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Autore: Hotaru_Tomoe    02/06/2015    5 recensioni
Raccolta di oneshot ispirate dalle fanart o prompt che ho trovato in rete su questa bellissima serie. Per lo più Johnlock centriche, con probabile presenza di slash.
Aggiunta la storia I'll be home for Christmas:Sherlock è lontano da casa per una missione, ma durante questo periodo il legame con John si rinforza. John gli chiede di tornare a casa per Natale, riuscirà Sherlock ad accontentarlo?
Questa storia, in versione inglese, partecipa alla H.I.A.T.U.S. Johnlock challenge di dicembre.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Oneshot ispirata da questa bellissima fanart di Marika di Greg e Mycroft in vacanza.

Don’t hold your breath


Greg aveva sempre odiato trattenere il fiato.
Quando era bambino, suo padre e suo zio avevano deciso che da grande lui sarebbe diventato un campione di nuoto, cosa che aveva lasciato il piccolo Greg piuttosto stupito, perché mai aveva espresso un desiderio in tal senso e i due adulti avevano deciso tutto senza consultarlo.
Secondo i due una delle abilità principali che un nuotatore doveva possedere era riuscire a trattenere a lungo il fiato sott’acqua e fu una delle prime cose che cercarono di insegnargli in piscina.
Il problema era che a Greg trattenere il fiato proprio non piaceva: detestava l’oppressione dell’acqua che lo circondava senza scampo, che entrava nelle orecchie e lo rendeva sordo e trovava terrificante la sensazione dell’aria intrappolata nei polmoni che premeva sulla gabbia toracica per essere espirata.
I suoi tempi di apnea erano sempre di pochi secondi e lentamente Greg prese in odio sia la piscina, sia quelle stupide lezioni di apnea: era sempre sul punto di dire a suo papà che non voleva più andarci e gli gravava sul petto la stessa sgradevole sensazione di quando tratteneva il fiato, ciò che lo tratteneva era solo il fatto di essere molto piccolo e non sapeva se si poteva dire di no a qualcosa deciso dai propri genitori.
“E’ solo che hai paura - diceva sempre suo zio prima di forzargli la testa sotto al pelo dell’acqua - col tempo passerà.”
Un giorno però l’uomo esagerò nel tenerlo in immersione e Greg inalò un po’ d’acqua. Nulla che l’infermeria della piscina non potesse curare, ma non appena si riprese, guardò suo papà negli occhi e glielo disse: “Odio venire in piscina, non voglio farlo più.”
Con suo grande sollievo la sua virtuale carriera di nuotatore e le lezioni di apnea terminarono all’istante quella sera, quando tornò a casa terrorizzato e con gli occhi rossi di cloro e di pianto e sua mamma minacciò coniuge e genero di ripetere l’allenamento su di loro, tenendogli la testa sott’acqua finché non avessero smesso di agitarsi.
Quel giorno Greg imparò due cose: che le mamme arrabbiate erano più spaventose di cento papà arrabbiati tutti insieme e che non era solo trattenere il fiato che non gli piaceva, era tenersi le cose dentro, fossero aria o parole.
Crescendo non era cambiato: rispondere a tono agli insegnanti gli aveva fatto guadagnare diverse ore in piedi in corridoio, rispondere a parolacce ai compagni della squadra di rugby l’aveva coinvolto in qualche rissa, che si era conclusa con nocche spellate, lividi e un’amicizia più forte di prima, rispondere ai superiori e ai colleghi di lavoro gli aveva notevolmente rallentato la carriera, ma a Greg andava bene così.
Lui doveva sfogarsi in qualche modo, traendo un profondo respiro e dicendo esattamente tutto quello che gli passava per la testa o prendendo a calci il cestino della carta straccia fino a deformarlo. Non riusciva a tenersi dentro le cose, proprio come il se stesso bambino che non tratteneva il fiato in apnea.

Quindi, quanto era ironico essersi messo con un uomo che viveva in apnea ogni istante della sua vita?

La prima volta che incontrò Mycroft Holmes fu in una corsia d’ospedale, mentre sedeva su una seggiolina di plastica arancione in attesa dei risultati del test tossicologico su Sherlock.
Aveva conosciuto il ragazzo qualche mese prima durante una retata in un vecchio edificio abbandonato che era il rifugio di tossici allo sbando. Colpito dall’intelligenza di Sherlock e seguendo l’istinto aveva deciso di dargli una possibilità: se si fosse disintossicato, lo avrebbe reso partecipe di alcune sue indagini, in via del tutto ufficiosa, ovviamente.
Per tre mesi era andato tutto bene e Sherlock sembrava essersi rimesso in carreggiata, ma qualche ora prima, preoccupato perché il ragazzo non rispondeva al cellulare, era entrato nel suo appartamento di Montague Street, trovandolo riverso a terra privo di sensi.
"Accidenti - pensò, coprendosi stancamente il viso con le mani - cosa era andato storto?"
Mentre aspettava che qualche dottore si degnasse di fargli sapere qualcosa, un uomo in doppiopetto (esistevano sul serio persone che andavano ancora in giro vestite così?) gli si avvicinò.
"La ringrazio molto per averlo soccorso; mi dispiace che Sherlock le dia tutti questi fastidi." disse in tono formale, battendo in terra la punta metallica del suo ombrello, quasi si stesse rivolgendo a un diplomatico o un politico.
"Nessun fastidio." rispose Greg guardandolo con attenzione: non c'era alcuna somiglianza tra quest'uomo e Sherlock, se non una certa aria di superiorità nel rivolgersi agli altri, ma Sherlock, durante un delirio da eroina, aveva blaterato qualcosa di un fratello e se non riusciva nemmeno a fare due più due, allora doveva riconsegnare il distintivo all'istante.
"Lei è suo fratello… Mycroft, giusto?"
L'altro per un istante tradì sorpresa, prima di tornare a indossare una maschera di indifferenza.
"Mi stupisce che mi abbia definito come suo fratello e non come il suo peggior nemico."
"A dire il vero - rispose Lestrade con un sorriso tirato, date le circostanze - ha fatto entrambe le cose."
Anche Mycroft accennò un sorriso, che scomparve all'arrivo di un dottore e, per quanto fosse preoccupato per Sherlock, Greg era più incuriosito dalle reazioni di Mycroft.
“Voi siete i familiari di Sherlock Holmes?"
"Sì." tagliò corto Mycroft, per non dover perdere tempo in inutili spiegazioni sul ruolo di Lestrade. "Dunque, di cosa si tratta? Cocaina, eroina, lsd?" domandò con più rassegnazione che rabbia.
"Nessuna droga - rispose il medico - ha inalato fumi di ammoniaca."
"Come?"
"Durante un esperimento chimico, stando a quanto dice il paziente. Lo teniamo in osservazione per questa notte, ma solo per precauzione. Starà bene."
Greg vide Mycroft rilassare impercettibilmente le spalle, mentre lui si lasciò andare a una risata di sollievo.
"Cosa c'è di tanto divertente?" volle sapere il maggiore degli Holmes.
"Sono sollevato." spiegò Greg, stupito da quella domanda. Non era ovvio il motivo della sua contentezza? "Ci avrei messo la mano sul fuoco che non era ricascato nella droga, ma sentirlo confermare dai dottori è confortante."
"Bene, la mia presenza qui non è più necessaria." Mycroft si voltò per andarsene, ma Greg lo trattenne per un gomito.
"Ehi, aspetti! Non entra nemmeno a vedere come sta?"
"Il dottore ha detto che sta bene."
"Ma è suo fratello!" esclamò Lestrade a voce troppo alta per una corsia di ospedale, guadagnandosi l’occhiata storta della caposala. Il suo non era un tono di rimprovero, ma davvero non riusciva a capire il comportamento dell'altro uomo.
Mycroft guardò in direzione della porta della stanza dove Sherlock stava riposando: sembrava combattuto, ma alla fine scosse la testa.
“I rapporti tra noi non sono idilliaci, se ora entrassi finiremmo per litigare e dire cose che non farebbero altro che esacerbare ancora di più la situazione. No, non è una buona idea.”
“Suo fratello ha un caratteraccio, è vero.” offrì Lestrade.
“In un qualsiasi rapporto si è sempre in due: dare la colpa solo a uno sarebbe estremamente ipocrita.” Mycroft mormorò queste parole a mezza voce, poi sgranò gli occhi e chiuse la bocca di scatto, quasi arrabbiato per essersele fatte scappare.
Lo salutò educatamente e si allontanò lungo la corsia.
Greg ricordava chiaramente di aver pensato: "Quest'uomo vive costantemente in apnea, controllando ogni suo gesto o parola."
A quel tempo ovviamente non erano ancora compagni (o qualunque cosa fossero adesso loro due), ma aveva notato immediatamente quel particolare di Mycroft, e non lo avrebbe più scordato.

Ad esempio, come dimenticare la prima volta che si era fermato a casa sua?
Accadde qualche anno più tardi, sempre per via di Sherlock, che si trovava sotto copertura per una indagine su una fuga di notizie dal Ministero degli Esteri.
Gli uomini di supporto a Sherlock si sarebbero mossi solo a un suo segnale convenuto e a loro due non restava altro che aspettare, seguendo gli spostamenti del minore degli Holmes grazie alle telecamere di sorveglianza della città, direttamente dall’ufficio privato di Mycroft.
La casa dove abitava si trovava nell’elegante quartiere di Pall Mall ed era enorme, tanto che sulle prime pensò ci vivessero almeno una decina di persone, ma era anche estremamente silenziosa e nessuno era venuto a salutarli quando erano entrati.
“Vivo da solo - disse Mycroft, rispondendo al suo sguardo che vagava lungo il corridoio - questa casa è semplicemente adatta al ruolo che ricopro. Dopotutto non si può ricevere l’Ambasciatore della Malesia in una comune.”
Quella palazzina faceva parte del personaggio, dunque.
Greg non fu sorpreso nell’apprendere che Mycroft non smetteva di lavorare nemmeno quando tornava a casa, sempre controllato, imperturbabile, impenetrabile, per non dare occasione a nessuno di individuare un punto debole o semplicemente di assistere ad un suo momento di stanchezza, tuttavia trovò l’idea soffocante: se anche la sua casa era un luogo di lavoro, dove si rilassava?
Ebbe la sua risposta qualche minuto più tardi: Mycroft Holmes non si rilassava mai.
Entrarono nell’ufficio e si sedettero davanti ai monitor che sorvegliavano Sherlock: Greg si tolse immediatamente la giacca, fece sparire la cravatta in una tasca e si arrotolò le maniche fino ai gomiti: non sapevano quando Sherlock avrebbe trovato le prove incriminanti, poteva volerci anche tutta la notte e aveva bisogno di sentirsi comodo.
Dopo venti minuti azzardò un’occhiata a Mycroft, che indossava ancora il completo gessato… cristo! gli faceva venire l’angoscia.
“Puoi andare a metterti comodo, sai? Resto io a controllare i monitor e se succede qualcosa ti chiamo.”
“Comodo?” ripeté Mycroft, confuso.
“Vai anche a dormire con quel vestito?” chiese, gesticolando nella sua direzione.
“Ovviamente no, ma questa notte temo che nessuno di noi due dormirà.”
“Oh, per l’amore del cielo!” borbottò. Senza pensare troppo a quello che stava facendo, Greg si girò verso di lui, allentandogli il nodo della cravatta e slacciandogli il bottone del colletto.
“Non è meglio così?” domandò, mentre in realtà avrebbe voluto dirgli “Non devi trattenerti sempre, non sono un diplomatico, né un tuo avversario politico. Puoi rilassarti quando ci sono io.” Mycroft si appoggiò allo schienale della sedia e prese un respiro più ampio del solito, o almeno così sembrò a Greg.

Non erano molte cose di cui Greg poteva dirsi orgoglioso, ma il suo rapporto con Mycroft era una di quelle. Lentamente il maggiore degli Holmes iniziò a rilassarsi quando era in compagnia dell’ispettore di Scotland Yard, e questi prese a frequentare più assiduamente la palazzina di Pall Mall, all’inizio sempre per via di una indagine dell’ispettore, poi iniziarono a incontrarsi con una scusa e alla fine non servirono più nemmeno quelle.
Con lui Mycroft si lasciava andare a confidenze su di sé o sulla propria famiglia, come quella prima sera in ospedale, si lamentava dell’imbecillità dei componenti del governo e gli rivelò persino alcuni pettegolezzi di palazzo.
Ed ecco perché Greg si sentiva orgoglioso, perché l’uomo che aveva in mano le chiavi del Regno Unito lo aveva scelto come confidente e solo con lui abbandonava la sua maschera inappuntabile e seriosa.
Greg non avrebbe mai scordato la prima volta in cui riuscì a strappare una risata spontanea a Mycroft: aveva fatto una battutaccia sul capo di Scotland Yard e la nuova segretaria, e l’altro era proprio scoppiato a ridere, senza potersi trattenere.
E lui si era allungato sul divano fino ad appoggiare le labbra sulle sue, perché non aveva mai sentito nulla di così bello come quel suono, perché di Mycroft Holmes era un bel po’ innamorato e, come detto, lui le cose proprio non riusciva a tenerle dentro.
“Okay?” sussurrò Greg, staccandosi appena da lui.
Mycroft chiuse gli occhi per lunghi istanti, dibattuto, poi espirò ed annuì adagio.
“Okay.”

Con il tempo Greg lo aveva addirittura convinto ad indossare la tuta o il pigiama quando erano a casa... be’, ovviamente quando indossavano qualcosa, tuttavia quegli attimi, quei respiri rilassati erano sempre troppo pochi, a suo giudizio.
Londra aveva mille occhi, non solo quelli delle telecamere: gli avversari politici e i nemici di Mycroft attendevano solo di poterlo cogliere in fallo e di avere un pretesto qualsiasi per metterlo in cattiva luce, quindi non si erano mai concessi una cena in un ristorante, né avevano mai assistito ad una partita di polo (Greg odiava il polo, a dire il vero, ma a Mycroft piaceva e una partita insieme a lui l’avrebbe vista volentieri). Il suo compagno aveva sicuramente molti privilegi e più potere politico di chiunque altro nel Paese, prendeva spesso il tè nelle stanze private dei reali e, vista dall'esterno, la sua era una situazione invidiabile. Nessuno però considerava quanto avesse dovuto sacrificare la sua vita privata, tranne lui.
Mycroft abbandonava raramente la capitale inglese, si spostava solo quando era strettamente necessario (o quando Sherlock e John si trovavano in guai troppi grandi perché potessero gestirli da soli) e anche quando viaggiava era per lavoro o per qualche missione diplomatica.
“Quand’è l’ultima volta che ti sei preso una vacanza?” domandò il poliziotto una notte, mentre stavano per prendere sonno.
“Tre settimane fa sono stato a Monaco.” fu l’assonnata replica che giunse qualche attimo più tardi.
“Per lavoro. Sai bene che non è questo che intendo. - Greg si voltò sul fianco e gli accarezzò la spalla destra - Ti farebbe bene staccare per qualche giorno.”
“Anche tu è parecchio tempo che non vai in vacanza, eppure non te ne lamenti.”
Il poliziotto sospirò pesantemente: come se avesse potuto prendere e partire da solo!
E poi lui aveva i suoi metodi per sfogare lo stress: inveire contro Gregson, strapazzare un criminale troppo arrogante, o urlare contro ventidue idioti che correvano dietro ad un pallone in compagnia di John quando si trovavano al pub. Non l’aveva lui un problema.
“Non è così che funziona in una relazione: o andiamo insieme o restiamo entrambi qui.”
“Presto ci saranno le elezioni, non posso muovermi.”
“E dopo le elezioni ci sarà la nomina dei membri del governo, poi una grana in Ucraina o un incidente nel Mar della Corea.”
Se Mycroft non entrava nell’ottica di prendersi una vacanza, ci sarebbe stato sempre qualcosa da fare, qualche trattato da firmare, qualche operazione di spionaggio da portare a termine.
Mycroft non rispose più e dopo un po’ anche Gregory si addormentò.
Aveva fatto cadere l’argomento, ma non vi aveva rinunciato del tutto: vicino al dipartimento di polizia c’era una agenzia di viaggi e un paio di volte entrò per chiedere informazioni su qualche meta fuori dai normali circuiti turistici, ma in tutta sincerità non aveva idea di dove a Mycroft sarebbe piaciuto trascorrere una vacanza.
Inaspettatamente, fu Mycroft a riproporre l’argomento, alcune settimane più tardi.
“Fourni.” disse semplicemente.
“Cosa?”
“E’ un arcipelago di isole greche nell’Egeo settentrionale, non è una meta turistica tradizionale.”
Greg sorrise: non lo faceva un tipo da vacanza al mare.
“Una settimana a fine giugno - proseguì Mycroft - sei giorni, la mia agenda non mi permette altro.”
“A una condizione: niente portatile, niente telefono satellitare.” Gli puntò contro la forchetta in quello che sperava essere un gesto categorico.
“Ma…”
“Se ci sarà un’emergenza, e per emergenza intendo niente di meno della terza guerra mondiale, Anthea mi chiamerà sul mio cellulare.”
Mycroft strinse le labbra, combattuto. "Non so se..."
L'ispettore allungò la mano sul tavolo per stringere quella del compagno.
"E, credimi, non scoppierà alcuna guerra in quei sei giorni."

Greg fece mente locale, cercando di ricordare se avesse mai visto Mycroft con indosso qualcosa di diverso da un completo in tre pezzi, ma la risposta fu negativa. Per questo quando uscì dal bagno della loro stanza in albergo e se lo trovò davanti con una tenuta casual, pantaloni di cotone e una camicia azzurra a fantasia, quasi non lo riconobbe.
"Non va bene? - volle sapere Mycroft davanti al suo sguardo - Non sono abituato a questi abiti, ma qui un Armani sarebbe stato fuori luogo."
"No - lo interruppe Greg - stai molto bene."
Trascorsero i primi due giorni della vacanza facendo avanti e indietro dalla piccola spiaggia privata dell'hotel, del quale al momento erano gli unici ospiti e il poliziotto sospettava che il compagno avesse prenotato l'intera struttura solo per loro. Lui si concesse delle lunghe nuotata nell'acqua cristallina, mentre Mycroft restava seduto al bar della spiaggia ascoltando musica classica alla radio e leggendo un buon libro (un romanzo, perché Greg gli aveva vietato di mettere in valigia saggi, studi geopolitici o qualsiasi altro scritto connesso al lavoro). Il primo giorno lo aveva invitato a unirsi a lui per un bagno, ma Mycroft aveva declinato, ribadendo la sua avversità per sport e attività fisiche.
Più probabilmente non sapeva nuotare, ma Greg decise di non indagare oltre, non voleva guastare il buon umore di Mycroft, non ora che lo vedeva così sereno, comodamente reclinato sulla sdraio, i tratti del viso distesi quando sollevava gli occhi dal romanzo per cercarlo.
Le giornate erano calde e serene e la sera cenavano sulla terrazza dell'hotel, situato su una piccola altura, che offriva una vista privilegiata sul villaggio e sul porticciolo dove i piccoli pescherecci scivolavano in mare aperto per la pesca notturna.
Certo, a lui sarebbe piaciuto esplorare un po' le alture della piccola isola e magari noleggiare una barca da un pescatore per raggiungere quelle vicine, però sapeva che Mycroft non amava muoversi se non era assolutamente indispensabile.
Perciò rimase molto stupito quando il terzo giorno fu il compagno a proporre di visitare il piccolo villaggio di Fourni.
"Non sei obbligato, possiamo anche restare sei giorni in spiaggia, non è un problema per me." Questa vacanza era principalmente per Mycroft, a lui andava bene qualunque cosa.
"Ho già finito il libro che mi sono portato. Ne ho iniziato uno che mi ha prestato il concierge, ma non mi entusiasma."
"Ma… è scritto in greco?"
"Certo."
Ovviamente Mycroft conosceva anche il greco.
Fecero colazione con calma e camminarono lungo i muretti bianchi profumati di origano selvatico e timo, nelle cui fessure le lucertole trovavano sollievo dalla canicola, si addentrarono senza fretta tra le stradine strette e tortuose del paesino, sostando di tanto in tanto per curiosare nella bottega di un artigiano locale, assaggiando frutta fresca venduta fuori da una abitazione privata, e si fermarono ad ascoltare un musicista di strada che suonava una melodia popolare con il bouzouki ed una donna dalla voce meravigliosa che l'accompagnava col canto.
"Nella piazza principale del villaggio c'è un sarcofago di età romana ed un piccolo museo che ospita reperti archeologici di diversi periodi, a cominciare dall'età del bronzo." spiegò Mycroft con un entusiasmo insolito, facendo cenno a Greg di seguirlo.
"Così risalenti?"
"Sì: la Grecia è la culla della civiltà occidentale: qui nacquero i primi tentativi di governi democratici, anche se su scala fortemente ridotta, per la prima volta si diede importanza alle arti, alla musica, alla scultura, anche gli oggetti della vita quotidiana, così come le pareti delle abitazioni venivano decorate. Gli antichi greci vivevano secondo la filosofia del kalos kai agathos: bello e buono, la bellezza doveva essere espressione delle virtù interiori. ln queste isole in particolare..."
Lanciato nella sua spiegazione, Mycroft fece scivolare la mano in quella di Gregory, senza alcuna remora, senza pensarci, senza guardarsi alle spalle per vedere se fossero osservati, finalmente sereno come qualsiasi uomo in vacanza con il suo compagno.
Finalmente aveva smesso di trattenere il fiato.
Greg sorrise e si lasciò trascinare verso la piccola piazza.

Ebbero tempo anche per un'escursione in barca su uno scoglio abitato da soli tre pescatori, ma sei giorni passarono in fretta purtroppo.
Tuttavia, anche una volta tornati a casa, bastava che si guardassero negli occhi per rievocare la tranquillità di quei giorni: l’importante era che Mycroft imparasse pian piano a respirare.
"Avevi ragione riguardo alla vacanza, mi ha fatto bene."
"Potremmo rifarlo, ogni tanto."
"Sì."

   
 
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