è rimasta inabitata per anni, poi di colpo si trova due ragazze identiche che lo fissano dalla finestra del secondo piano e lo salutano- le fa notare Fi- gli avrai fatto prendere un colpo»
«Quindi dopo anni passati vicino ad una casa abbandonata lui si trova due ragazze molto più che carine come vicine e si spaventa? E' assurdo, non capirò mai come ragioni Fi» risponde sospirando per poi sdraiarsi a pancia in su sul letto, con gli occhi rivolti verso il soffitto.
"Magari è solo timido, non tutti sono come te sai" vorrebbe rispondere Ffion, ma invece sta zitta perché sa che Kenny le risponderebbe a tono e non ha voglia di iniziare a discutere, non crede che riuscirebbe a reggere uno scontro con sua sorella, non ci è mai riuscita del resto.
«Dici che ci troveremo bene qua?» chiede Ffion per cambiare discorso, sdraiandosi di fianco alla sorella nella stessa identica posizione, perdendosi ad osservare le venature del soffitto in legno.
 Lo chiede anche se sa già che non si troverà bene e che non importa in quale città si trovano perché i problemi sono dentro di lei, ma in questo momento ha bisogno del tipo di conforto che solo sua sorella sa darle.
«Io certamente» risponde sicura di sé, come sempre, come potesse vedere nel futuro e sapesse già cosa succederà e come dovrà comportarsi. Ffion la invidia immensamente.
Invidia la sua sicurezza e forza, invida il modo in cui sembra sempre rilassata, come se avesse tutto sotto controllo, mentre lei vive con la costante sensazione che le cose le possano sfuggire da sotto le dita in ogni momento.
«Ed io? - sussurra con la voce che trema, un po’ spaventata dalla possibile risposta- come mi troverò io?»
«Ah guarda dipende solo da te, stellina! Lo sai che io in quello non posso aiutarti» le risponde osservandola con la coda nell’occhio, pronta a captare ogni sua reazione.
«Ragazze- giunge una voce dal piano inferiore- scendete, io e vostro padre vi dobbiamo parlare!»
Kenny sbuffa, roteando gli occhi per poi guardare la sorella con fare complice, la quale però si limita a fare spallucce e a mormorare:
«Papà vorrà farci il suo solito discorso, sulla sicurezza e i ragazzi»
«Come se i discorsi di Max servissero a qualcosa» soffia nuovamente prima di abbandonare la stanza e scendere le scale. E' strano sentire Kenny chiamare loro padre per nome, anche se è ormai un anno che lo fa, Ffion non crede che riuscirà mai ad abituarsi al tono duro e risentito con cui lo pronuncia.
I coniugi Lynch sono i classici tesorini del liceo, si sono fidanzati a diciotto anni, sposati a ventidue e avuto il primo figlio a venticinque. L'amore che per tanto tempo li aveva uniti ha lasciato posto ad un tiepido affetto, insufficiente a risanare tutte le ferite che la vita ha causato al loro rapporto nel corso degli anni. Stanno insieme per abitudine, perché hanno due figlie e adesso un nuovo mutuo da pagare ed è più facile vivere nella sicurezza della propria infelicità piuttosto che rischiare e mettersi nuovamente in gioco.
«Che ne pensate della nuova casa ragazze, vi piace?» domanda Clarice Lynch sorridendo dolcemente e lasciando una carezza sulla testa di Ffion. Clarice Lynch è una donna sfinita dalla vita che un tempo era piena di vita e solare, adorava uscire con le amiche e avere altri interessi oltre ad essere una mamma a tempo pieno, mentre adesso passa la maggior parte delle sue giornate a pulire o lavorare a maglia e mette il naso fuori casa solo per fare la spesa o portare le figlie da qualche parte.
«Rispondete a vostra madre» ordina Max Lynch appena entrato nella stanza. L'uomo dimostra molto di più dei suoi quarantasette anni di età, i capelli sono quasi completamente grigi e le borse sotto gli occhi conferiscono un’espressione perennemente stanca. Un tempo era stato un bell'uomo, gli occhi azzurrssimi e i capelli castani facevano cadere tutte le donne ai suoi piedi, Ffion si ricorda di un tempo lontano quando aveva cinque anni ed era gelosa del suo papà perché tutte le attenzioni delle signore erano sempre rivolte a lui. Ricorda che provava anche un certo orgoglio nel sapere che il suo papà era tanto bello da poter aver qualsiasi donna, ma rimaneva sempre fedele alla sua adorata moglie.
«La casa è carina» sputa fuori Ffion dopo qualche secondo di silenzio, per non fare innervosire il padre.
«E tu Mckenzie che ne pensi, ti piace la nuova casa?» domanda nuovamente l’uomo sedendosi  al piccolo tavolo di legno della cucina, infastidito dal silenzio della figlia maggiore.
« La verità è che a nessuna delle due interessa niente della casa, va bene questa come sarebbe potuto andare bene un appartamento in una grande città o una villetta sulle spiagge della Florida» risponde Kenny sincera e lapidaria come sempre, con uno sguardo di sfida rivolto al padre.
«Ma tesoro, perché dici così? Abbiamo scelto questa città apposta per voi! Sono sicura che vi farete tanti amici e potrete iniziare una nuova vita» le fa notare la signora Lynch con tono apprensivo, come se stesse per scoppiare a piangere ferita dalle parole dure di Kenny.
«A proposito di amici- interviene il padre schiarendosi la gola- vi ricordate le regole vero? Forse è meglio che vi dia una rinfrescata: potete uscire solo il sabato pomeriggio, dalle due alle sette di sera, ma devo sapere sempre dove siete, con chi siete e cosa state facendo, potete invitare i vostri amici solo una volta la settimana, se sono ragazzi o io o la mamma dobbiamo essere sempre in casa, ogni altra uscita o visita è vietata. Tutto chiaro?»
«Cristallino Max» risponde Kenny ridacchiando mentre esce dalla cucina, lasciandosi alle spalle un furente signor Lynch già pronto a mettere in punizione la più impertinente delle sue figlie.

 
 



Ciao!
Ripubblico questa storia dopo anni di assenza su efp. Non so perché io lo sto facendo proprio ora e non so nemmeno se andrò avanti, conoscendomi questo capitolo corre il rischio di essere cancellato entro una settimana. Comunque ecco qui il primo capitolo in cui mi limito a presentare le due protagoniste femminili plus i loro genitori. Un altro ragazzo compare, ma in un ruolo essenzialmente marginale per adesso. Spero vi sia piaciuto, se vi va lasciate un commento :)
Super grazie a
Foodporv per il banner!
Alessandra.

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