Serie TV > The Musketeers
Segui la storia  |       
Autore: AnyaTheThief    04/06/2015    4 recensioni
Viktoria è una ragazza giovane e bella. Abita a Vienna ed ogni giorno deve avere a che fare con gli orrori della guerra. Cos'ha a che fare tutto questo con i Moschettieri? Beh, vi dico solo che capisco che è una storia particolare e che non possa piacere a tutti, ma vi consiglio di concederle qualche capitolo prima di cassarmela! Spero che poi la troverete avvincente.
Attenzione agli spoiler, la fiction si colloca dopo l'episodio 8 della seconda stagione.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Queen Anne
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Iris sobbalzò nel letto.

Con i grandi occhi chiari sbarrati si guardò attorno, ma nemmeno quando si rese conto di essere ancora nella propria stanza riuscì a tranquillizzarsi. Si passò le mani tra i biondi capelli, spargendo tra di essi con le dita il sudore della fronte madida, mentre boccheggiava e continuava a far saltare lo sguardo da una parte all'altra della propria camera da letto, alla ricerca di un contatto con la realtà.

Non aveva mai fatto un incubo tanto realistico. E soprattutto non poteva credere che quella storia fosse davvero una spiegazione ai dubbi che la affliggevano da quando era piccola.

Dovette restare nel letto ancora per alcuni minuti, prima di potersi riprendere abbastanza da alzarsi in piedi. Il clima di Barcellona era particolarmente crudele d'estate, ma l'aria condizionata la aiutava a dormire sonni tranquilli solitamente. Per questo le sembrò stranissimo avere la camicia da notte fradicia di sudore per quanto si era agitata durante il sogno.

Aprì il cassetto del comodino e rimase ferma per un istante a fissare l'oggetto contenuto in esso, quasi come se non avesse il coraggio di prenderlo in mano. La aveva sempre affascinata, ma allo stesso tempo lo temeva. Sapeva che dietro a quel ciondolo argentato appeso alla collana che le ricadeva tra le dita, c'era una lunga storia. Sua madre le aveva sempre detto che veniva da Vienna, ma quando glielo aveva regalato le aveva detto che le apparteneva e a lei era sempre sembrato molto strano il modo in cui le aveva rivolto quelle parole.

Era come se avesse lasciato inteso che fosse stato suo da sempre, ma lei non lo aveva mai visto prima che sua madre glielo donasse. Quando lo aveva preso tra le mani la prima volta le era sembrato un oggetto troppo vistoso per i suoi gusti, ma capì subito che portava con sé molta storia. Era esattamente come nel suo sogno.

Quella ragazza, Viktoria, e sua nonna, e il crocifisso, quell'uomo e i loro ricordi, la Regina, il soldato... E infine lo sparo.

Iris si portò istintivamente una mano alla tempia, esattamente nel punto dove spiccava una piccola voglia marroncina sulla sua pelle chiara. Quando l'emicrania la colpiva all'improvviso, stranamente le fitte partivano sempre da lì. Si chiese come avesse potuto il suo inconscio elaborare una storia tanto intricata per spiegare i suoi mal di testa e la provenienza del crocifisso.

Lo lasciò ricadere nel cassetto e lo richiuse. Chiuse gli occhi e trasse un lungo sospiro, cercando di calmarsi. Ancora le tremavano le mani dall'agitazione. Poteva davvero non essere un sogno ma un ricordo...? Il pensiero la terrorizzava. C'era un modo per scoprirlo: ricordando i nomi, una semplice ricerca su internet avrebbe potuto levarle ogni dubbio.

Ma in quel momento non poteva permetterselo. La sveglia del suo cellulare stava suonando da qualche minuto ormai, anche se Iris non ci aveva fatto caso più di tanto, immersa nei propri pensieri. Quando lo realizzò, andò a spegnerla e si diresse risoluta verso il bagno.

L'acqua della doccia non scorse per molto, perché aveva i minuti contati: non poteva permettersi di tardare. Con il sudore lavò via anche qualsiasi pensiero tormentoso riguardo lo stranissimo sogno.

Il suo cellulare suonò per una decina di volte mentre era sotto la doccia; sullo schermo lampeggiava il nome di “Celia”, che dopo tutto quegli squilli riagganciò rassegnata, facendo comparire una chiamata persa. Iris infilò i piedi nelle infradito e si asciugò, poi tornò in camera da letto ed indossò un lungo vestito elegante, blu come la notte, che le calzava a pennello e che la sera prima aveva appeso fuori dall'armadio. Il tessuto velato svolazzava ad ogni suo movimento, facendola sentire una principessa. Assieme ad esso aveva preparato anche un paio di scarpe dello stesso colore, con il tacco alto.

Ci mise un po' di tempo a truccarsi e a sistemarsi i capelli, ma alla fine riuscì a tenerli su con delle forcine e a decorarli con degli eleganti spilloni, che facevano risaltare delle perle tra i suoi capelli e che si abbinavano perfettamente agli orecchini e alla collana.

Anche la pochette era già pronta. Afferrò il telefono e si guardò attorno per controllare di non aver dimenticato nulla e il suo sguardo si immobilizzò sul comodino. Sbatté le lunghe ciglia parecchie volte, prima di dare un'occhiata all'orario sul cellulare che teneva in mano e leggere l'ora e la chiamata persa di sua sorella. Dopo un altro momento di indecisione, corse ad aprire il cassetto del comodino e prese il crocifisso, riponendolo poi nella borsetta.

Non sapeva perché lo avesse fatto, ma si sentì molto meglio. Mentre usciva di casa, richiamò sua sorella al telefono. Doveva trattarsi di qualcosa di importante, considerando che si sarebbero viste entro pochi minuti. Eppure partì la segreteria telefonica.

Celia era l'unica persona che conosceva capace di passare al telefono anche i momenti subito precedenti al suo matrimonio. Sperava solo che non si fosse risentita del fatto che non fosse stata lì con lei ad aiutarla coi preparativi, ma la sera prima aveva un po' esagerato nel far baldoria con le amiche e non ce l'avrebbe mai fatta a svegliarsi per raggiungerla più presto.

Iris non era di certo l'esempio migliore di empatia, nonostante volesse un bene dell'anima a sua sorella. Ma quando si parlava di certe cose così femminili, non riusciva a provare un minimo di comprensione per le ragazze che impazzivano all'idea di passare la mattinata a starnazzare attorno alla sposa, aiutandola a truccarsi e pettinarsi. A malapena sapeva farlo su se stessa: sarebbe stata un pesce fuor d'acqua in quel contesto, e si sarebbe sentita completamente inutile.

Uscì sulla strada ed iniziò a cercare con lo sguardo la macchina di suo padre, ma non riuscì a trovarla. Eppure l'orario prefissato era già passato da alcuni minuti, e lui era di solito puntualissimo, al contrario suo.

Riabbassò lo sguardo sul cellulare e fece per chiamarlo, ma il suono di una portiera che si apriva poco lontano da dove si trovava lei attirò la sua attenzione.

Non poteva crederci.

Da quella macchina nera parcheggiata ad alcuni metri dal suo appartamento scese il ragazzo più affascinante che avesse mai visto. I capelli lunghi e mossi, gli occhi penetranti, i baffi e la barba incolti gli donavano un'aria selvaggia, ma da subito Iris riuscì a leggere la sua anima come un libro aperto. Perché era lui.

Era Ben, era Aramis, era l'uomo del suo sogno ed era lì, nel suo completo elegante. Ed era perfetto.

Le sorrise, agitando una mano, ma lei non riusciva a muovere un muscolo, mentre ancora lo fissava inebetita. Stava davvero salutando lei? O anche quello era un sogno?

La vibrazione del telefono tra le sue mani la fece trasalire, e senza nemmeno guardare chi la stesse chiamando, rispose con voce fioca, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal ragazzo che stava scendendo dall'auto e camminando verso di lei con quell'aria spensierata ed il sorriso sornione.

“Pronto?”

“Iris, ti ho cercata prima!” esclamò la voce elettrizzata di sua sorella. “Papà non può venire a prenderti, il fiorista ha fatto un casino ed è dovuto andare a sistemarlo, ma non preoccuparti, sta arrivando un amico di Nicolas!”

Nel tempo in cui Celia finì la frase, Iris si ritrovò ormai faccia a faccia con quel personaggio affascinante, di cui le era appena stata svelata l'identità.

“Sei tu Iris, immagino.” quando le rivolse la parola, un brivido le corse lungo tutta la schiena e le raggiunse la nuca. La voce di sua sorella dall'altra parte del telefono le sembrava un cinguettio lontano, e non riusciva più a capire cosa stesse blaterando. Annuì con sguardo ebete, facendo scivolare il cellulare lungo la guancia ed abbassandolo. Doveva essere rossissima in viso, perché si sentiva le guance in fiamme.

“Sono Manuel” il ragazzo allungò una mano e Iris sollevò la propria debolmente, per andare a stringergliela, ma invece di una stretta amichevole, lui se la portò alle labbra, chinando leggermente il capo, e le baciò il dorso in un gesto perfettamente naturale.

Aveva sognato anche quello. La sensazione che provò in quel momento le parve così famigliare e scontata che nemmeno per un istante pensò che fosse un gesto davvero inusuale per la situazione.

“Allora... Se sei pronta possiamo andare.” tornò a sorriderle un po' imbarazzato. Sembrava più sorpreso lui di averle davvero fatto il baciamano, che lei di averlo ricevuto. Si vedeva che non era qualcosa che faceva abitualmente con le ragazze, e mentre Iris lo seguiva verso la sua macchina, notò che un certo disagio persisteva nelle azioni di Manuel, che si passò la mano tra i capelli e mai si voltò a guardarla per controllare che lo stesse effettivamente seguendo.

Non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto raccontargli tutto, fargli milioni di domande. Anche lui l'aveva sognata? Perché le aveva baciato la mano? Si ricordava di Viktoria, o di Anne?

Iniziò a guidare verso la chiesa, ma Iris lo vide molto impacciato ed imbarazzato, tanto che fu lei a dover rompere il ghiaccio. Si schiarì la voce, prima di azzardare una domanda casuale.

“Allora.. Come conosci Nicolas?”

“Io? Ah, oh, beh... Eravamo a scuola assieme. All'università, cioè.” farfugliò.

Mentre parlava, la ragazza ebbe finalmente la scusa di poterlo guardare ancora una volta in viso, per scrutarne meglio i tratti. Voleva illudersi che fosse soltanto suggestione, ma non era così: era identico ai personaggi del suo sogno.

D'un tratto, l'aria che entrava dal finestrino gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Rivelò un'altra verità sconcertante: sulla tempia destra aveva una voglia marroncina praticamente identica a quella di Iris.

Manuel la osservò con la coda dell'occhio e quando si accorse dell'insistenza dello sguardo della ragazza, arrossì violentemente dal collo in su. Tossicchiò, sistemandosi la cravatta come se gli mancasse aria, ma continuava a sentire gli occhi di Iris su di sé.

“Ehm... Ho detto... Ho fatto qualcosa...?” fece per domandare confusamente, prima che la ragazza lo interrompesse con un'esclamazione di dolore.

“Ahi!” e istintivamente si portò una mano alla tempia, strizzando forte gli occhi. La sua solita emicrania le aveva fatto pulsare un punto molto vicino alla voglia, costringendola a massaggiarsela come faceva abitualmente.

“S-Stai bene?” domandò subito lui, preoccupato.

“Ah... Sì... Cioè, no...” mormorò la ragazza, abbassando il capo e coprendosi gli occhi con le mani per restare più al buio possibile.

“Ora accosto.” annunciò Manuel. Iris avrebbe voluto dirgli che non era necessario, ma il mal di testa le impedì di proferire parola. Sentì la macchina rallentare e poi fermarsi del tutto, e poi udì la cintura di sicurezza di lui che veniva slacciata, e percepì il suo sguardo anche se aveva gli occhi chiusi.

“Cosa posso fare?” le chiese. Ma in quel momento Iris sentì che il dolore andava alleviandosi, e poco dopo fu in grado di tornare a guardare il mondo.

Si voltò verso di lui con gli occhi lucidi e si guardarono per interminabili secondi. Manuel sembrava allo stesso tempo imbarazzato ed incantato da quel momento, ma fu l'impaccio a vincere e a fargli distogliere l'attenzione dal viso di lei. Attenzione che Iris cercò di catturare di nuovo.

Con un gesto un po' incerto, andò a scostargli alcuni capelli e a rivelare di nuovo quella voglia, nella stessa identica posizione in cui si trovava la sua. Era come il neo di Ben e Viktoria.

“Scommetto che... Soffri anche tu di emicranie.” dichiarò. Non ne era del tutto certa, ma una volta pronunciata la domanda, era sicura della risposta. Difatti glielo lesse in volto senza bisogno che lui replicasse.

“Come...?” fece lui, sorpreso. La ragazza si scostò a sua volta una ciocca di capelli che aveva lasciato libera di ricaderle sul viso e gli mostrò la sua piccola imperfezione. Lui la guardò stupefatto, come se avesse appena visto un alieno.

Allora ad Iris venne in mente una cosa che non aveva considerato fino a quel momento. Era una cosa che aveva dato a Viktoria la soluzione definitiva a tutte le sue domande. E la dolce, coraggiosa Viktoria viveva ancora dentro di lei. La sentiva chiaramente, così come sentiva Anne, ed entrambe sembravano gridarle di farlo, di non lasciarsi sfuggire l'occasione per nulla al mondo... Entrambe quelle donne che non aveva mai conosciuto ma che erano parte di lei le stavano dicendo che aveva di fronte la persona che aveva aspettato per tutta la vita, nonostante non sapesse assolutamente nulla di lui.

Le mani frugarono impazientemente nella pochette, finché non lo trovò. Erano state loro, erano state Anne e Viktoria quella mattina a spingerla a prenderlo, e Iris non lo aveva capito finché non sentì nuovamente quell'impulso di fare qualcosa di avventato. Persino la coscienziosa Anne la spingeva a farlo, a seguire il proprio istinto.

Estrasse il crocifisso e riportò lo sguardo su Manuel, che lo stava osservando con aria stranita. Lo vide sollevare una mano, e non appena lo sfiorò, Iris ebbe un dejà-vu.
La sua reazione fu identica a quella di Ben. Si portò una mano alla tempia, nel punto in cui aveva la voglia, nel punto in cui... Ben si era sparato. Anche lui chiuse gli occhi mugolando per il dolore, ma lei non si preoccupò per nulla. Era stupefatta: stava accadendo esattamente tutto ciò che aveva previsto. Rimise il crocefisso nella borsa ed assistette alla scena; l'emicrania di Manuel andò calmandosi, o almeno così intuì dal suo respiro che da affannoso tornò regolare.

Finalmente scostò la mano dal viso e si voltò di nuovo verso di lei.

Le lacrime scesero copiose dai suoi occhi, sbavandole completamente il trucco e rigandole le guance di nero, ma non le importava assolutamente nulla. Era lui. Lo sentì dentro di sé, come un abbraccio caloroso che le gonfiò il cuore di una gioia estasiante.

Lui le sorrise con quell'aria complice che le ricordò i momenti felici che avevano passato assieme, la vita al villaggio, il loro bambino, la prima volta che si erano ritrovati, le notti al nascondiglio, i baci, le carezze...

Manuel sollevò una mano lentamente e le accarezzò il viso, con una sicurezza che di certo non apparteneva al suo carattere, per quanto poco ne sapesse lei. Iris si accoccolò in quel gesto, inclinando il capo e godendosi il suo tocco. Poi la sua mano passò dietro alla nuca. Per un istante si guardarono intensamente; negli occhi di entrambi ardeva un desiderio che non poteva attendere un secondo di più. Manuel la tirò a sé con dolcezza e determinazione, e la baciò con passione.

Le loro anime si intrecciarono ancora una volta, finalmente libere di amarsi, e Iris si sentì leggerissima, mentre dei lampi improvvisi le mostrarono prima Anne e poi Viktoria. I loro volti erano praticamente uguali al suo, ed entrambe le sorridevano tra le lacrime.

Iris rise, appoggiando la fronte sulla spalla di Manuel, che la strinse in un forte abbraccio.

Rise sempre di più tra le lacrime che sgorgavano incessanti, bagnandogli inevitabilmente la giacca.

Lui le posò un bacio sui capelli e a sua volta sorrise.

“Sei tu...” singhiozzò Iris con voce roca, aggrappandosi alla sua giacca, come se avesse paura che potesse scappare.

“Te lo avevo detto... Che ti avrei ritrovata.”  

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Musketeers / Vai alla pagina dell'autore: AnyaTheThief