A.N:
Salve a
tutti, innanzitutto. Dato che non sono molto bravo con gli AN, e non ho
nemmeno
molto da dire, in verità, sarò conciso: come ho
già spiegato nella descrizione,
questo è il seguito diretto della mia altra storia, Twisted.
Pertanto vi
consiglio vivamente di andare a leggere quella per prima, altrimenti
troverete questa
di non poca difficile comprensione. Detto ciò, vi auguro
buona lettura e vi
ringrazio nuovamente per aver cliccato su questo link. Diamo inizio
alle danze
ora, vi va?
Opera I:
Resurrezione e Conoscenza.
*cough cough*
Stephanie riusciva a malapena a respirare. Ogni maledetto lambo di
carne le
doleva da impazzire. Cercò di alzarsi, non riuscendosi.
Provò a sdraiarsi
supina, riuscendoci a malapena. Iniziò a ansimare violentemente.
“Dannazione.”
Si penti di averlo detto. Iniziò a tossire violentemente,
sputando sangue.
“Non adesso… non adesso che sono
uscita…” sussurrò Stephanie, stringendo
i
denti.
Il dolore… era veramente troppo forte…
Stephanie chiuse gli occhi un’istante, distrutta. Era
arrivata fino a quel
punto, non poteva mollare ora! Ma non ce la faceva…
Stephanie sentiva la sua coscienza allontanarsi sempre più.
Senza che lei
potesse farci nulla, i suoi sensi lentamente si spensero, lasciando il
sonno ad
accoglierla.
[(----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------)]
Raven stava sorridendo. Come mai prima. Era finalmente felice. Aveva
lui, era
tutto quello che poteva desiderare. Aveva distrutto la scocciatrice;
ridacchiò
un poco al pensiero di quale tortura stessero ora riservando i
Guardiani a
Neo-Slade.
Accanto a lei, Robin era silente. Era così da quando
Stephanie era scomparsa.
Non parlava; faceva quello che gli veniva detto di fare e basta. Nulla
più, e
nulla meno. Ma a lei bastava.
Dopo gli eventi al molo, secondo gli archivi, erano scomparsi. In
realtà, Raven
se n’era semplicemente andata. Con Robin al seguito. Adesso
erano entrambi in
una vecchia magione abbandonata, molto in linea coi gusti di Raven.
E i Titans?
Andati. Scomparsi dalla loro vita. Chissà se in questo
momento li stavano
ancora cercando… chissà.
“Magari si saranno arresi” pensò Raven.
Stavano per gettare la spugna anche con
Robin, cosa avrebbe potuto spingerli ad alzare il culo e cercarli solo
perché
un altro membro se n’era andato? Nulla, ecco cosa.
Ma tanto meglio così. Lei era felice ora, e quel branco
d’inetti non avrebbe
più rovinato la sua vita. Adesso era tutto perfetto.
Nel frattempo Robin continuava a fissare l’ignoto, immerso
nel silenzio che da
sempre lo contraddistingueva. Sguardo serio ed espressione truce, come
sempre.
Raven gli si avvicinò, abbracciandolo. Lui non si mosse di
un muscolo.
“Ehi, Robin… come stai?”
Silenzio.
“Giusto… è tutto perfetto, vero? Adesso
non abbiamo più nulla che ci ostacoli.
Possiamo finalmente vivere felici assieme, no?”
Ancora silenzio.
“Si, lo so che ho ragione,” fece lei “ma
dimmi una cosa… secondo te ci staranno
cercando in questo momento?”
Silenzio. Stavolta Robin scosse leggermente la testa.
“Giusto… se non si sono mossi per te, non lo
faranno di certo per noi, no?
Ricorda, Robin, io sono l’unica che fin ora abbia veramente
tenuto a te…
l’unica e sola... perciò per te devo esistere solo
io. Solo io. Capito?” fece
lei, sorridendo.
Robin non rispose. Annuì leggermente.
Raven sorrise. Un sorriso sempre più largo, fino a che non
divenne una vera e
propria risata, che riecheggiò in tutta la magione.
Eh sì.
Adesso… era felice.
Stephanie aprì lentamente gli occhi. Un piacevole tepore
l’accolse, in
contrasto col freddo in cui si era addormentata. Si alzò di
scatto, spaventata, e subito si pentì di averlo fatto. Una
fitta di
dolore la fece ritornare alla realtà, facendola cadere
subito sul letto.
“Dove mi trovo?” pensò subito,
guardandosi attorno. Le pareti erano
completamente bianche, e nell’intera stanza erano presenti
solo un letto, un
comodino ed una piccola finestra sbarrata. Più che una
stanza, sembrava una
prigione.
Stephanie provò a massaggiarsi la testa. Non ci
arrivò; la sua mano era fissata
alla sbarra del letto con delle manette. Belle robuste, c’era
d’aggiungere.
“Ok, questa è una prigione.” Si disse
Stephanie, sconsolata. Evadere ora come
ora era impossibile per lei.
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dal rumore dei passi in
lontananza.
Stephanie si fece attenta.
La porta si aprì, rivelando la figura imponente di Cyborg.
“Ben svegliata.”
“Chi non muore si rivede.” Fece lei, sprezzante.
Una fitta al fianco le mozzò
il fiato in gola alla fine della frase.
“Non credo che questo sia il momento giusto per fare i
presuntuosi, sai?” disse
Cyborg, con leggero sorrisetto da vincitore stampato in faccia.
Stephanie lo
ignorò semplicemente.
“Come mi avete *cough cough* trovato?”
“E’ stato facile. Creare un portale da Athrias fin
qui, attraversarlo e sperare
di passare inosservata… ci hai preso per degli
idioti?”
“Già” fece Beast Boy, appena entrato.
“Noi non siamo degli idioti!”
“Solo tu lo sei” fece Cyborg, di rimando.
“Oh, sta zitto, Cyborg!”
“Smettetela, tutti e due!” intervenne Starfire.
Stephanie entrò nella discussione: “Oh, non
preoccupatevi, per me siete tutti,
degli idioti.”
“… lasciamo perdere” fece Cyborg.
“Piuttosto, che ti è successo?” chiese
costernata Starfire. “Sei ridotta
malissimo…”
Stephanie sentì dei brividi lungo la schiena. Non voleva
nemmeno pensare a
quello che le avevano fatto. Le avevano tolto tutto. La
dignità, la gioia, la
voglia di vivere… tutto. Ma quel che era peggio…
è che ogni volta veniva
curata. Ogni volta soffriva, moriva e resuscitava. E così,
all’infinito, per
mesi. E mesi.
"Non...
non sono obbligata a dirlo. Le domande le faccio io. Avete trovato
Raven?
Robin?" Alla pronuncia di quel ultimo nome le facce dei TT si scurirono
immediatamente, in contrasto col bagliore negli occhi di Neo.
"Beh?
Dove sono?"
"Non lo
sappiamo" intervenne calmo Cyborg. "Abbiamo smesso di cercarli tempo
fa. E poi, diccelo tu dov’è Raven! Sei tu
l’ultima che l’ha vista!"
All'udire
quelle parole, Neo scattò in avanti verso Cyborg, e se lui
era ancora in piedi
lo doveva solo al dolore ed alla catena che stava tenendo Neo ferma.
"Voi...
inetti! Branco di stupidi ragazzini montati! Chi pensate mi ci abbia
mandato ad
Azriath, eh? Secondo voi ero lì in gita di piacere? Ah, perché non vi
ho ucciso subito quando
potevo!"
Il pugno
arrivò veloce, a sorpresa, e fu amplificato dalle ferite di
un passato
doloroso. Neo si ammutolì immediatamente.
"Cosa
credi, che non ci abbiamo provato? Non so cosa tu creda, ma sei stata
via per
ben tre anni! Non hanno voluto farsi trovare, e noi ne rispettiamo le
volontà.
È l'unica cosa che possiamo fare..." disse Beast Boy, la cui
serietà era
sicuramente innaturale.
"Tsk.
Provarci... Avete fatto esattamente il suo gioco! Branco d'incapaci!
Quanto
tempo pensate passerà prima che l'oscurità di
Raven inizi ad espandersi attorno
a lei? Quanto prima che la sua ossessione l'amplifichi e la renda
sanguinaria?!
Folli! Gli avete dato esattamente quello di cui aveva bisogno: tempo!"
La stanza
ricadde nel silenzio.
"Ma...
noi-"
"Silenzio,
Starfire." La interruppe Cyborg. "Lascia fare a me."
"Bene.
Giudicando da come parli, tutto questo sarebbe dovuto essere un
giochetto per
noi. Dimmi: e tu? Come pensi di poterli trovare? D'impedire tutto
questo? Huh?
Non sono sicuro di come tu sia finita ad Azriath, ma di sicuro non era
una
vacanza. Non sei nemmeno una sfida per loro due! Noi tutti non lo
siamo!"
"Voi
forse. Io lo sono. Ringraziate che sono ancora debole, altrimenti vi
ritrovereste col collo spezzato a quest'ora. E non basta una mera
manetta a
fermarmi."
"Vorrei
ricordarti che ci sei finita tu a combattere coi Guardiani per mano di
Raven.
Se ti ha battuto, cosa le può impedire di rifarlo?" Disse
Starfire, col
suo solito tono allegro, totalmente fuori luogo.
"Non
devo certo dirlo a voi. Voi invertebrati senza cervello... sparite
dalla mia
vista, ora." Disse Neo, spezzando con un gioco di polso la manetta.
"Devo
riposare."
"Stupida
montata." Sussurrò Cyborg, uscendo assieme agli altri e
chiudendo la porta
della cella.
Chiudendo
una maledizione che non sarebbe tardata ad arrivare.