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Autore: bellamysguitar    08/06/2015    1 recensioni
Beatrice è una ragazza reputata da molti - persino da se stessa - strana. Vive nel suo stesso anonimato e in quello del suo paesino nel trevigiano. La sua vita è sconsideratamente monotona: oziare sul divano, odiare tutto e tutti e guardare spesso - forse fin troppo - l'intera saga di Fast & Furious caratterizza le sue giornate. Tutto ciò fin quando l'attenzione della sua mente non si focalizza su Nicola, suo vicino di casa nonché ragazzo reputato da lei simile ad un vegetale. Tra chiacchierate imbarazzanti, commenti inadatti e incomprensioni generali i due vivranno delle avventure bizzarre, dettate dalla convinzione di essere, comunque sia, come due linee parallele: irraggiungibili. Potrà sbocciare l'amore tra due persone totalmente diverse, inadatte l'uno per l'altra o sarà un completo, totale disastro?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Fast & Furious è la mia saga di film preferiti da quando ne ho memoria. Sono cresciuta con quei film e con la magra consolazione che, prima o poi, anche io butterò un Owen Shaw - che sarebbe in realtà una mia simpaticissima compagna di classe - giù da un aereo in tipico stile Dominic Toretto1. Ecco, Dom è sempre stato il mio eroe. Così grande e grosso, simile ad un orso senza peli, un difensore della giustizia. Ma il mio preferito, considerando anche il fatto che è sempre stato la mia cotta segreta, è Brian O'Conner: biondo, occhi azzurri, sorriso angelico e soprattutto forte e spietato. Quindi, da quando il personaggio di Brian occupa i miei pensieri, è difficile trovare un ragazzo - un comune mortale, se vogliamo capirci - che mi ricordi anche solo minimamente lui. Piuttosto, diciamo impossibile. E così, anche oggi, durante l'ultima fastidiosissima ora di matematica mi ritrovo a scrivere in maniera bizzarra e - a mio parere - artistica il nome "Brian", mentre qualche malcapitato si trova alla lavagna interrogato, con il prof che gli urla dietro cose tipo: "scrivi più piccolo! Scrivi più grande! Scrivi a lato! Non scrivere a lato!", una vera tortura insomma. 
Ora sto pregando soltanto che l'ora finisca il più velocemente possibile, e per fortuna è l'ultima. Il vantaggio di essere al biennio tuttavia è che tre volte a settimana si esce a mezzogiorno e un quarto, ma oggi non è uno di quei giorni e ciò implica vedere - tra meno di mezz'ora - tutti gli zoticoni del paese. Perché naturalmente, ogni volta che faccio cinque ore, in autobus è presente ogni minimo zoticone troglodita, senza nessun assente. Ed io, del resto, devo fare buon viso a cattivo gioco e non mostrarmi troppo scocciata dalla situazione - anche se, in realtà, lo sono fin troppo. Sto pensando a come potrei uccidere la maggior parte delle persone che non mi vanno esattamente a genio quando, come illuminato, dalla sua cattedra lontana, il prof scandisce il mio nome, invitandomi gentilmente ad andare alla lavagna. Solo mentre le mie gambe si muovono autonomamente verso la lavagna mi rendo conto che sarà una grande, grandissima giornata di merda. 
 
Sono in stazione e guardo il binario di fronte al mio, completamente assente. L'interrogazione, come immaginavo, non è andata proprio nel migliore dei modi - anche perché la matematica non è mai stata il mio forte -, tuttavia sono riuscita ad accaparrarmi un sei che, considerando la media spaventosamente orrenda del primo quadrimestre, va più che bene. 
Oggi è una giornata piuttosto calda e sembra che, per mia sfortuna, stia arrivando l'estate. Ecco, un'altra cosa che proprio non riesco a sopportare è il caldo. Odio il sudore appiccicoso sulla fronte e sul collo, odio dover lasciare la finestra aperta durante la notte, odio le zanzare, odio il fatto di trovarmi a bere in media cinque litri d'acqua al giorno. Sbuffo, cos'altro potrei fare? Lo zaino in spalla, la giaccia di pelle appoggiata al braccio, mentre il mio corpo giace, appoggiato ad una colonna lurida e arrugginita di questa stazione. A volte, sembra tutto così triste. Insomma, questa città - che in realtà sembra tutto tranne che una città -, queste persone, persino io. Anche il vociare, le risate sparse e la musica leggera che fuoriesce dagli auricolari, è tutto così triste ed insignificante. Ed io, proprio io, sono la regina delle persone insignificanti. Sorrido amaramente, e riesco a svegliarmi dal mio stato di trance solo dopo essermi resa conto che sul binario non c'è più nessuno. Alzo lo sguardo, mi volto prima a destra e poi a sinistra: in lontananza, da quel che riesco a scorgere con la mia avanzata miopia, si vede un autobus blu, abbastanza grande, parcheggiato ed etichettato con la scritta arancione "Ponte di Piave". Decido di prendermela con calma, mentre cammino verso il bus, tanto ci sarà a malapena posto per stare in piedi, figuriamoci per sedersi. Dopo aver compiuto i tre scalini maledetti - sono caduta svariate volte da quegli scalini infatti - noto con stupore che non c'è un'anima in piedi. Che bello, penso, sarò l'unica a stare in piedi! Ma mentre osservo schifata le facce smunte dei miei compaesani che pensano agli affari loro, lo vedo: vicino all'uscita posteriore c'è un piccolo, minuscolo, vuoto posto a sedere. I miei occhi si illuminano e comincio ad incamminarmi a grandi passi verso quel posto. Sento che nulla ora potrebbe demoralizzarmi, il mio sorriso va da un orecchio all'altro. Ma da che mondo è mondo, portare il mio nome implica un dovere: essere sfigati. Infatti, appena raggiunto il posto, noto che quello accanto è occupato da Mr. Asociale 2015, meglio conosciuto come Nicola. Strabuzzo gli occhi e, incapace di dire qualsiasi cosa, rimango lì, come solo una vera imbecille può rimanere. Nicola, immerso in un mondo in cui tutti sono vegetali esattamente come lui, non sembra accorgersi di niente. E figuriamoci. E così, con la voce un po' strozzata ed una strana ansia che mi cresce dentro sussurro: - è libero? 
Lui, come sempre, deve guardarmi almeno dieci secondi prima di realizzare cosa ho appena detto. Mi scruta con quei fastidiosi occhi verdi e, con un movimento veloce, si sistema gli occhiali, continuando a non dire nulla. E poi mi sorride, un sorrisetto sghembo che inizialmente mi risulta fastidioso, come tutta la sua figura del resto. Toglie lo zaino dal sedile accanto al suo ed io, finalmente, mi siedo. Posiziono lo zaino sopra le mie ginocchia, ma sento di non essere totalmente a mio agio. Mi infilo le cuffie, cerco la canzone più rilassante possibile - che, ovviamente, in questo momento sembra introvabile - ed appoggio la testa al sedile. Volto leggermente lo sguardo alla mia sinistra e lascio cadere lo sguardo sul viso di Nicola. Ha un'espressione così presa, così intensa, ogni muscolo contratto, gli occhi diventati improvvisamente minuscoli, quasi invisibili dietro gli occhiali. E, ora che lo guardo più da vicino, mi rendo conto che questo taglio di capelli non gli sta poi così male, con qualche ciocca di capelli scuri che gli cade delicata sulla fronte. Improvvisamente, all'interno delle mie cuffie, parte la melodia dolce di The Blower's daughter, e con la voce vellutata di Damien Rice e Nicola accanto, chiudo gli occhi, rilassandomi totalmente. 
 
Qualcosa sta scuotendo delicatamente il mio braccio, ma i miei occhi proprio non ne vogliono sapere di aprirsi. Il mio corpo è quasi completamente sveglio, ma voglio godermi ancora qualche secondo di buio. La mia guancia è appoggiata su qualcosa di spigoloso che tuttavia non risulta affatto scomodo e riesco a percepire un profumo leggero, appena accennato, ma abbastanza buono per deliziare il mio olfatto e, a completare il tutto, la voce di Matt Bellamy mi risuona nelle orecchie. La voce di Matt Bellamy?! Spalanco gli occhi improvvisamente, rendendomi conto di non essere nel mio caldo e amorevole lettuccio ma in autobus, ancora in autobus. Alzo leggermente la testa, quel che basta per ritrovarmi gli occhi di Nicola prepotentemente puntati contro, e solo ora mi rendo conto che quel qualcosa di spigoloso ma non scomodo che premeva sulla mia guancia era la sua spalla. La sua mano è ancora appoggiata sul mio braccio e sento che tra poco, pochissimo tempo avrò un attacco di panico. Il respiro comincia a farsi sempre più corto, il cuore batte ai limiti dell'infarto e ho la gola completamente secca. 
- Scusa, non volevo svegliarti, ma dovremmo scendere alla prossima fermata - sussurra lui gentilmente, e, come per magia, il mio attacco di panico imminente comincia ad attenuarsi.
- Non volevo addormentarmi addosso a te - cerco di giustificarmi, parlando con troppa enfasi, anche perché io non volevo realmente addormentarmi addosso a lui. 
Accenna una risata, e nel bel mezzo del suo sorriso abbassa lo sguardo, per poi puntarlo nuovamente su di me. Ora, essendo stata appena svegliata e probabilmente essendo rincoglionita a più non posso, avrei voglia di dirgli che quando sorride è veramente bello. Non bello come intendono le altre ragazze, ma bello come intendo io, in modo particolare. Ma, ovviamente, tengo queste stupide ed insensate considerazioni per me. Ripeto, mi sono appena svegliata. 
- Tranquilla, non mi hai infastidito - oh, penso, in effetti la tua spalla era veramente comoda! 
Mi tolgo una volta per tutte gli auricolari, indecisa se continuare una conversazione che si preannuncia imbarazzante e alquanto stupida come l'ultima che abbiano avuto - che poi, in realtà, ci vuole coraggio a chiamarla conversazione. Mi preparo a scendere, infilo il telefono e le cuffie nella tasca più vicina e lui, sebbene in modo diverso, esegue gli stessi movimenti, precisi ed integri. Mi alzo dal sedile e nonostante l'ansia persistente, riesco a reggermi al palo più vicino, mentre l'autista fa una di quelle frenate esagerate per fermarsi alla mia fermata. Per fortuna - e molto stranamente - non perdo l'equilibrio e riesco a scendere dal mostrone blu puzzolente e lurido senza tanti problemi, tuttavia non riesco a togliermi di dosso quest'ansia esagerata. Ansia che aumenta esponenzialmente nel momento in cui Mr. Asociale si piazza accanto a me, provocandomi nuovamente quel fastidioso tremolio delle mani ingiustificabile. Nessuno di noi sembra intenzionato a parlare per primo. Solitamente non avrei problemi a farlo - sono esageratamente logorroica - ma questa volta, o meglio, con lui è diverso. Nessuna argomentazione è abbastanza convincente per far parlare un vegetale. Ma, poiché stiamo camminando forse troppo vicini, mi sembra il caso di dire anche la più grande stupidaggine che mi passi per la testa. 
- La tua spalla era piuttosto comoda - dico, senza ragionare, e sento il respiro diminuire sempre di più nei momenti in cui lui non spiccica parola. E ciò non mi piace. 
- Sono felice di aver reso il tuo sonno un po' più tranquillo - oh no, questo non dovevi dirlo. Cerco di inumidirmi le labbra, ma in un men che non si dica tornano secche, come la gola e penso che se parlassi in questo momento sembrerebbe che mi stessi strozzando. 
- Spero che tu sappia che non l'ho fatto di proposito, insomma, non mi addormenterei mai di proposito su uno come te, nemmeno con una spalla comoda come la tua, perché... perché non mi permetterei mai - sto parlando a macchinetta, ne sono consapevole. E ne è consapevole anche lui, considerando il suo sguardo divertito. 
- Come sarebbe uno come me? - una pianta, vorrei dirgli in un primo momento, ma poi faccio spallucce, perché cercare di spiegarmi sarà veramente arduo. 
- Una persona che non rientra esattamente nella mia cerchia, alquanto ristretta, di amici e familiari - rispondo, facendomi i complimenti da sola per la risposta assai convincente e per la qualità innata di saper parlare alla perfezione. La modestia. 
Nicola se la ride ed io mi sto irritando - nonostante sia una risata adorabile. Nessuno deve permettersi di ridere della mia parlantina  e/o dei miei discorsi da persona intelligente, soprattutto un ignorante/vegetale dell'Itis come lui. Perché se c'è una cosa da sapere su Mr. Asociale è che fa l'Itis. Ed ogni persona che frequenti l'Itis è mentalmente inferiore. 
- Perché ridi? - mi ritrovo a chiedergli, domanda più che legittima. Lui, come sempre, mi guarda negli occhi per alcuni secondi e poi, come se niente fosse, sorride in una maniera così dolce da riuscire a farmi sciogliere il povero cuoricino come solo la visione di un piccolo orsetto polare/cucciolo di cane potrebbe fare. Ed in effetti in questo momento, quel sorriso leggero e quegli occhi limpidi mi ricordano enormemente l'espressione candida e dolce di un cagnolino. Per qualche strano motivo, nel giro di nemmeno mezz'ora mi trovo a pensare nuovamente che, visto da vicino, nel suo viso si possa trovare qualcosa di veramente piacevole. 
- Perché sei buffa - detto da qualsiasi altra persona l'avrei preso come un insulto imperdonabile (seguito poi da un ceffone assordante, ovviamente), ma detto da lui, in questo momento, con quel tono di voce me lo fa apparire come il più bel complimento mai ricevuto. Ed è grave, troppo grave, perché sento il cuore che sbatte contro la cassa toracica energicamente, i battiti che aumentano esponenzialmente e un qualcosa che mi stringe lo stomaco che risulta fastidioso quasi quanto i suoi mezzi sorrisi. 
- Non sono buffa, sono solo particolare - sottolineo - e poi tu sei un vegetale. 
Spalanca gli occhi sorpreso per poi dire: - cosa sarei io? 
- Un vegetale. Esattamente come una pianta. Non parli. Sembra che non provi sentimenti. Esattamente come un vegetale - forse sono stata troppo sincera. 
- Mi hai osservato proprio bene - dice con tono ironico, ed io a questa sua affermazione comincio a sentire caldo ovunque, specialmente alla guance. Ed ora, me lo sento, mi verrà un infarto. Nicola mi guarda dritto negli occhi ed io comincio a sventolare una mano a mo' di ventaglio, forse troppo istericamente visto che lui scuote la testa sorridendo. 
- Non ti ho osservato! E' una cosa che si nota, punto e basta - mi rendo conto di essermi appena contraddetta. Oh Bea, avanti, è ovvio che per notare una cosa, devi almeno guardarla! Stupida, stupida, stupida. 
- Ti prometto che ti parlerò di più, ma non ti far venire un attacco di panico proprio ora, non ho fatto il corso di pronto soccorso e non so fare la respirazione bocca a bocca - lo guardo con gli occhi spalancati. Solo l'idea di Nicola che fa la respirazione bocca a bocca a me riesce a farmi partire almeno la metà dei neuroni. Ed è proprio per questo che mi ritrovo a fissargli le labbra esageratamente, tanto da riuscire a immaginarle vicino alla mie; ciò implica un aumento radicale del battito cardiaco già abbondantemente aumentato. Poi rifletto sulle sue parole e giungo alla conclusione che forse è veramente meglio che io mi dia una calmata. Respiro profondamente e riesco a recuperare la ragione. Lo guardo ed annuisco, sorridendo lievemente. 
- Va bene, ma oh, guarda, siamo arrivati a casa, io corro dentro, ciao! - e senza nemmeno dargli il tempo di ricambiare il saluto scappo, letteralmente. Apro freneticamente la porta principale e corro, per poi svoltare l'angolo più vicino. Una volta sicura di esser lontana dalla sua visuale, mi appoggio al muro, sfinita, come dopo le due ore di educazione fisica del lunedì. E solo ora riesco a recuperare un po' il senno, come il respiro, ed un battito cardiaco decente. Mentre fisso la porta azzurrina metallica dell'ascensore - non funzionante, oltretutto - si proietta davanti ai miei occhi il suo viso, con le sue mille imperfezioni, con quegli occhi verdastri in contrasto con la carnagione non chiarissima e quei capelli color cioccolato. Il completo opposto del mio adorato Brian, ma comunque capace di farmi schizzare nuovamente in modo esagerato il battito del cuore. 

1= parlando di ciò, per chi non l'avesse visto, mi riferisco ad una delle ultime scene di "Fast & Furious 6".

SPAZIO AUTRICE
Ciao! Innanzi tutto vorrei ringraziare le persone che hanno aggiunto la storia (sebbene un po' povera per ora) tra le seguite, mi fa veramente molto piacere. Come secondo punto, vorrei sapere cosa ne pensate, se vi sembra banale, scontata o sotto sotto un po' vi piace. Le opinioni altrui per me sono molto importanti, soprattutto quando scrivo. Intanto vi lascio con questo capitolo, alla prossima! :)
  
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