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Autore: Teen Idle    21/06/2015    2 recensioni
La presidentessa Cora stava nel suo studio privato. In silenzio. Non una parola, un suono, oltre alle sue dita che tamburellavano sulla scrivania. Tic tac, tic tac. Spari. Sembravano degli spari nel silenzio.
Morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ursula
I giochi era iniziati, così. Uno solo sarebbe sopravvissuto, e quell'uno sarebbe potuto tranquillamente non essere lei. Una risatina isterica sopraggiungeva sempre, a quel pensiero. 
Per vivere doveva uccidere. O nascondersi dagli altri tributi. O entrambe le cose.
Ursula stava camminando su un campo di rose quando vide la ragazza dai capelli rossi del distretto dieci. Stava dormendo.
Si avvicinò piano, senza pensare a nulla di particolare. Aveva solo un pensiero fisso, da quando il gong aveva suonato: rimanere in vita
La stupì il suo vuoto celebrale nel riflettere su quale fossero i suoi obiettivi. Voleva veramente ucciderla? 
Non voleva esagerare nella crudeltà, procurandole una soffocante e lunga morte, perciò tentò subito un colpo che sarebbe potuto essere mortale. Il sasso affondò nel cranio della ragazzina, la quale represse un piccolo verso di sofferenza. Era sveglia, una parte di Ursula sperò che Anna soffrisse poco. Gli occhi azzurri della ragazzina erano puntati nei suoi, Ursula vedeva le lacrime che rigavano il volto di Anna. Ormai aveva iniziato l'opera, e doveva finirla. Un'altro colpo, e poi altri cinque e finalmente il suono del cannone. Allora, l'aveva uccisa. O era quasi morta. Si portò la mano alla bocca, travolta da questa riflessione. Oddio. Lei era viva. 
Il letto di rose dove il cadavere di Anna era disteso era quasi una condoglianza, un funerale mancato. Un contrasto, la crudeltà con la delicatezza apparente di quei fiori. Eppure, in loro possedevano qualcosa di profumato ed inquietante, forse anche loro sanguinavano, in qualche modo. Come, sanguinavano? Era il sangue dei tributi. E non li piangeva, crescevano grazie a loro.


 Will
«Non riesco a capirlo. È secca, come se non ci fosse mai stato nulla» osservò la sua alleata, Anastasia, chinata sulla conca che un tempo conteneva un lago, dissipato chissà dove. Quando si erano addormentati la sera prima, c'era un lago pieno di acqua limpida e dolce, circondato da tenera erba argentea. Era stato un piacere per loro due, assetati dal lungo camminare, e dalle corse del bagno di sangue; ma ora era scappato. E tutto ciò che prima era innocuo era diventato letale.
«Gli Strateghi l'hanno prosciugato. Evidentemente temevano che saremmo stati qui troppo tempo e hanno deciso di togliere il lago» rispose il ragazzo.
«Sì, ma perché? Siamo al secondo giorno, i più forti sono tutti vivi, c'è ancora tanto spettacolo da prendere da altri luoghi! Perché ripiegare su di noi?» spiegò lei, sommessamente ma con una voce carica di rabbia. Rabbia condivisa anche da Will. Avevano sottratto loro qualcosa di vitale, un'importanza ancora non manifestatasi, ma che sarebbe emersa presto. Avevano riempito una borraccia trafugata al bagno di sangue, ma era misera per due persone; sarebbe bastata appena una giornata. E quel posto era afoso; probabilmente volutamente afoso. Era particolare, come luogo: asfaltato, con ciuffi argentei di metallo fin troppo affilato, e linee bianche urticanti (le ustioni di Will ne erano una prova) , che talvolta salivano e si ricongiungevano in un albero grigio e si trasformavano nei suoi taglienti fiori velenosi. Rimaneva solamente quella conca grigiastra, pietrosa, e terribilmente secca e vuota.
«Non lo so, Ana. Vogliono che ci spostiamo. Vogliono vederci combattere»
«Va bene. Vediamo chi è più duro» concluse lei, annuendo con fare irritato. 
Consumarono una misera striscetta di carne essiccata per colazione, trovata in uno dei due zaini afferrati. Il loro bottino complessivo comprendeva anche un coltello e una falce scelta da Will. In uno zaino era contenuto anche un sacco a pelo, non abbastanza largo per entrambi. 
Iniziarono a marciare, smisero solo quando il terreno sotto ai loro piedi diventò più umido, conducendoli dove segretamente speravano.
«Acqua!» esclamò sorpresa Ana, mentre Will annuiva. Ora, il suo cuore si stava risollevando. Sentiva la speranza germogliare nel suo cuore, fino a quando non vide Ana vomitare sangue

Daniel
Un morto. Il giovane ragazzo si chiese chi fosse. Non si trovava per nulla a suo agio in mezzo a quella gente. Aveva perso una ragazza che pensava di conoscere da una vita, sostituita da una stupida Regina omicida. La ragazza del due era la ragazza più inquietante che Daniel avesse mai visto, Filippo sembrava uno psicopatico in libertà, Killian era semplicemente irritante, e Robin era odioso. L'unica persona che gli stava simpatica era Zelena, quella ragazza sembrava capirlo a prima vista.
Daniel Vaur odiava Robin Hood, era troppo arrogante. Chi credeva di essere quel boscaiolo con arco e frecce per portargli via Regina? 
Daniel era terribilmente arrabbiato, mentre sistema armi e provviste nello zaino
«Andremo alla porta Sud. Staremo lì finché un tributo perirà a causa nostra o ciò che troveremo lì cercherà di ucciderci. Tutto chiaro?» disse Mulan con fare autoritario, mentre si fissava lo zaino in spalla. Senza aspettare una risposta si incamminò. Appena entrarono, trovarono subito un tributo, come se li stesse aspettando
«Allora, distretto sei, come vuoi morire?» esordì Regina, pronta a lanciare il coltello.
Peter si sedette sul ramo dell'albero, dove si trovava
«Per adesso vorrei vivere» rispose con ironia.
«Risposta sbagliata» commentò Robin, lanciando una freccia. Con grande sorpresa di tutti, il ragazzino la bloccò al volo. 
Il ragazzino bloccò le altre due frecce che Robin gli tirò. Una terza si conficcò nel legno e, ovviamente, Peter la prese
«Beh, Hood, che ne dici di lanciarmi l'arco?» Zelena gli lanciò un coltello, che il tributo schivò per un pelo.
«Uno di noi deve arrampicarsi e farlo scendere» decise Daniel, ottenendo il consenso di tutti. Daniel sorrise, tutti i tributi più forti erano pesanti, e molto probabilmente sarebbero caduti, morendo. Filippo si offrì volontario. Mentre si arrampicava sul albero, Daniel stava in silenzio al contrario degli altri. Non trovava giusto incitare la morte di un ragazzino. Forse la cosa che lo faceva sentire peggio era lo stemma del distretto sei stampato sulla tuta, lo stesso stemma della ragazzina che aveva ucciso.
«Uccidilo!» era un grido continuo, dal suo canto Peter canticchiava tenendo in mano una pietra. Il cielo era quasi scuro, e mancavano pochi minuti prima dell'inno di Panem. 
«Come va, distretto due?» chiese Peter lanciando la pietra  contro Filippo, colpendolo sul cranio. Il ragazzo perse l'equilibrio crollando a terra.
Boom.
Quando la vita lasciò il corpo del tributo, il ragazzo era sdraiato per terra in una posizione innaturale, con gli occhi rivolti al cielo. I suoi alleati arrabbiati e sconvolti, restarono immobilizzati di fronte a tale morte. Filippo era uno dei ragazzi più potenti, ed era stato ucciso dallo scricciolo del sei. Daniel rivolse un minuscolo cenno di ringraziamento al tributo del sei.
Quella notte nel cielo comparvero i volti di Filippo Voyin e di Anna Frost.


  
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