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Autore: Dew_Drop    26/05/2015    2 recensioni
Dal testo: "Alec si lasciò andare contro lo schienale e chiuse gli occhi. Una statua di resa, esasperazione, sgomento. Rivisse mentalmente il momento in cui, il giorno prima, sua sorella lo aveva scovato a bisticciare con Jace e se n’era uscita con il suo famoso: “Siete ridicoli, tutti e due! Dovreste mettervi nei panni dell’altro, ogni tanto. Farebbe bene ad entrambi”. Appunto, nei panni dell’altro. Solo che, nel suo caso, i panni dell’altro erano panni eterosessuali. Oh, Raziel."
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Già. Cosa accadrebbe se a qualcuno venisse la grande idea di proporre a Jace e ad Alec uno scambio di ruoli? Dareste loro qualche speranza? Avanti, stiamo parlando del ragazzo più etero e di quello più gay al mondo alle prese con una sfida biblica: adottare per un solo giorno le preferenze sessuali dell'altro. Affetto fra parabatai, lo chiamano.
Appunto. Secondo me, dicevo, di speranze non ce ne sono.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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1. Si accettano scommesse?


1. Si accettano scommesse?

 

«Cosa ne penso?» Magnus, in piedi nel bel mezzo del salotto, rimase ad osservare gli ospiti per un lungo istante, le braccia incrociate e l’espressione grave e assorta. C’era una certa intensità, nel suo sguardo, che suggeriva il sincero impegno cui si stava affidando per soddisfare le loro aspettative. E c’era anche perplessità, quella sarcastica, quella che sa di ammutolita e teatrale sorpresa. «Ovvero siete venuti a casa mia solo per chiedermi cosa ne penso? Il fatto che il Presidente abbia lasciato la stanza deve farvi riflettere: con il vostro autoinvito avete interrotto la sua toeletta.»

«C’era qualcuno che teneva ad avere un tuo parere», lo incalzò Jace, piantato vicino al divano. «Ah, non sono io.»

Alec, sprofondato nella poltrona, girò gli occhi in quella che ebbe tutta l’aria di un’imprecazione mentale. Giusto perché dirne non gli piaceva. In faccia aveva un’espressione grigia, rigida come marmo. Non rilasciò commenti.

L’idea di passare dallo stregone era stata sua. Quella che precedeva questa conseguenza, quella che aveva teso un filo dell’alta tensione fra lui e il suo parabatai, era invece stata di Izzy. A voler essere sinceri, e lo riconosceva, si era trattata di una proposta sbadata, gettata sul tavolo con una certa noncuranza durante uno dei soliti battibecchi, con il problema che a lei era piaciuta. Ed era piaciuta anche a Clary. C’erano volte in cui era sicuro che quelle due assieme godevano enormemente nel mettere alla prova il suo particolarissimo rapporto con Jace.

Magnus buttò un sospiro e fece qualche passo, muovendosi con lo stesso atteggiamento di un gatto infastidito da schiamazzi umani. Le sue dita ingioiellate avevano preso a muoversi appena, a tamburellare le braccia con metodica leggerezza, quasi a voler dichiarare l’incommensurabilità del favore che stava loro facendo. Non sarebbe stato troppo restio a dare la propria opinione se solo quell’allegro gruppetto avesse deciso di passare il giorno dopo; aveva troppe cose da fare, quella sera, e non gli andava di spendere tempo per un gioco così idiota. Arricciò il naso, consapevole degli occhi che lo seguivano, e aggrottò le sopracciglia in un gesto di muto assenso, solo per il gusto di gustarsi l’attesa cui li aveva relegati. Poi, tutto d’un tratto, si fermò, si voltò verso Isabelle, a cui era toccato il compito di spiegare la faccenda, e chiese, nel tono serio e interessato di un possibile acquirente:

«Si accettano scommesse?»

Una domanda netta. Se a Jace cascò quasi la mandibola, uno solo dei tanti dettagli che gli inchiodarono in faccia un’espressione di tradita incredulità, Alec si strofinò il volto fra le mani e si lasciò sfuggire un verso, qualcosa di simile al mugolio di un animale ferito. O forse era un borbottio. O entrambe le cose.

Quanto ad Isabelle, accomodata sul bracciolo del divano, sfilò un sorriso eloquente. «Si può combinare qualcosa.»

«Non puoi dire sul serio!»

«Jace, sei melodrammatico.»

Jace si rivolse al padrone di casa, offeso quanto potrebbe esserlo un eroe shakespeariano. «Magnus, mi deludi.»

«Questo non intacca la mia reputazione», si giustificò lo stregone. «Volevate un mio parere e io l’ho dato. Sono interessato, a patto che possa divertirmi anche io.»

«Non sarà divertente», biascicò Alec, con la faccia ancora affondata nei palmi.

«Su, coriandolo, non esagerare. Non può essere così tremendo.»

«Ti ho già detto che anche “coriandolo” non va bene.»

«Non capisco tutta questa vostra indisposizione. Trovo che sia un’idea meravigliosa.» Magnus buttò nel camino uno spruzzo azzurro, dando fuoco alla legna già pronta da ardere. Solo una scintilla, complice il lancio piuttosto sbarazzino, finì fuori, spegnendosi contro il marmo in una sottile linea di fumo. «Evitiamo la vecchia storia che vuole che i Nascosti non sappiano niente di queste cose: siete parabatai, è un vincolo raro e sacro. Mettersi per un giorno nelle scarpe dell’altro sarebbe un gesto onorevole.»

«Il giuramento lo ricordo» osservò Jace, pungente, «ma non credo che nella frase “dove andrai tu, andrò anche io” siano compresi tutti i casi. Parafrasando, non penso che Raziel mi voglia vedere andare a uomini.»

Alec lasciò cadere le mani e fissò lo sguardo su di lui. «Non mi è giunta notizia che Raziel sia omofobo.»

«Non è quello che ho detto.»

«Io penso volesse dire» li interruppe Izzy, alzando la voce quanto bastava per infilarsi tra le loro frecciatine, «penso che Jace intendesse che le scommesse sarebbero inutili, dato che nessuno di voi sarebbe in grado di fare meglio dell’altro, ma tentare non nuoce.»

«L’hai detto.» Il Sommo Stregone sorrise con palese delizia ed entusiasmo. «E poi si tratta solo di un giorno. La persona più etero e quella più gay del mondo che si scambiano i ruoli... è elettrizzante: mi sembra di essere tornato ai tempi di Tesla. A voi no?»

«Mi spiace non poter condividere, ma ancora non c’eravamo», puntualizzò Jace.

«Era per fare un po’ di poesia. Hai rovinato il momento.»

«Sei proprio sicuro di voler lasciare che il tuo ragazzo ci provi con le donne, anche se solo per una stupida sfida?»

«Sì», fu la serafica risposta. «Non posso essere geloso. Tanto so che non ha speranze, e lo stesso vale per Clary con te.»

Alec si lasciò andare contro lo schienale e chiuse gli occhi. Una statua di resa, esasperazione, sgomento. Rivisse mentalmente il momento in cui, il giorno prima, sua sorella lo aveva scovato a bisticciare con Jace e se n’era uscita con il suo famoso: “Siete ridicoli, tutti e due! Dovreste mettervi nei panni dell’altro, ogni tanto. Farebbe bene ad entrambi”. Appunto, nei panni dell’altro. Solo che, nel suo caso, i panni dell’altro erano panni eterosessuali. Oh, Raziel.

«Trovi la cosa divertente solo perché tu non avresti problemi», stava intanto dicendo Jace, il dito impietosamente puntato contro Magnus. «Tu infili il piede in qualunque scarpa, e mi trattengo dal tradurre.»

Lo stregone non si mosse. Portava avanti la causa senza scomporsi, fiero e ritto nel bel mezzo del tappeto. «Non fare di questa storia la tua scusante. Inoltre la tua affermazione è incorretta, dato che ho di recente modificato la mia patente sessuale.»

«La tua cosa

«Dopo “bisessuale disinvolto” ho aggiunto “salvo Alexander”. Piuttosto chiaro, direi. Quindi sì, anche io avrei problemi a sostenere una sfida del genere, ma lo farei per divertimento. E solo dopo aver presentato la già citata patente, per mettere in chiaro le cose.»

Jace lo guardava un po’ come si guarderebbe un lampione parlante. La foga della sua invettiva si era slavata in un’espressione di attonito e impressionato stupore. «Tu non sei normale.»

«No, infatti. Il mio nome comincia per M.» Detto ciò, Magnus si voltò verso Alec, senza però muovere un solo passo. «Se è stato il timore della mia reazione a convincerti a chiedere prima il mio parere, non angustiasti. Non mi sentirò tradito.»

Nel suo tono c’era un tale sentimento di drammaticità televisiva da persuadere Alec a riaprire gli occhi per sostenere il suo sguardo. «Non era questo il punto», rispose. «Piuttosto, speravo e credevo che avresti detto di no. Sai benissimo che non mi piace mettermi in gioco. Quest’idea della mia giornata da etero è la cosa più stupida che potesse venire fuori. È matematicamente impossibile, non riuscirei a fingere per un solo secondo.»

Dall’altra parte del salotto si sollevò una mano. Jace. «Confermo. Non per demotivarti.»

«Nessun problema.»

«Però siete d’accordo che è una trovata originale», ricominciò Izzy, dondolando la gamba che teneva accavallata. «È un bel modo per dimostrare il vostro legame come parabatai. Non posso credere che non troviate carino calarvi nei panni dell’altro.»

«Un modo carino?» proruppe Jace, gli occhi scattati su di lei come lingue di serpente. «Trovi carino che io debba per un giorno guardare il sedere degli uomini? Senza offesa, Alec.»

«Questo è solo un insensato luogo comune», si difese lui, con un certo impeto. «Essere gay non vuol dire fissare il... il didietro di tutti quelli che passano.»

Magnus aprì le braccia ad indicare entrambi. «Visto? È assodato. Non riuscite a capire il mondo dell’altro, e questa è una cosa imperdonabile tra due parabatai.»

«Magnus, per favore...»

«Non adesso, fogliolina», lo bocciò il Sommo Stregone, sventagliando la mano con cui lo indicava quasi potesse passargli un cancellino sulle labbra. «Si tratta di mancanze che devono essere riparate. Ognuno ragiona sulla sessualità dell’altro tramite vuoti luoghi comuni.»

«All’improvviso ti sei trasformato nel più accanito sostenitore di questa follia. Potevi dire sin da subito che la circostanza ti piaceva, senza prenderti del tempo per passeggiare sul tappeto come Platone tra gli ulivi», lo beccò Jace, visibilmente contrariato.

«Se vuoi saperlo, una volta ho provato a piantare degli ulivi qui in salotto. L’idea mi ispirava giovinezza, filosofia e natura» spiegò il padrone di casa, «ma lo stile dei fanciullini greci mi ha ben presto stancato.»

«Che strano.»

Se c’era della malizia in quella risposta, Alec evitò di soffermarvisi. «Allora è un sì?» chiese. Più o meno come un uomo che domanda quando salirà sul patibolo. «È definitivo?»

Isabelle arricciò le labbra. «Il tuo entusiasmo è illuminante. Potresti almeno ringraziarmi.»

«Ringraziarti? Ti rendi conto della situazione in cui mi hai messo?»

«Ci hai messo», lo corresse Jace. Aveva incrociato le braccia e i suoi occhi passarono dal parabatai a Izzy in poco meno di un secondo. Non c’era bisogno di impegnarsi per leggergli in faccia l’indisposizione più assoluta. La sua mandibola era rigida come quella di un mastino in procinto di spiccare il balzo. «È vero, abbiamo visioni del mondo un po’ diverse, ma questo non significa che non siamo buoni compagni in battaglia.»

«Quanto militarismo. Tipico.» Magnus si mosse e si lasciò sedere sul bracciolo della poltrona, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Alec, neanche avesse violato un confine invalicabile. Non ci badò; quella del Nephilim, e lo sapeva con certezza, era la rabbia passeggera di un capriccio infantile. Un altro lato che gli faceva guadagnare punti. «Esiste un momento in cui non pensi al tuo istinto per la devastazione?»

«Non voglio deluderti, davvero, ma no.»

«Stavolta la questione è diversa», lo riprese lo stregone, in un tono di voce volutamente leggero e civettuolo. «Alexander lo ha sicuramente capito, anche se non vuole ammetterlo. Vero, nocciolina?»

Alec si mosse un poco, evitando con premeditazione lo sguardo dei presenti e puntandolo verso il caminetto acceso. Non teneva a rilasciare dichiarazioni. Quel suo sciopero della parola convinse il padrone di casa a chinarsi un poco verso di lui e a soffiargli in un orecchio, un gesto accompagnato da un sorrisetto vago e divertito:

«Non fare l’offeso.»

«Non soffiarmi nell’orecchio. E non sono offeso; sono seccato.»

«Già, con il problema che le tue emozioni sono monocrome come una vergognosa gamma di grigi. O come il tuo vestiario», aggiunse l’altro, sempre con un’espressione di deliziata ironia, salvo poi ritrarsi di colpo con un giocoso lamento quando il Nephilim gli mollò uno schiaffo bruciante sulla gamba.

Jace, che aveva forzato se stesso al silenzio mentre si consumava quel siparietto, alzò le mani di punto in bianco e le lasciò cadere. «Okay, basta. Va bene.»

«Ti butti nella mischia così, all’improvviso?» lo pizzicò Izzy.

«No, non per ispirazione divina. Lo faccio solo perché so che altrimenti tu e Magnus sareste in grado di tirarci scemi.»

«Finalmente ci sei arrivato.»

«Alec?» la ignorò il ragazzo. Nella sua voce si indovinava la frase “diamo lo zuccherino ai cavalli”. «Non rendere le cose ancor più difficili.»

Il parabatai sollevò gli occhi nei suoi, blu nell’ambra. Il suo era il tipico sguardo poco raccomandabile di un gatto la cui unica voglia è sfigurare le prime facce che si trova davanti. In barba al sentimento che gli si leggeva in volto, sventolò la mano in un gesto svagato e si strinse nelle spalle, tornando poi con le pupille fisse in un punto non ben definito del pavimento. Okay, voleva dire. Va bene, basta che finisca il più in fretta possibile.

A quella conferma, Magnus batté le mani, neanche equivalesse al martelletto di un giudice. «Andata!»

«“Andata”?» chiese Jace, dichiaratamente colto alla sprovvista.

«Andata. Non è così che dite voi giovani?»

Alec buttò uno sbuffo, reclinò il capo contro lo schienale e si passò le mani sul viso un paio di volte. Sembrava si stesse sciacquando di dosso quell’ultima, raccapricciante uscita dello stregone.

Quanto ad Isabelle, le reazioni del fratello le scivolavano addosso come acqua piovana. Non aveva ancora smesso di rivolgere a tutti quanti un radioso sorriso da imbonitrice. «Allora quando si comincia? Domani?»    

«Domani», tagliò corto Jace. «Il primo e unico giorno. Giuralo sull’Angelo.»

Lei si soffiò via dalla fronte una ciocca scura e cantilenò, dondolando il piede: «Lo giuro sull’Angelo.»

«Magnus?»

«Non posso giurare su un bel niente, ma mi impegnerò per farti credere di averlo fatto», rispose lo stregone. Le sue labbra erano arricciate in un bel sorriso soddisfatto. «Però ho ancora una domanda. C’è una cosa che abbiamo lasciato in sospeso.»

«Illuminami, allora, prima che io cambi idea.»

« ...Ma allora le scommesse si accettano, vero?»


Oh, Raziel, perché?

Sapete, questa ff è il mio esordio nel fandom, anche se conosco la saga da mesi. Cose da sapere su di me? Malec. Fine. Applausi!  _ Ok, basta (?) <3 Era da parecchio che scrivevo solo originali, ed era anche da tanto che mi ero ripromessa di fare questo, ehm, esperimento, ovvero di proporre uno "scambio di ruoli" fra Jace e Alec. Perché mi sono sempre chiesta, con la sclerotica complicità di mia sorella, come e se Jace vivrebbe una giornata da gay e come e se Alec vivrebbe una giornata da etero. Ovviamente non può essere una storia seria, su questo non piove *yep* Avanti, sono parabatai; mettersi nelle scarpe dell'altro anche se solo per una sfida è un chiaro segno di affetto e complicità reciproche. Ah, quanto al fattore temporale, pensate alla fine del sesto libro di TMI, andate avanti di qualche mesetto... Ecco, ci siete, benvenuti. (?)

Non ho idea di quanti capitoli saranno, so solo che ho in testa un po' di scenette da condividere con voi. Spero, e prego, di non andare OOC - la circostanza è insolita, okay, e riconosco che sfidarsi a scrivere di uno scambio di ruoli del genere potrebbe portarmi a traviare un poco i personaggi. Non è il mio obiettivo e quindi, se notate dei WTF estremi, ditemelo. Supportatemi - e sopportatemi, non si sa mai. In barba alla stupidità di questa cosa (?), voglio cercare di rendere una certa credibilità.

...Jace che finge di essere omosessuale e Alec che tenta di corteggiare le donne? AHAH, ok, già l'idea non è credibile. Scusa, Raziel

Dew_







   
 
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