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Autore: Castiga Akirashi    20/06/2015    1 recensioni
{Rating più alto in alcuni capitoli}
Può una bestia redimersi?
Può smettere di uccidere?
Il Demone Rosso ha seminato distruzione, paura e morte per anni.
Ora è sparita.
È morta? È nell’ombra che aspetta una preda?
Nessuno lo sa…
Aurea Aralia è una studiosa Pokémon conosciuta in tutta Isshu.
Stimata e rispettata, passa il suo tempo a esplorare il mondo dei Pokémon ed a aiutare i giovani allenatori che le vengono affidati.
La sua vita cambierà, quando incontrerà una ragazza.
Ragazza o… Demone?
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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«E vinsi così la Medaglia Volt.» concluse Castiga, ancora soddisfatta di quella vittoria molto sudata ma anche molto studiata. Una forse delle più dure affrontate in tutto il viaggio.
«Eri un po’ confusa, eh?» chiese Raphael, conoscendola e immaginando quanto poco riuscisse a capire dei problemi dell'amica.
«Non sai quanto.» rispose lei, posandosi al vetro della navicella: «Non capivo le reazioni di Belle, non capivo i suoi sentimenti, le sue paure, i suoi desideri... era tutto così incomprensibile. Riducevo tutto al piano razionale, logico, perché altro non sapevo fare. I miei unici contatti umani erano stati con le mie vittime o con Giovanni, prima della prof, quindi... era tutto nuovo ed estremamente strano.»
Lui sedette accanto a lei e chiese: «Però ora va meglio no?»
«Sì, direi di sì. Ma devo imparare ancora tanto, in questo senso...» borbottò Castiga, un po' giù di corda. Raphael fece per dire qualcosa e farla almeno sorridere, ma lei ridacchiò e buttò lì: «Sai che poi Belle mi chiese di lottare con lei?»
«Davvero?»
«Sì e io non sapevo come fare. Alla fine riuscii a farle capire quello che volevo, anche se mi diede del mostro.»
«Addirittura? Che hai combinato?»
Lei sorrise, facendo il gesto di chiudersi la bocca con le dita, e rispose: «Te lo racconterò, ma Belle e il Dottore devono aggiungere la loro parte.»
Lui annuì e la ragazza guardò fuori. Avevano appena superato la metà della circonferenza. Quella ruota era davvero enorme. Raphael le mise un braccio intorno alle spalle e la strinse a lui; lei, con un ghigno malvagio, chiese: «Secondo te Cheren è saltato addosso a Belle?»
«In effetti, questo è forse uno dei posti più romantici del mondo… ma non credo.» rispose definitivo lui, scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo.
«Forse hai ragione. È troppo timido.» assentì lei, per poi commentare, con tono provocatorio: «Non sono mica tutti come te.»
Lui le fece la linguaccia stizzito, ma rispose prontamente, guardando a lato: «Intanto ho ottenuto qualcosa.»
«Attento a non adagiarti troppo signorino...» buttò lì lei, con tono di minaccia.
Raphael tornò a fissarla, con il terrore negli occhi, e balbettò: «Ma... io, cioè... cosa intendi con... insomma...»
Castiga ridacchiò e gli diede un buffetto, scuotendo la testa. Lui si imbronciò e mormorò: «Sadica. Ricordami ogni tanto che un po' cattiva sei rimasta...»
Lei ridacchiò e rispose: «Non bastano tutte le derisioni a Belle e Cheren?»
«In effetti, ogni tanto ci vai giù pesante. Ma con me di più!» piagnucolò lui, incrociando le braccia.
«Che bambinetto scemo che sei.» commentò lei con disappunto, accarezzandogli la testa e lasciandosi abbracciare. Bastava così poco per fargli passare il broncio. Il giro finì tra le coccole e i due scesero dalla ruota panoramica, ricongiungendosi poco dopo con gli amici.
«Che ruota enorme!!» esclamò Belle, saltellando come una bambina a Natale.
«Già. Ho avuto il tempo di raccontare quando ho incontrato N.» assentì Castiga, guardandola sorridente: «E sì che è lunga.»
Raphael assentì e aggiunse: «Stava per dirmi della lotta con Belle, ma ha detto che voleva aspettare voi.»
«Mi mancano pezzi.» si giustificò subito la ragazza.
«Beh, ora ci siamo!» esclamò Belle, entusiasta di essere parte integrante della narrazione: «Comincia tu e noi aggiungiamo quel che non sai!»
«Agli ordini!»
~§~
 
INTERMEZZO: BELLE
 
Castiga uscì dalla Palestra di Sciroccopoli con i due amici, commentando la lotta appena conclusa.
«Vedervi combattere mi ha dato molte idee per la mia strategia!» stava dicendo Cheren, animato: «Mi ci vorrà molto impegno per sconfiggerla, ma ce la posso fare!»
«Non sia mai che il Dottore perda!» ridacchiò Castiga, divertita vista la sua sicurezza.
Belle rise e il ragazzo si congedò, per andare nel Deserto ad allenarsi e ottenere anche lui quella preziosissima medaglia. Le due ragazze invece proseguirono sul viale della città, continuando a parlare. Belle prese un respiro profondo e, in un momento di silenzio, chiamò, titubante: «Castì…»
L'amica, che si era persa nei suoi pensieri, si riscosse e borbottò: «Mmh? Hai detto qualcosa?»
«Sì. Posso chiederti un favore?»
«Certo.»
Dopo aver deglutito, imbarazzata, le chiese: «Faresti una lotta con me? Per vedere se posso provare ad affrontare Camelia.»
«Oh. Sì, va bene Belle.» rispose istintivamente; poi però si bloccò, pensando ad una cosa, e aggiunse: « Però puoi aspettare qui un secondo?»
Con un sorriso di gioia dipinto in faccia, Belle annuì. Castiga andò al Centro Pokémon, diede la squadra all’infermiera e prese l’Interpoké. Dopo aver selezionato il destinatario, attese e quando la persona all'altro capo rispose, salutò dicendo: «Salve, prof.»
«Ciao, Athena!» ricambiò lei, sorridente: «Come mai questa chiamata? Tutto bene?»
«Sì, stia tranquilla.» rispose la ragazza, buttando lì, tanto per dire: «Ho vinto la Medaglia Volt.»
«Non avevo dubbi!» sorrise lei, sapendo quanto fosse forte: «Ma non è questo il motivo della chiamata, vero?»
La ragazza scosse la testa e rispose: «No. Lei ha parlato di me al padre di Belle.»
Non era una domanda. E nemmeno un’accusa. Più una constatazione.
Aurea ponderò cosa dire, poi semplicemente, assentì e chiese: «E allora?»
«Che cosa gli ha detto?»
«Niente di preoccupante, stai tranquilla! Gli ho detto che sei una ragazza coraggiosa e in gamba, che non hai paura di niente e che Belle poteva essere al sicuro in viaggio con te. Tutto qui.»
Athena rifletté su quella risposta, poi chiese, ancora: «Solo questo?»
La donna annuì, non capendo che problemi ci fossero. Non poteva davvero credere che avrebbe detto a tutti chi era davvero. Avrebbe ottenuto solo aggressioni alla ragazza e disprezzo nei suoi confronti. Era una follia anche solo pensarlo. Ma probabilmente, da buona maniaca del controllo quale era, voleva solo essere sicura che fosse tutto a posto. Athena interruppe le sue riflessioni e mormorò: «C’è un’altra cosa.»
«Cioè?»
Dopo una pausa, per pensare a come spiegare cosa sentiva -cosa non facile-, la ragazza sbottò: «Belle mi ha chiesto di lottare con lei per vedere se è in grado di affrontare Camelia. Ecco io… non so come gestire la cosa.»
«In che senso?» chiese Aurea, davvero perplessa, incalzandola a parlare per capire meglio la situazione.
«Ho sempre combattuto con l’idea di abbattere l’avversario. Non so come fare con Belle. E ho paura che dica o faccia qualcosa in reazione che riesca a farmi perdere la testa. Una volta non temevo niente ma ora... non mi conosco più. Sarò sincera, non so cosa aspettarmi da me stessa... ho avuto reazioni completamente insensate che mai avrei pensato.»
La studiosa annuì, riflettendo su quel discorso. Era il suo tentativo di renderla umana a renderla anche più instabile di quanto non lo fosse già? Vedendo una sincera paura nel fondo di quegli occhi rossi, cercò qualcosa da dire; da una parte però era contenta: quel timore dimostrava il bene che ormai voleva per i suoi amici, anche se forse non se ne rendeva conto.
«Tu devi solo correggerla, ok? Non aggredirla, non andarci giù pesante. In questo modo non dovresti avere problemi... neanche di reazioni negative.»
La ragazza annuì, registrando i consigli e riflettendo su cosa fare, salutò e chiuse la chiamata. Pensò a lungo, poi tornò da Belle, e, quando vide quello sguardo di fiducia e di amicizia, annuì. Cominciarono la lotta. Per facilitare Belle, Castiga mandò in campo Wargle che era il suo più debole, mentre Belle mandò Pignite. Dopo poche mosse, Castiga si rese conto che Belle non metteva il cuore nelle lotte. Aveva paura di tutto, anche che Pignite e Wargle si facessero male, e non si impegnava molto. Non faceva errori grossolani, e anzi, aveva ben chiaro come si lotta. Ma le mancava quello spirito, quella grinta che nella lotta è fondamentale. Athena notò anche che il Pokémon Fuoco si tratteneva; non usava appieno la sua forza per non turbare Belle. Dopo aver riflettuto, decise di fare a modo suo. Reazioni negative o meno, non aveva importanza. Se Belle doveva imparare cosa voleva dire il legame vero e autentico con un Pokémon, due cuori che combattono insieme, che battono insieme, per una vittoria comune... cos'era quell'inutile e infimo legame tra di loro? Amicizia? Forse, si rispose, ma non era di certo così importante.
«Wargle, ritorna. Vai Maru.»
Belle si fece preoccupata, ma Castiga mise da parte il sentimento di leggero affetto che provava per lei. Cominciò ad attaccare con Conchilama a ripetizione. Quando era così concentrata, tendeva ad assumere la classica posizione d’attacco che ancora oggi terrorizza Kanto e Johto: piede destro avanti, sinistro dietro di traverso, braccia incrociate e sguardo serio, deciso. Mancava solo il pugnale e il sogghigno sadico, ma non erano necessari. Intensificando gli attacchi, pensò: “Andiamo, Belle. Reagisci. Arrabbiati. Dimostrami che sei in grado di lottare!” 
Aveva calcolato tutto alla minima precisione, Pignite poteva resistere, ma solo se Belle gli dava la grinta per farlo. Finalmente la sua pazienza venne premiata; con le lacrime agli occhi, Belle cominciò a incitare Pignite, dandogli coraggio, anche se piangendo. Il Pokémon, illuminato dalla luce dell’entusiasmo, carico della fiducia della sua compagna, combatté come un leone, mettendo in difficoltà Maru. Alla fine dell’incontro, dopo un ultimo colpo, Pignite cadde e Belle corse a soccorrerlo, urlando: «Pignite! Cosa gli hai fatto? Ti odio! Sei cattiva! Sei un mostro!»
Abbracciò il Pokémon, piangendo e urlando. Il tempo di abbassare la testa e rialzare lo sguardo che l’amica era svanita. Il dolore per quel che era successo soffocò il disagio di essere rimasta sola. Belle si alzò e portò il suo Pokémon al centro, dove si riprese in breve tempo. Fatto rientrare Pignite, uscì e incontrò Cheren, di ritorno dall'allenamento nel deserto.
«Ciao.» lo salutò, con ancora gli occhi verdi lucidi di lacrime.
Cheren la fissò sconvolto, notando subito i segni, ed esclamò: «Belle, tu hai pianto! Che cosa ti è successo?»
Singhiozzando, la biondina raccontò tutto, e Cheren le sorrise; la prese per mano e mormorò: «Vieni con me. Voglio mostrarti una cosa.»
Belle seguì l’amico dietro degli alberi e sbirciò la radura che lui le indicò. Lì c’era Castiga che stava allenando Warubiaru, facendolo combattere contro Maru; il Sandile finì per l’ennesima volta a terra colpito dal Conchilama, un attacco che aveva molto effetto su di lui.
«Andiamo, Warubiaru!» esclamò la ragazza, cercando la sintonia, cercando di capire il modo per comunicare con lui per fargli capire ciò che intendeva: «Tu puoi fermare il Conchilama! Ricordati che volere è potere! Solo se ti convinci che puoi, lo farai! Non temere... io sono qui, per aiutarti. Non sei solo, non lo sarai mai... so che è dura, ma so che puoi farcela!»
*«Mi hai convinto.»* rispose lui, rialzandosi, con la determinazione nello sguardo: *«Io fermerò quell'acqua!»*
Cadde a terra un paio di volte, ma non si arrese finché riuscì ad afferrare la lama d’acqua con il Morso, bloccando l’offensiva.
«Sì!» borbottò Castiga con un sorrisetto; aveva la gioia nello sguardo, quella che emergeva solo quando lei e i suoi Pokémon riuscivano a trovare una sintonia, a cementare un legame che sarebbe durato in eterno.
«Maru, Pistolacqua! Warubiaru, proteggiti con il Sabbiotomba!»
I due Pokémon eseguirono e Warubiaru riuscì a difendersi da tutti gli attacchi d’acqua, sotto gli occhi meravigliati di Belle. Cheren mormorò, per spiegarsi: «Prima l’ho vista con Hoshi. Faceva la stessa cosa, solo che usava Warubiaru per allenarla. Sono rimasto altrettanto scioccato. E credo che abbia fatto lo stesso con te. Ti ha spinta a reagire, a dare il massimo e a vincere insieme a Pignite, non per mezzo di lui.»
Belle ci pensò su. Effettivamente non aveva mai visto Pignite combattere così bene e con così tanta grinta.
“Metterci il cuore, non solo la forza. Forse, forse ho capito. Grazie, Castì.” pensò Belle, grata di quella importante lezione. Un pensiero però le attraversò la mente e lei mormorò, seriamente preoccupata: «Cheren. Io non so se mi vorrà parlare ancora.»
«Perché?»
Imbarazzata, l'amica ammise: «Le ho detto che è cattiva e che è un mostro..»
Cheren si fece preoccupato. E se l’amica si fosse offesa?
«Che cosa facciamo Cheren?» chiese l'altra, con una punta di vera ansia nella voce. Forse non voleva più avere a che fare con loro, li odiava...
«Vai a chiederle scusa. Forse potremmo ancora viaggiare insieme.»
Belle annuì, ma aveva paura di affrontarla. Nonostante le volesse bene, le faceva ancora tanta paura quella ragazza sempre tetra.
«Hoshi!» sentirono gridare, mentre confabulavano. Castiga corse verso la sua zebra, che si era accasciata al suolo.
*«Mi dispiace...»* sussurrò lei, sul punto di svenire.
«Buona Hoshi, va tutto bene.» mormorò la ragazza, sostenendola mentre prendeva delle medicine dallo zaino: «Ecco, mangia questo. Ti sentirai meglio.»
Belle e Cheren erano stupiti. Non avevano mai visto Castiga con un tono di voce così dolce, con uno sguardo così preoccupato ma amorevole. Non l'avevano mai vista comportarsi così umanamente con una persona. Con i Pokémon sembrava quasi trasformarsi.
La zebra eseguì, mangiando la bacca che le era stata porta, ma Castiga si voltò di scatto, sentendo muoversi i cespugli. Socchiudendo gli occhi sospettosa, ordinò: «Maru, vai a vedere se è qualcuno di ostile. Io intanto aiuto Hoshi.»
*«Sì, capo!»* rispose lui, annuendo. Belle e Cheren si nascosero su un albero, sfuggendo al vigile Dewott; non volevano che Castiga scoprisse che la stavano spiando, ma la ragazza disse, ridacchiando: «Perché non venite giù da quell’albero, spioni? Volete spaccarvi i denti?»
I due amici si guardarono e scesero, rossi in volto, imbarazzati di essere stati scoperti così. Senza riuscire a smettere di ridacchiare, Castiga fece rientrare tutti tranne Maru e si diresse verso la città. Belle, però, la fermò, sbarrandole la strada, e disse, tutto d’un fiato e abbassando il capo: «Scusami! Non volevo offenderti!»
Dato che non riceveva risposta, alzò lo sguardo e vide che l’amica stava sorridendo. Castiga le arruffò i capelli con un gesto amichevole e disse, andandosene: «Ti fai troppi problemi, Belle. Troppi.»
Ritornarono in città per passare la notte; la mattina dopo, si sarebbero allenati e poi Belle e Cheren avrebbero tentato contro Camelia. Quella sera, si accamparono come sempre per dormire. Castiga faticava a prendere sonno e, confermato che gli altri due umani stavano dormendo, Maru mormorò: *«Ehi, Castiga. Dormi?»*
«Non ancora... che c'è?» chiese lei di risposta, a bassa voce per non svegliare gli altri.
*«Che ti è successo?»*
«Cosa intendi?»
Maru sorrise e spiegò: *«Sei stata molto più gentile del solito con Belle. Eppure ti ha detto parole pesanti.»*
Castiga ridacchiò, divertita dal metro di misura del suo amico e replicò: «Parole pesanti? Piccolo mio, non hai sentito niente. Mi hanno rivolto insulti ben peggiori di un “sei un mostro”. E non me la sento nemmeno di darle torto. Comunque, sì, sono stata gentile, ma c'è un motivo: so cosa vuol dire vedere il proprio Pokémon che soffre e quindi so come si è sentita Belle. Io avevo quella sensazione quando sono morti i miei migliori amici... quindi sì, ti dirò che avrei tollerato molto peggio di quello che ha realmente detto. Cosa, lo ammetto, non frequente.»
*«Sei più buona di quanto pensi...»* mormorò il Dewott, sorridendo dolcemente.
«Ah-ha.» fece finta di concordare lei, non troppo concorde in realtà. Erano tutti matti: lui, la prof, quei due pazzi di... amici. Pazzi che volevano stringere chissà quale legame con il Demone Rosso.
La mattina si incamminarono sul Percorso 5, verso Libecciopoli ma soprattutto verso Allenatori da sfidare per allenarsi, diventare più forti e arrivare alla Lega. Arrivati sulla strada, dopo il varco di Sciroccopoli, oltrepassarono un viale in un parco dove però vennero fermati da dei motociclisti che, annoiati, pensarono bene di passare il tempo schernendo quelli che per loro erano solo tre bambinetti indifesi.
«Ehi, guardate!» esclamò uno: «Ciao, bei bambini! Dove andate di bello?»
Castiga si voltò di colpo, squadrandoli furiosa, mentre Cheren si metteva davanti a Belle per proteggerla. Quei tizi sembravano pericolosi: era meglio allontanarsi al più presto e mettersi in salvo. Maru si accostò alla sua allenatrice e mormorò: *«Calma, Castiga. Andiamo via.» *
Ormai conosceva la sua allenatrice. Ormai sapeva quasi tutte le situazioni che potevano farla scattare. Le prese la mano e la condusse via ma lo notarono i motociclisti e uno urlò: «Guardatela! Poverina, ha paura e si fa tenere la manina da un Pokémon!»
Castiga scattò ma Maru riuscì a trattenerla, stringendole forte la mano; l'affetto che lei provava per quel piccolo Pokémon le impediva di strattonarlo e liberarsi, rischiando di ferirlo. Prima che la situazione potesse degenerare in un bagno di sangue, giunse sul posto Camelia, la Leader di Sciroccopoli, che, avendo sentito il baccano, era accorsa. Arrivata e compresa la situazione, prese immediatamente le loro difese. Quelli fecero ancora gli spacconi, ma, nonostante fosse una donna, Camelia era anche una Leader. Avere il Campione rabbioso addosso non era proprio uno dei loro desideri. Così, ridacchiando per non perdere del tutto la faccia, se ne andarono. Belle e Cheren ringraziarono la donna ma Castiga restò zitta. Si era lasciata insultare così, senza fare niente. E per di più, facendosi proteggere da questa tipa che non era nessuno in confronto a lei. Il Demone Rosso non aveva bisogno di protezione. E la reazione arrivò ben presto. Nella sua testa, la voce di Giovanni cominciò a dirle: «E ora ti fai pure mettere i piedi in testa?»
Gli amici si erano già incamminati, così non la sentirono borbottare di risposta: «Non è vero.»
Maru le teneva la mano, la abbracciava alla vita, per cercare di starle vicino, ma non capiva cosa stesse dicendo. A chi stava rispondendo? Castiga si costrinse a proseguire, ancora irritata, e sbottò: «Andiamo via.»
Il Dewott la guardò per un momento, non la sentì più parlare e si tranquillizzò. Pensò che fosse tutto a posto e raggiunse Belle e Cheren per dare loro la buona notizia. Anche loro avevano visto l'amica un po' troppo tesa ed erano preoccupati. Fu in quel momento che Athena sorrise.
«Ecco fatto, capo. Posso agire indisturbata.» dichiarò, per poi voltarsi e sparire.
Aveva recitato perfettamente: aveva finto di essersi calmata per ingannarlo e allontanarlo. Sapeva di potercela fare... lui non era Pidg. Lui non la capiva come Pidg. Con ancora quel sorriso sanguinario sulle labbra, si voltò e sparì. Cercò i motociclisti per tutto il parco e, finalmente, dopo lunghe ricerche, li trovò. Li seguì, prendendo un ferro d’armatura da un cantiere chiuso, e quando furono in uno spiazzo isolato, li raggiunse.
«Ehi, voi.» chiamò, minacciosa, facendo roteare il ferro.
«Ma guarda un po’. La bambina di prima. Che c’è, vuoi farcela pagare?» le rispose uno della banda, con tono di scherno.
«Contaci.» rispose solo lei, leccandosi le labbra, con un ghigno assassino dipinto in faccia.
Non la prendevano sul serio, nonostante avesse due metri di ferro in mano; questo fu il loro più grave errore.
Athena si avvicinò con passo lento, mentre loro la schernivano ridendo. Il capo della banda le andò incontro, per fare il gradasso, e fu il primo a morire. Tre sprangate in testa e crollò come un birillo. Ormai lei era scatenata, e non si sarebbe fermata finché la rabbia non fosse scomparsa. Quando ebbe finito, gettò a terra il ferro e ripiegò sulla lama. Finito il massacro, stava molto meglio. Nessuno poteva permettersi di insultarla. E anche Giovanni era tornato silenzioso nella sua testa. All'improvviso, un pugnale sbucò da dietro un albero e le sfregiò un fianco. Un motociclista si era nascosto e aveva tentato di vendicare i suoi compagni. Ma la mano gli era tremata, ancora scosso da ciò che aveva visto, e aveva mancato il bersaglio. Si prese più sprangate di tutti e morì dopo una lenta ma dolorosa tortura.
Athena, prima di tornare in città, doveva fare una cosa. Prese l’Interpoke e chiamò Aurea.
«Ciao, Athena!» salutò allegra la studiosa. Ma quando vide quella faccia, quello sguardo ancora eccitato e pieno di euforia, chiese, cauta: «Cos’è successo?»
«Ho fatto una cosa cattiva… tanto cattiva.» mormorò lei, mentre tentava di riprendere il controllo di sé.
Aurea cercò di infonderle calma con la voce e mormorò: «Ascolta. Siediti tranquilla e raccontami cos’è successo.»
La ragazza annuì, e sedette, con il mento sulle ginocchia, posando l’Interpoké in terra, davanti a lei.
«Siamo arrivati nel percorso e… quei tizi ci hanno insultati. Volevo passarci sopra, ma poi è arrivata Camelia e li ha mandati via, come se non potessimo difenderci da soli. Lì sono esplosa. Nessuno è più forte di me. Io posso comandare. Allora... Li ho inseguiti e li ho uccisi con una spranga di ferro.»
Aurea sbiancò, rabbrividendo; una cosa così terribile detta con un tono tranquillissimo, era orribile. Ma cercò di non farlo notare e chiese: «E… Camelia?»
«Sta bene. È con Belle e Cheren.»
Aurea stava pensando a cosa dire per essere rassicurante ma sentì la ragazza mormorare: «Non è possibile recuperarmi… sono un caso perso, un mostro…»
«No, non dire così. Vedrai, la cura andrà meglio! Stai già un po’ guarendo, no? Eviti di fare male a Belle e Cheren. Devi solo avere pazienza.»
«Lei ne è sicura?»
«Al cento per cento.» rispose convinta la studiosa, sperando che un po' della sua fiducia passasse a lei, che riuscisse anche lei a credere alla sua guarigione: «Sono sicura che prima o poi, riusciremo a trovare il modo per contenere questa... cosa. Vai da Belle e Cheren, stai in loro compagnia e vedrai che ti sentirai meglio. Vai da Maru. Isolarti non fa altro che peggiorare il tuo stato d’animo.»
Athena non ripose e la studiosa aggiunse: «Non sono arrabbiata… non pretendo che tu faccia miracoli da un giorno all’altro. Ma stai migliorando e questo mi consola.»
Si salutarono e la ragazza tornò in città; superò il varco, pulendosi le mani. Aurea invece, dopo essersi fatta dire il luogo di quel massacro, chiamò l’ambulanza.
Castiga trovò all’ingresso del varco Belle, Cheren e Camelia che erano tornati indietro per cercarla. L'amica, agitatissima, esclamò: «Castì! Eccoti! Ma dove ti eri cacciata?!»
«Scusa, Belle.» rispose lei, cercando di sembrare credibile con quella scusa campata per aria: «Mi ero scordata di una cosa in città e sono tornata indietro. Pensavo di fare in fretta, allora non vi ho detto nulla.»
Belle l’abbracciò ma notò il taglio sul fianco; così, esclamò: «Ehi, Castì! Ma tu sei ferita!»
«Cosa?!» esclamò lei, mettendo la camicia sotto i pantaloni con finta noncuranza: «È solo un graffio dovuto a un ramo. Non è nulla, davvero!»
Con noncuranza, superò il varco insieme a Camelia, mentre Maru, al suo fianco, mormorò: *«Faccia di bronzo. Non ci crederanno mai.»*
E infatti, Belle e Cheren si scambiarono un’occhiata che voleva dire: “Ci sta nascondendo qualcosa.”
Dopo un ultimo sguardo, i due raggiunsero le altre, non osando fare domande all'amica. Mentre camminavano verso il ponte che li avrebbe portati a Libecciopoli, videro un uomo dai fulvi capelli arancioni, vestito come un monaco, che disse: «Ehi, Camelia! Che bell’atmosfera che c’è qui! Nella vita è importante sapersi divertire!»
Cheren lo guardò perplesso dal tono e dall'abbigliamento, e sussurrò: «E questo chi è?»
«Nardo.» rispose Camelia, sentendo il bisbiglio del ragazzo: «Il Campione di Isshu. È un tipo un po' particolare... so che non si direbbe, ma è proprio lui.»
Castiga lo fissò perplessa, squadrando l'uomo che aveva davanti, non molto propensa a credere alle parole della Leader.
«Il Campione?! Come mai viene a ciondolare da queste parti?» chiese Cheren, dando voce ai dubbi di Castiga, forse con eccessiva confidenza. Ma non poteva concepire che il Campione in carica vagasse per la regione invece che stare alla Lega.
«Che insolenza! Guarda che ti ho sentito! Piacere, mi chiamo Nardo!» disse l’uomo avvicinandosi a Cheren, e guardandolo in faccia: «Sono il Campione della Lega Pokémon di Isshu. E comunque, non sono qui per divertirmi, ma come tappa dei miei viaggi! Tu chi sei, sbruffoncello?»
Il ragazzo sostenne lo sguardo ed esclamò: «Io mi chiamo Cheren e vengo da Soffiolieve!»
«Io sono Belle… e vengo dallo stesso posto…» mormorò Belle, intimidita, inserendosi nella conversazione, sentendosi in dovere di presentarsi anche lei.
Cheren riprese la parola; aveva davanti il suo eroe, l'allenatore più forte di tutta Isshu. Così, esclamò, guardando Nardo negli occhi: «Sono un Allenatore e il mio obiettivo è quello di diventare Campione!»
«È ammirevole viaggiare con uno scopo prefissato.» rispose Nardo, tornando a rivolgersi a lui, notando la luce della determinazione nei suoi occhi: «E cosa vuoi fare una volta che sarai Campione?»
Cheren rimase interdetto un momento; poi rispose: «Voglio diventare forte. Oltre a ciò, che altro si può desiderare? L’Allenatore più forte viene proclamato Campione, no?»
«Diventare forte, eh? E credi sia sufficiente come obiettivo?» chiese nuovamente il Campione, forse un po' beffardo ma con il chiaro intento di farlo ragionare: «Non fraintendermi, con questo non sto insinuando che hai torto. Ma ti chiedo: vuoi solo questo? O hai ben altri obbiettivi?»
«Io... non lo so...» balbettò incerto lui, non sapendo cosa rispondere.
Nardo sorrise e mormorò: «È giusto che tu abbia un obbiettivo, ma ponitene sempre anche uno maggiore. Bisogna sempre avere un obbiettivo davanti, altrimenti si rischia di invecchiare troppo in fretta! Io, per esempio, voglio anche fare in modo che la gente si affezioni ai Pokémon. Per me è una cosa molto importante e me ne convinco sempre di più. E cercherò di farlo fino alla fine dei miei giorni!»
«Sono d'accordo.» replicò Cheren, sorridendo timidamente dopo quella specie di gentile rimprovero.
Nardo si fece prendere dall'entusiasmo ed esclamò: «Ascoltatemi, giovani! Ci sono persone che come Cheren puntano a diventare più forti. Ad altre invece, basta poter stare in compagnia dei Pokémon, come questa ragazza che non mi ha detto il suo nome.» aggiunse guardando Castiga. Lei ricambiò lo sguardo, chiedendosi cosa avesse capito di lei alla prima occhiata, mentre lui andava avanti nel suo discorso: «Ogni persona ha il suo approccio. Se la mia e la vostra idea di Campione non coincidono, non c’è niente di strano: il mondo è bello perché è vario!»
“Io ho una mia idea del Campione. E non mi piace per niente. Anche se tu mi sembri diverso.” commentò Castiga con il pensiero, pensando con rabbia a Lance. Quella specifica idea di Campione non le piaceva per niente. Nardo fece un elegante baciamano a Camelia, poi se ne andò, salutando anche i ragazzi con un sorriso amichevole.
«Allora ragazzi, vogliamo andare? Il Ponte mobile di Libecciopoli è qui vicino.» intervenne Camelia, lievemente rossa in viso, incamminandosi seguita da Belle.
I ragazzi annuirono e Cheren mormorò: «Il Campione è davvero forte! Non c’è altro da aggiungere!»
Nardo si fermò e si voltò. Castiga lo guardò per l’ultima volta, negli occhi, studiandolo, mentre probabilmente lui faceva altrettanto. Poi prese e seguì gli amici. Lui sorrise e si incamminò verso la direzione opposta.
Arrivarono all’entrata di un ponte di colore arancione, dove c’era un casello.
«Ora devo chiamare.» disse Camelia, prendendo il cellulare: «Il Leader di Libecciopoli, la prossima città, deve darmi il consenso per abbassare il ponte.»
Spento il telefono, indicò il ponte ed esclamò: «Guardate!»
Le due travi del ponte, sollevate per permettere il passaggio delle navi, si chiusero e il ponte divenne percorribile; Camelia indicò loro l'entrata ma dovette congedarsi e si scusò, dicendo: «Io devo lasciarvi. Ho un impegno per un programma televisivo. Il Leader della prossima città è un tipo un po’ stravagante, ma non fatevi scoraggiare. Buona fortuna!»
La Leader li salutò con un sorriso e sparì. I tre amici si guardarono e Belle mormorò: «Che tipa...»
«Andiamo?» chiese Castiga, seccata da tutte quelle chiacchere. Non vedeva l'ora di combattere ancora e di rivedere Nardo.
«No, aspetta.» la fermò Cheren, tendendo la mano per mettergliela sulla spalla e trattenerla, ma ripensandoci all'ultimo: «Noi non abbiamo ancora sfidato Camelia.»
Lei notò il gesto, ma fece finta di niente e rispose: «Hai ragione, scusa, Dottore. Io vi aspetto qui, voi and…»
«Perché non vieni a vederci?» la interruppe Belle, timidamente.
La ragazza la guardò un momento, colpita, poi annuì, con un mezzo sorriso. Li seguì nella Palestra e guardò con attenzione i loro incontri. Cheren vinse e Belle lottò subito dopo.
“Belle non così, maledizione!” pensava, mentre la osservava lottare: “Non ci siamo.”
La bionda perse e uscì demoralizzata dall’edificio. Cheren si offrì di aiutarla, ma lei, abbattuta e sconsolata, rifiutò e mormorò: «Io torno a casa... non ho la stoffa dell’Allenatrice è evidente.»
Cheren cercò di consolarla ma era troppo giù di corda. Castiga li seguiva, in silenzio, seccata da quell’atteggiamento. Perché Belle non reagiva mai? Perché si lasciava calpestare così? Anche dai suoi stessi sentimenti?
“Va bene che sono una parte sostanziale dell'essere umano” pensò, ricordando le parole di Aurea: “Ma non va bene di certo farsi dominare in questo modo.”
Castiga voleva scuoterla, farle capire che poteva fare di meglio. Ma non era mai stata brava con le parole, quindi decise di non intromettersi.
«Ascolta Belle. Andiamo insieme nel Deserto della Quiete e ti aiuto ad allenare la tua squadra! Cosa ne dici?» le propose Cheren, ma lei declinò, affranta: «No, Cheren. Ti ringrazio ma… forse il Team Plasma ha ragione.»
Castiga si fece attenta e il ragazzo chiese: «Cosa?! Perché?»
«Perché i miei Pokémon sono sicuramente infelici con me. Perdiamo sempre e io non so comandarli… ho paura che si facciano male e allora perdiamo. Se li liberassi, sarebbero più felici.»
«Ti rendi conto delle fesserie che stai dicendo, Belle?!» sbottò Castiga, digrignando i denti dall’irritazione.
«Castì, io…»
Con gli occhi fiammeggianti, Castiga disse delle parole che rimasero per sempre racchiuse nel cuore di Belle e che le diedero la forza di andare avanti: «Ascoltami bene. Non esiste chi ha la stoffa dell’Allenatore e chi non la ha. Non esiste l’Allenatore migliore e il peggiore. Esistono solo quelli che sanno amare e rispettare i Pokémon e chi li usa per il suo piacere come oggetti. Chi vuole bene ai propri Pokémon non ha bisogno di essere un mago della lotta; loro non combattono e basta. Giocano, amano, scherzano, soffrono, come tutte le creature di questo mondo. C’è chi è più portato a fare le gare, chi gli sport, chi la lotta, altri che sanno solo amare. Ma ricordati, Belle, che anche il miglior lottatore di questo mondo, se non ama e rispetta i suoi Pokémon, non ha nemmeno il diritto di definirsi Allenatore. Ammetto che, caratterialmente, non sei un tipo combattivo. Ma guarda il tuo Pignite. Guarda Minccino. Guarda Herdier! Loro hanno voglia di lottare, vogliono dare il meglio per te! Se vuoi, puoi lanciarli al massimo e capire se ce la fanno o non ce la fanno. Ma non puoi pretendere che lottino a metà per le tue paure!»
Belle, colpita da quel discorso, sussurrò: «Mi faresti vedere come?»
Castiga sorrise, contenta -doveva ammetterlo- di aver sortito qualcosa e rispose: «Ehi, Dottore, vuoi renderti utile? Combatti.»
«Contro di te?»
«No, contro Belle.»
I due amici si guardarono, poi si misero l’uno di fronte all’altra. Castiga andò al fianco di Belle e le sussurrò: «Respira e stai calma... Puoi farcela.»
Belle annuì e mandò in campo Pignite, mentre Cheren fece uscire Liepard. Lo scontro cominciò e Belle combatteva come suo solito.
Castiga le sussurrò: «Ascoltami, Belle. Cosa vedi in questo momento?»
«Pignite è in difficoltà e si sta facendo male!»
«Sbagliato. Guarda bene.»
La ragazza ricacciò indietro le lacrime e osservò Pignite. Il Pokémon scalpitava, voleva lottare, lanciarsi alla carica. Fremeva dalla voglia di mostrare la sua abilità e la sua potenza.
«Ma… e se si facesse male?» chiese titubante.
«Tu prova.»
Belle annuì e ordinò a Pignite di usare Nitrocarica, seguendo i consigli dell'amica. Cheren, preso alla sprovvista, si difese a fatica. Belle continuò a lottare, sentendo la voce di Castiga sussurrarle cosa fare, ma a poco a poco, la ragazza si allontanò lasciandola combattere da sola. Presa dall'eccitazione dello scontro, Belle non se ne accorse nemmeno e sfiorò la vittoria. Esultante si voltò verso dove c’era Castiga per abbracciarla, ma la vide lontana che li osservava, trattenendo Maru. Si avvicinò, titubante e mormorò:
«Quando te ne sei andata?»
«Non è importante… ora hai capito. Basta questo. Sei stata brava.»
Belle fece per protestare, anche se era lusingata da quel complimento, ma l’urlo belluino di Maru sovrastò tutto: *«Lasciami! Voglio lottare!»*
«Che cos’ha? Sta male?» chiese Belle, spaventata da quella reazione esagerata per il di solito calmissimo Maru.
«Sta benissimo. Vuole solo lottare. Ehi, Dottore! Fai la doppietta?»
Belle intervenne e mormorò: «Perché non… combatti contro di me?»
«Non sei ancora pronta per Maru, Belle. Non perché sei debole, anzi, ma per altre ragioni. Non hai ancora i nervi sufficientemente saldi per uno scontro serio.»
Cheren acconsentì e in breve curò i suoi Pokémon. Belle rimase affascinata da quella lotta. Ora che sapeva come guardare, vedeva l’impegno di Pokémon e allenatori. E, con nuova grinta, affrontò Camelia, vincendo.
Durante la lotta con Cheren, Maru si evolse, divenendo uno splendido Samurott. Sempre al fianco della sua compagna e mai nella Pokéball.
  
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