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Autore: LePableu    27/05/2015    2 recensioni
L'avventura di un uomo senza più ricordi né averi solo in un'isola deserta in una sfida contro l'oceano per recuperare la memoria e la sua vita.
Genere: Avventura, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#2 Naufragio
Vedevo tutto in bianco e nero come se stessi rivivendo un ricordo molto lontano, un ricordo che non mi sembrava il mio.
Il corridoio di quella nave dove io e lei ci eravamo rifugiati mentre tutti gli altri festeggiavano sul ponte, i nostri costumi preparati con cura per quella festa in maschera, io ero un conte medievale, lei aveva quel buffo vestito di Cleopatra candido come le nuvole che coprivano il cielo notturno.
La nostra attenzione venne richiamata dalle urla che improvvisamente si sentirono dalla coperta.
‘Il faro lampeggia, il faro lampeggia!’
Quando quelle parole ruppero la nebbia e si propagarono per tutta la nave la nostra vita cambiò.
La vita di quei 20 giovani che si trovavano a bordo dello yatch cambiò radicalmente.
Gli ultimi istanti di vita di molti di loro non furono altro che una offuscata visione del fondale marino.
‘Dobbiamo allontanarci dalla costa’
‘Non possiamo lasciare la città in preda al nemico’
‘Ci uccideranno’
‘Dobbiamo fuggire’
Tutti urlavano il loro rimedio ma tutti sapevamo cosa avremmo scelto, eravamo giovani e quella guerra ci spaventava, il faro era il segnale.
Andammo al largo.
I motori si riaccesero con un forte rumore.
Forse è stato quel rumore a svegliarmi, forse il mio sogno si interrompeva lì, ma è questo che era, un sogno.
Un sogno… oppure un ricordo che tentava di riaffiorare.
Sta di fatto che nulla di tutto ciò era reale, quello che vedevo era la mia casa finalmente terminata sull’isola che da più di un mese mi teneva prigioniero e quel pavimento di legno sul quale mi ero ormai abituato a dormire.
Mi ero abituato un po’ a tutto, a vivere di ciò che quell’isola mi offriva e ad apprezzare ogni semplice cosa che l’oceano donava, il profumo di pesce arrostito così come i miei vestiti appena puliti nella riserva d’acqua dolce che avevo trovato scavando in miniera.
Avevo tutto ciò che mi serviva, ma il vuoto nella mia mente era ancora un fardello troppo pesante per me.
Mi ricordai di quando un paio di settimane prima ero stato attaccato da uno scheletro sull’isola  vicina, era giunto il momento di ritornarvi, stavolta di giorno, almeno avrei avuto meno paura.
Anche stavolta però l’isola non era deserta, sentii un rumore arrivare dal bosco. Impugnai la spada che avevo fabbricato e corsi tra gli alberi ma con grande sorpresa mi trovai davanti una piccola pecora.
Finalmente qualcosa di vivo dopo tanto tempo.
Non ebbi il coraggio di ucciderla, pensai che mi sarebbe piuttosto tornata utile per la lana, scelsi quindi di portarla con me sulla barca.
Le costruii un recinto e la tosai. Ottenni così la lana sufficiente a costruirmi, finalmente, un letto.
Passai lì la notte, in casa, al caldo, in quel torpore che mi fece però sentire ancora più nostalgia di quello che doveva essere stato il mio passato. Dovevo agire, se non potevo tornare alla mia vita dovevo almeno scoprire che cosa avevo perso.
Il palo che a ogni bassa marea riaffiorava dalle acque mi avrebbe aiutato, raccolsi il necessario e la raggiunsi con la barca.
Mi immersi e nuotai fino alla base del palo che scoprii, aprendo a fatica gli occhi, essere nient’altro che l’asta di una bandiera situata sul ponte di uno yatch. Mi avvicinai sempre più e riuscii a entrarvi mettendo a dura prova i miei polmoni.
Improvvisamente un cadavere mi passò davanti agli occhi trasportato dalle correnti, aveva un busso vestito da agente segreto, ne vidi un altro aggrappato alla porta di una stanza, lui era vestito da generale.
Mi accorsi che non potevo più trattenere il fiato e iniziai a risalire.
Mentre nuotavo per tornare su vidi l’acqua diventare da blu a grigia, tutto intorno a me era di nuovo in bianco e nero, come nel sogno della sera prima.
Solo che adesso sentivo sempre meno urla, tra le mani stringevo il lembo del vestito di cleopatra per il quale avevo trattenuto lei mentre la barca veniva travolta dall’onda. Non avremmo dovuto andare al largo, lì dove quella dannata tempesta ha distrutto lo yatch gettando nell’abisso quelle diciannove vite. Solo io sono sopravvissuto.
Tornato a galla, riacquistata la visione dei colori non persi un attimo e mi rituffai, dovevo trovarla, dovevo ritrovare Cleopatra, avevo perso la memoria ma da quando l’avevo sognata ho sentito riaffiorare i miei sentimenti per lei come quell’amicizia che mi legava a tutti gli altri.
Passò il pomeriggio.
Lei non riaffiorò, non la trovai e scelsi di arrendermi.
Rimisi in piedi quei pochi ricordi che avevo: mi trovavo in una festa sullo yatch, a un certo punto un faro ci ha avvertito di prendere il largo e lì siamo stati travolti da una tempesta.
Tutto qui.
Mi sedetti sconfortato accanto al recinto della pecora.
Adesso cosa avrei fatto? Il mio destino era di rimanere tutta la vita su quell’isola.
Era ormai sera e io alzai lo sguardo verso le stelle cercando una risposta.
Incredibilmente quella risposta arrivò.
Me la diede una stella.
Una stella che si accendeva… e si spegneva… si accendeva e si spegneva.
Guardai meglio quel pallino luminoso… quella non era una stella…
   
 
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