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Autore: Piuma_di_cigno    09/06/2015    1 recensioni
Raf e Sulfus sono tornati per affrontare un secondo anno alla Golden School, ma il sentimento che li unisce è sempre più una sofferenza: ora le lezioni sono volte ad imparare l'arte del combattimento tra Angels e Devils. Difficile per Raf, che deve andare contro tutte le regole, contro la sua natura, per rimanere con Sulfus, e difficile per lui, costretto a trascorrere le giornate nel dubbio che lei non lo ami più.
Sarà proprio l'ormai dolce Say ad aiutare Raf a dimostrare che lo ama ancora, qualunque cosa succeda. Tra le lezioni e gli amici, comincia infatti a delinearsi una situazione terribile, pericolosa, ma che forse ha il potere di risolvere finalmente tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arkhan, Raf, Sai, Sulfus, Un po' di tutti | Coppie: Raf/Sulfus, Sai/Tyco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – Nuova vita

 

Tu eri il mio unico fiore:

sei stato reciso e la mia vita è deserta.

Tu eri il mio sole raggiante:

sei tramontato ed intorno ho la notte.

Tu eri l'ala della mia fantasia:

sei stata spezzata e io non posso volare.

Tu eri l'ardore dentro il mio sangue:

ti sei spento e io sono di gelo.

(Sandor Petöfi, Fronde di cipresso, 1842).

 

Quando arrivai a casa di Say, rimasi di stucco. Mi ero trasformata in umana più lontano possibile, per evitare che la mia scia angelica fosse rintracciata lì.

La mia faccia doveva essere esilarante, quando notai che accanto a quella di Say, ben camuffata, si ergeva già un'altra casa.

Esterrefatta, la guardai fissare gli ultimi chiodi.

“Come …?”

Sorrise.

“Ti avevo detto che ci mettevo poco a costruire una casa!”

“Che discorsi!” replicai io, “Poco è una cosa, tu ci hai messo solo una notte!”

Alzò le spalle e scese dal tetto, su cui era salita per fissare una trave traballante.

“E' tua.”

Anche questa era dipinta di azzurro, solo di un colore più smorzato. Gli scuretti non erano stati dipinti, erano rimasti di semplice legno, come la porta.

Say mi guidò all'interno, in una cucina luminosa, con un tavolo in legno. Era tutta arredata in legno, notai. Doveva averla costruita solo con l'ausilio delle piante.

“Cerca di non incendiare niente.”, mi raccomandò, “Più avanti rivestiremo il pavimento con delle piastrelle.”

Annuii.

In salotto c'erano solo un divano, che non avevo idea di dove avesse preso, e un tavolino con qualche libro sopra. Quando passai vicino, notai che si trattava di romanzi.

Le scale salivano al secondo piano, dove c'erano un letto matrimoniale e un armadio. Una finestra era completamente coperta dalle grosse foglie di qualche pianta tropicale.

Appoggiai il borsone e sospirai. Quella era la mia nuova casa.

Say afferrò una sedia lì vicino e si sedette accanto a me.

“Vedrai che andrà meglio.” mi sorrise incoraggiante. “Farà bene a entrambi stare un po' lontani.”

Quella frase non fece altro che far sprofondare il mio cuore ancora più in basso, così rimasi in silenzio.

Say si alzò.

“Ti lascio sola, d'accordo? A quest'ora l'acqua del mare è calda, perché non vai a fare un tuffo?”

E così, uscì da casa mia.

Ora capivo perché avevo messo un costume nel borsone. Mi sbalordiva che l'avessi fatto senza neanche chiedermi il motivo. Il sesto senso era capace di farmi fare di tutto.

Lo indossai in fretta e uscii in spiaggia, badando a non farmi notare da umani di passaggio.

Say aveva ragione; l'acqua era calda. Ed era anche confortante. Mi piaceva il ritmo monotono delle onde.

Andai al largo, godendomi la sensazione rilassante che si propagava in tutto il mio corpo.

Mi tuffai e lasciai l'intero mondo in superficie. Per ora era laggiù che volevo andare, sul fondale. Per fortuna, seppure umana, potevo respirare sott'acqua come gli Angels, così rimasi sotto per molto tempo.

Cercai conchiglie. Erano meravigliose, enormi e colorate. Non era il fondale del mar dei Caraibi, questo era vero, ma le conchiglie c'erano e con un po' d'astuzia avrei anche potuto farne una collana. O uno scaccia-spiriti, ancora meglio.

Quando riemersi, era ormai sera. Avevo passato quasi tutto il giorno in acqua, e adesso ero affamata. Uscii, chiedendomi cosa avrei mangiato – e dove avrei trovato qualcosa da mangiare – quando Say mise la testa fuori dalla boscaglia che copriva le nostre case e mi fece un cenno.

“Vestiti, ti offro la cena.”

“Oh.” risposi, sorpresa, “Grazie Say.”

Sorrise e si infilò in casa.

Io entrai nella mia e indossai il primo vestito che mi capitò in mano. Poi, andai da lei.

Quella sera la cena era a base di pollo e patate e sarebbe stata la prima di una lunga serie di cene insieme. Le raccontai di me e Sulfus in biblioteca, di come mi aveva fatta sentire bene in quegli ultimi istanti, e lei mi raccontò altre passeggiate notturne con Tayco, insieme alle più complicate fughe diurne.

“Domani, sveglia presto, Raf.”

Alzai la testa dalla camomilla che stavamo bevendo dopo aver finito di cenare.

“Perché?”

“Lavori, no?”

“Ho un lavoro?” chiesi stupefatta.

Alzò gli occhi al cielo.

“E' ovvio.”

“E dove lavoro?”

“In pasticceria.”

Quasi mi cascò la mascella dalla faccia che feci.

“Impossibile.” commentai appena riuscii a parlare. Say mi guardò.

“Perché?”

“Io non so cucinare!” esclamai in preda al panico.

“Ovviamente.” replicò lei. “Non ti faranno lavorare subito in cucina. Starai per un po' alla cassa.” bevve un sorso di camomilla. “E' una pasticceria molto piccola, i clienti sono abituali e il personale gentile. Ti troverai bene. Inizierai domani, così potrò aiutarti.”

“Potrai aiutarmi?” ripetei io, sempre più sorpresa.

“Sì. Ricordi, no? Il sabato lavoro in pasticceria.”

Detto questo, Say mi spedì subito a dormire. Disse qualcosa come sonnellino di bellezza e mi trascinò in casa mia, dove mi lasciò solo dopo essersi assicurata perlomeno che salissi le scale.

Quando mi distesi a letto, capii dal sonno che mi invase immediatamente che era stato tutto studiato: il letto comodo, il bagno in mare, la cena squisita, la camomilla e quattro chiacchiere. Say aveva fatto di tutto perché io, una volta toccato il letto, mi svegliassi solo il mattino successivo.

Mentre sprofondavo nel dormiveglia, e poi nel sonno profondo, mi chiesi se l'acqua a cena avesse avuto quel sapore strano perché Say ci aveva messo qualche sonnifero …

 

“Svegliati!”

Grugnii letteralmente e tirai il cuscino alla persona che cercava di svegliarmi. Dov'ero? A casa. Okay. Che ora era? Mistero. Cosa dovevo fare? Qualcosa che riguardava le crostate.

“In piedi!” strillò la voce scuotendomi definitivamente – e bruscamente – dal torpore.

Giusto. Casa, con Say, dovevano essere le sette e dovevo andare a lavorare in pasticceria. D'accordo. Stancamente aprii gli occhi, e mentre i dettagli della sera precedente mi riaffioravano nella mente, chiesi a Say:”Hai messo un sonnifero nell'acqua?”

“Tecnicamente no.” rispose e io capii che equivaleva a un sì. Prima che potessi ribattere o fare altre domande mi aveva già tirata giù dal letto, scaricata in bagno con in mano quella che sembrava una divisa e ordinato di vestirmi.

Ancora un po' intontita, indossai i pantaloni e la maglietta nera. Non sembrava scomoda, anzi. Mi lavai la faccia e uscii. Say era già pronta e mi afferrò la mano, trascinandomi giù dalle scale.

“Siamo in ritardo!” strillò. Notai che stava molto bene con la divisa. Aveva un fisico incredibile e mentre a me la maglia stava larga, a lei stava benissimo, ed era molto attillata sul seno.

Mentre correvamo attraverso la spiaggia, mi accorsi che il mio stomaco brontolava.

Come se mi avesse letto nel pensiero, Say mi promise che appena arrivate al lavoro avremmo avuto cibo a sufficienza per fare colazione.

Non ebbi nemmeno il tempo di vedere che strada stessimo facendo, seppi solo che eravamo arrivate in città e che doveva essere davvero presto, perché il sole stava facendo capolino solo in quel momento all'orizzonte.

Ci fermammo davanti a una vetrina con torte e dolci esposti, e una porta con l'insegna Cioccolato, burro e zucchero di Sara & Sara. Sembrava più il titolo di un libro che il nome di una pasticceria.

Say mi prese per le spalle.

“Bene. Dentro ti daranno un grembiule da mettere e poi farai conoscenza con le sorelle. Il locale si chiama Sara & Sara perché le proprietarie sono due gemelle; visto che sono praticamente impossibili da distinguere, i clienti abituali le chiamano Sara 1 e Sara 2.” alla mia occhiata eloquente, alzò gli occhi al cielo. “Lo so che è strano, ma tu chiamale Signora 1 e Signora 2 e attenta a non confonderle poi! C'è sempre un particolare che distingue la 1 dalla 2, trovalo, ricordatelo e non combinare pasticci!” Mi spinse dentro.

La udii appena dire:”Ci vediamo in cucina” che fui invasa dall'aroma dei dolci appena sfornati. Fantastico. E dire che non era possibile che qualcuno li avesse già preparati, ma evidentemente quello era il profumo della pasticceria. Era sui toni del rosa cipria e dell'oro ed era piuttosto spaziosa. C'erano diversi tavolini, apparecchiati in modo molto grazioso.

A destra, notai subito una porta di legno con la scritta dorata Ufficio in una splendida calligrafia svolazzante. Vidi un grembiule appeso accanto col mio nome e capii che, ovviamente, era destinato a me.

Lo indossai e bussai delicatamente alla porta.

“Avanti!” esclamarono in coro – incredibile – due voci uguali. Entrai timidamente e mi ritrovai davanti due signore bionde, identiche, con lo stesso taglio di capelli. Erano entrambe sulla cinquantina e erano proprio uguali.

Cercai di seguire il consiglio di Say e le scandagliai dal primo all'ultimo neo e accessorio, per trovare qualcosa di diverso tra loro.

Ma fu tutto inutile.

Me ne resi conto immediatamente, perché questo era molto peggio di cercare le differenze sulla Settimana Enigmistica. Molto, molto peggio.

Qui non c'erano differenze!

Per prendere tempo, alzai lo sguardo e mi apprestai al saluto.

“Buongiorno.” dissi, esitante, “Piacere di conoscervi ...” Ecco. Questa era fortuna! Improvvisamente, incontrai gli occhi di entrambe, e trovai la differenza. Una li aveva blu, l'altra azzurri. L'azzurro era il mio colore preferito, quindi …

“Signora 1 e signora 2.” conclusi con decisione. La signora 1 aveva gli occhi azzurri.

Mi guardarono, poi si guardarono, e infine scoppiarono a ridere nello stesso momento.

“Tu devi” cominciò una, “essere Raf.” finì l'altra. O mamma, si completavano le frasi a vicenda, non ci potevo credere! Non avevo mai incontrato due gemelle!

“Dal tuo sguardo cara,” cominciò la signora 2, “sembra che tu abbia visto un fantasma.” concluse preoccupata la signora 1.

Io ridacchiai.

“Scusate, ma non avevo mai visto due gemelle dal vero.” confessai arrossendo. Le due risero di nuovo.

“Eccoci qui allora!”

“Carne e ossa!”

“Dalla testa ai piedi!”

Mi strinsero la mano e mi fecero sedere su una poltroncina in pelle.

“Allora cara,”

“Dicci,” proseguì la signora 1, “che dolci sai fare?”

Sorrisi timidamente.

“A malapena le crostate.”

Risero di nuovo.

“D'accordo.”

“Ti insegneremo noi.”

“E diventerai più brava di entrambe!”

“Ma prima,” alla signora 1 lampeggiarono gli occhi di malizia, “Devi fare un test.” concluse l'altra.

“Ora,” disse una, “chi delle due è la signora 1?”

Indicai quella con gli occhi azzurri.

“Bene.”

“Girati cara!” esclamò la signora 2, in preda a qualche stato di eccitazione.

Obbedii.

“E ora,” iniziò una, “voltati di nuovo!” finì l'altra.

Obbedii di nuovo.

“Chi è la signora 1?” chiese la signora 1.

“Tu.” risposi, eludendo la cortesia di dare del lei per evitare i malintesi.

Le due scoppiarono in un nuovo eccesso di risate, fecero un saltello e mi schioccarono un bacio su entrambe le guance.

“Assunta, cara!” trillò la signora 2.

“Sono così felice!” trillò la signora 1.

Mi presero a braccetto e, trascinandomi fuori dall'ufficio, mi collocarono alla cassa.

“Fa' la brava, e ti trasferiremo in cucina!” esclamò la signora 1. “Sarai la migliore!” assicurò la signora 2. E così, andarono verso la porta, girarono il cartello con scritto aperto e la mia prima giornata di lavoro iniziò.

Le gemelle, lavoravano in cucina con Say, e un'altra ragazza di nome Ruby portava i dolci ai tavoli e prendeva le ordinazioni. Era un misto tra una pasticceria e un bar.

Quella mattina era successo tutto talmente in fretta, che il pensiero di Sulfus era rimasto latente dal mio risveglio, e, per fortuna, anche durante il giorno fu così; il fatto era che l'atmosfera in quel posto era tanto felice e rilassata da contagiarmi.

Le gemelle erano in cucina con Say, ma non c'era una vera e propria porta a dividerla dalla zona cassa, quindi sentivo tutti i loro battibecchi … E c'era da divertirsi un sacco.

“Oh, cara, ti prego, lo sai che in fondo Jim non ha mai amato nessuna delle due!”

“Oh, non dire così! Diceva che ero bella come un cigno ...”

“Oh, a me diceva che ero bella come una rosa appena sbocciata ...” e sospiravano insieme. “Ricordi la canzone che ballò con entrambe?”

“Sì! Ballò O Susanna, vero, cara?”

“Sì! Che risate!”

“Ma ci aveva scambiate, cara!”

“Quell'infame!”

“Quel farabutto!”

“Quella mela marcia mefitica!”

Pausa.

“Ma non stai mettendo un po' troppa farina in quell'impasto, cara?”

“So quel che faccio, e qui ci vanno 250 grammi!”

“No che non ce ne vanno! Lo sanno tutti che in quei muffin se ne mettono 150!”

“Io cucino da più di trent'anni!”
“Anch'io!”

“Piantatela, voi due!” strillava allora Say esasperata e le due se la prendevano con lei.

“Vuoi forse mettere in discussione la nostra esperienza?”

“Nostra, dici? Ma se tu di esperiente non hai proprio niente!” e di nuovo tra loro.

“La parola esperiente non esiste!”

“Ah, discutiamo la grammatica ora! Sai che c'è? Sei sempre stata gelosa del mio nove in italiano quando tu avevi otto e ora me lo rinfacci!”
“Brutta megera, come osi? Prendesti nove solo perché Jim, quel farabutto, ti suggerì!”

“Ah, quell'imbecille! Ha portato solo grane! Sfasciafamiglie che non è altro!”

“Razza di idiota!”

“Ricordi come mi vendicai, cara?”

“Oh, sì, sì!”

“Certi errori si pagano con gli schiaffi!”

Il povero Jim doveva aver fatto qualcosa di davvero orribile.

“E ricordi Edoardo?”

“Edoardo, cara?”

“Ma sì, quel ragazzo con cui uscivo! Inviò me alla festa, ma quando venne a prendermi ci scambiò e sulla porta baciò te anziché me!”

“Oh, sì!” la signora 2 sospirò. “Ma nessuno è stato peggio di Jim.”

“Nemmeno Alexander?”

“Cara!” esclamò scandalizzata, “Non posso credere che ancora lo nomini! Insomma, è stato ...” trasalì, “orribile! Non ricordi l'imbarazzo?”

La signora 1 scoppiò a ridere.

“Ricordo la sua faccia quando tu gli tirasti un calcio noi – due – sappiamo – dove!” esclamò e allora rise anche la sorella.

“Oh, insomma!” gemette Say. Udii sbattere la porta del forno e azionare un frullatore.

“E ti regalò un gatto per scusarsi ...”

“Per l'amor del Cielo,” strepitò la signora 1, “quella bestia era indemoniata, ed è anche un complimento!”

“Occhi rossi come il demonio!” rincarò la signora 2.

“E aveva anche il pelo rosso!” aggiunse terrorizzata la signora 1.

“E insomma!” strepitò Say, “Non tutti i demoni sono cattivi!”

Per un momento tacquero tutte e tre.

“Cara Say, non ci posso credere!” disse scandalizzata la signora 2.

“Davvero, no! Non tu!”

“Com'è possibile che tu conosca il demonio?” chiesero le due in coro e me le immaginai fissare una serissima Say, che in realtà si stava trattenendo più che poteva per non scoppiare a ridere.

“L'ho visto!” esclamò lei. “E, sapeste ...”

Ma purtroppo non seppi, visto che due signore entrarono a braccetto nel locale. Almeno queste non erano gemelle.

“Una nuova commessa!” esclamò la prima illuminandosi. Erano molto più vecchie delle proprietarie della pasticceria, ma sembravano ugualmente affiatate.

“Ma guarda, Nancy! Che carina!” sorrisi, arrossendo.

Le due mi fissarono.

“Che bei capelli!” mi disse Nancy.

“Grazie.” risposi io.

Ridacchiarono entrambe.

“Vorremmo il solito, grazie.”

Poi mi guardò di nuovo, e si scusò.

“Mi dispiace, Raf! Avevo dimenticato che sei nuova ...”

Nancy scosse la testa.

“Quando cambiano commessa, è sempre convinta di conoscerla benissimo.”

Ruby, che stava pulendo un tavolo, sorrise.

“Coraggio, chiamami Sara. Il solito, per noi, è fare quattro chiacchiere!”

Andarono a sedersi, in attesa.

Io mi affacciai in cucina.

“Se Bill è più bello di Jim, allora mi mangio il cucchiaio!”

“Mangialo pure, tanto sai che è vero!”

“Ehm ...” le interruppi. “Scusate,” si voltarono contemporaneamente verso di me, “una certa Nancy e una sua amica vi vogliono di là.”

“Oooh,” cinguettò la signora 1.

“Oooh,” cinguettò la signora 2, e si precipitarono fuori dalla porta.

“Nancy cara!”

“Oh, Lory!”

“Come state?”

“Una meraviglia! Ma voi due siete sempre uguali!”

“Ovvio, siamo gemelle!”

“Che è successo al tuo polso?”

E avanti così.

Ridacchiando entrai in cucina.

Say sorrise.

“Tra poco vorranno quattro fette di crostata ai mirtilli, te la preparo.”

“E' così ogni giorno?” chiesi, riferendomi forse alle chiacchiere delle gemelle, forse all'arrivo di Nancy e Lory.

“Anche peggio!” esclamò Say. “Io non mi ci abituerò mai. Le trovo insopportabili ...” Ma capii che non era vero.

Mise la crostata a raffreddare.

“Fammi indovinare: ti hanno fatto fare il test?”

Annuii.

“Si scambiano di posto quando ti giri. Come le hai riconosciute? Si vestono uguali apposta!”

Sorrisi.

“La signora 1 ha gli occhi azzurri, la signora 2 blu.”

In quel momento, le sentii chiamarmi.

Corsi di là e trovai quattro paia di occhi entusiasti che mi fissavano.

“Ci porteresti quattro fette di crostata ai mirtilli, Raf cara?” chiese la signora 2. Sorrisi e annuii. Say mi passò subito i piatti.

“Avevo ragione.” precisò. Io ridacchiai.

“L'ho notato.”

 

Il mio primo giorno di lavoro fu divertente, ma estenuante. Nel corso della giornata la pasticceria si era riempita di gente, per quanto al mattino sembrasse impossibile, e io non ci sapevo fare granché con le casse e i soldi umani.

Per fortuna Say comprendeva il mio disagio e mi aiutava.

La sera, crollai esausta sul letto e dimenticai persino di cenare e togliermi la divisa.

Prima di addormentarmi, però, pensai che forse era proprio questo che mi ci voleva: giornate tanto intense e lontane da Sulfus da non avere nemmeno cinque secondi per pensare a lui.

Ma non potevo sfuggirgli.

Nei sogni, i suoi occhi color topazio brillarono e ricordai ogni singolo bacio e carezza dell'ultima sera trascorsa insieme. Ricordai i brividi di caldo e freddo lungo la schiena nel sentirlo avvicinarsi e il cuore che batteva sempre più forte mentre mi circondava la vita con un braccio e la strana apatia che mi aveva avvolta mentre me ne andavo.

Lentamente, la sentivo scemare per lasciare posto al dolore.

 

“Sveglia Raf!” questa volta mi svegliai al primo colpo. Ero già vestita, quindi mi lavai i denti e il viso e seguii Say verso la pasticceria.

Questa volta eravamo puntuali, così ebbi il tempo di memorizzare la strada per arrivarci. Facemmo colazione lì e io avevo una fame da lupi, visto che la sera prima non avevo cenato.

Le gemelle chiesero perplesse a Say se avessi qualche disturbo alimentare, vedendomi mangiare in quel modo alle sei del mattino.

Lei rise di gusto e dichiarò che no, non avevo niente del genere. Le gemelle si dimostrarono sollevate, ma poi notarono che ero troppo magra e così borbottarono qualcosa tra loro su come i giovani di oggi fossero denutriti.

Mi dissero che loro, alla mia età, erano fin troppo in carne e che quella volta tutti si accettavano così.

Quel giorno eravamo andate lì solo per aiutarle nelle pulizie, niente di più. La domenica e il lunedì erano i nostri giorni liberi, e forse un anno o due prima ne sarei stata felice, ma in quel momento proprio no.

Come avrei fatto a tenere a bada il pensiero di Sulfus senza niente da fare?

Quella mattina pulimmo la cucina e i pavimenti. Non c'era molto da fare, quindi entro mezzogiorno io e Say salutammo le gemelle, che questa volta discutevano su quanto fosse magro Jim, e andammo a prenderci un gelato.

Notando quanto ero silenziosa, mi lanciò un'occhiata.

“Tutto bene?”

Annuii appena.

Chissà qual era il gusto preferito di Sulfus. Forse il cioccolato. Quello di Say era il pistacchio.

“Sicura?”

Annuii di nuovo.

Mi sentivo terribilmente sola, nonostante ci fosse lei con me. Mi sembrava che mi si stesse lentamente scavando una voragine dentro; nel cuore, dove non c'era più il battito dedicato a Sulfus, nella mente, che non veniva più riempita dalla felicità nel vederlo, nella pancia, priva delle farfalle che volavano quando ero con lui, e nelle mani, dove mancavano le sue dita intrecciate alle mie.

Mi si chiuse lo stomaco e improvvisamente, vedendo il gelato, mi venne solo da vomitare. Finì che lo buttai nel cestino quando Say non guardava.

La mia gola si era chiusa dalla voglia disperata di piangere.

Cosa dovevo fare? Tornare e soffrire di nuovo, ancora di più, o rimanere lontana, e soffrire lo stesso? Cosa stava pensando Sulfus in quel momento? Qualcuno si era già accorto che me n'ero andata?

Cominciai a sudare per l'angoscia.

“Raf?” Say mi fissava preoccupata. “Ti senti male?”

Annuii leggermente. Mi girava la testa.

Parve vedere il vuoto che vagava nei miei occhi. Non mi sentivo male. Mi sentivo … Persa.

Quando capì, mi circondò le spalle con un braccio.

“Ti serve solo una valvola di sfogo.” la sentii dire. Non so come, riuscì a farmi alzare e camminare.

Prendendomi per mano, mi portò attraverso la città che ormai girava sempre di più nella mia testa. Solo alla fine, capii che mi stava riportando a casa.

Mi aiutò a salire le scale e mi fece distendere a letto, poi mi porse un bicchier d'acqua.

“Bevi.” disse, “Domani mattina andrà tutto meglio, vedrai.”

Ci volle poco perché mi addormentassi. Sì, aveva messo un sonnifero nell'acqua. Sapeva che ne avrei avuto bisogno.

Mormorai un sincero grazie a Say e poi sprofondai nel sonno.

 

Quel sonnifero doveva essere davvero potente; era già la mattina del giorno dopo. Avevo dormito tantissimo, e senza mai mangiare.

Vidi la mia immagine riflessa nello specchio del bagno e vi trovai una ragazza pallida, con la pelle bianca e spettinata. Sembrava quasi che avessi avuto l'influenza.

Scesi le scale mentre mi infilavo un vestito blu, che tenevo sempre con me, visto che era comodissimo.

“Buongiorno, Raf!” esclamò Say. Aveva preparato la colazione, e si conquistò un sorriso di prima mattina.

“Come ti senti?”

“Un po' scombussolata, a dire il vero.”

“Dai, siediti.” mi incoraggiò, indicandomi una delle due sedie accanto al tavolo. Obbedii, vista la fame.

Say fece colazione con me, ma non c'era paragone tra quello che mangiò lei e quello che divorai io. In fondo, era dal gelato del giorno prima che non mangiavo!

Rise quando sentì i miei mugolii di piacere rivolti ai meravigliosi dolci che aveva preparato.

Appena fui sazia, Say si alzò.

“D'accordo, Raf.” notai una strana luce nei suoi occhi. “Vieni con me.”

Mi prese per mano e mi guidò fuori da casa mia, verso il mare. Era mattina presto, il sole stava appena sorgendo, e la spiaggia era come sempre deserta. Nessuno veniva da quelle parti, oltretutto sul finire dell'estate.

Si mise di fronte a me, vicino all'acqua.

“Okay, ora dimmi: qual è il potere principale dei Devils?”

Aggrottai le sopracciglia. Cos'aveva in mente?

“Il fuoco, perché?” risposi quasi subito. Non capivo dove volesse arrivare, quindi non mi restò altro che stare al gioco.

“Bene.” disse, ignorando la domanda. “E qual è il potere principale degli Angels?”

Bella questa. Ci pensai un attimo, ma non mi venne in mente niente. Avevamo molti poteri collegati alle ali, eppure avevo la sensazione che non fosse questo che lei intendeva. Allora cosa? Non avevo neanche mai immaginato di avere poteri che non conoscevo.

La mia espressione disorientata parve renderla piuttosto soddisfatta.

“Non lo sai.” cantilenò con un sorrisetto. “Bene bene.”

La fissai, in attesa.

“Raf,” disse, seria, “il potere degli Angels è il ghiaccio.”

Sgranai gli occhi.

“Non può essere!” ribattei. “Il ghiaccio è freddo, crudele … Non può essere degli Angels.”

Ridacchiò.

“Sì, invece. Fidati.”

Guardai le mie mani, come se potessero congelarsi da un momento all'altro.

“Non lo sapevo.” dissi infine, perché fu l'unica cosa che mi venne in mente. Non mi era mai piaciuto l'inverno. Possibile che fosse dentro di me?

“Il ghiaccio non ha solo quell'aspetto.” precisò Say. “Che mi dici della bellezza di un ghiacciolo al sole? O di pattinare sul ghiaccio? O della brina, che tiene le piante al caldo per proteggerle dalla neve? O delle notti di neve, a Natale?”

“In effetti,” ammisi, “ha il suo lato positivo.”

Say lanciò un'occhiata in giro, come per assicurarsi che non ci fosse nessuno.

“Guarda.”

Aprì il palmo della mano e quando ne spuntò una fiammella io sussultai.

“E' … E' fuoco?”

Ridacchiò.

“Sì, ma non posso fare più di così. Mi è rimasta solo la possibilità di fare qualche trucchetto come questo. Ma tu,” proseguì inchiodando gli occhi nei miei, “puoi fare molto meglio, anche in forma umana.”

Di nuovo, guardai le mie mani, esterrefatta.

“Coraggio, Raf!” gli occhi di Say brillavano. “Devi solo crederci!”

Difficile a dirsi. È un po' difficile che una persona che mai nella sua vita ha creduto di saper fare qualcosa, all'improvviso ci riesca. E poi, cosa dovevo fare? Far nevicare?

“Ti dimostro che ne sei capace.” disse Say. Mi afferrò una mano e ne fece combaciare il palmo con il suo. “Provo a creare una fiammella.” ma quando staccò le mani, fu solo l'acqua a scorrermi tra le dita.

“Visto?” era raggiante. “Fuoco più ghiaccio uguale acqua! O vapore,” si corresse, “dipende dalla temperatura.”

Mi fece un cenno verso il mare.

“Ma se un Angel decide di toccare l'acqua e farla diventare ghiaccio ...”

Ero scalza e decisi di provare a mettere un piede sulla superficie dell'acqua. Mentre mi avvicinavo, continuavo a pensare che non fosse possibile. Insomma … Ghiaccio? Ma scherziamo?

E proprio quando stavo per toccare l'acqua, il mio sesto senso scattò e tutto intorno a me si annullò.

Potevo farlo.

Sapevo di poterlo fare.

Quando toccai l'acqua, per un attimo attorno al mio piede brillò una sottile lastra di ghiaccio, che sparì subito.

“Ah! Io l'avevo detto!” esclamò Say. Ero davvero sorpresa. Funzionava. Avrebbe fatto parte della distrazione. Non sapevo a cosa potesse servire, ma il mio sesto senso mi avvertì: dovevo imparare a padroneggiare questo potere il prima possibile.

Riprovai e l'acqua si ghiacciò di nuovo, ma sciogliendosi subito.

“Prova a congelare qualcosa di più semplice.” suggerì Say. “L'acqua corrente è difficile da ghiacciare, soprattutto in questa stagione, perché è ancora calda.”

Mi voltai in cerca di qualcosa su cui esercitarmi.

Ancora mi chiedevo perché lo stavo facendo, quando mi ritrovai a cercare di congelare le foglie delle piante che Say si divertiva a far crescere attorno a me.

All'inizio, facevo solo un sacco di pasticci. Creavo neve imprevista e il ghiaccio mi sfuggiva dalle mani. Non riuscivo a concentrarmi sulle foglie.

Oppure, esageravo e congelavo l'intera pianta, facendo ridere Say. Era del tutto imprevisto, e la prima volta avevo lanciato uno strillo ed ero scappata. La seconda ero praticamente saltata addosso a Say dallo spavento.

Alla fine, congelai la sua maglietta. Si stava letteralmente sbellicando dalle risate e, di tanto in tanto, faceva apparire dal nulla qualche fiammella.

Ghiacciolo fu il mio soprannome, quella mattinata, insieme a Inesperta signora di ghiaccio. Quando, verso mezzogiorno, riuscii a congelare la prima foglia, ero talmente entusiasta che, saltando, caddi e finii in acqua, bagnandomi e riempiendomi di sabbia fino al midollo.

Entrambe esauste, io e Say decidemmo di cambiarci e andare a mangiare una pizza poco lontano. Notai che le mie unghie erano diventate blu, cosa che ogni tanto avevo notato anche nel professor Arkhan. Dunque anche lui possedeva questo potere. Probabilmente non ci aveva ancora insegnato nulla perché il nostro livello di studi non era sufficiente.

“Allora, Gelata ambulante, proseguirai anche nel pomeriggio?” chiese Say sulla strada verso la pizzeria. Io annuii, ignorando il soprannome.

“Penso … Che potrebbe servirmi, anche se non so proprio perché.”

Alzò le spalle.

“Il sesto senso rimane con noi per sempre. Stamattina, appena mi sono alzata, mi sono messa in testa di dirti questa cosa, anche se non so perché.” scosse la testa. “E pensare che io non so un accidente dei poteri degli Angels.”

Storsi la bocca.

“Non avevo mai pensato di avere un potere simile.”

“E io non avrei mai pensato di avere un potere sulle piante, da umana, ma eccomi qua.”

Mentre prendevamo posto in pizzeria, le chiesi come l'avesse scoperto.

“Oh, questa è una storia divertente.” rispose. “Ero appena arrivata qui e si dà il caso che io sia cascata proprio sulla spiaggia. Non avevo la più pallida idea di cosa fare, anche perché in giro non c'era nessuno, ed era notte. Ho pensato di riposare un po' sulla sabbia, così mi sono scavata una sorta di giaciglio e mi sono addormentata.” bevve un sorso d'acqua. “Che tu ci creda o no, quando mi sono svegliata ero circondata da un letto di fiori. Avevo sognato che Tayco me li regalava.” sorrise, scuotendo la testa. “A quel punto il mio sesto senso è scattato e ho capito che quella cosa era mia, che ero stata io.”

“E' così ogni volta?” chiesi, “Il sesto senso scatta e tu capisci?”

Annuì.

“Non hai altro modo. È una sensazione, una cosa che la ragione non può controllare, né capire.”

“Eppure mi sembra così strano ...” ripetei. “Avrei capito l'acqua, o l'aria, ma … Il ghiaccio?”

Era una sensazione senza paragoni. Non potevo crederci.

Say ridacchiò.

“Oh, Raf. Ghiaccio uguale acqua più aria fredda, capisci?”

No, non capivo. Me lo si leggeva in faccia.

Sbuffò.

“D'accordo. Osserva.”

Aprì il palmo di una mano e ne uscì una fiammella.

“Fuoco.”

Aprì l'altro e ne nacque una pianta.

“Terra.”

Mi fissò.

“Poteri dei Devils.”

Poi prese la mia mano.

“Acqua.” disse.

Prese l'altra.

“Aria.”

Le unì.

“Acqua più aria fredda uguale ghiaccio. Mi segui?”

Annuii.

“Credo di sì.”

“Bene. Dato questo fatto, gli Angels non usano da secoli i poteri separati, anche se sarebbe questa la loro vera natura. Il ghiaccio è più forte contro il fuoco, mentre l'acqua crea solo vapore e l'aria lo alimenta. Per questo i due poteri si sono uniti.” spiegò come se nulla fosse.

“Ma se volessi potrei usarli separatamente?”

Alzò le spalle.

“E' molto difficile, ma se vuoi puoi provare.”

Mentre mi immaginavo padroneggiare l'acqua, un'immagine di Sulfus con il fuoco mi attraversò per un attimo la mente, ma la scacciai subito. Ora basta pensare al passato.

Impazzivo dalla voglia di tornare da lui, ma sapevo di non poterlo fare. Era finita. Io avevo finito con lui. E, che mi piacesse o meno, era quella la mia nuova vita.

Spazio autrice: finalmente, ecco il nuovo capitolo! Ci ho messo tanto a pubblicarlo perché è stato un po' più lungo e complicato da scrivere. In ogni caso, sto già iniziando il successivo e spero aggiornerò tra breve. Buona lettura; aspetto le vostre recensioni! =) Baci, Piuma_di_cigno.
   
 
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