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Autore: etoshina99    21/06/2015    0 recensioni
Quando perdi la famiglia, l'amicizia, l'amore, ti rimane almeno Dio. Ma quando perdi anche Lui? quando perdi la fede, cosa succede? a cosa ti aggrappi per andare avanti? chi, o meglio, cosa diventi?
La seconda guerra mondiale ha investito la vita di Anna, giovane ragazza italiana, che dovrà lasciare la sua professione di studentessa per ritrovarsi a combattere, a cercare in ogni modo di non soffocare, di non sprofondare nell'oblio dell'odio nazista.
" sei la cura e la condanna"
Ogni volta che vede i suoi occhi si ripete questa frase;
Ogni volta che sente la sua voce, trema.
Ogni volta che la sua pelle sfiora quella di Louis, lei si frantuma, come le case e le vallate distrutte dalle bombe e dalla polvere d'asfalto.
Cielo.
I suoi occhi saranno il suo cielo, il cielo che non ha mai avuto il diritto di vedere.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- tesoro!- esclamò la madre con il suo marcato accento francese scendendo di fretta le scale, stando attenta a non rovinare le scarpe pitonate, nuove di zecca; ancora splendevano.
-mamma- disse il ragazzo appoggiando la valigia ai suoi piedi per poi abbracciare la donna; aspirò a pieni polmoni il suo profumo e le lasciò un tenero bacio tra i suoi capelli dorati e boccolosi.
-sono felice di vederti… volo? È andato tutto bene?-
-sì madre era solo un po’ in ritardo a causa di problemi tecnici … bah non so - disse gesticolando
-oh come sono contenta! Mi sei mancato tantissimo Lou- Gabrielle gli pizzicò amorevolmente le guance e lo abbracciò di nuovo. Louis , sorpreso dal suo gesto, rimase un po’ imbambolato ma poi si sciolse e strinse tra le sue braccia l’esile figura materna.
- anche tu mi sei mancata- disse con voce dolce, quasi di conforto.
-dai vieni che è pronto in tavola-
-no aspetta porto i bagagli nella mia stanza e-
-no non ti preoccupare, a questo ci pensa Alfred o Anna-
-ma no dai, insito-
-e io insisto di più- ribatté Gabrielle mettendosi le mani sui fianchi e assumendo un’espressione imbronciata.
-ok, mi arrendo- disse il ragazzo e scoppiò a ridere all’unisono con la madre.
I due così si diressero verso la cucina, attraversando a passi lenti e ben scanditi la sala, maestosa e imponente.
-Anna, tesoro, potresti sistemare la camera di mio figlio?-
Anna si asciugò velocemente le mani, abbassò il capo e annuì debolmente.
Le sue ballerine consumate non facevano il minimo rumore sulla moquette delle scale mentre , gradino dopo gradino, Anna portò la valigia di Louis nella sua stanza, una cameretta piccola e polverosa . “ ci vorrà un bel po’ per rendere questo posto vivibile” pensò.
Lasciò la valigia di cuoio di fianco alla porta; scese di nuovo le scale con passo felpato, andò nello sgabuzzino e prese il necessario per disinfestare il locale dalla polvere e dalle ragnatele.
“ arrrrg il mio timpano!” pensò la ragazza infastidita dal cigolio di una delle due persiane che aprì per fare entrare un po’ di luce; dopo non molto la tramontana investì il volto di Anna rendendolo freddo e umido. Anche il sole giocò con la ragazza schiaffeggiando le sue gote con calde carezze amichevoli, costringendola a ridurre i suo occhi cioccolato a due fessure. La polvere volteggiava elegantemente nell’aria quando Anna si voltò; lavò velocemente il pavimento e prese delle lenzuola pulite per fare il letto. Passò uno straccio umido sulla mensola e sulla scrivania per poi pulire al meglio lo specchio rettangolare appeso ad una parete.


-oddio quanto sei diventato alto! Ormai mi superi… - sospirò Gabrielle emozionata
-dai mamma non iniziare- rise Louis che nel frattempo, stanco per il viaggio, si era seduto sulla comoda poltrona del padre.
Un motore si spense in lontananza con un rumore sordo, stopposo. Il padre rincasava dopo un giro d’ispezione al lager. Un altro.
Stressato e nervoso scese dall’auto chiudendo con poca delicatezza lo sportello. “oggi non è proprio giornata” disse Aaron dentro di se.
Si tolse il cappello ed entrò in casa. “ e adesso cosa succede? ” sbuffò togliendosi la pesante giacca di lana che appese facendo tintinnare le diverse targhette che indicavano il suo ruolo di tenente.
A passi stanchi, quasi trascinati, entrò in sala e stava per chiedere spiegazioni alla moglie, allegra e sorridente, quando vide un uomo seduto su di una poltrona, la SUA poltrona.
-ah, caro!- Gabrielle andò incontro al marito, gli stampò un bacio sulle labbra (poveretto! ahah Ci mancava solo il rossetto sulla bocca!) e gli strinse la mano tra le sue dita lunghe e sottili
-cosa succede, cara?- chiese stufo, enfatizzando soprattutto l’ultima parola;
-oh vedo che siamo molto allegri oggi- ridacchiò la donna – guarda un po’ chi è tornato!-
Sentendo quelle parole Aaron si ricordò tutto.
-ciao papà!- si alzò il ragazzo e strinse la mano del padre
-figliolo- fece un cenno col capo – girati un po’ … mmm … noto con piacere che l’Inghilterra non ti ha fatto male, anzi!- dimenticò l’ira e la tristezza sorridendo sinceramente come, purtroppo, non faceva da molto tempo.
-bah, io invece ti trovo … invecchiato?- disse Louis ridendo nel pronunciare l’aggettivo.
-dai!- gli diede una gomitata – ma che dici Louis! Io? invecchiato? Semmai sarò ringiovanito di trent’anni!- ironizzò sistemandosi i capelli lucidi di brillantina.
Gabrielle sospirò – ah, i miei ragazzi!- guardò sorniona il volto di suo marito, teso, per poi soffermarsi su quello del figlio, giovane e pieno di vita, illuminato dalle due gemme celesti molti simili allee sue.
-Alfred?-
-sì, signora?-
-li pranzo… potresti servirlo?-
-subito signora- e dopo pochi istanti i primi piatti di portata atterrarono sulla candida tovaglia ricamata diffondendo per tutta la sala un delizioso e accogliente profumo.
Tutti e tre si sedettero e si augurarono vicendevolmente buon appetito.
-allora, Louis? Raccontaci dell’Inghilterra…- chiese ansiosa e eccitata la madre
Louis bevve un sorso di vino, posò il calice e si schiarì la voce – non c’è molto da dire mamma…-
-dai! Non puoi dirmi questo! Su su racconta!- lo esortò la donna
-dai Gabrielle! Lascialo un po’ in pace! È appena arrivato! Avrete tutto il tempo di parlarne-
-ah voi uomini- disse spazientita – chi vi capirà mai?- scosse così la testa, in segno di negazione, per poi appoggiare la mano sul mento e assaporare di nuovo l’arrosto.
-tutto a posto, madame?- chiese Alfred versando un po’ di vino rosso nel bicchiere della donna
-sì grazie! Sei stato proprio bravo! Era da tanto tempo che non mangiavamo un arrosto così buono, vero caro?- appoggiò la mano accurata e morbida sopra quella di Aaron, il quale, come segno di risposta annuì con un movimento del capo –buona idea, davvero!- gli sorrise entusiasta.
-oh signora, mi lusinga così! Ma non deve fare a me i complimenti- ridacchio sistemandosi i baffetti alla Dalì.
-ah, davvero?- chiese un po’ imbarazzata
-già- concluse Alfred per poi sparecchiare e dirigersi con la pigna di piatti sporchi in cucina dove tintinnarono, come esultanti, in attesa di una bella, lunga e meritata doccia.


Anna guardò soddisfatta la camera, che ora splendeva, o per lo meno profumava di pulito e non più di muffa; sistemò per l’ultima volta il copriletto trapuntato lisciandolo come poteva col le sue mani affusolate e iniziò a svuotare i bagagli del signorino deponendo la biancheria nei cassetti e appendendo camicie e pantaloni.
Spolverò, come per ritoccare, le ante esterne del grande armadio ligneo e ripassò nuovamente la mensola spostando con estrema cura tutti i soprammobili, trofei e vari libri in inglese; le venne così in mente della scuola, del suo odio verso le materie come italiano e storia ;“piatte e prive di entusiasmo” le riteneva lei che, al contrario della maggior parte delle sue compagne, adorava matematica e inglese; già… inglese.
Lei sognava di viaggiare, visitare tutto il mondo, lavorare magari come … beh questo non lo sapeva, non ancora, ma era certa che non avrebbe fatto la contabile a vita, né la segretaria. Tutte le volte che ci pensava dei brividi di emozione le facevano scalciare il cuore e le davano una breve ma piacevole sensazione di … casa; di famiglia…
Nostalgia.
Mamma.
Layla.
Papà.
In quel momento le ritornarono in mente i pomeriggi passati con suo padre a studiare inglese ( lui parlava e lei, di malavoglia, lo ascoltava); ora si pentiva, le rodeva il cuore per non aver mai dato retta a quell’uomo, per essere stata così ingenua da non capire che tutto ciò che faceva tra il lavoro, gli extra e le lezioni di lingua private erano solo e soltanto per il suo bene.

Bene.

Ormai Anna aveva dimenticato cosa fosse il bene.
Come si faceva a fare del bene?
Come si voleva bene ad una persona? Come?
Come?
Una lacrima cristallina le rigò la guancia ma ebbe vita breve perché fu presto asciugata dallo scialle della ragazza, la quale se lo strofinò per asciugarsi il viso; così si lasciò alle spalle un’altra tessera del suo passato.
Ancora.
Di nuovo.
Ormai non ricordava neanche più il quadro stupendo, il puzzle che rappresentava la sua vita, la sua felicità. Buchi neri, vuoti di memoria, eventi dimenticati con la forza, contro la sua volontà, rovinavano il tutto rendendolo simile a un quadro di Van Gogh tutto logoro e bucato.


La finestra, animata dal vento si mosse fulminea ma Anna la chiuse prima che sbattesse contro il muro dipinto. Si passò le mani tra i capelli, prese un bel respiro e indietreggiò guardando a destra e a sinistra per evitare di dimenticare qualcosa.
Lo stipite bloccò la sua esile schiena scricchiolando. Anna prese gli strumenti usati per la pulizia e scese piano le scale posando il tutto nello sgabuzzino; attraversò la sala notando che Alfred aveva già sparecchiato e tolto la tovaglia dal tavolo; raggiunse la cucina, vide la pigna di stoviglie e di piatti sporchi da lavare con di fianco un biglietto:

Sono uscito a fare la spesa, ci vediamo dopo, A


Anna sorrise e si tolse lo scialle per evitare di bagnarlo, rimanendo con le spalle scoperte.

Brividi.

Aveva freddo ma non poteva rischiare di bagnarlo e quindi rimanere giorni in questo stato, perciò decise di mettersi subito all’opera: fece scendere nel lavello un po’ di acqua (rigorosamente fredda) e iniziò a strofinare creando sempre più schiuma. Le era sempre piaciuto lavare i piatti poiché adorava giocare, accarezzare o semplicemente sfiorare la schiuma.
Morbida.
Soffice.
Panna montata.
“ la devo smettere di fare questi pensieri, altrimenti crepo prima dell’alba di domani ” pensò.
Quando ormai aveva finito la sua opera di restauratrice dell’ordine, Anna si voltò per andare in solaio a prendere un asciugamano un po’ più grande per togliere l’acqua e i residui di calcare dalle stoviglie; per fare il viaggio una sola volta decise di portare con sé un piccolo paiolo ormai tutto arrugginito che doveva essere messo nello scatolone per la discarica.
Lo prese, o meglio, agguantò per i manici con una stretta salda e si voltò di scatto andando a sbattere contro qualcosa.
Non era la prima volta che chiudeva la porta della cucina e se ne dimenticava .
“salame” si auto-insultò.
-oh scusa-

Brividi.

Freddo.

“merda” imprecò dentro di se.
 “merda” ripeté
Quella non era la porta…
Alzò piano gli occhi scontrandosi con quelli celesti del ragazzo.

Azzurro.

Cielo.

-scusami non pensavo stessi uscendo- disse Louis spostandosi di lato per liberare il passaggio alla ragazza.
Anna abbassò lo sguardo. Uscì in fretta e raggiunse la soffitta prendendo il necessario e ridiscese subito perchérichiestta da Aaron.
Posò il telo di spugna sul bordo del lavandino, si asciugò le mani e andò nel suo ufficio.

Cupo.

Tetro.

Era inquietante, pensò, e , anche se c’era stata molte volte, odiava sempre di più quel posto.
-lunedì arrivano gli zii di Louis e  Lizbeth rimarrà con noi per due settimane poiché i suoi genitori saranno via per lavoro; volevo chiederti se te ne potevi occupare tu, come al solito…-
L’uomo,  dall’espressione stanca, consumata, scrutò con i suoi occhi porcini il volto giovane della ragazza la quale annuì flebilmente sorridendo.
-bene, le regole rimangono le stesse, mi raccomando-
Anna annuì di nuovo.
-ah, dimenticavo… la cena dovrà essere sensazionale, sai, ci tengo molto a fare bella figura con il fratello di Gabrielle, tanto so che non mi deluderai- le sorrise.
Per la prima volta vide Aaron sorridere. Era simpatico quando sorrideva, il viso mutava e la sua espressione diveniva…serena, in contrasto con i suoi leoni interiori.
Anna fece un piccolo inchino di commiato e ritornò in cucina.
Riprese il lavoro interrotto pensando continuamente a cosa avrebbe potuto cucinare; non le era mai piaciuto deludere le presone, dava sempre il meglio, o almeno ci provava.
Era spaventata, no, terrorizzata all’idea di deludere il signor Neumann.
Così assorta tra i suoi pensieri non si accorse di essere scrutata, spiata, contemplata… due gemme azzurre non toglievano l’attenzione dai suoi movimenti.
Anna era talmente concentrata che non si accorse di aver riposto male il piatto di porcellana. Quello che apparteneva alla madre di Gabrielle, dipinto a mano dal padre.

Tic.

Toc.

Dopo pochi istanti i cocci candidi impreziosirono il pavimento semplice, di umili piastrelle color crema.
Anna si voltò di scatto.

Tic.

Toc.

Ora il suono dell’orologio le pulsava nelle tempie, come un martello pneumatico.
Vide la signora Neumann accorrere.
Ora venivano i guai.

Tic.

Toc.

  
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