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Autore: Meer    06/01/2009    0 recensioni
Anni ed anni di vita. Tu, ferma davanti a quella finestra, guardando fuori, aspettavi che qualcosa cambiasse, mentre tutti ti giudicavano sbagliata, stupida. Ti deridevano. Inutile sognare…, dicevano. E tu, a quelle parole, non potevi che abbassare la testa e restare in silenzio. Incapace di rispondere, ti attaccavi maggiormente a ciò che sognavi. Se non sogni, quale sogno, potrà mai avverarsi?!?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Anni ed anni di vita

Anni ed anni di vita. Tu, ferma davanti a quella finestra, guardando fuori, aspettavi che qualcosa cambiasse, mentre tutti ti giudicavano sbagliata, stupida. Ti deridevano.

Inutile sognare…, dicevano.

E tu, a quelle parole, non potevi che abbassare la testa e restare in silenzio. Incapace di rispondere, ti attaccavi maggiormente a ciò che sognavi.

 

Se non sogni, quale sogno, potrà mai avverarsi?!?

 

 Laß mich träumen…

 

Cammino, per la mia città, gli occhi rivolti verso il cielo, la mente altrove mentre l’ipod mi spara a palla la musica nelle orecchie. Ignoro, gli sguardi della gente. Sono anni ormai che, volente o nolente, sono al centro dell’attenzione.

 

Manie di grandezza?!?, penserete.

 

Si, forse…ma non è solo quello. Chissà perché, ma c’è sempre qualcuno che, non avendo nulla da fare, si ferma ad osservarmi.

E’ diventato talmente naturale, che oramai, non ci faccio più nemmeno caso.

Cammino, riflettendo, sognando ad occhi aperti, pensando a quando, un giorno, incontrerò “lui”. Un secondo, arrossisco solo all’idea, mentre la nausea mi prende subito alla bocca dello stomaco. Mi fermo, un attimo, gettando un’occhiata ad una vetrina, senza vederla realmente.

Penso, Io e “lui”.

Sospiro, poi, lentamente, mi volto, andando a sbattere contro un ragazzo alto almeno 30 centimetri più di me, e largo almeno il doppio. La botta è tale che, quando riapro gli occhi, chiusi involontariamente, mi ritrovo a terra.

Lui, la pelle più scura della mia, un cappello in testa ed un paio di occhiali da sole enormi, che gli celano gran parte del viso, mi osserva un secondo, immobile.

“Ehi!” mi lamento subito io, un po’ indignata, pensando che il mio aggressore, oltre ad essere una montagna, sia pure un gran maleducato “Cosa aspetti a darmi una mano?!?”

Lui, mi guarda ancora, mi scruta, riflettendo fra sé, prima di rispondere “Perché?!? Non sei capace di rialzarti da sola, ragazzina?” Un secondo, un sorriso di scherno appare sul suo volto.

Io sgrano gli occhi, completamente allibita. Corrugo le sopracciglia poi, senza più attendere, mi rimetto in piedi, fronteggiandolo. “Idiota!” esclamo, la voce irritata. “Non puoi mica andare in giro ad abbattere le persone e poi far finta di niente! Chi ti credi di essere?!?”

Lui, sorride ancora, alza le sopracciglia. “Dalle tue parole” inizia “…sembra che tu non abbia la minima idea di chi io sia…” conclude, dandosi delle arie.

Io, che gli arrivo a malapena a metà petto, alzo le sopracciglia, sempre più esterrefatta. Sorrido, maligna “Ti sbagli!” rispondo subito “So perfettamente chi sei! Un gran cafone!” urlo.

Un secondo.

Il viso di lui si irrigidisce. Sento, la tensione che aumenta, tra di noi e, contemporaneamente, lo sguardo di tutti i passanti puntati nella nostra direzione.

Fuori di me dalla rabbia, il viso rosso, cerco di calmarmi e, man mano che ci riesco, realizzo per l’ennesima volta quanto il mio interlocutore sia fisicamente più forte di me. Sentendomi un idiota, deglutisco, sperando di non essermi cacciata in un guaio, anche stavolta, per colpa della mia impulsività.

Abbasso un secondo lo sguardo, fissando le mani di lui. Due badili.

Deglutisco.

Un momento di silenzio.

Deglutisco di nuovo, prima di rialzare lo sguardo.

Potrai anche darmele, ma io la soddisfazione di abbassare lo sguardo non te la do!, penso, ricominciando a fissare il viso fermo di lui.

Gli sguardi della gente ancora su di noi.

Un altro secondo.

“Pensi davvero che lui le metterà le mani addosso…?” sento bisbigliare alla mia destra.

Io e lui ci voltiamo di scatto, per vedere chi ha parlato.

Una ragazzina, fa un salto indietro, urlando “Scusate!” prima di scappare a gambe levate con l’amica con cui stava parlando.

Sposto di nuovo lo sguardo su di lui. Il ragazzo ora mi sorride, complice. Un secondo dopo, una mano enorme, mi accarezza la testa, sistemandomi una ciocca di capelli via dal viso.

“Hai fegato, ragazzina…” dice, prima di sorridermi ancora.

Io lo guardo, allibita, completamente spiazzata. Tutto, mi sarei aspettata, tranne questo.

Lui sorride ancora. “Ti offro una birra, vieni!” esclama ancora.

Io, come un automa, senza sapere perché, lo seguo, in trance.

Un unico pensiero, ronza nella mia testa.

 

Regola numero 1: Non fermarti mai alle apparenze…

 

Dieci minuti.

Mi trovo seduta nel bar più chic della città.

Lui, seduto davanti a me, si leva il piumino ed io, improvvisamente, noto la maglia extra-large che indossa. Superfluo, parlare dei suoi pantaloni, talmente lunghi che il cavallo gli arriva più o meno all’altezza delle ginocchia. Sorrido, mentre lui, mi osserva, senza capire.

“Perché ridi?” domanda.

Mi mordo le labbra, per non continuare a ridere. “Così…” rispondo, mentre lui mi porge la carta.

Un secondo.

Prima di aprirla, prendo un bel respiro, preparandomi psicologicamente ai prezzi astronomici che ci troverò.

Un altro secondo.

Lui, gli occhiali da sole ancora sul naso, scoppia a ridere. “Tranquilla, pago io…”

Appoggio lo sguardo sui prezzi, sgrano gli occhi, poi lo osservo in volto “Ma sei un gangster?!?” domando, giusto per avere un’idea di chi mi sta di fronte.

Lui ride ancora. “Vedi che allora davvero non sai chi sono io….” Risponde, continuando a sorridermi.

Mi mordo di nuovo le labbra, scrutandolo, cercando di capire se ho mai visto il suo volto prima. Non mi viene in mente niente, perciò sospiro.

Lui sorride ancora “Non sono un gangster, ma un cantante…”

Io, sbatto le palpebre, sconvolta. Tutto mi sarei aspettata, tranne questo.

Un secondo dopo, lui allunga la mano destra nella mia direzione, riscuotendomi dai miei pensieri.

“Bushido…” conclude, presentandosi.

 

Stringendo la mano di Bushido, non potevo immaginare che sarebbe stato proprio il cantante-gangster a farmi conoscere “lui”…

 

 

Continua…

  
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