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Autore: Old River Chant    01/07/2015    3 recensioni
La chiamavano Sangue di Drago, a casa, nell'enclave. Lei aveva sempre nascosto i suoi poteri: non li poteva controllare, la spaventavano. Le era capitato di fare del male con quei poteri che non aveva mai voluto, e aveva giurato di non risvegliarli mai più.
Ma durante il Flagello, forse, una promessa come quella non aveva più senso.
[Fanfiction su Origins]
***
[Spero non sia troppo OOC... scusatemi, non sono molto brava con le fanfiction]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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[Capitolo 5]


E va bene, lo ammetteva, non era mai stato particolarmente brillante quando si trattava di consolare donzelle scoppiate in lacrime tra le sue braccia. Soprattutto se la donzella cui attualmente doveva essere di conforto era un’esilissima elfa che aveva sterminato gli abitanti di una villa armata di uno spadone a due mani alto quanto lei, che percepiva i Prole Oscura con più precisione di un Custode anziano e, soprattutto, che sembrava saper usare la loro magia.
Per cui Alistair si limitò a stringerla in un abbraccio – gentilmente, però; era un tale scricciolo che aveva paura di farle del male – cercando al contempo di celare il proprio imbarazzo.
Fortunatamente Ythil non sembrava necessitare di chissà che rassicurazioni: lentamente i singhiozzi si spensero. La ragazza prese un ultimo respiro profondo e si allontanò di un passo da lui. Teneva il viso basso e le mani strette a pugno; tremava ancora, quasi sicuramente non era soltanto a causa della pioggia fredda. I capelli le si erano incollati alla testa e al collo, e spuntava il profilo aguzzo delle orecchie a punta, mentre sul volto celato si notava un leggero rossore che le colorava le guance altrimenti pallide.
«State bene, ora?» si azzardò a chiederle.
Lei respirò profondamente di nuovo.
«Non avrei dovuto farlo.»
«Avete salvato Elissa...»
«Per favore, Alistair, non datemi più del voi. I mostri non meritano rispetto» lo interruppe, parlando con durezza. Il giovane dovette trattenersi dal sospirare.
«Va bene, Ythil. Ma non sei un mostro, affatto. Hai salvato la vita di una persona.»
L’elfa scosse la testa e rialzò lo sguardo su di lui.
«Non potete capire» sussurrò piano. I suoi occhi grigi erano enormi. E terrorizzati.
Andraste, cosa devo fare?
«Allora dimmi» replicò lui.
Ythil sembrò sul punto di dire qualcosa. Poi distolse lo sguardo di scatto, scuotendo la testa, e si voltò verso il sentiero.
«Non è il momento. Dobbiamo tornare prima del tramonto.»
Era tornata l’elfa inflessibile e metallica che aveva visto la prima volta in cui l’aveva incontrata. Per quanto lui non fosse particolarmente acuto con le persone, non sarebbe stata necessaria una Reverenda Madre per intuire che quello che per un istante la ragazza le aveva fatto scorgere di sé era la sua vera essenza, e che quella fenditura nella sua barriera era stata un evento eccezionale. Si passò una mano tra i capelli sconsolato. Capire quella ragazza sarebbe stato più arduo che affrontare tutti i Prole Oscura delle Selve, questo era poco ma sicuro.
La seguì lungo il sentiero. Gli alberi si aprirono nuovamente svelando qua e là le numerose rovine di cui erano punteggiate le Selve. Lunghe sequenze di archi emergevano dal fango e dall’acqua marcia, sbilenche e mezze affondate, e si interrompevano nel nulla spezzate, mentre frammenti di pareti e contrafforti, verdi di muschio e mangiati dal tempo, facevano la loro comparsa come sagome irregolari e spettrali oltre il velo di pioggia. Poco più avanti, il resto del gruppo. Si trovavano ai piedi di una scalinata sbeccata di marmo ingrigito, che conduceva a ciò che restava di un vecchio tempio, ora sfigurato. Quello era stato l’avamposto dei Custodi, là avrebbero trovato i Trattati.
Jory lo accolse con un’occhiataccia dell’intensità di un fulmine.
«Alistair, non dovreste essere nell’avanguardia? I Prole Oscura avrebbero potuto attaccare e noi saremmo stati colti di sorpresa!»
Quel cavaliere non gli era mai stato particolarmente simpatico, Alistair non aveva dubbi. Non riuscì a trattenersi; sollevò un sopracciglio e accennò un mezzo sorriso.
«Oh, sono certo che li abbiate messi in fuga tutti con la vostra inarrivabile audacia, ser.»
«Cosa vorreste insinuare?» ribatté lui, piccato.
«Che sei un coniglio, vecchio mio» si intromise Daveth ridendo.
«Almeno io conservo ancora un briciolo d’orgoglio!» ringhiò il cavaliere al ladruncolo.
Alistair si stava davvero divertendo, ma sapeva che non era il caso di prolungare oltre quella scenata. Elissa li stava fissando dalla cima della scalinata con le braccia incrociate e l’espressione truce, Ythil, poco distante, aveva sguainato uno dei pugnali e se lo stava rigirando tra le dita impaziente.
«Su, su, signori, non è il momento. Le dame potrebbero decidere di lasciarci qua e non possiamo certo permettere che si trovino in pericolo, giusto? Continuerete il vostro duello in seguito.»
Non riuscendo a trattenere un sorriso di scherno, il giovane Custode si avviò lungo la scala, prima che i due contendenti lo vedessero sogghignare. A giudicare dai mormorii irritati, però, il duello non sembrava essere terminato.
Una volta giunti in cima alla scalinata, si aprì ai loro occhi uno spettacolo desolante. Buona parte dei piani superiori del tempio era franata giù da tempo, profonde buche si aprivano nel pavimento terminando nella melma. Una colonna spezzata, di cui la parte inferiore ancora resisteva nella posizione originaria, bloccava loro il passo, macerie e rovine si accumulavano senza nessun ordine.
«Alistair, siete sicuro che qui troveremo quei Trattati?»
«Certo, Elissa, non ricordate? Duncan ha detto che sono stati protetti con la magia.»
«Magia o no, dubito troveremo qualcosa di integro in questo luogo» mormorò lei, scettica.
«Perché nessuno li ha recuperati prima, se sono così importanti?» intervenne Ythil. Era tornata imperturbabile e un po’ insolente.
Il ragazzo si limitò a scrollare le spalle.
«Sono stati dati per dispersi per decenni. Duncan ha detto che aveva ricevuto informazioni sulla loro posizione solo pochi giorni fa.»
Lei non rispose. Mosse qualche passo avanti, si arrampicò agile oltre la colonna e si diresse verso il mucchio di macerie più alto. Elissa la seguì, Daveth prese la direzione opposta e cominciò a frugare in mezzo ai detriti, mentre Alistair e Jory, intralciati dall’armatura metallica e più pesante, aggirarono l’ostacolo e andarono in esplorazione lungo ciò che restava di un corridoio.
Il giovane controllò rapidamente che le fialette in cui teneva il sangue dei Prole Oscura fossero ancora intatte, poi sollevò la testa. Il sole era basso sull’orizzonte, ancora un’ora e mezza di sole, forse massimo due. Dovevano sbrigarsi.
Mano a mano che il tempo scorreva e le ricerche si rivelavano infruttuose, però, la frustrazione di Alistair cresceva. Che avesse ragione la Cousland? Dei Trattati, lì, sembrava non esserci traccia, e magie importanti come quelle che li proteggevano lasciavano sempre un segno. Va bene, non aveva mai completato l’addestramento da Templare, però qualcosa restava; non pensava di non riuscire più a percepire la magia.
Solo che lì tutto ciò che trovavano era pietra sgretolata.
Daveth gridò qualcosa. La speranza rifiorì in Alistair. Che li avesse trovati? Si affrettò a raggiungere il giovane insieme agli altri. Solo che non sembrava affatto vittorioso, anzi.
«C’è qualcuno che ci sta spiando» sussurrò.
Il ragazzo scorse rapidamente intorno a loro con gli occhi.
Una risata sottile proruppe da sopra di loro, a sinistra, e Alistair sussultò: l’aveva colto del tutto di sorpresa, e questo succedeva raramente. Sollevò lo sguardo per capire chi era che li stava giocando e dovette trattenere un’esclamazione di stupore.
Una ragazza era seduta sul bordo di ciò che rimaneva del pavimento che componeva il piano superiore. Indossava abiti davvero singolari: un corsetto striminzito di pelle nera sotto un giustacuore, anch’esso minuscolo, color bordeaux. Al collo portava svariati monili; il braccio sinistro era interamente coperto da una manica nera, ornata di piume iridescenti sulla spalla. Dalla schiena le spuntava un inequivocabile bastone metallico ritorto su se stesso, che riluceva debolmente.
L’istinto di Alistair trillò svariati campanelli d’allarme mentre osservava la sconosciuta che si alzava in piedi, scendeva lungo il cumulo di macerie con l’agilità di una lince e si fermava davanti a loro. Da quella distanza, il giovane poté notare che non era così giovane come sembrava, anche se non sarebbe stato in grado di darle un’età precisa. Era molto alta per essere una ragazza – alta quasi quanto lui, e lui non era certo minuto – ma molto esile. I capelli corvini legati dietro la nuca e gli occhi gialli, che spiccavano sul volto proporzionato e truccato con una certa cura, contribuivano ad acuire l’impressione che aveva avuto fin dall’inizio di lei: quella di un felino a caccia.
«Chi siete?» esordì Alistair, sforzandosi di sembrare sicuro. Quella strana ragazza sapeva inquietarlo come nessun altro.
Lei stirò le labbra nuovamente in quella sottile risata di scherno.
«Non dovrei essere io a chiedere a voi chi siete? L’estranea non sono certo io.»
Il giovane Custode non sapeva come replicare. Che quella fosse una maga o qualcosa di simile l’aveva avvertito fin da subito, ma nonostante il suo addestramento non aveva idea di come reagire, brancolava nel buio. Eppure doveva trovare il modo di recuperare i Trattati e riportare se stesso e le reclute sani e salvi a Ostagar. Possibilmente, entro un’ora.
«Sono spiacente, signora, ma siamo stati mandati qui per un motivo ben preciso. Mi chiamo Alistair e sono un Custode Grigio, mentre loro sono...»
La ragazza fece un leggero gesto con la mano.
«Vi seguo fin dall’inizio» lo interruppe. L’istinto gli diceva di arretrare più in fretta che poteva e allontanarsi da quella sconosciuta, e all’arcidemone anche i trattati.
«Lo sapevo, è una strega! Siamo in trappola!» spuntò la voce di Daveth alle sue spalle.
«Dov’è finita ora tutta la tua spavalderia, ladruncolo?» sibilò Elissa con durezza.
Sul volto della ragazza spuntò ancora il sorriso appena accennato.
«Sorpresi?» rise di nuovo. «Non ha importanza. Non troverete i Trattati qua.»
«Li hai rubati tu, strega!» disse nuovamente il ladro.
Jory si trattenne a stento dal tirargli un pugno.
«Sta’ zitto, o ci trasforma tutti in rospi o chissà che altro!»
Elissa li zittì entrambi all’istante. L’espressione di condiscendenza non era scomparsa dal volto della strega.
«Ce li ha mia madre. E prima che possiate insinuare alcunché, l’ha fatto per proteggerli. Il sigillo magico era consumato da tempo, se non li avesse presi lei ora sarebbero polvere.»
Daveth mugugnò qualcosa. Ythil si voltò di scatto e lo fulminò con gli occhi; il ragazzo non disse più nulla ma fissò di rimando l’elfa con aria di sfida. Alistair notò solo in quel momento che la ragazza non aveva parlato.
«Oh, smettila. È una maga, non un emissario.»
«Evidentemente l’intelligenza fa ancora parte di questo mondo» replicò la maga rivolgendosi a Ythil.
«Tra streghe e demoni c’è un’intesa, ecco perché» replicò Jory.
Le due ragazze lo ignorarono. Si fissavano intensamente senza parlare.
«Comunque, sono Morrigan» si presentò la maga tendendo la mano guantata.
«Ythil» rispose l’elfa, stringendola.
«Se avete finito di bisticciare, vi porto da mia madre. È molto curiosa di conoscervi» disse Morrigan rivolgendosi al gruppo. Non avendo risposta, oltre alle occhiate sospettose dei due ragazzi, si voltò e prese a incedere con grazia verso il folto.
«Seguitemi.»

*
 
La casetta si trovava sulla sommità di una piccola altura che si innalzava dal terreno fangoso della palude, restando miracolosamente asciutta. Quattro pareti di pietra che sembrava provenire dai detriti, un tetto di paglia, una porticina incassata nel muro: l’aspetto della capanna era davvero misero, e Alistair ne restò deluso. Morrigan non sembrava affatto una maga comune, nemmeno sua madre doveva esserlo. Se vivevano nel bel mezzo delle Selve, con i Prole Oscura che bazzicavano da quelle parti...
In piedi nel piccolo spiazzo davanti alla casetta stava una vecchia. I capelli le incorniciavano il volto, ingrigiti e scompigliati, gli abiti, a differenza di quelli della figlia, erano consunti e ormai sbiaditi. Nonostante la magrezza e l’aspetto dimesso, gi occhi verdi scintillavano ancora vigili e furbi in mezzo alla rete di rughe che deturpava il suo volto.
«Sei riuscita a portarli fin qui, vedo» esordì la vecchia. Aveva una voce un po’ petulante e lamentosa.
Alistair fece un passo avanti.
«Piacere, signora, mi chiamo Alistair e sono...»
«Sì, sì, lo so» lo interruppe lei con un gesto. «Non sono così vecchia da non accorgermi di chi vaga per queste selve, per fortuna. Ma voi siete qui per i Trattati, non per ascoltare una vecchia maga.»
«Chi siete?» chiese una sospettosissima Elissa.
La maga si voltò a fissarla, e anche se le sue labbra non si tesero in un sorriso, i suoi occhi scintillarono. Un brivido risalì lungo la schiena di Alistair. Quella vecchia era terribilmente pericolosa. Molto più che sua figlia.
«Che affare complicato e inutile, i nomi, non trovate? Ne ho così tanti che io stessa non me li ricordo tutti, ma se vi fa piacere potete chiamarmi Flemeth.»
Il giovane sussultò.
«Quella Flemeth...? Siamo spacciati!» balbettò Daveth colmo di terrore. Alistair si voltò a fissarlo: sembrava sul punto di scappare a gambe levate, cereo in volto.
Flemeth, la strega delle leggende Chasind... Alistair aveva sentito parlare di lei. La maga eretica, nemico giurato dei Templari, forse immortale, mai catturata... poteva essere quella vecchietta raggrinzita e scheletrica? Poteva essere proprio lei?
La maga era entrata nella casetta e ne era uscita con in mano qualcosa avvolto in un drappo di stoffa rossa. Alistair percepì da subito la magia dei sigilli. Flemeth consegnò i Trattati al giovane guerriero, che li ripose con cura nello zaino da viaggio che portava dietro la schiena.
«Vi ringrazio, signora» le disse, ed era sincero. Le era davvero grato.
«Faccio quello che posso» scrollò le spalle la vecchia. «Porta anche un messaggio ai Custodi da parte mia: di’ loro di stare attenti, la minaccia è molto maggiore di quanto credano.»
Il cuore di Alistair perse un battito.
«L’arcidemone.»
Confuso, il giovane si voltò: non era stato lui a parlare. Ythil, alla sua sinistra, guardava in basso, come se si fosse pentita di essersi lasciata sfuggire quelle parole.
«Come...?»
«È un demone, ecco come lo sa!» Jory lo interruppe prima ancora che potesse finire di parlare. La sua voce era colma d’astio.
«Per questo lei e le streghe vanno tanto d’accordo. Ci uccideranno, sono delle traditrici!» rincarò Daveth.
Ythil stringeva le mani a pugno. Oltre la cortina di capelli, le sue guance erano imporporate dalla rabbia. Il cavaliere però non sembrava accorgersene e continuava a sbraitare.
«Non avete sentito Duncan? La chiamavano Sangue di Drago! Drago! L’arcidemone! È stata mandata qua per impietosirci con il suo visino da bambina, e poi ci consegnerà ai demoni! Nessuno può usare la magia dei Prole Oscura, nessuno oltre a un demone!»
«Credete che io l’abbia scelto?» Era esplosa. Aveva sollevato il volto di scatto e ora fissava il cavaliere, improvvisamente silenzioso. La sua voce non era quella di una bambina: era consapevole e amara come quella di chi ha dovuto soffrire molto. «Credete che mia madre l’abbia scelto, di nascere in quel modo, di morire per questi maledetti poteri? Siete un cavaliere, il vostro compito è difendere i deboli, non giudicare persone di cui non sapete niente. Anche i Templari che sono venuti a prenderla giuravano di proteggere gli innocenti, eppure l’hanno uccisa!»
Si accorse che gli occhi le si erano riempiti di lacrime. «Dannazione!» imprecò. Se le strappò via dalle guance e corse verso la foresta.
«Oh, cieli eterni» esclamò Flemeth dopo qualche istante di silenzio.
Alistair sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Tornate tutti a Ostagar, io vado a cercare di farla ragionare.»
Flemeth annuì. «Saggia decisione» asserì. «Morrigan, tu li accompagnerai.»
«Cosa
«Il tramonto si avvicina, figlia mia, e se qualcuno non indica loro la strada più breve finiranno per perdersi e farsi divorare dai mostri.»
L’occhiata che la ragazza rivolse alla madre avrebbe incenerito un intero plotone.

*
 
Ythil non si era allontanata molto.
Spirito del Creatore, grazie, sospirò il giovane Custode, sollevato. La ragazza era raggomitolata con la schiena contro un albero, in preda i singhiozzi di rabbia.
Appena avvertì la sua presenza, sollevò lo sguardo. Alistair si appuntò mentalmente di non farla mai e poi mai arrabbiare. Sapeva essere spaventosa.
Si sedette accanto a lei.
«Ythil, dimmelo. Cos’è successo a tua madre?»
Lei si morse il labbro inferiore, senza guardarlo.
«Lo verreste a sapere comunque. Meglio che ve lo dico, almeno sapete con che mostro state viaggiando.»
«Per l’ennesima volta, Ythil, non sei un mostro. E non darmi del voi, ho solo cinque anni più di te. Mi fai sentire vecchio.»
Non riuscì nell’impresa di strapparle un sorriso. Non se ne stupì, come battuta faceva davvero schifo. Che fine aveva fatto il suo umorismo?
«Mia madre si chiamava Adaia» sospirò. Lo sguardo perso nel nulla, le mani piene di cicatrici che continuavano a torcersi a vicenda. «Non sapeva nemmeno lei dov’era nata. Sua madre era una serva, suo padre un ricco mercante, il suo padrone. Non sapeva bene neanche come è nata; probabilmente suo padre aveva violentato sua madre, o lui se la portava a letto, insomma, le cose che fanno sempre i potenti alle donne più deboli.» La sua mente era andata al figlio dell’arle e al suo matrimonio, sicuramente.
«Tua madre era una mezzosangue.»
«Sì. Non è una cosa rara. Ma suo padre – mio nonno – non voleva avere a che fare con loro due, o chissà che altra stupida ragione lo ha spinto... una volta che erano dalle parti di Orzammar le ha fatte abbandonare in uno dei sotterranei più pericolosi. Non so cosa sia successo là, non lo sapeva Adaia né quelli che l’hanno trovata... però quando è stata salvata da là, sua madre era morta contaminata dal veleno dei Prole Oscura, mentre lei era salva per chissà quale motivo, e aveva questi poteri.»
Prima che il giovane potesse rispondere alcunché, l’elfa aveva ripreso a parlare. Sembrava un fiume che fosse straripato dagli argini, non poteva più fermarsi.
«È stata costretta a viaggiare molto e a cambiare spesso nome per nascondersi. I mezzosangue non sono visti molto bene, e lei aveva anche quei poteri. A Denerim si è innamorata di mio padre, lui l’ha accettata nonostante tutto e si sono sposati. Mio fratello maggiore è morto quando aveva cinque anni e io tre. Malattia, una cosa normale nell’enclave. Mia madre non mi ha mai detto dei poteri, li ho scoperti da sola, a sette anni... un cane randagio mi aveva assalito e io l’ho ucciso con la magia.
«Non avrei mai dovuto farlo... i miei genitori mi hanno spiegato cos’erano quei poteri, mia madre mi ha aiutato a tenerli nascosti. Ho capito in quel momento il significato di quel soprannome che avevano dato a lei e a me: Sangue di Drago. Il sangue dell’arcidemone.
«È stato mio padre a insegnarmi a usare il pugnale. Sperava che in caso di pericolo non avrei dovuto usare i poteri, e infatti così è stato, anche alla villa – un brivido leggero le scosse le spalle – ma ormai era tardi. Mi sono sfuggiti di mano solo altre due volte, ma questo è bastato perché le persone cominciassero ad additare mia madre come strega.»
Si fermò solo il tempo di asciugarsi le lacrime.
«Una notte, circa un anno dopo che avevo scoperto la magia, sono arrivati i Templari.»
La ragazza sputò quel nome con un tale rancore che Alistair non poté non rabbrividire. Era meglio se non sapesse che aveva seguito l’addestramento dei Templari, per il momento.
«L’hanno portata via e non l’ho più vista. So solo che avrebbero dovuto uccidere me. Mio padre mi nascose in uno spazio minuscolo sotto le assi del pavimento per tutta la notte, per evitare che mi trovassero. Sono riusciti a convincerli che ero morta pochi mesi prima, e così mi hanno salvato. Ma non lo meritavo. L’ho uccisa.»
Questa volta la ragazza non fece nulla per fermare il pianto silenzioso. Alistair la strinse in un abbraccio ma non disse nulla: qualsiasi cosa sarebbe suonata falsa.
Sapeva che non poteva fare niente per rincuorare quella particolare donzella in lacrime.





 
Note della persona orribile.
Sto pregando tutti gli dei di non essere andata terribilmente OOC.
In compenso ho quasi finito gli esami e quindi sono felice ^^ mi manca
la parte peggiore ma vabbè, immagino si sopravviva(?)
Duuunque, il capitolo è interminabile. Però ero sicura che
se non avessi scritto in questo che cosa diamine sia Ythil
qualcuno mi avrebbe linciato, so that's it :3
Sono certa che Flemeth sia risultata mostruosamente OOC e
che la cosa dei poteri non sia nemmeno coerente con l'ambientazione

Ci ho provato, dai.
Alla prossima!!

- River
   
 
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