Nessuno ama che lo si svegli alle
quattro del mattino ed Henry Warden non fa eccezione alla regola. Ha aperto la
porta con un’espressione omicida in volto, il fucile in una mano e
l’aria di chi non si farebbe troppi scrupoli ad usarlo.
-“Chi diavolo sei e che
cazzo vuoi a quest’ora?”
Bene, un uomo che arriva dritto
al punto.
-“Mi chiamo Sam Winchester
e lui è mio fratello Dean” rispondo, accennando con una mano nella
sua direzione. Henry alza gli occhi al di sopra delle mie spalle, non si era
ancora accorto di Dean.
-“Bene, per quanto riguarda
il che cazzo vuoi?”
Comincio la mia storia. Per una
volta sono del tutto sincero, o quasi.
Dean avrebbe da ridire su questa
modifica al nostro modus operandi, ma non posso fare altrimenti: le sue condizioni
non mi permettono di agire liberamente e non c’è verso che aspetti
domattina per mettere in atto il mio piano.
Henry mi ascolta in silenzio, poi
appena finito mi chiede se penso che questo possa davvero aiutare Dean.
-“Devo almeno
provarci” ammetto.
Ormai quest’idea è
tutto quello che mi resta. Se anche questa strada dovesse rivelarsi un vicolo
cieco non saprei più che inventarmi.
L’uomo sembra intuire i
miei pensieri, annuisce e mi porge un mazzo di chiavi.
-“Buona
fortuna, Sam”
-“Grazie”
Sono già sulla soglia
quando Henry richiama la mia attenzione: -“Chi c’è
qui?”
-“Nostra madre”
rispondo sommessamente.
Ricordo ancora l’ultima
volta che sono stato qui, poche settimane dopo la morte di papà. Volevo
lasciare qualcosa di suo sulla tomba della mamma, mantenere un legame fra i
loro spiriti. Una sciocchezza, ovviamente. I corpi di entrambi erano andati
distrutti; il fantasma di nostra madre dissolto nel tentativo di salvarci,
mentre l’anima di nostro padre bruciava all’Inferno. Nessuno dei
due riposava in pace e, forse, nessuno dei due potrà mai farlo. Adesso
mi rendo conto della cosa, ma all’epoca certe favole mi erano di conforto… Nonostante tutto non sento la mancanza di
quel tipo di innocenza, sono felice di essermi sbarazzato di simili debolezze.
Se fossi stato forte come lo sono ora Jake non sarebbe riuscito ad uccidermi e
Dean non avrebbe mai stretto quel patto, non sarebbe finito all’Inferno e
niente di tutto questo sarebbe mai accaduto. Un’altra delle persone che
amo ha sofferto perché volevo sfuggire al mio destino, illudendomi di
poter essere diverso da quello che sono. Probabilmente ha ragione Ruby…
Mi blocco. La lapide di nostra madre è a pochi passi e Dean ha smesso di
seguirmi, si è fermato qualche metro più indietro. Sento
riaccendersi una flebile speranza: Dean non è mai riuscito ad
avvicinarsi alla tomba della mamma. L’ha sempre definita un pezzo di
marmo con al di sotto una bara vuota, ma se ne
è sempre tenuto alla larga. Tipico di mio fratello: meglio tenersi
lontani da quello che procura dolore, meglio nascondere tutto dietro una porta
e poi cementarlo con la sola forza della propria ostinazione. Se non ne parli
non ti ferisce, se non ci pensi non è accaduto, o almeno è quello
che si è detto per tutta la vita.
-“Dean, andiamo” gli
dico, strattonandolo. Non si muove di un millimetro. Ci metto più forza
e lui cade in avanti. L’afferro prima che rovini a terra, in
quell’istante i nostri sguardi si incrociano e il mio cuore si ferma:
è rabbia quella che scorgo nei suoi occhi. È soltanto un attimo,
un veloce lampo di verde e le sue iridi tornano opache, offuscate dalla nebbia
del limbo in cui si è rinchiuso. Stringo le dita intorno al suo polso
fino a sentirlo scricchiolare, mi volto e ricomincio a camminare; questa volta
però mi segue, docile. Cazzo Dean, tutto qui? Ti sei già arreso?
A quanto pare mi toccherà spingere più a fondo.
Mi inginocchio ai piedi della
lapide e tiro Dean giù con me. Sfioro il marmo con le dita, come ad
accarezzare quel volto che non ricordo. La mamma è morta a soli ventinove
anni, come Dean.
No. Dean è qui al mio
fianco; vivo, reale. Chiudo un attimo gli occhi, poi incomincio: -“Ciao
mamma, siamo noi…” dico, sforzandomi di tenere salda la voce. Non
so come continuare. Avevo un piano perfetto, un discorso
concluso, adesso invece… Prendo la mano di Dean e lo guardo negli occhi:
-“So che non ti piace questo posto Dean, ma doveva essere qui.
Ricordi cosa mi hai detto quando ti ho salvato dal djinn? Mi hai detto che il
tuo unico desiderio era che la mamma fosse viva; se lei non fosse morta noi non
avremmo mai cominciato a cacciare e tutto il resto. Ricordi la mia risposta?
-mi fermo qualche secondo, so che le mie parole gli arrivano in qualche modo e
voglio dargli il tempo di assimilarle- Risposi che ero contento che l’avessimo fatto, ed era vero. La morte della
mamma, il cambiamento di papà, l’addestramento, la caccia, tutto
quanto ci ha portato sin qui. Tu sei sempre stato tutto per me Dean; la mia famiglia, il mio solo punto di
riferimento. Non ti sei limitato a coprirmi le spalle e ad essermi vicino
mentre crescevamo entrambi, hai rinunciato alla tua infanzia per regalarmene
una. Sei stato il padre che nessuno dei due ha mai avuto. E nonostante non
fossi molto più grande di me, nonostante i tuoi metodi strampalati, mi
hai regalato l’infanzia migliore cui potessi aspirare. Ricordi quando
convincesti Andy Marple ad uscire con me offrendole un gelato? Quello che non
sai è che lei prima di uscire mise le carte in tavola: un appuntamento
con me prima, uno con te dopo. Non te l’ho mai confessato, dopotutto
quale fratello minore ammetterebbe di non poter reggere il confronto con quel
casanova del fratellone? Poi ci sono state le lezioni di guida con la macchina
rubata; non potevi di certo mettere a rischio la tua preziosissima auto per
insegnarmi a guidare. E il vestitino da folletto? Dovevano occuparsene i
genitori, ma per un padre fissato con la caccia ai demoni la recita di Natale
del figlio non è esattamente una priorità. Ricordo ancora le
cuciture tutte storte e la promessa che se mai ne avessi fatto parola con
qualcuno mi avresti ucciso con le tue mani… Dean, non mi importa quello
che hai fatto all’Inferno. La verità è che non mi
importerebbe neppure se l’avessi fatto qui, adesso; non mi importerebbe
se tu non avessi sensi di colpa. Rivoglio soltanto mio
fratello, ti prego Dean…” Mi manca la voce, devo fermarmi.
Sollevo la testa e lo guardo. Non è possibile, non è cambiato
nulla. La profonda ingiustizia della cosa mi colpisce all’improvviso:
Dean ha sacrificato tutta la sua dannata vita per il bene degli altri, per il
mio bene, e non riesce a perdonarsi per quello che ha fatto all’Inferno!
Non poteva fare altro dopo trent’anni di torture! È più del
tempo che ha passato in vita... Non sa che le confessioni estorte sotto tortura
non hanno neppure valore? Non si rende conto di aver seviziato feccia?! Quanti finiscono all’Inferno per la loro
bontà d’animo? Avrà torturato un manipolo
di assassini e stupratori; gentaglia su cui una persona come Dean neppure
avrebbe mai dovuto posare gli occhi… La disperazione e la rabbia prendono
il sopravvento sui miei propositi di calma, afferro Dean per le spalle e
comincio a scuoterlo: -“Sei uno sporco egoista Dean! Preferisci
lasciarti morire e abbandonarmi di nuovo piuttosto che affrontare la
realtà. Non c’era nulla, nulla che potessi fare. Sei un idiota, uno stupido, un vigliacco…” Vado avanti
per un pezzo con parolacce e imprecazioni, poi passo alle suppliche. Ho
la voce roca, tremo dalla testa ai piedi e cullo entrambi in questa sorta di
delirio da mentecatto: -“Ti prego Dean, ti prego…” Non so
quante volte ho ripetuto questa frase, questa preghiera. Non mi muoverò
di qui finché Dean non si riprenderà, dovessimo entrambi morire
di fame o freddo. Continuerò anche all’Inferno se necessario e una
volta che si sarà ripreso lo prenderò a calci…
-“Sam?”
Sono così preso dai miei
piani di vendetta che per un attimo penso di aver soltanto immaginato la voce
di Dean, poi la risento: -“Sam, non riesco a respirare…”
Allento per un attimo la mia presa
da wrestler e lo guardo negli occhi: Dean è qui, con me. Mi vede,
capisce quello che dico… Non saremmo davvero morti sulla tomba della
mamma?
-“…e mi
dispiace”
Cosa? Non ho ascoltato una sola
parola di quanto detto da Dean, le prime parole di mio fratello dopo mesi e me
le sono perse. Dalle sue scuse direi che si sente in colpa per qualcosa, una
cosa inconsueta per Dean Winchester…
-“Dean
ascoltami, non so di cosa tu sia dispiaciuto stavolta, ma non hai nessun motivo
per esserlo. Mi sono goduto la vacanza finché
è durata, ora sei di nuovo qui e mi toccherà sopportarti”
concludo sospirando.
Mio fratello accenna un piccolo
sorriso: -“Ti sono mancato, eh?”
Non sai quanto Dean…
Note:
Innanzitutto ringrazio tutte voi per gli splendidi ed incoraggianti commenti, soprattutto Axia: le tue parole mi hanno davvero commossa. Vorrei anche scusarmi per il ritardo con cui è arrivato quest’ultimo capitolo; ho avuto l’influenza e dei problemi alla vista, poi la mancanza di ispirazione è stata micidiale. Spero vi piaccia la conclusione della storia ^^