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Autore: Team Disturbo Bipolare    14/05/2015    3 recensioni
Corypheus ha trovato la sua fine per mano dell'Inquisitore. I suoi oscuri poteri sono stati sconfitti da colei che ora comanda una delle forze più potenti del Thedas.
Ma che ne è stato del resto del mondo dopo quelle battaglie?
La vita apparentemente ha ripreso a scorrere come nulla fosse accaduto, ma con una cicatrice nel cielo a ricordare a tutti gli errori e gli atroci massacri compiuti in nome della superbia. Eppure, per quanto possa essere accurato il lavoro dell'Inquisizione, non tutto è sotto al loro controllo.
Il lascito dell'oscuro Magister aleggia minaccioso sui regni del Thedas, strisciando in silenzio fra le ombre per poter risorgere ancora...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dahlia aprì gli occhi sorridendo, quando il dolce profumo delle ciambelle arrivò alle sue narici; si alzò di scatto, scostando le coperte e saltando giù dal letto con un balzo. La sua camera era proprio come l'aveva lasciata anni addietro: le pareti in muratura erano ricoperte dal legno, più caldo e confortevole, sul quale vi erano appesi lo stendardo di Lothering e quello della famiglia Lynar, la sua famiglia: un sole bianco su campo viola. Il letto si trovava sotto la finestra, in modo che ogni mattina Dahlia potesse risvegliarsi con i primi raggi del sole. Almeno secondo suo padre, ma questo metodo non aveva mai funzionato granchè con la figlia.
Dahlia saltellò giù dalle scale felice, non vedeva l'ora di rivedere sua madre: ed eccola ai fornelli, con i lunghi capelli castano-ramati sciolti sulle spalle. La ragazza si precipitò da lei, abbracciandola da dietro.
«Mamma! Mi hai preparato le mie ciambelle preferite!»
«Ti sbagli mia cara» rispose la donna con una voce strana.
Si voltò verso la figlia e Dahlia vide che la sua pelle era grigiastra e malsana, gli occhi vitrei e ciechi; si allontanò di scatto con il cuore che martellava veloce nel petto.
«Cosa ti è successo?» chiese con voce tremante.
«Non ricordi? Sono morta per colpa tua!» rispose la donna.
«No! Non è vero, avrei voluto salvarti, lo sai!»
«Come avresti voluto salvare me, forse?» intervenne un'altra voce.
Dahlia si voltò: avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Julian era appoggiato allo stipite della porta e la guardava con gli occhi stretti in una fessura, un'espressione che mai, in dieci anni di amicizia, gli aveva visto fare.
«Julian, no! Non avrei mai dovuto lasciarti andare...» disse Dahlia, mentre grosse lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance. Julian coprì la distanza che li separava con tre grandi passi, prendendola per le spalle e cominciando a scuoterla.
«Non avresti dovuto, avresti voluto...quando comincerai ad agire, invece di desiderare e basta?!»
«Io...smettila mi fai male!»
«Basta scappare! Devi reagire, devi svegliarti, bas

Dahlia sbarrò di colpo gli occhi, trovandosi di fronte lo sguardo salvia indagatore di Saarebas. Si mise seduta, asciugandosi con rabbia le lacrime che ancora le bagnavano il viso; odiava fare certi incubi, soprattutto quell'incubo...ed ora si era aggiunto pure Julian.
«Continuavi a ripetere il nome di quel ragazzo. Ci tenevi molto» disse Saarebas, fissandola seria. Non era una domanda, bensì un'affermazione, alla quale Dahlia non sapeva come replicare.
Da quando si era unita ai Corvi, dopo la fuga da Lothering, Julian era sempre stato al suo fianco: erano stati reclutati insieme e insieme avevano superato tutte le prove a cui furono sottoposti per entrare ufficialmente nella Gilda. Sebbene fosse stata preparata mentalmente alla perdita dei suoi compagni, la mancanza del biondo si faceva sentire ogni giorno di più: era come una morsa che le attanagliava il petto, lacerandole pezzo per pezzo il cuore.
Dahlia si riscosse da quei pensieri «non è niente, sto bene».
Si alzò dalla stuoia, uscendo dalla tenda che condivideva con la qunari: all'esterno vide Fenris che stava guardando la sua mappa del Thedas, borbottando tra sé e sé.
«Quale sarà la nostra prossima mossa?» chiese Dahlia all'elfo.
«Purtroppo ne so quanto voi: le informazioni in mio possesso arrivavano alla villa di Hunter Fell, da lì non ho più alcuna pista»
«Allora dobbiamo andare in città e scoprire qualcosa» replicò l'assassina, con tono disinvolto.
«Certo, se ci tieni a diventare un mucchietto di cenere nel giro di pochi secondi» rispose l'elfo truce.
«Dimentichi chi sono io»
«Forse lo dimentichi tu...sbaglio o secondo le regole dei Corvi quando fallisci una missione devi morire?»
Dahlia rimase per un attimo senza parole: a quell'opzione non ci aveva nemmeno pensato. Tecnicamente la missione non era del tutto fallita, poteva ancora rintracciare ed uccidere Pretus. Giusto?
«E se non possiamo andare in città cos'altro possiamo fare?» chiese scoraggiata Dahlia.
«Ho trovato questo sulle ceneri del Demone del Terrore che abbiamo sconfitto» disse Fenris, porgendo un pezzo di pergamena bruciacchiato alla ragazza. Dahlia lo prese in mano ed avvertì dietro di sé la presenza della qunari, che li aveva raggiunti mentre parlavano.
«Il nostro signore...ci chiama a sé, dobbiamo...Corypheus...sotterranei...Grande Necropoli» lesse Dahlia. Sospirò guardando i suoi alleati «non è molto, ma sembra indicare un luogo preciso».
«La...Grande Necropoli?» chiese Saarebas, con un'insolita nota d'incertezza nella voce. Purtroppo la sua condizione di maga nel Qun l'aveva sempre tenuta lontano dal mondo esterno, per cui molte cose, che la maggior parte dei cittadini del Thedas conosceva normalmente, erano per lei delle novità.
«È la città dei morti dei nevarriani. Loro non bruciano i cadaveri, li mummificano e gli costruiscono dei palazzi enormi...almeno, per chi se li può permettere» le spiegò velocemente Dahlia.
«Che strana gente» commentò seria la qunari.
«Qui parla di “sotterranei”...presumo dovremmo cercare qualcosa sotto la necropoli» mormorò Fenris, con la sua voce roca.
Dahlia rabbrividì: sebbene non credesse nel Creatore, era fermamente convinta che la pratica di bruciare i cadaveri fosse la più giusta ed ovvia: un cadavere mummificato poteva essere posseduto da un demone e l'idea di trovarsene uno davanti non la allettava affatto. Se poi c'erano i Venatori di mezzo la situazione non poteva di certo migliorare.
«Presumo dunque che dovremmo dirigerci verso la città di Nevarra» sospirò Dahlia «a cercare un ago in un pagliaio...di morti, per di più».

Partirono un'ora dopo, non prima, però, di essersi riempiti lo stomaco con una colazione spartana a base di carne secca ed acqua.
«Il mio obiettivo è quello di trovare Erimond, dopodiché dovrò raggiungere Skyhold» le informò Fenris, aggiustandosi distrattamente la fascia rossa che portava legata al braccio.
«Skyhold? Lavori per l'Inquisizione?» chiese Dahlia, curiosa.
«Diciamo che abbiamo due missioni diverse, ma con lo stesso obiettivo. Erimond ha tradito l'Inquisizione ed allo stesso tempo aveva le mani su un traffico di schiavi, cosa che sto cercando di fermare a tutti i costi» spiegò l'elfo.
Cavalcarono tutto il giorno ed alla sera decisero di accamparsi su una piccola macchia boschiva. Il cielo stellato illuminava il paesaggio, tingendo d'argento l'acqua del torrente che scorreva pacifico lì a fianco. Dahlia sistemò la tenda per la notte, mentre Saarebas sfruttò i suoi poteri per accendere un falò, attorno al quale i tre avventurieri poterono riscaldarsi.
«Allora...Fenris» esordì Dahlia, inginocchiata con le mani protese verso il fuoco «conosci il famoso Campione di Kirkwall?»
«La Campionessa, vorrai dire» rispose burbero l'elfo.
«Ho sempre sentito parlare di “Campione”...non ho mai avuto incarichi che mi portassero a Kirkwall» si scusò la ragazza.
«In ogni caso si, posso dire di conoscere piuttosto bene Sophie. Purtroppo non ho più sue notizie da quasi un anno»
«Che le è successo?»
«Non lo so. Era partita per le Anderfel per parlare con i Custodi Grigi di Weisshaupt, ma una volta arrivata là è come se fosse sparita»
«Sparita? Che vuoi dire?»
«Che nessuno sa cosa sta succedendo alla fortezza dei Custodi. È tutto avvolto nel mistero». Fenris guardò la ciotola di legno che aveva in mano, quindi la scagliò a terra con forza, alzandosi di scatto ed allontanandosi dal gruppo.
«Ma che gli è preso?» domandò allibita Dahlia.
«Presumo che lui e la Campionessa non fossero semplici compagni d'avventura» rispose la qunari, fissando la schiena dell'elfo, prima che si confondesse tra le ombre arboree.
Dahlia sospirò, prese in mano un bastoncino e cominciò a disegnare distrattamente sul terreno umido per la pioggia della notte precedente: non avrebbe mai capito i sentimenti, tantomeno l'amore. Era entrata a far parte dei Corvi proprio quando si era a malapena affacciata all'età adolescenziale e da allora le era sempre stato insegnato che l'amore ed il sesso erano solo due facce della stessa medaglia, due armi da usare contro l'obiettivo. Poteva dire di essere stata a letto con molti uomini, ma con nessuno di questi l'aveva fatto per pura volontà: tutto si riconduceva sempre al lavoro da assassina. L'unico bacio vero che aveva ricevuto era stato quello di Julian e...Dahlia si colpì la fronte con la mano. Che senso aveva pensarci ora? Non stava mica diventando un'ossessione?
«Che ti succede bas?» chiese Saarebas, con sguardo preoccupato.
«Niente, perché me lo chiedi?»
La qunari non rispose, limitandosi ad indicare il pezzo di terra sul quale la ragazza stava disegnando. Dahlia abbassò lo sguardo e si rese conto di aver scritto ripetutamente il nome di Julian senza rendersene conto. Arrossendo fin sopra le orecchie, cancellò le scritte e gettò il bastoncino nel fuoco.
«Io...credo di essere stanca. Vado a dormire!» annunciò nervosamente, dirigendosi a grandi passi verso la tenda.

Il giorno dopo cavalcarono fino al tramonto, finché non videro in lontananza i profili degli edifici che costituivano la Grande Necropoli.
«Fermiamoci qui finché non cala la notte» disse Fenris, scendendo dal suo destriero e legandolo ad un albero.
«Che senso ha aspettare? Ce li faremo sfuggire!» protestò impaziente Saarebas.
Fenris la guardò torvo «il buio sarà l'unica cosa che ci proteggerà, dato che ancora non sappiamo esattamente dove si nascondono».
«Il buio proteggerà anche loro» ribattè la qunari.
Dahlia si morse un labbro, indecisa sul da farsi: tecnicamente avevano ragione entrambi.
«Proviamo ad avvicinarci agli edifici, ma stando attenti a non farci vedere. Magari riusciamo a scoprire qualcosa di utile!» propose infine ai due compagni di squadra, che accettarono il compromesso di buon grado.
La Grande Necropoli era a dir poco immensa: enormi palazzi, completi di giardini con annesse fontanelle di varie fogge, costellavano i lati delle strade, perfettamente piastrellate con lastre di marmo bianco. Diverse lanterne illuminavano la città, facendo risplendere le decorazioni d'oro e le pietre preziose, incastonate praticamente ovunque. I palazzi più grandi solitamente appartenevano a qualche Pentaghast o Van Markhams, le due famiglie più potenti di Nevarra; le altre famiglie potevano permettersi edifici decisamente più modesti, ma non per questo meno spettacolari.
I tre alleati rimasero all'esterno della necropoli, cercando un qualsiasi indizio che li portasse verso la loro meta, ovvero i sotterranei.
«Non troveremo mai nulla qui fuori!» esclamò spazientita Dahlia, dopo due ore di ricerche infruttuose «non sappiamo nemmeno se sono veramente diretti qui!».
«Ormai è buio, dovremmo entrare per poter cercare meglio» disse con decisione Saarebas. Poi, senza aspettare il consenso dei suoi compagni d'avventura, varcò il cancello d'ingresso della città.
Dahlia guardò Fenris, stringendosi nelle spalle come a dire “è fatta così!”, quindi raggiunse la qunari silenziosamente.
Si strinse nervosamente nella mantellina nera, sforzandosi di guardarsi attorno per cercare qualche indizio: le fontanelle sprizzavano allegre, sollevando una nebbiolina fine, che di certo non aiutava a rendere l'atmosfera più allegra. Il silenzio invadeva le orecchie, facendo rimbombare sinistramente ogni passo che facevano su quelle strade lastricate. Dahlia stava per suggerire di arrischiarsi a prendere una torcia a testa e dividersi, quando con la coda dell'occhio vide un'ombra guizzare e scomparire tra gli edifici alla loro destra. Ma non fu l'unica ad averla vista: Saarebas si era già lanciata all'inseguimento.
«Saarebas, dove vai?» le chiese sconvolta Dahlia, mentre Fenris sbuffava contrariato alle sue spalle. L'assassina inseguì la qunari, senza fare attenzione al rumore che
emetteva: era più preoccupata per la salute della sua compagna.
Saarebas sfilò veloce tra i vicoli della necropoli, sempre a qualche passo di distanza dall'ombra: riusciva a scorgerla appena prima che svoltasse una curva o attraversasse un incrocio, senza che potesse mai vederla interamente. Continuò a correre senza curarsi di quello che pensavano i suoi compagni: lei non avrebbe aspettato ancora, non si sarebbe lasciata sfuggire di nuovo Pretus ad un palmo dal naso. Infine la sua corsa terminò in un giardino di una di quelle ville enormi, ma l'ombra era sparita. Si guardò intorno, in preda al nervosismo: dove poteva essersi cacciata? In quel momento sentì un tonfo ovattato provenire lateralmente alla facciata dell'edificio, così aguzzò la vista e vide che una porticina sulla parete destra si stava richiudendo. Senza pensarci due volte raggiunse quell'entrata a grandi passi, smaniosa di ritrovare la figura misteriosa.
Contemporaneamente Dahlia arrivò trafelata nel giardinetto, seguita a ruota da Fenris, che sguainò lo spadone guardandosi attorno circospetto. Fecero appena in tempo
a vedere la maga che spariva attraverso la porticina laterale, così si affrettarono a raggiungerla: si ritrovarono all'interno di un'enorme solone, riccamente decorato con arazzi raffiguranti scene di vita quotidiana della nobiltà. Al centro della stanza la qunari si era fermata ad osservare i particolari: quegli arazzi le ricordavano molto quelli presenti nella magione di Pretus a Minrathous, ma non sapeva dire se fosse una cosa strana o no. D'altronde non conosceva molto le usanze dei bas. Dahlia le si affiancò.
«Dov'è andato, Saarebas?»
«Non lo so, l'ho perso» rispose la gigantessa, continuando a fissare gli arazzi.
Dahlia sospirò «immagino che dovremo addentrarci nel palazzo». La sola idea di esplorare quella che a tutti gli effetti era una tomba, seppur sfarzosa, le faceva venire la pelle d'oca; si diresse convinta verso il portone più vicino, quando vide Fenris schizzare esattamente dal lato opposto.
«Presto, seguitemi!» esclamò, prima di sparire dentro ad un corridoio buio.
Saarebas e Dahlia si guardarono sorprese, quindi si lanciarono all'inseguimento dell'elfo. Lo trovarono pochi metri più avanti, accovacciato di fronte ad una porta, intento a spiare dal buco della serratura.
«C'è un uomo che cammina qui dentro» sussurrò, guardando verso le due donne.
«Aspettiamo che esca, così possiamo tendergli un'imboscata e...» esordì Dahlia, ma Saarebas li superò spalancando la porta e precipitandosi all'interno della stanza.
L'uomo non fece nemmeno in tempo a voltarsi, poiché la qunari evocò un incantesimo di ghiaccio, bloccandogli i piedi a terra.
«Oh beh...presumo che ormai l'imboscata non serva più» commentò sarcastica l'assassina.
Fenris sganciò lo spadone dalla cinghia sulla spalla, quindi si avvicinò cautamente al prigioniero «chi sei? Che cosa stai facendo qui?»
L'uomo misterioso sollevò le braccia in segno di resa, poi parlò, sfoderando il tipico accento orlesiano con la “r” moscia «vi prego, non fatemi del male! Io sono qui per vendicare la mia famiglia!»
Anche Dahlia si avvicinò con i pugnali sguainati, guardando finalmente il volto dell'ombra misteriosa: era un giovane sulla trentina, dai corti capelli scuri e una folta barba che ricopriva gran parte del mento. I suoi occhi dorati guizzavano spaventati da un viso all'altro dei suoi aggressori, mentre il labbro inferiore tremava vistosamente.
«Rispondi alle mie domande» disse autoritario Fenris, avvicinando la punta dello spadone al petto dell'uomo.
«Io mi chiamo Arnell, Arnell Du Jarmaine! Sto cercando un magister, un Venatori, che ha sterminato la mia famiglia! Non può restare impunito!» esclamò, stillando pura rabbia mentre pronunciava l'ultima frase.
«Non dirmelo» disse Dahlia «scommetto che il tuo magister si chiama Pretus, dico bene?»
«Come fai a conoscere quel nome?» esclamò l'uomo, sorpreso.
«Vedi Arnell, la tua famiglia non è stata l'unica ad essere uccisa da quel simpaticone» spiegò la Corvo in tono spiccio «oltre al fatto che se non lo faccio fuori io, a mia volta verrò fatta fuori da qualcuno. E la cosa non è di mio gradimento».
Arnell la guardò improvvisamente torvo «non sarai mica un bardo, vero?»
Dahlia sgranò gli occhi «che cosa? Ti sembro uno di quei bamboccioni imbellettati che sanno a malapena usare un coltello da burro?! No no, io sono un Corvo di Antiva!»
Ma a quell'affermazione l'uomo si accigliò ancora di più e sputò ai suoi piedi «tu e tutti quelli della tua risma dovreste solo sparire dalla faccia del pianeta!»
«Ma che modi! Sai penso che dovresti controllare la quantità di “r” nelle frasi...tendi a storpiare un po' troppo i discorsi, per i miei gusti!»
«Dammi solo l'occasione di liberarmi da questa prigione e...»
«Diciamo che lo farai da morto!» sogghignò Dahlia, alzando il pugnale di lazurite. Ma, mentre stava per infliggere il colpo, qualcosa la bloccò: si voltò indietro e vide che Saarebas le teneva fermo il polso.
«Saarebas?!» chiese Dahlia, sollevando un sopracciglio.
«Potrebbe esserci utile. Sa combattere e abbiamo lo stesso nemico in comune» rispose la gigantessa tranquillamente.
«La qunari ha ragione» s'intromise Fenris.
«Ragazzi, non vorrei farvelo notare, ma questo tizio mi ha appena minacciata
«È un problema tuo, bas».
La mascella di Dahlia toccò terra mentre la maga cominciava a sciogliere il ghiaccio che teneva bloccato Arnell.
«Aspetta un secondo! Non sappiamo nemmeno se vuole collaborare con noi!»
La qunari guardò prima Dahlia, poi l'uomo «ci aiuterai se ti libero?»
«Se il vostro obiettivo è trovare Pretus...allora si».
Saarebas fece spallucce e continuò a sciogliere il ghiaccio «per me può bastare».
Dahlia boccheggiò, non sapendo bene cosa dire «asp...aspetta! Almeno potresti promettere che non mi ucciderai appena verrai liberato?»
Arnell sollevò lo sguardo al cielo «non ho mai avuto intenzione di ucciderti, per lo spirito del Creatore!»
«Oh...» riuscì a dire Dahlia, prima di diventare bordeaux e rinfoderare i pugnali. Alle volte la sua natura da assassina prendeva il sopravvento, avrebbe dovuto mantenere meglio il controllo.
Arnell, finalmente libero dal ghiaccio, scostò il lungo mantello, marrone e logoro, che gli ricopriva le spalle, rivelando una balestra e un quadrello, appesi con una cinta alla schiena.
«Perchè sei venuto proprio qui a cercare Pretus?» chiese Saarebas al nuovo compagno di squadra.
«Ho spiato alcuni magister collegati a lui...tutti pesci piccoli, ma alla fine mi hanno condotto sulla via giusta» spiegò l'uomo.
«Quindi i Venatori si riuniscono in questo palazzo?»
«Non nel palazzo, c'è una camera segreta qui, da qualche parte. Stavo cercando di capire dove potesse essere l'entrata, prima che arrivaste voi!»
«Dunque? È in questa stanza?» chiese Dahlia, ancora diffidente.
«Purtroppo no, dobbiamo proseguire lungo il corridoio!».
Uscirono dalla stanza, addentrandosi nuovamente nel corridoio buio. Saarebas illuminò debolmente l'area attorno a loro, facendo crepitare una piccola fiammella al centro della mano. Arnell, con occhio esperto, studiò le pareti alla ricerca di un qualsiasi indizio utile. Infine entrarono in una sala circolare, totalmente spoglia e vuota, tranne che per un altare posto esattamente al centro.
«Mi ricorda qualcosa...» mormorò Dahlia. Arnell si avvicinò circospetto all'altare, seguito da Saarebas, Fenris ed infine Dahlia, che guardava le spalle ai suoi alleati.
Arnell studiò le figure che componevano la base di pietra: una moltitudine di draghi s'intrecciava, formando un intrico di figure decisamente complesso. Le sculture erano completamente bianche e lisce, senza imperfezioni; le mani dell'uomo si spostarono freneticamente su di esse, alla ricerca di una qualsiasi anomalia. Infine esclamò «ah-a!», afferrò un enorme smeraldo nascosto dietro la testa di uno dei draghi e lo tirò verso di sé.
Il terreno cominciò a tremare sotto ai loro piedi, mentre una lastra di marmo scivolava all'indietro, scoprendo una serie di scalini che si perdevano nel buio più totale.
Contemporaneamente, però, dall'alto cadde un'enorme grata di ferro, completa di lame acuminate alla base; i quattro saltarono lontano per salvarsi dal pericolo imminente, ma quando si rimisero in piedi scoprirono con orrore che l'aggeggio li aveva separati. La grata divideva la stanza circolare in due sezioni, isolando la parte verso l'altare, rendendo così la discesa nel buio l'unica opzione di fuga. Dahlia si trovava dalla parte opposta Da sola.
Saarebas tentò di sciogliere la grata con il fuoco, ma appena l'incantesimo toccò il ferro, quello s'illuminò di blu e rispedì una palla di fuoco tre volte più potente verso il mittente. Fenris, Arnell e la stessa Saarebas si salvarono appena in tempo, gettandosi nuovamente a terra.
«Ragazzi proseguite senza di me» disse risoluta Dahlia «troverò il modo di raggiungervi!».
Saarebas la guardò con preoccupazione, cosa insolita per lei, poi fece un cenno d'assenso e guidò gli altri due verso gli scalini bui.

Una volta rimasta sola, Dahlia fece due profondi respiri, cercando di dimenticarsi di essere all'interno di una tomba.
“È solo un palazzo, uno dei tanti che hai visitato per lavoro” ripeteva dentro di sé, mentre si sforzava di mettere un piede dietro l'altro. La stanza dell'altare era al termine del corridoio buio, così tornò indietro, comparendo di nuovo nel salone degli arazzi. Proseguì con più decisione verso il portone dorato che stava per aprire in precedenza, prima che Fenris le portasse da Arnell; i cardini scricchiolarono leggermente quando Dahlia li fece girare su sé stessi. Si ritrovò in una stanza abbondantemente illuminata, al contrario di quelle precedenti: una sala da ballo. Durante la sua carriera da assassina aveva spesso dovuto frequentare quegli ambienti, anche vestita da dama: l'addestramento dei Corvi le aveva permesso di imparare a combattere agevolmente anche indossando bustier e crinolina. Dahlia si portò al centro, ammirando rapita gli affreschi sulle pareti e sull'alto soffitto a volta: immagini di Andraste ed il Creatore, che predicavano al popolo con sguardo benevolo e rassicurante, si alternavano ad immagini di Maferath, che si disperava per il tradimento compiuto. La ragazza si avvicinò al ritratto di Hessarian, con la famosa lama sguainata e puntata verso il basso, mentre con la mano libera indicava la profetessa; accarezzò con la punta delle dita il contorno del viso di quell'uomo che aveva avuto pietà per una povera donna, messa sul rogo semplicemente perché credeva in un dio diverso.
All'improvviso lo sentì: un rumore di passi strascicati ed ovattati si stava lentamente avvicinando a lei, facendola voltare di scatto. Nella stanza erano entrate cinque figure, rinsecchite e con la pelle nera che penzolava dalle ossa, per la maggior parte in bella vista. Uno degli incubi peggiori di Dahlia si era materializzato davanti ai suoi occhi.
Per un attimo, che sembrò interminabile, il suo cervello non volle collaborare; l'assassina indietreggiò in preda al terrore cieco, fino a trovarsi con le spalle al muro, le mani che si contraevano e si rilasciavano senza riuscire a concludere nulla. Alla fine fece un enorme respiro, permettendo all'ossigeno di arrivare ai neuroni: sfoderò i pugnali e si lanciò alla carica verso il cadavere più vicino, cercando di ignorare lo stomaco in subbuglio. Piantò il primo pugnale, quello di silverite dei Corvi, nel petto della mummia, ma quella non sembrò nemmeno farci caso. L'assassina si allontanò dal nemico con un balzo, prima che potesse trafiggerla a sua volta con la spada arrugginita che si trascinava appresso. Guardò il mostro avanzare, cercando di ragionare velocemente per trovare una soluzione; nel frattempo le si era avvicinato un altro cadavere, che sollevava un'enorme ascia contro di lei. Dahlia rotolò su un fianco e recise di netto una gamba scheletrica: la creatura cadde, ma continuò a trascinarsi verso la ragazza, la quale si rialzò e corse verso il centro della stanza, per evitare di rimanere circondata dai mostri, quindi attaccò il cadavere più vicino. Con la sua fidata lama di lazurite tranciò di netto la testa, che cadde a terra con un tonfo sinistro. La creatura decapitata scivolò a terra e non si mosse più.
“Devo recidere la testa!” pensò Dahlia, che cominciava ad essere affaticata per la battaglia frenetica. Tornò verso il primo cadavere che aveva attaccato, si abbassò evitando il suo fendente e strappò il pugnale di silverite dal suo petto. Quindi fece un mezza piroetta per darsi lo slancio e lo decapitò con un unico fluido movimento, spingendo a terra il resto del corpo con un calcio. Sentì un dolore lancinante alla spalla e, quando si girò per capirne l'origine, si trovò davanti un'altra mummia che era riuscita ad avvicinarsi abbastanza per colpirla; fortunatamente l'aveva ferita solo di striscio, per cui Dahlia non perse l'occasione e le recise il capo, prima che la colpisse di nuovo. Rimasero gli ultimi due cadaveri, che si rivelarono particolarmente lenti e goffi, per cui la Corvo li finì velocemente.
Dahlia si appoggiò brevemente alla parete per riprendere fiato, ma non si permise il lusso di rimanere ferma a lungo: doveva raggiungere i suoi compagni. Raggiunse il portone dorato, opposto a quello che aveva usato per entrare nella sala da ballo, ritrovandosi in una sala buia e apparentemente deserta. Fece qualche passo incerto nell'oscurità di fronte a sé, quando all'improvviso un battito di mani, seguito da una risata crudele, fece accendere una serie di lanterne magiche appese alle pareti di marmo bianche.
Temporaneamente accecata, Dahlia si schermò gli occhi con una mano, cercando di capire di chi fosse quella risata: di fronte a sé vide una donna magister con accanto una figura incappucciata, con il volto in ombra. Riconobbe la donna per la maga che l'aveva torturata quand'era nelle segrete della magione di Pretus; la magister sollevò il suo bastone di ebano, pronta a scagliarle un'altra maledizione, ma questa volta la ragazza era pronta e riuscì a resistere alla forte magia Entropica dell'avversaria.
La donna fece un verso insoddisfatto «oh bene, dunque abbiamo una guerriera modello qui!», quindi fece un passo avanti, facendo crepitare un globo di pura energia elettrica tra le mani; Dahlia saltò di lato, appena in tempo per non finire fritta da una scarica violetta. La maga continuò a lanciarle fulmini a profusione, che la ragazza schivò con agilità. Ma Dahlia sapeva che la sua resistenza era ormai agli sgoccioli: la battaglia con i cadaveri era stata estenuante e la ferita sulla spalla pulsava dolorosamente. Così prese una decisione azzardata, lanciò il pugnale di silverite verso la maga, rischiando così di rimanere inutilmente senza un'arma.
Il suo lancio andò quasi del tutto a segno: l'arma argentea si conficcò nel fianco della magister, trapassandolo e cadendo a terra producendo un rumore metallico. La donna urlò di dolore e portò una mano al fianco colpito, che cominciava a sanguinare copiosamente.
«Maledetta!» urlò la maga dai capelli cenere «se né i cadaveri né la magia ti hanno fermata, forse ci riuscirà qualcosa di più simile a te!». Quindi fece un cenno alla figura incappucciata accanto a sé; quella estrasse dai foderi una spada ed un pugnale, slanciandosi verso Dahlia, che si preparò a parare il colpo con l'unica arma che le era rimasta. Le due lame dell'avversario scivolarono su quella di lazurite, permettendo a Dahlia di disimpegnarsi e portarsi al suo fianco. L'assassina sollevò il pugnale in alto, pronta a colpirlo a morte; l'avversario si voltò nello stesso istante, facendo scivolare il cappuccio che gli copriva il volto all'indietro.
Dahlia sgranò gli occhi, fermando la mano a mezz'aria; «tu!» esclamò sorpresa.

Saarebas percorse con passo deciso gli scalini che scendevano sempre più in profondità: dietro di sé sapeva che i suoi compagni la stavano seguendo, Fenris deciso come sempre, Arnell con una punta di timore in più. Probabilmente non aveva mai combattuto vere e proprie battaglie, si era ritrovato in quella situazione solo spinto dall'incoscienza dettata dalla voglia di vendetta.
Quando gli scalini terminarono, si ritrovarono in un corridoio stretto, dal cui fondo proveniva un mormorio basso, simile ad una cantilena.
I tre si acquattarono, avanzando cautamente per evitare di far rumore; alla fine del corridoio sbucarono in un passaggio circolare aperto verso il centro. La qunari si affacciò sbirciando al piano inferiore: sotto di loro c'era un'enorme sala circolare, completamente rivestita di marmo bianco e nero, sul cui fondo svettava una specie di pulpito di legno scuro. Davanti al pulpito vi erano disposte molte file di panche, sulle quali vi erano seduti una decina di uomini, vestiti con le lunghe tuniche tipiche dei magister del Tevinter. Essi si dondolavano su e giù, ripetendo in continuazione la stessa nenia:
«noi ti adoriamo, nuovo dio. Noi ti attendiamo, forgiatore del nuovo mondo. Noi ti salveremo dall'Oblio, nostro signore...».
«Quello è Erimond!» sibilò Fenris, indicando un magister con i capelli neri legati in una coda di cavallo.
«Dobbiamo trovare il modo di scendere» mormorò Saarebas, guardandosi attentamente attorno.
«Aspetta! Prima dobbiamo decidere una linea d'azione...sono troppi là sotto, ci annienteranno se non ragioniamo sulla tattica!» la riprese Arnell.
Saarebas sbuffò, ma dovette ammettere che l'uomo aveva ragione. Guardò Fenris: probabilmente tra loro tre era il maggior esperto per quanto riguardava le tattiche da battaglia. L'elfo sospirò, quindi snocciolò velocemente un paio di istruzioni «io e la qunari andremo di sotto e ne falceremo il più possibile, io li attaccherò frontalmente, mentre la maga li colpirà da lontano. Tu rimarrai quassù a coprirci le spalle con la balestra. Se dovessimo cadere nasconditi e attendi l'arrivo dell'assassina».
«Sempre se arriva» borbottò poco entusiasta il balestriere.
L'elfo e la qunari lo ignorarono, quindi cominciarono ad avanzare rasenti al muro, facendo attenzione a non uscire dalle ombre. Trovarono un'apertura sulla parete, che conduceva alle scale per il piano inferiore; con un cenno d'intesa, Fenris e Saarebas le scesero e si scagliarono contro i magister, cogliendoli di sorpresa. L'elfo fece roteare agilmente lo spadone sopra la testa, abbassandolo di colpo e squarciando il ventre di uno dei maghi; Saarebas ne paralizzò altri due, finendoli poi con degli spuntoni di ghiaccio. Contemporaneamente Arnell scagliò i suoi dardi con precisione estrema: colpì tre magister dritto in testa, uccidendoli sul colpo. Davanti a loro, però c'erano almeno altri cinque maghi, che, ormai ripresisi dalla sorpresa, si prepararono a scagliare le loro magie.
«Erimond devo averlo vivo!» disse Fenris, avvicinandosi alla qunari.
Saarebas annuì in risposta, quindi bloccò due incantesimi nemici erigendo una barriera di ghiaccio: a contatto con le magie, essa esplose frantumandosi in mille pezzi, uno dei quali si conficcò brutalmente nella schiena di un magister. Fenris si protesse dalle schegge rotolando dietro ad una panca di legno, che si era rovesciata a causa dell'onda d'urto creata dall'esplosione; passato il pericolo, si lanciò fuori dal riparo, falciando di colpo il braccio di un magister che aveva avuto l'ardire di avvicinarsi troppo. Quello urlò terrorizzato, fissandosi il moncherino sanguinante, mentre Saarebas lo finì con una scarica elettrica. Mancavano ancora tre magister, di cui uno era Erimond: solo allora Saarebas si rese conto che tra loro non c'era Pretus.
Controllò freneticamente tra i cadaveri, ma in nessuno di essi scorse la chioma leonina color topo dell'uomo che l'aveva resa schiava per tre lunghi anni. Possibile che fosse fuggito di nuovo?!
Arnell riuscì a ferire gli ultimi magister, che si arresero, prostrandosi di fronte allo spadone di Fenris; quest'ultimo li guardò con immenso disgusto, così decapitò i due magister, lasciando in vita Erimond.
«Ora tu verrai con me» disse l'elfo in tono minaccioso, estraendo dalla bisaccia che teneva legata alla cintura un paio di manette, il cui metallo era inciso di rune anti-magia.
«E dove vorresti portarmi, elfo?» chiese il magister, quasi sputando alla parola “elfo”.
«Hai degli amici che ti aspettano a Skyhold»
«Che cosa? Tu...tu lavori per l'Inquisizione?!» esclamò il prigioniero in preda al panico.
«Più o meno» rispose Fenris, finendo di chiudere le manette attorno ai suoi polsi.
«Dov'è Pretus?» chiese Saarebas, piantando gli occhi salvia in quelli piccoli e scuri di Erimond.
«E tu staresti cercando Pretus?» rispose quello, prima di scoppiare in una fragorosa risata «non hai nemmeno idea con chi hai a che fare!»
«Allora spiegamelo tu!»
«Pretus non è che una parte di ciò che verrà...nulla che quelli della tua stupida razza possano comprendere!»
All'ennesimo insulto gratuito, Fenris perse la pazienza e lo colpì alla nuca con l'elsa dello spadone, facendogli perdere i sensi.
«Che cos'hai fatto? Doveva rispondere alla mia domanda!» esclamò Saarebas.
«Credimi se ti dico che da questo qui non ci avresti ricavato nulla. Da quando è stato sconfitto dai Custodi Grigi ha perso prestigio e rango all'interno dei Venatori, ora ha accesso solo alle informazioni a disposizione degli iniziati»
«Sarebbe stato comunque qualcosa!»
Fenris si limitò a scuotere la testa, mentre si caricava sulla schiena il corpo del magister svenuto.
«Il mio lavoro qui è terminato. Ora va e recupera la tua amica, io riuscirò a cavarmela da solo».
«Immagino questo sia un addio» disse Saarebas, senza far trasparire alcuna emozione.
«Dipende da molti fattori. Le nostre strade potrebbero ancora incrociarsi, qunari».

La maga dai capelli cenere ghignò soddisfatta di fronte allo sbigottimento di Dahlia «non è magnifico? Quando si è lanciato coraggiosamente contro di noi per salvarti, abbiamo pensato che ci sarebbe stato più utile da vivo che da morto».
Dahlia guardò ancora il viso del ragazzo di fronte a sé: i capelli biondi spettinati, la barba corta che incorniciava il mento, gli occhi cioccolato...Julian. Era vivo ed era lì davanti a lei.
«Julian...» mormorò incredula la ragazza.
«Come fai a sapere il mio nome?» gli chiese lui con voce dura. quella voce fu una stilettata dritta al cuore dell'assassina: non l'aveva mai usata con lei, gliel'aveva sentita rivolgere solamente alle sue vittime, poco prima di infliggere loro il colpo finale.
«Cosa? Julian, sono io, sono Dahlia!»
«Non conosco nessuna Dahlia!» urlò il biondo, prima di scagliarsi di nuovo contro la ragazza.
La Corvo schivò l'attacco per poco: nonostante conoscesse tutte le tecniche del suo ex-compagno d'arme, rimaneva comunque uno degli assassini più abili della Gilda.
«Ti prego, guardami sono io! Sono qui!» disse disperata Dahlia.
La maga proruppe in una risata crudele «Ancora non l'hai capito, stolta ragazza? Il tuo amico non può riconoscerti»
«Bastardi, cosa gli avete fatto?!» urlò la Corvo.
«Oh, solo un piccolo incantesimo, per il resto non gli abbiamo torto un capello!»
Dahlia vide tutto rosso dalla rabbia: senza ragionare su quello che stava facendo, si lanciò contro la maga, ma venne intercettata dalla lama di Julian. La ragazza rotolò di lato appena in tempo, costringendosi a rivolgere nuovamente l'attenzione al biondo.
«Penso che vi lascerò soli ora» disse la maga, senza celare un smorfia di dolore «vorrei tanto potermi trattenere qui, ma a causa tua ho una ferita di cui occuparmi!»
«Maledetta!» imprecò Dahlia, guardando impotente la donna che scompariva in un fascio di luce verde.
I due Corvi si girarono attorno, studiandosi: uno con l'intento di uccidere, l'altra tentando di trovare un modo per rinsavirlo.
«Julian, per favore...devi combattere l'incantesimo!»
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose il ragazzo, scagliandosi di nuovo contro di lei, facendo roteare pericolosamente le lame vicino al suo ventre. Dahlia scartò di lato, dato che altro non poteva fare.
«Non puoi non ricordarti di me, guardami!»
«Ti ho detto che non so chi tu sia, so solo che mi hanno incaricato di ucciderti».
Dahlia scivolò sotto all'ennesimo fendente e lo colpì alle gambe con un calcio, facendolo barcollare all'indietro; cogliendo l'occasione al volo, Dahlia si portò alle sue spalle, bloccandogli un braccio contro la schiena e puntandogli il pugnale alla gola.
«So che sei forte, puoi combattere qualsiasi cosa ti abbiano fatto!»
«Smettila di parlare a vanvera!»
«Julian...mi dicevi sempre che ero il tuo “fiorellino”...»
A quelle parole un'ombra d'incertezza passò nelle iridi del biondo, facendo crescere la speranza nel petto di Dahlia. Ma l'incertezza passò subito, sostituita da fredda determinazione. Il ragazzo si voltò, facendole perdere l'equilibrio e gettandola a terra: Dahlia lo vide alzare la spada e cominciare a calarla su di lei. Chiuse gli occhi aspettando la morte, era troppo vicino per sperare di riuscire ad evitarlo.
Ma il colpo non arrivò: la Corvo aprì di nuovo gli occhi e incrociò lo sguardo cioccolato di Julian, che la fissava con gli occhi spalancati.
«D-Dahlia?». Pronunciò il suo nome con incertezza, quasi come se si aspettasse di vederla scomparire da un momento all'altro. Dal suo volto traspariva un'enorme sofferenza, come se qualcosa di invisibile lo stesse artigliando dall'interno.
«Julian! Mi riconosci?»
«Io...non riuscirò a resistere a lungo...scappa!!!» la esortò.
«No, non ti lascerò di nuovo indietro!»
«Se non lo fai finirò per ucciderti con le mie stesse mani! Devi scappare!»
«Non posso! Io...» grosse lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Dahlia, mentre lentamente si alzava in piedi per avvicinarsi al suo vecchio compagno d'avventura.
«Tornerò, te lo prometto! Ma ora...vattene...prima che...» Julian pronunciò a fatica le ultime parole, quindi il suo volto si rilassò ed i suoi occhi tornarono a stringersi pericolosamente.
Dahlia lo guardò un'ultima volta, poi con un enorme sforzo si voltò e corse verso l'uscita, prima che l'incantesimo lo possedesse del tutto.

Saarebas e Arnell si ritrovarono nel cortile del palazzo, sollevati di poter respirare nuovamente l'aria fresca della notte. Dalla cripta in cui avevano trovato i magister, avevano trovato un passaggio che conduceva direttamente all'esterno, sul retro dell'enorme tomba di marmo.
«Dove sarà l'assassina?» chiese Arnell, scrutando le ombre attorno a loro.
Saarebas si diresse decisa verso la porta da dove erano entrati all'inizio di quell'avventura, ma quando allungò la mano per aprirla, essa si spalancò di colpo. Dahlia si scaraventò letteralmente addosso alla qunari, non riuscendo a fermare la sua corsa.
«Cosa diav...? Oh siete voi!» esclamò sorpresa «non dobbiamo fermarci! Là dentro c'è Julian che...»
«Calmati bas! Di cosa stai blaterando? Il tuo compagno è morto, lo sai!»
«No, non lo hanno ucciso, gli hanno fatto un incantesimo per poterlo usare come arma contro di noi!»
«Stai dicendo che là dentro c'è un altro Corvo?» s'intromise Arnell, preoccupato.
«Si!»
«Un Corvo intenzionato ad ucciderci?»
«Si!»
«Oh...merda!» imprecò il balestriere «allora non c'è tempo da perdere! Seguitemi!»
I tre corsero attraverso i vicoli bui tra un edificio e l'altro della Grande Necropoli, cercando di lasciare meno tracce possibile del loro passaggio. Quando finalmente raggiunsero il loro accampamento stava già albeggiando; smontarono rapidamente le tende e montarono sui destrieri (Arnell per fortuna aveva il suo cavallo, un fiero animale dal manto nero come la pece ed un'unica macchia bianca sulla fronte), allontanandosi il più possibile dalla città dei morti.

«Quindi di Pretus ancora nessuna traccia?» chiese sconsolata Dahlia ai suoi compagni di viaggio.
«Per Andraste, vuoi piantarla di chiederlo in continuazione?» la rimbeccò Arnell.
L'assassina mise su il broncio «scusami tanto se speravo di mettere le mani addosso a quel sacco di pulci!»
«Come se fossi l'unica» borbottò l'uomo a mezza voce.
Saarebas sospirò: erano in viaggio solo da due giorni e già non li sopportava più quei due, che continuavano a battibeccare incessantemente.
«In ogni caso dobbiamo trovare una nuova pista» sospirò Dahlia «qualche idea?»
Arnell rimase in silenzio per qualche secondo, infine parlò «forse è venuto il momento di presentarvi qualcuno che potrebbe saperne qualcosa...»
«E di chi si tratta?»
«Un famoso scrittore, che era presente sia allo scoppio della guerra tra maghi e templari a Kirkwall, sia alla sconfitta di Corypheus»
«Stai parlando di...»
«Varric. Varric Tethras».


Note dell'autrice:
Ok, fangirl scatenate tra 3,2,1... XD eheh, vi ho giocato un brutto scherzo con Julian, ammettetelo!
Pure la mia socia in affari è rimasta sconvolta dal suo ritorno nelle scene! Detto questo, la Grande
Necropoli *____* un altro luogo che mi ha sempre affascinato da quando ne ho sentito parlare per
la prima volta (su DA:I se non ricordo male?) e che ho avuto il piacere di descrivere...ma, al contrario
di Antiva, spero di non tornarci più! Brrrr...al limite ci farò uno speciale Halloween ad ottobre! XD
Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, rinnovo l'invito a commentare: più ci scrivete,
più possiamo migliorare! Ora vi lascio nelle mani di StregattaLunatica, ci vediamo fra due capitoli!
Baci <3

 
   
 
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