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Autore: Valu Valonsa    12/05/2015    1 recensioni
Ci si può innamorare di qualcuno attraverso le parole? Conoscere una persona attraverso ciò che scrive?
E' quello che spera Pierfrancesca, ma Amerigo cosa ne penserà?
Entra anche tu nelle loro vite e prova a conoscere la loro storia attraverso le loro lettere...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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A Pasquale ed Angela,
senza di voi davvero non sarei qui.
E a te, compagno di altre mille avventure.








27 – MAGGIO – 2012
 



Ed era arrivato. Inesorabile e lento ma era giunto anche il fatidico giorno della finale. Fortunatamente essendo anche gli ultimi giorni di scuola di compiti non ne avevo da fare, questo mi permetteva di vivere appieno l’ansia! Avevo occupato il pomeriggio con la televisione, i libri, le pulizie e in ultimo avevo messo libri e cd in ordine alfabetico. Tutto pur di avere la mente occupata!
La finale era alle 19, così un’ora prima iniziai a prepararmi, non perché fossi lenta, ma perché ormai non sapevo che altro fare quindi preparai un bagno caldo ormai fuori stagione. Mi lavai accuratamente i capelli pieni di polvere e mi vestì. Cat era sparita per tutto il pomeriggio, aveva solo mandato un messaggio chiedendomi di vederci direttamente fuori il campo sportivo un po’ prima. Nonostante mi ero anticipata con i tempi arrivai con un quarto d’ora di ritardo, infatti la trovai già seduta sugli spalti intenta a mimare qualcosa a Michele seduto nella sua postazione di arbitro.
Ma non doveva seguire che so magari la partita? Logicamente però notai che ancora non era iniziata.

“Buh!”
La feci sobbalzare e mentre io ridevo di gusto lei mi fissava con sguardo truce.

“Ma dico io un po’ di anticipo no?”
Chiese alterata, sbuffando mi sedetti accanto a lei e mi sfilai il giubbino. Il bagno bollente più le temperature quasi estive mi avevano resa infuocata.

“Perché aspettavano me?”
Riprovai a farla sorridere ma evidentemente qualcosa l’impensieriva, scrisse un messaggio veloce e poi mi rivolse la sua completa attenzione. Mi dovevo scusare pure.

“Scusa! Non mi sono accorta dell’ora e ho impiegato tempo ad asciugare i capelli… chiedo venia!”
Fortunatamente mi sorrise lievemente senza dire nulla, non feci in tempo a chiedere spiegazioni che i due finalisti entrarono in campo.
Amerigo era bellissimo, con la tuta blu, che come avevo scritto anche a lui gli donava maledettamente. Abbassai lo sguardo intimorita da ciò che provavo in quel momento, era la svolta decisiva: o davvero mi aveva scoperto e allora tutti i nodi sarebbero stati sciolti, oppure ne sarei uscita a pezzettini minuscolissimi. Cat era più agitata di me e questo la diceva lunga sulla svolta che stava prendendo tutta questa vicenda.
Amerigo giocò la partita migliore che potesse, fu davvero impeccabile, attivo su ogni lancio anche quello che palesemente era fuori. La tenacia dimostrata gli aveva fatto guadagnare non solo la vittoria, ma anche i complimenti dell’arbitro e del presidente della confederazione. 
Un successo sotto ogni punto di vista!
Dopo la consegna dei premi e le duemila foto fatte con sponsor, le fan (tutte ragazzine viscide che si strusciavano addosso!), e il presidente fu libero. Solo allora, lontano dalla folla di gente che lo circondava, potei intravedere lo sguardo felice e rilassato che aveva. Ero davvero contenta ed emozionata per lui, aveva raggiunto il suo obiettivo poteva solo essere felice fino a toccare le stelle. E tutta questa allegria non capivo cosa c’entrasse con il provare a me, o alla me delle lettere, che lui ci aveva scoperte. Poteva scegliere un giorno migliore, più tranquillo, meno caotico così che potesse godersi appieno i festeggiamenti.
Che poi a nessuno era chiaro come volesse dimostrare la sua “conoscenza”!
Aspettai sugli spalti con Cat fino alle 22, ma nessun segno divino o umano si palesò davanti ai nostri occhi. Oddio il custode un po’ mi spaventò, ma la notizia bomba che ci portò era che il centro stava per chiudere.
Ergo dovevamo sloggiare.
Ergo me ne sarei andata a casa.
Ergo vaffanculo Amerigo!
Presi il giubbino e me lo infilai, prima di incamminarmi colpì la spalla di Cat per farle spostare l’attenzione dal cellulare a me. Non avevamo parlato granchè, si limitava a stringere tra le mani il suo telefono e a volte la sentivo imprecare silenziosamente verso il suo interlocutore. Le avevo chiesto se andava tutto bene e lei si voltò verso di me sorridendomi e annuì.
Un sorriso naturale e sincero come una banconota da 3 euro!
Mi arresi anche con lei, se voleva raccontarmi cosa le stava passando per la vita sapeva di poterlo fare e di certo non l’avrei assillata per farmelo raccontare. Le davo i suoi spazi e i suoi tempi.
Che brava amica che ero!

“Cat io torno a casa, già adesso mia madre mi ammazza per il ritardo. Ci sentiamo domani no?”
Parlare con un muro avrebbe portato risultati maggiori.

“Vabbè io vado ciao eh!”
Un po’ incazzata mi incamminai verso l’uscita, quando sentì dei passi rincorrermi.
Sinceramente ero convinta fosse Amerigo, resosi conto che l’avevo atteso fino ad ora, aveva preso coraggio per dichiararsi una volta scoperto che ero la “fanciulla misteriosa.” Nonostante lo scetticismo ci speravo che mi scoprisse, così l’avremmo finita una volta per tutte. Nel bene e nel male.

“Pier! Dove vai?”
Cat.
Tranquilli voi e tranquillo cuore era solo Cat.
Mi voltai per fissarla, era preoccupata.

“Non mi hai sentito poco fa?”
Le chiesi conoscendo già la risposta, infatti a prova di ciò lei abbassò lo sguardo. La tecnologia avrebbe finito per ammazzarci tutti!

“Devo tornare a casa. È tardi! Ci vediamo domani Cat e per favore posa questo telefono e digli di vedervi di persona!”
Le andai incontro e l’abbracciai, per lei ci sarei sempre stata speravo lo sapesse. Mi incamminai ancora una volta verso casa, ma la mia amica non voleva saperne proprio di farmi evitare una mega discussione con la mia genitrice.

“Pier. Aspetta, io… mi sto sentendo con Michele!”

Mi voltai immediatamente.

“Michele? Michele il tuo compagno di classe? E Giò? Non stavate quasi insieme!”
Diedi voce ai miei pensieri, cosa stava combinando questa pazza! Giò non era Amerigo, che ti faceva credere che avesse compreso chi diavolo lo amasse alla follia, Giò era un ragazzo d’oro!

“No scusa non è vero, l’ho detto per farti restare. Io…Mi dispiace per stasera, non ho parole. Non doveva andare così. Non so cosa dirti per farti sentire meglio…”
Vederla realmente dispiaciuta, con quasi le lacrime agli occhi, quelle stesse lacrime che a casa sarebbero scivolate sulle mie guance, mi strinse il cuore.
Maledetto il giorno in cui iniziai quella pazzia!
Mi avvicinai di nuovo a lei e la riabbracciai, stavolta fu più sveglia e ricambiò quell’unione che non si sarebbe mai sciolta.

“Hey ho fatto il possibile. Se non è qui vuol dire che non aveva capito che fossi io e mi consolo pensando alla figura di merda che avrà fatto con qualcun altro. Ne usciremo vincitrici sempre, Cat ti voglio bene questo conta davvero per me.”
Sciolsi l’abbraccio e solo per un attimo incrociai gli occhi azzurri che avevano intrappolato il mio cuore.  Amerigo era infondo il selciato e la sua mano era stretta in quella di una ragazza dai capelli rossi. Gli accennai un sorriso che lui non ricambiò, guardai Cat augurandole una notte serena  e poi mi voltai diretta altrove.
Mi allontanai nascondendo le lacrime, magari lei avrebbe dormito anche per me. Iniziai a camminare velocemente verso casa, mischiai lacrime con vento e singhiozzi, fiato corto, fitte al petto. Il dolore mi aveva raggiunto prima di quanto pensassi e più ero lontana dal centro sportivo più aumentava.
I battiti erano incontrollati, i singhiozzi rompevano i miei respiri troppo accelerati, le lacrime scendevano copiose e non avevo forze per fermarle.
Mi sedetti su una panchina del parco, dove potevo ancora ammirare la gente del paese prendere parte alla festa dedicata al patrono. Non potevo tornare in quello stato a casa, dovevo calmarmi e distrarmi. Ero cosciente del fatto che poteva andare come in una fiaba o come in un incubo, si era sciolto ogni nodo nel modo peggiore per me. Come diavolo mi ero fatta ingannare!
Come una stupida ci ero cascata con tutte le scarpe e poi perché quella ragazzina non gli aveva chiarito che lei non sapeva nemmeno scriverle le lettere. La tortuosa ascesa ad Amerigo si sarebbe interrotta quella stessa sera, non c’era modo di interagire con lui e non era nemmeno più il caso.
Alla faccia del non pensarci.
A peggiorare l’umore si mise anche il “dj” della festa facendo partire un lento strappalacrime: Stay with me di Sam Smith. Quanto avrei dato per far sì che lui stesse accanto a me e non solo quella sera a causa delle lettere, ma a prescindere da tutto. Le classi poste uno difronte l’altra, amici in comune e nemmeno una frase di senso compiuto scambiata di persona, ma  presa a parole e trattata peggio anche per iscritto, mi chiedevo perché non mi fossi fermata prima! Già da quando lui aveva menzionato la ragazza per cui aveva una cotta, forse era proprio quella ragazzina che non ci ha pensato due volte per cogliere la palla al balzo. Ora dovevo essere felice per lui?
Nonostante le temperatura già quasi estive il venticello di pochi attimi prima si era intensificato, così mi raggomitolai su me stessa e misi le mani nelle tasche della giacca che indossavo.
Una tasca era piena. C’era qualcosa dentro e quando lo estrassi rimasi letteralmente paralizzata sul posto, con il respiro mozzato, il cuore a mille e la testa che girava vorticosamente.

Tra le mie mani avevo una lettera di Amerigo.

 
   
 
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