[Nota dell’Autrice: finalmente sono riuscita ad
aggiornare. Ci ho messo un po’ ma sono stata ultra impegnata e questo capitolo
è stato scritto a singhiozzo.
Per farmi perdonare vi informo che c’è stato un
cambio di programma; questo non è l’ultimo capitolo, ce ne sarà bensì un altro,
che dovrebbe poi essere quello definitivo. Non sarà molto lungo, voglio tenermi
i dettagli cruenti per il gran finale. Piccola precisazione: in questo capitolo
viene riportato un brano ed un’arma particolare ispirati ad “1Q84” di Murakami
Haruki. Baci baci!]
Cap.11 Tempo
“Il tempo in
sé dovrebbe avere una struttura uniforme ma, una volta consumato, si deforma.
Un periodo di tempo può essere terribilmente pesante e lungo, e un altro
leggero e breve. E a volte il prima e il dopo si invertono e nei casi peggiori
scompaiono del tutto. Forse le persone, regolando il tempo in modo così
arbitrario, regolano anche il significato della propria esistenza. In altre
parole, contribuendo a plasmarlo, riescono a mantenere, seppure a fatica, la
propria sanità mentale.”
[Cit.
Murakami Haruki “1Q84” pag.341]
Ci
sarebbe voluto ancora un giorno, forse due prima che Sasuke e Naruto
incontrassero Gaara e i rinforzi mandati da Kakashi e poi assediare il
Villaggio della Notte e la Fortezza della Lacrima.
Sakura
era ben decisa a non starsene in disparte con le mani in mano, dal momento che
era nascosta, poteva sfruttare a proprio vantaggio quella condizione di
anonimato e indagare per il villaggio, soprattutto poteva osservare da vicino
il palazzo del capo villaggio e la fortezza, aspettando il momento decisivo, in
cui anche i suoi compagni sarebbero arrivati.
Aveva
ancora in mente la notte trascorso insieme a Sasuke, le parole dette, i
sussurri; osservava il letto di quella piccola stanza e non potè trattenere un
lieve rossore ed imbarazzo, ripensando al tempo che era passato agognando quei
momenti con tutta se stessa.
Era
stato gentile, non si era offeso quando, nella foga della loro passione, lei si
era ritratta incerta, non desiderava che la loro prima volta insieme fosse in
una spoglia camera in un villaggio terrificante con il fiato del nemico a pochi
centimetri dalla porta; lui aveva capito e per quasi tutta la notte restarono
abbracciati a baciarsi e ad esplorarsi a vicenda, assorbendo nella memoria ogni
singolo dettaglio, in attesa del giusto momento.
Si
scosse da quel torpore e si diede da fare come meglio poteva; per iniziare non
aveva armi, doveva procurarsi assolutamente un qualsiasi attrezzo, anche
rudimentale, per potersi difendere qualora ne avesse avuto bisogno.
Si
recò in cucina ed osservò attentamente l’ambiente, aprì alcuni cassetti e trovò
altri coltelli come quello che aveva già usato; ne trovò alcuni più piccoli e
ne prese un paio, poi guardando sotto il lavandino, trovò una “pietra belga”,
di grana fine e acciaino, usato per affilare la lama dei coltelli: li avrebbe
resi affilati come rasoi.
Con
sua grande sorpresa in una scansia trovò anche un punteruolo rompighiaccio e le
venne un’idea; con la pietra belga poteva lavorare il punteruolo in modo da
renderlo sottile ed acuminato quanto bastava per essere adoperato agilmente e,
colpendo i punti giusti, provocare la morte dell’avversario senza che quest’ultimo
se ne accorga.
Con
il materiale raccolto tornò nella stanza e chiuse bene la porta a chiave; si
prese tutto il tempo che le serviva, iniziò a lavorare all’affilatura dei
coltelli e del rompighiaccio, con calma senza fretta, il lavoro doveva essere
il più accurato possibile.
La
padrona bussò alla porta verso l’ora di cena per offrirle una minestra di tofu e
del pane al melone, ma Sakura rifiutò cortesemente; il suo lavoro era più
importante del mangiare e doveva dedicarsi attentamente solo a quello: più si
concentrava sull’affilatura, più rimandava il sonno che avrebbe portato
soltanto incubi.
La
scorsa notte ne aveva avuti diversi, nonostante l’effetto del siero per
controllare la volontà fosse svanito e la sua mente libera dai suoi demoni; fu
costretta ad alzarsi dal letto ed immergersi di nuovo nella vasca colma d’acqua
per rilassarsi: Sasuke non l’aveva sentita, dormiva profondamente e solo al
mattino, quando lui si svegliò, lei uscì dal bagno senza aver neppure chiuso
occhio.
Andò
avanti per ore, fermandosi di tanto in tanto solo per rilassare i muscoli e
fare qualche esercizio per sgranchire le ossa, poi di nuovo ricominciava fino a
quando non fu assolutamente certa che l’affilatura fosse perfetta al millimetro.
Era
già l’alba quando alzò gli occhi per scrutare il cielo sopra al villaggio;
aveva lavorato senza sosta, ma adesso si sentiva più sicura con quelle armi
micidiali nel taschino della gonna.
Sebbene
avesse trascorso un’altra notte in bianco, Sakura non si sentiva così esausta
per cui si assicurò di essere ben camuffata con mantello, cappuccio e scialle
in testa a coprire i capelli rosa per non farsi riconoscere, poi uscì dalla
stanza decisa ad indagare il più possibile nel villaggio ed ottenere quante più
informazioni riusciva a raccogliere ed infine attendere i suoi compagni all’ingresso
del villaggio.
La
prima con cui ebbe occasione di parlare, fu proprio la padrona della casa dalla
quale aveva avuto una stanza e dei vestiti; la donna le raccontò, con le lacrime
agli occhi, che circa due anni prima, il capo del villaggio era morto
improvvisamente ed al suo posto il consiglio aveva nominato un uomo
sconosciuto, non appartenente al villaggio e che nessuno di fatto aveva mai
visto né tanto meno conoscevano il nome; in due anni aveva incrementato l’
economia del villaggio e ristrutturato l’antica fortezza che già da decenni
veniva usato come magazzino: doveva essere usato come centro di ricerca medica,
ospedale e scuola, invece lo scopo finale fu nettamente diverso. Il laboratorio
di ricerca c’era davvero ed anche l’ospedale, ma invece di una scuola venne
creato un carcere ed una caserma per addestrare i migliori soldati, “a difesa
dell’incolumità dei cittadini” avevano detto. Avevano creato innumerevoli posti
di lavoro e molti giovani erano stati assunti all’interno come inservienti,
infermieri, tecnici e altro;
cominciarono presto a girare strane voci riguardo a quello che realmente
accadeva all’interno della fortezza; ninja stranieri, soprattutto donne
iniziarono a sparire ed anche gli stessi cittadini, perlomeno chi era in
servizio all’interno, ad un certo punto, non tornarono più a casa, si pensò che
fossero venuti a conoscenza di verità scomode ma nessuno ebbe il coraggio di
fare nulla.
Persino
sua figlia aveva trovato lavoro come aiuto cuoca nelle cucine, ma dopo qualche
mese iniziò a raccontare alcuni episodi di quanto realmente stava accadendo
dentro al carcere; una sera non rientrò a casa e nemmeno il giorno dopo e
quello dopo ancora.
Chiese
notizie all’ufficio pubblico al palazzo principale, le dissero che c’era stata
un’epidemia tra i detenuti e parte del personale civile era stato infettato e
quindi erano tenuti in quarantena dentro alla fortezza, nessuno poteva entrare
o uscire. Dopo un mese le restituirono il corpo della figlia in una bara,
vittima dell’epidemia dissero, ma lei non ci aveva creduto.
Non
potendo contestare direttamente le circostanze di morte stabilite dai medici,
aveva continuato la sua vita così come tutti i cittadini del villaggio; Sakura
non potè fare altro che ascoltare in silenzio ma era certa di aver udito i
pensieri della donna in cui la implorava di aiutarli. In definitiva nemmeno per
loro la vita era così rose e fiori. Doveva sbrigarsi, magari riusciva anche a
comunicare all’esterno con Sasuke e Naruto, svolgendo il ruolo di informatrice
direttamente all’interno e fornendo loro tutte le informazioni utili per
attaccare la fortezza e il palazzo principale; il resto del villaggio sarebbero
riusciti a lasciarlo intatto, la popolazione non aveva nulla a che fare con i
crimini commessi da chi ormai sapeva chi fosse in realtà.
Si
camuffò per bene, facendo attenzione a coprirsi bene i capelli e andò in
perlustrazione, ci mise tutto il giorno percorrendo ogni strada ogni vicolo a
casaccio per evitare anche di farsi scoprire, incontrò persone, ascoltò le loro
storie, quando si trovò davanti ai cancelli del palazzo principale questi erano
sbarrati e guardie ben equipaggiate presidiavano l’edificio; sapevano che
presto sarebbero arrivati i ninja di Konoha e di Suna e quindi il consiglio si
era ben barricato dentro le mura del palazzo: il capo però sentiva che non era
lì, conoscendolo per come lo conosceva lei, era sicuramente dentro la fortezza
e non era poi così scontato che avrebbe usato le gallerie sotterranee per
fuggire.
Tenendo
l’imponente ed angusta mole del carcere come punto di riferimento si diresse
verso di esso, mantenendosi il più possibile nell’ombra; per raggiungerlo
meglio però, sarebbe dovuta uscire dalle mura del villaggio tramite una porta
secondaria da cui poi si proseguiva nel sentiero verso la collina ove sorgeva
la fortezza.
Sakura
non poteva rischiare di farsi vedere, si accorse subito di un discreto via vai
di guardie e di ninja armati, alcuni di questi gruppi provenivano dalla
foresta.
Da
quanto era riuscita a capire e a vedere, si stavano preparando per l’attacco
imminente: sapevano dunque che Sakura era stata soccorsa perché allora
continuare a pattugliare il bosco e le montagne per trovarla?
No,
lei non c’entrava più nulla oramai, era soltanto uno stratagemma per sapere in
anticipo dove e quando Suna e Konoha avrebbero attaccato.
Sakura
decise che per quel giorno poteva bastare, si stava facendo tardi e di Sasuke e
Naruto ancora nessuna notizia, forse si stavano ancora organizzando con Gaara e
gli altri team di Konoha; rientrare nella stanza non le sembrò una grande idea,il
solo pensiero di dover aspettare al chiuso e al buio di quel piccolo ambiente
le fece salire la nausea ed un senso di claustrofobia: bel lavoro che avevano
fatto in quella fortezza infernale, le ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo
prima di farsela passare.
Pensò
che era meglio trovare un angolo riparato, presso un vicolo tra i palazzi
vicino alle porte principali, ma ad un tratto vide la vecchia signora, proprietaria
della casa, non molto distante da lei che stava attraversando la strada in
direzione opposta a quella dove si trovava l’abitazione.
Per
un momento gli sguardi delle due donne si incrociarono, ma la vecchia lo
abbassò subito con una espressione spaurita e intimorita allo stesso tempo; il
suo comportamento incuriosì Sakura che per curiosità ed istinto, si incamminò
anche lei dietro alla donna e la seguì lungo la strada principale che costeggiava
il canale principale.
Uno
strano senso di inquietudine avvolse Sakura come una pesante coperta di
cemento; i suoi sensi percepivano qualcosa di strano, nella donna, lungo le
strade, nelle persone che ancora affollavano i marciapiedi e i ristoranti: ad
un tratto la donna si fermò, proprio davanti al cancello principale del Palazzo
del Consiglio, altamente sorvegliato, nulla era cambiato da quella mattina.
La
donna si guardò intorno e poi proseguì a destra, camminando a passo deciso
lungo il perimetro che circondava l’edificio fino ad ingresso secondario
libero, senza alcuna sorveglianza; la donna entrò senza voltarsi e Sakura,
seppur titubante, la seguì all’interno, oltre una porta di metallo incustodita.
Ogni
fibra del suo essere era in agitazione, non era normale lasciare libero un
passaggio dove chiunque poteva accedervi; i nervi di Sakura erano talmente tesi
che avrebbero potuto spezzarsi in secondo e i suoi sensi in allarme, ma lei
continuò a proseguire: doveva andare fino in fondo e, come ipnotizzata, camminò
lungo un lungo corridoio fino ad un altro accesso che dava su una grande stanza
buia.
Percepì
uno strano odore, famigliare che le procurò un brivido gelido lungo la spina
dorsale; un odore di malvagità e morte che aveva già sentito e bastò quello per
farla girare su se stessa diretta verso l’uscita.
Fu
in quell’attimo che le luci si accesero e davanti a lei una guardi armata le
sbarrava la strada; d’istinto si voltò per correre attraverso la stanza verso
un’altra uscita, o almeno quello era l’intento: non fece che qualche passo, era
praticamente circondata da uomini in nero, dal volto coperto ed armati fino ai
denti.
Dietro
di loro, in fondo alla stanza, la donna osservava la scena a debita distanza;
sul suo volto ci fu un vago segno di desolazione e dispiacere per ciò che aveva
fatto, poi un’altra porta si aprì ed entrarono altre guardie che scortavano una
giovane fanciulla che venne consegnata tra le braccia della donna che,
piangendo, abbracciò forte quella ragazza che a sua volta piangendo esclamò il
nome della madre.
Era
dunque quella la figlia defunta della donna??
Tale
fu lo sconcerto e la sorpresa che Sakura si sentì crescere dentro una rabbia
mai provata prima; quella donna le aveva mentito, era dunque stata tradita
impunemente e non solo, anche Sasuke era sicura della buona fede di quella
signora, era così stato tradito anche lui.
“Non è colpa del traditore se la vittima del tradimento
non è altro che un ingenuo; il traditore resterà sempre un infame, qualunque
siano le ragioni del tradimento!”
Una
voce nota si levò nell’ombra, ed alla tenue luce dei neon, Sakura finalmente
vide il vero volto dell’infamia.
“Erano giorni che ti tenevo d’occhio, ma la
tua curiosità morbosa ha agevolato i miei piani. Non avrai davvero creduto che
fossi così stupido da non aver capito il piano di Sasuke di tenerti nascosta
proprio dentro al mio Villaggio?”
“Lo sai, che un attimo, l’ho creduto davvero…
Kabuto!”
A
Sakura gli si rivoltava lo stomaco vuoto dal disgusto che provava nel
ritrovarsi faccia a faccia con quell’essere nauseabondo; parte del suo volto
era trasformato e sembrava più un viscido serpente che un essere umano.
Ciò
che era strano però, per Sakura, era come fosse stato possibile per Kabuto
liberarsi dalla Tecnica Illusoria di Itachi; lo aveva imparato per caso, quando
aiutò Tsunade nel ricomporre il braccio di Sasuke e Naruto alla fine del loro
sanguinoso combattimento: in un momento di delirio per effetto dei sedativi e
degli anestetici, Sasuke ripercorse quella battaglia in cui Itachi interruppe l’Edo
Tensei e sparì definitivamente dopo aver imprigionato Kabuto in una realtà
illusoria dove avrebbe ripetuto all’infinito lo scontro tra lui, Sasuke ed
Itachi.
Oltre
a quello, altri conti non tornavano; magari Kabuto non era uno stupido, eppure
Sakura era certa che Sasuke e Naruto l’avevano protetta e tenuta al sicuro
senza farsi scoprire.
Dov’era
dunque il tranello?
“Ho occhi ed orecchie dovunque inoltre
nessuno dei tuoi amici si è accorto del piccolo microchip sottocutaneo che ti
era stato impiantato nel tuo braccio sinistro. Ti facevo più intelligente e
scaltra Sakura, anche se devo ammettere che la tua mente è molto più forte di
quanto mi aspettassi e le tue abilità in questi anni si sono notevolmente
perfezionate. Non posso che ritenermi comunque soddisfatto.”
“Che cosa
hai in mente Kabuto? Ormai il cerchio si è già chiuso, il Sesto Hokage e il
Kazekage sono già a conoscenza delle tue malefiche macchinazioni, è questione
di poco; appena saranno qui, sia Naruto che Sasuke ti ridurranno in cenere e
posso assicurarti che io sarò al loro fianco per renderti indietro 100 volte
tutto quello che hai fatto a quelle donne in questi anni. 100 volte per ogni
donna ninja, ed altri 100 per ogni giorno di tortura.”
Kabuto
sogghignò, le minacce a lui non avevano mai fatto caldo né freddo; in quel
momento era lui ad avere Sakura sotto scacco, presto avrebbe consumato la sua
vendetta.
“Lo sai mia cara, non vedo l’ora di vederlo.
Nel frattempo perché non ci accomodiamo nel mio alloggio personale alla
Fortezza della Lacrima. Voglio offrirti… un tè… da amici!”
L’espressione
“amici”, pronunciata da Kabuto, aveva per Sakura un sapore più amaro e sporco
dell’acqua di uno stagno, si sforzò di mantenere il battito del cuore regolare,
ma sapeva che con quell’essere c’era ben poco di cui essere tranquilli.