Anni ed anni di vita. Tu,
ferma davanti a quella finestra, guardando fuori, aspettavi che qualcosa
cambiasse, mentre tutti ti giudicavano sbagliata, stupida. Ti deridevano.
Inutile sognare…,
dicevano.
E tu, a quelle parole, non
potevi che abbassare la testa e restare in silenzio. Incapace di rispondere, ti
attaccavi maggiormente a ciò che sognavi.
Se non sogni, quale sogno,
potrà mai avverarsi?!?
Laß mich träumen…
Cammino, per la mia città,
gli occhi rivolti verso il cielo, la mente altrove mentre l’ipod mi spara a
palla la musica nelle orecchie. Ignoro, gli sguardi della gente. Sono anni
ormai che, volente o nolente, sono al centro dell’attenzione.
Manie di grandezza?!?, penserete.
Si, forse…ma non è solo
quello. Chissà perché, ma c’è sempre qualcuno che, non avendo nulla da fare, si
ferma ad osservarmi.
E’ diventato talmente
naturale, che oramai, non ci faccio più nemmeno caso.
Cammino, riflettendo,
sognando ad occhi aperti, pensando a quando, un giorno, incontrerò “lui”.
Un secondo, arrossisco solo all’idea, mentre la nausea mi prende subito alla
bocca dello stomaco. Mi fermo, un attimo, gettando un’occhiata ad una vetrina,
senza vederla realmente.
Penso, Io e “lui”.
Sospiro, poi, lentamente,
mi volto, andando a sbattere contro un ragazzo alto almeno 30 centimetri più di
me, e largo almeno il doppio. La botta è tale che, quando riapro gli occhi,
chiusi involontariamente, mi ritrovo a terra.
Lui, la pelle più scura
della mia, un cappello in testa ed un paio di occhiali da sole enormi, che gli
celano gran parte del viso, mi osserva un secondo, immobile.
“Ehi!” mi lamento subito
io, un po’ indignata, pensando che il mio aggressore, oltre ad essere una
montagna, sia pure un gran maleducato “Cosa aspetti a darmi una mano?!?”
Lui, mi guarda ancora, mi
scruta, riflettendo fra sé, prima di rispondere “Perché?!? Non sei capace di
rialzarti da sola, ragazzina?” Un secondo, un sorriso di scherno appare sul suo
volto.
Io sgrano gli occhi,
completamente allibita. Corrugo le sopracciglia poi, senza più attendere, mi
rimetto in piedi, fronteggiandolo. “Idiota!” esclamo, la voce irritata. “Non
puoi mica andare in giro ad abbattere le persone e poi far finta di niente! Chi
ti credi di essere?!?”
Lui, sorride ancora, alza
le sopracciglia. “Dalle tue parole” inizia “…sembra che tu non abbia la minima
idea di chi io sia…” conclude, dandosi delle arie.
Io, che gli arrivo a
malapena a metà petto, alzo le sopracciglia, sempre più esterrefatta. Sorrido,
maligna “Ti sbagli!” rispondo subito “So perfettamente chi sei! Un gran cafone!”
urlo.
Un secondo.
Il viso di lui si
irrigidisce. Sento, la tensione che aumenta, tra di noi e, contemporaneamente,
lo sguardo di tutti i passanti puntati nella nostra direzione.
Fuori di me dalla rabbia,
il viso rosso, cerco di calmarmi e, man mano che ci riesco, realizzo per
l’ennesima volta quanto il mio interlocutore sia fisicamente più forte di me.
Sentendomi un idiota, deglutisco, sperando di non essermi cacciata in un guaio,
anche stavolta, per colpa della mia impulsività.
Abbasso un secondo lo
sguardo, fissando le mani di lui. Due badili.
Deglutisco.
Un momento di silenzio.
Deglutisco di nuovo, prima
di rialzare lo sguardo.
Potrai anche darmele, ma
io la soddisfazione di abbassare lo sguardo non te la do!, penso, ricominciando
a fissare il viso fermo di lui.
Gli sguardi della gente
ancora su di noi.
Un altro secondo.
“Pensi davvero che lui le
metterà le mani addosso…?” sento bisbigliare alla mia destra.
Io e lui ci voltiamo di
scatto, per vedere chi ha parlato.
Una ragazzina, fa un salto
indietro, urlando “Scusate!” prima di scappare a gambe levate con l’amica con
cui stava parlando.
Sposto di nuovo lo sguardo
su di lui. Il ragazzo ora mi sorride, complice. Un secondo dopo, una mano
enorme, mi accarezza la testa, sistemandomi una ciocca di capelli via dal viso.
“Hai fegato, ragazzina…”
dice, prima di sorridermi ancora.
Io lo guardo, allibita,
completamente spiazzata. Tutto, mi sarei aspettata, tranne questo.
Lui sorride ancora. “Ti
offro una birra, vieni!” esclama ancora.
Io, come un automa, senza
sapere perché, lo seguo, in trance.
Un unico pensiero, ronza
nella mia testa.
Regola numero 1: Non
fermarti mai alle apparenze…
Dieci minuti.
Mi trovo seduta nel bar
più chic della città.
Lui, seduto davanti a me,
si leva il piumino ed io, improvvisamente, noto la maglia extra-large che
indossa. Superfluo, parlare dei suoi pantaloni, talmente lunghi che il cavallo
gli arriva più o meno all’altezza delle ginocchia. Sorrido, mentre lui, mi
osserva, senza capire.
“Perché ridi?” domanda.
Mi mordo le labbra, per
non continuare a ridere. “Così…” rispondo, mentre lui mi porge la carta.
Un secondo.
Prima di aprirla, prendo
un bel respiro, preparandomi psicologicamente ai prezzi astronomici che ci
troverò.
Un altro secondo.
Lui, gli occhiali da sole
ancora sul naso, scoppia a ridere. “Tranquilla, pago io…”
Appoggio lo sguardo sui
prezzi, sgrano gli occhi, poi lo osservo in volto “Ma sei un gangster?!?”
domando, giusto per avere un’idea di chi mi sta di fronte.
Lui ride ancora. “Vedi che
allora davvero non sai chi sono io….” Risponde, continuando a sorridermi.
Mi mordo di nuovo le
labbra, scrutandolo, cercando di capire se ho mai visto il suo volto prima. Non
mi viene in mente niente, perciò sospiro.
Lui sorride ancora “Non
sono un gangster, ma un cantante…”
Io, sbatto le palpebre,
sconvolta. Tutto mi sarei aspettata, tranne questo.
Un secondo dopo, lui
allunga la mano destra nella mia direzione, riscuotendomi dai miei pensieri.
“Bushido…” conclude,
presentandosi.
Stringendo la mano di
Bushido, non potevo immaginare che sarebbe stato proprio il cantante-gangster a
farmi conoscere “lui”…
Continua…