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Autore: Lady Warrior    05/06/2015    1 recensioni
Eva è l'unica donna rimasta al mondo. è stata salvata dall'estinzione del genere umano da una scienziata. Si risveglia dopo circa un millennio dall'accaduto, e scopre grazie a una voce meccanica registrata che il suo compito è ricreare il genere umano, grazie a una grande quantità di sperma conservato in alcune boccette dentro il bunker nel quale era stata rinchiusa. Eva si comporterà di fronte al mondo come una bambina, quasi come un animale, essendo l'unico essere vivente sul pianeta, e prenderà sul serio il suo compito. Ben presto, però, scoprirà di non essere sola e allora inizierà a porsi delle domande, e capirà che anche per lei vi sono delle scelte. Deve veramente portare a compimento il suo compito? Qual è il vero scopo della sua vita?
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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†Skellin a sud†
 
 
 
 
 
Eva seguì Dwig tra le rovine. Stranamente l’alieno non proferiva parola, ma anzi, si guardava attorno, circospetto.
-E ora cosa faremo?- chiese Eva.
-Ora cercheremo di conoscere meglio il tuo popolo-
-E come?- chiese Eva, ma non ottenne risposta.
Dwigh urlò qualcosa ai soldati, poi corse verso Eva e la spinse verso destra con violenza, facendole cadere l’equilibrio. Nel giro di pochi attimi la ragazza si ritrovò per terra dietro un grosso masso.
-Cosa fai?- chiese Eva, adirata. Perché la aveva spinta, e così forte? Le aveva fatto male! cercò di rialzarsi, ma l’altro la spintonò giù di nuovo.
Eva stava per chiedere di nuovo spiegazioni quando udì un rumore intermittente, simile a un boato. Udì la scorta urlare e vide Dwigh sporgersi dal masso dove si stavano riposando con uno strano arnese in mano, che Eva notò poter sparare alcune lucine colorate.
-Che cosa è?- chiese, senza ottenere risposta. Quella situazione la stava stufando: perché non voleva parlarle? Perché Dwigh stava sparando lucine colorate? Tutto ciò non aveva senso! Stizzita, la ragazza riuscì ad alzarsi, sistemandosi con delicatezza il vestito.
Quel che vide la lasciò senza fiato. Anzi, la spaventò a morte.
Davanti a lei, con in pugno altri oggetti simili a quelli di Dwigh, v’erano degli esseri spaventosi. Avevano una testa allungata, ricurva verso il basso, con due zanne grigie al posto dei denti e degli occhi piccoli e rossi. Ogni tanto la lingua biforcuta leccava le zanne. Quegli esseri bipedi erano ricurvi, e dalla schiena piegata spuntavano alcuni aculei molto grossi, che forse provenivano da uno sviluppo inappropriato della spina dorsale. Quello che più spaventava Eva erano le loro mani e i loro piedi: al posto dei diti avevano artigli acuminati. Uno di loro parve notare Eva e le puntò addosso uno di quei spara-lucine. Eva non fece in tempo a far niente, né quell’essere ebbe modo di sparare, che ella si sentì afferrare per una caviglia e strattonare giù. Batté violentemente il ginocchio destro, che iniziò a sanguinare.
-Ti ho detto di stare giù. Ubbidisci, stupida ragazzina- gli ordinò Dwigh, palesemente arrabbiato, poi si sporse di nuovo dal nascondiglio.
Eva udì quelle creature emettere gridi sordi e poi tacere. Dopo alcuni minuti calò il silenzio. Cos’era accaduto?
Dwigh uscì allo scoperto e corse verso uno dei suoi soldati, sdraiato a terra, mentre Eva rimaneva ferma al suo posto. La ragazza lo vide inginocchiarsi e toccare il volto dello sconosciuto.
Dimenticando gli ordini, la ragazza si alzò e si avvicinò agli altri Dresdan. Il soldato era immobile, con una grande macchia di sangue sul ventre. Eva lo osservò, pareva non respirare più.
-Che gli è successo?- chiese.
-è morto- rispose cupo, Dwigh.
-Cosa vuol dire morire?- chiese Eva.
-Quello che ti sarebbe successo se non ti avessi salvato la vita ben quattro volte, di cui tre oggi. Devi imparare ad ubbidire ad un ordine. Non potrò sempre salvarti e non voglio che un altro dei miei soldati perda la vita a causa tua. Intesi?-
Eva annuì, anche se non aveva compreso bene il tutto.
Dwigh si alzò e si avvicinò a una di quelle creature, anche loro evidentemente morte.
-Anche loro sono morte?-
-sì-
Eva si avvicinò. Erano ancora più ripugnanti viste da vicino.
-Cosa sono?-
-Niente. Lascia perdere. Andiamo, dobbiamo giungere di fretta alla Fortificazione- disse Dwigh, riprendendo la marcia, preoccupato.
 
Il luogo ove il Dresdan la condusse, non era l’ospedale. Per la prima volta Eva vide delle costruzioni vere e proprie. Una città. Le case erano state costruite utilizzando le macerie, ed erano disposte in cerchio attorno ad un’alta e rozza torre.
Eva la indicò.
-Cos’è quella?- chiese.
-Una torre- rispose Dwigh, laconico, non condividendo la sua emozione.
-Lo so! A cosa vi serve?-
-Niente di particolare-
Eva sbuffò. Non le piaceva che non le si dessero delle risposte, e che Dwigh la trattasse in modo così scostante. Era sempre stato carino con lei. Che forse si fosse atteggiato in quel modo solo per conoscere il suo segreto?
Dwigh svoltò a destra, fermandosi davanti ad un’enorme casa rettangolare.
-Entra. Io ti seguo- le disse Dwigh.
La ragazza ubbidì. Stranamente, la casa, che all’esterno pareva leggermente fatiscente, era arredata con grazia e maestria. Si notava subito che apparteneva ad una persona di rango sociale elevato.
-Prima di partire- disse Dwigh –Ti faccio vedere la tua nuova casa. Questa sarebbe la mia dimora qui sulla terra. A destra ci sono le camere, la tua è quella in fondo al corridoio. È piccola, ma ci farai l’abitudine.
Questo è il soggiorno, a sinistra ci sono la cucina e la sala da pranzo. Accanto a ogni camera ci sono i bagni. Seguimi- spiegò Dwigh.
Eva lo fece, circospetta. Non era mai stata in una casa.
Dwigh arrivò davanti a una porta e la aprì. Nel centro v’era una sorta di grande bacinella di un materiale a Eva sconosciuto.
-Io devo andare. Tornerò presto, o almeno lo spero. Nel frattempo, ti consiglio di farti un bagno-
-Un cosa?- chiese Eva, inclinando la testa di lato.
-Un bagno. Quei tuoi capelli verranno infestati dai pidocchi se non li lavi un po’-
-Temo di non sapere come si fa. Dovresti insegnarmelo-
Dwigh sospirò, poi si voltò.
-Edith!- gridò.
La porta si aprì.
Eva vide quello che ai suoi occhi pareva un Dresdan molto strano: aveva i fianchi molto larghi e due protuberanze lunghe e anche un po’ larghe sul letto, coperte da un vestito verde bandiera.
-Perché me lo insegna lui?-
-è una femmina, Eva. Si chiama Edith. Edith, insegnale a farsi un buon bagno, te la affido. Sistemale i capelli, dalle un po’ di profumo, truccala un attimino mentre io non ci sono-
-Perché me lo deve insegnare lei? Non la conosco! Non puoi farlo tu?- chiese Eva, simile a una bambina che fa capricci.
-è meglio di no. Bene, io vado. Fatti trovare pronta al mio ritorno- disse Dwigh.
 
Il Dresdan salì in fretta i gradini della torre. I preparativi per il collegamento erano quasi terminati. Le cose non andavano affatto bene, e Dwigh temeva che i Radas incolpassero lui. D’altronde, la zona era sotto il suo comando e la sua giurisdizione, se capitava qualcosa era solo colpa sua.
Quando entrò nella sala comunicazioni i Radas erano già proiettati lì.
-Buongiorno Dwigh- disse la femmina.
Il generale s’inchinò. Mano sul cuore, gamba destra indietro, capo chino.
-Ho cattive notizie-
-Davvero? È sopravvissuto un interno insediamento di umani infuriati e armati di forconi?- chiese il Radas, ironico.
-No. Peggio. Gli Skellin sono riusciti a penetrare a sud. Abbiamo incontrato alcuni esploratori. Temo che vogliano attaccare da un momento all’altro. Abbiamo liberato la zona con fatica, molti soldati sono esausti, non pronti ad una guerra. Se ci attaccassero, potremmo non avere la meglio. Far ritirare tutte le colonie non è una buona idea. I nemici acquisirebbero territorio, e non li fermeremo. Ci troveremo in una morsa. Mi servono aiuti. Almeno altri due plotoni-
-Hai conquistato un intero pianeta, Dwigh, ricordi? Sei invecchiato, che un paio di Skellin ti fanno paura?- chiese il Radas.
-No, Signore. Ai tempi avevo un buon esercito, e un nemico indebolito. Avevo risorse. Qui è diverso: l’acqua manca, di cibo ve n’è poco. Questo pianeta è tutto rovine, e gli Skellin sono più forti. Si sono evoluti. Non avevano pistole laser, prima-
-Questo è in effetti preoccupante. Inizio a capire perché nei cieli di Astra volino tante astronavi Skellin. Sono dirette sulla Terra. Se non riesci a difendere tutte le colonie, abbandona quelle più esterne. Concentrati su un nucleo-
-Lasciando morire la mia gente?-
-è un prezzo da pagare- rispose il Radas.
-Anche se facessi così, gli Skellin sono sempre di più, e più pericolosi. Ci ucciderebbero tutti. Per come la vedo io, la conquista della Terra non è cosa semplice. Troppi interessi. È un pianeta troppo grande, noi e gli Skellin potremo non essere gli unici. Abbiamo risorse per una guerra a livello globale? E a quale pro? Anche se riuscissimo a vincere, non otterremo nulla. Qua è tutto un insieme di macerie e nient’altro. Voglio solo dei rinforzi, ecco qua, per scacciare gli Skellin e conquistare un territorio solido e ben definito- disse Dwigh.
-Io so cosa ti preoccupa, mio caro- s’intromise la Radas –è l’umana, non è vero? Ti sta dando problemi, è troppo ingenua, forse una bambina nel corpo di una ragazzina. O forse, temi che gli Skellin la possano scoprire e decidano di attaccarvi per prenderla al fine di scoprire qualcosa sugli umani, o peggio, ucciderla-
Dwigh rimase in silenzio.
-Se procura problemi, devi uccidere l’umana- disse il Radas.
-Non sta creando problemi. Sì, deve capire come difendersi. E ho paura che gli Skellin inizino a scoprire di lei. Che ci attacchino per questo-
-In tal caso devi seguire l’ordine di mio marito, Dwigh. Ucciderla-
-Non vorreste più il suo sangue?-
-è comodo, ma non necessario. Troveremo un altro modo. In effetti, dissanguare una persona si addice di più ai metodi di Jyak- rispose la Radas.
-Basterebbe prelevare un campione di sangue e riprodurlo, senza dissanguarla- propose Dwigh.
-Hai idea di quanti anni impiegheremmo? Il sangue perderebbe le sue caratteristiche! E non dimenticarti che possiamo clonare solo l’originale! Se lo prelevassimo tutto avremmo più speranze, più sangue per tutti!- disse il Radas –E riguardo ai rinforzi, vogliamo attendere ancora un po’. Li invieremo solo in caso di necessità evidente. E ovviamente tu non devi fallire, Dwigh-
Il Dresdan annuì col capo, s’inchinò una seconda volta e uscì. Ancora un colloqui con esito negativo.
 
Eva si avvicinò alla tinozza ovale.
-Cosa dovrei fare, ora?- chiese.
-Spogliati-
Eva si accarezzò i capelli, poi prese i lembi del vestito e li tirò su, rimanendo in mutande. Gettò l’indumento poco più in là. Sentì Edith fare un verso strano. Poi si tolse anche le mutande, gettandole vicino al vestito, per non sporcarlo.
-Adesso entra dentro la vasca e gira le manovelle- ordinò Edith.
Eva ubbidì. Da un buco fuoriuscì dell’acqua, che ben presto colmò quasi tutta la vasca. Era gelida. Eva rabbrividì.
-è gelida! Voglio uscire!- protestò.
-è quella che è. Immergi la testa, o quando arriverà il padrone sarai ancora qui-
-Non ci penso proprio! È fredda!- gridò Eva.
Fulmineamente, Edith le fu vicina, e le spinse la testa in acqua. Eva sentì il liquido penetrarle nel naso, nella bocca e nelle orecchie, raggelandola. Quando Edith mollò la presa, Eva riaffiorò dall’acqua e sputò nella vasca tutta l’acqua che aveva in bocca. Edith emise un altro verso di disappunto.
-Forza, signorina. Insaponati. Struscia questa sul tuo corpo- disse la Dresdan, porgendole una saponetta. Eva la guardò, poi obbedì, guardando bieco Edith, che iniziava a strofinarle i capelli con una sostanza profumata.
-Giù la testa- ordinò.
Eva ubbidì, e sentì La Dresdan strofinarle di nuovo i capelli. Continuò così per un po’, cospargendo la chioma della fanciulla con altre sostanze, poi le ordinò di alzarsi.
Eva uscì dalla vasca tremando tutta. Edith la avvolse con un asciugamano bianco e la invitò a sedersi. Afferrò un paio di forbici e iniziò a tagliarle i capelli, riuscendo a dar loro una forma migliore, mentre la ragazza osservava i ciuffi neri cadere per terra.
-Vestiti- le ordinò poi.
Quando la ragazza si fu vestita, e Edith l’ebbe profumata tutta, arrivò il momento del trucco, in cui la Dresdan ricoprì il volto della ragazza con una sostanza chiara, e le passò attorno agli occhi una sorta di matita.
-Ora sei presentabile- le disse –Io ho finito qui. Vado a lavare i panni. Vedrai, dovrai imparare anche tu, presto. Diventerai una serva del padrone, proprio come me-
Eva rimase sola. Iniziò a girare per la casa, fino a che non arrivò alla sua stanza. Appoggiato ad una parete c’era un letto con sopra varie coperte, e davanti ad esso uno specchio. Eva si sedette.
Sentì qualcuno entrare in casa, avvicinarsi alla sua porta, ed entrare.
-Così va meglio- disse Dwigh –Adesso andiamo-
 
   
 
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