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Autore: Nyctophvlia    22/06/2015    1 recensioni
"Quanto sono testarde le cicatrici quando non vogliono svanire?
O sono solo un gentile promemoria dei giorni migliori di ora?"
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20 Marzo 2008 
07:10 a.m


Arrivai con il fiatone in fermata, l’autobus stava già partendo, si preannuncia una bella mattinata insomma. Feci segno al conducente di farmi salire, implorandolo da fuori il finestrino, il tempo non era dei migliori, il cielo si era scurito, intravedevo le nuvole grigie e spente che avanzavano sempre più, e riuscivo a percepire l’odore della pioggia che stava per arrivare; non avevo un ombrello con me, e nemmeno una felpa, solo una leggera camicia a quadri, quindi ero spacciata, ma, per fortuna, il conducente mi concesse una grazia. Purtroppo, i posti dietro erano occupati dai soliti bulletti di quartiere, o per meglio dire, bimbi swag senza un benché minimo di cervello, immaturi quanto popolari, che schifo. Feci finta di nulla, e mi sedetti su uno dei sediolini vicino la porta, sarei potuta scendere subito così. Per tutto il tragitto, tenni le cuffiette nelle orecchie, ascoltavo gli Avenged Sevenfold, erano uno dei miei gruppi preferiti, li adoravo, anche se avrei dovuto ripassare la sinfonia n.9 di Beethoven per le prove del saggio di danza classica, che avrei dovuto tenere gli inizi di Aprile, ma il lusso di dormire beatamente in quell’autobus, non mi era concesso, le sinfonie classiche erano rilassanti quanto noiose, arriverò ad un punto in cui non le sopporterò più. Giunsi a scuola in orario, qualche gocciolina di pioggia scendeva lentamente fino al suolo, ebbi il tempo scarso di accendermi una sigaretta in cortile, alla fine non avevo nessuno con cui parlare o intrattenermi quindi potevo fare con comodo fin quando non si sarebbe scatenato il diluvio universale, anche se alla prima ora avevo quella vipera di Filosofia, che mi avrebbe sicuramente fatto una ramanzina senza che io abbia una specifica colpa, quindi tanto ritardo non mi era dato. Entrai dieci minuti dopo il suono della campanella, giusto perché dovevo riflettere, ancora e ancora, su quale senso abbia la mia vita. - “Signorina Grace, lei è in ritardo, come sempre!” Avevo appena messo piede in classe che la voce da oca castrata di Filosofia mi investì. - “Chiedo venia, professoressa” dissi con un leggero sarcasmo mentre poggiavo lo zaino sul banco. - “Ti grazio solo perché sei una delle alunne più brave che ho, ma un altro ritardo e ti becchi una nota” Cercai di seguire attentamente le lezioni, cosicché fare il minimo sindacale a casa, ma qualcosa attirò la mia attenzione: palline di carta lanciate sulla mia schiena a mo di cerbottana, classico. Mi girai senza dare a vedere, per capire chi fosse il deficiente che si riduceva a fare questi inutili giochetti, e il mio sguardo si soffermò su due ragazzi al penultimo banco, erano nuovi a quanto pare. Il primo, l’idiota che lanciava le palline di carta, identificato come “cecchino”, aveva dei capelli neri, lisci, di media lunghezza fino alle spalle, con un ciuffo che copriva gli occhi, di un azzurro intenso, risaltavano molto assieme agli snake bites e i tatuaggi sul braccio destro; il compare di fianco a lui, alias il “bersagliere”, aveva più o meno lo stesso ciuffo, ma i capelli erano di un castano chiaro tendente al biondo, lisci, anche se reduci da una piastra fatta alquanto velocemente, occhi verdi/nocciola, spider bite e un vistoso tatuaggio sul petto con la scritta “Family First”. Li osservai accuratamente per quei pochi secondi, e a quanto pare, loro fecero esattamente lo stesso, la prima impressione non andò alla grande, continuavano a sghignazzare e gesticolare tra di loro chissà quali cose sconce mentre mi fissavano, già non li sopportavo. Finita l’ora, presi lo zaino, e uscì dall’aula senza dar conto a nessuno, mi diressi verso il mio armadietto per fare il cambio, ora avevo Scienze, sarei dovuta andare in laboratorio, speravo di non finire di nuovo con quei due depravati. “Hei bellezza, sono Danny, Danny Worsnop, che ne dici di darmi il tuo numero?” non appena chiusi l’armadietto, alla vista del ragazzo di prima con gli occhi azzurri, poggiato all’armadietto vicino, che ammiccava con lo sguardo, lanciandomi occhiate “sexy”, sobbalzai. “Tanto non te la do” risposi seccata mentre mettevo i libri dentro lo zaino senza nemmeno guardarlo, ecco, lo sapevo, il solito puttaniere di turno. “Ma ehi, calmina, raggiungeremo quell’obbiettivo con il tempo” rispose con il suo sorriso beffardo mentre mi accarezzava il mento con il pollice, ma chi si credeva di essere?! Gesù cristo sceso in terra? I nervi mi girarono talmente tanto che gli diedi uno schiaffo, lasciandogli un bel cinque sulla guancia, mi sentì quasi realizzata. “Uno, non mi chiamo “bellezza” bensì “Hayley”, due con me non attacca il “sono il nuovo arrivato, quindi devo farmi tutte le ragazze della scuola perché sono l’alternativo/figo della situazione”, tre ti è andata male, bellezza!” dissi cantandogliene quattro prima di allontanarmi da lui e andare nel laboratorio al secondo piano, credo mi avessero sentito anche i suoi amici che non erano molto distanti e se la sghignazzavano peggio delle ochette dell’istituto, prima che gliele cantassi di santa ragione al loro capogruppo; oltre al “bersagliere”, erano presenti altri tre nuovi arrivati, oh perfetto, cinque nuovi esemplari di rompipalle di livello A che non faranno altro che rendermi ancor più asociale e diffidente dal genere umano. Arrivai a fine mattinata, intorno l’ora di pranzo, nel pomeriggio avevo il corso di Musica, dove finalmente avrei potuto suonare un po’ la mia amata chitarra elettrica, senza che nessuno mi desse fastidio, di conseguenza avrei mangiato a scuola; speravo vivamente che quei cinque non si fossero intrattenuti anche il pomeriggio, avrei dovuto subirmeli non solo nella mensa scolastica, ma anche al corso di Musica, ero sicura che avrebbero scelto quello, le altre due opzioni erano “Lettura e analisi di romanzi Illuministi in biblioteca” e “corso velocizzato di scacchi”, quindi. A testa bassa mangiavo ciò che mi ero portata da casa, un semplice panino, ero seduta da sola, in uno di quei banchetti isolati, nel frattempo sfogliavo il quadernino degli appunti, trovai una pagina in cui avevo scritto la mia canzone preferita degli Avenged Sevenfold, e cominciai a canticchiarla sottovoce. “Hei, possiamo sederci qui, p-per favore?” Domandò il “bersagliere” con un sorriso timido, non pensavo di averlo messo così in soggezione, sta di fatto che mi fece quasi tenerezza, e mi spostai facendo accomodare oltre che lui, i suoi quattro amichetti, compreso Danny, che “involontariamente” mi urtò facendomi cadere il quadernino per terra, per sedersi vicino a uno dei suoi amici al tavolo, non potevo scatenare la mia ira omicida proprio adesso, così feci un sospiro “silenzioso”, e ripresi il quaderno, per poi riporlo nello zaino, mi chiedevo davvero cosa gli passasse per la mente.
   
 
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