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Autore: Terre_del_Nord    17/01/2009    14 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Orion - OB.001 - Desiderio

-- revisionato luglio 2018 --


OB.001


Orion Black
Doire, Irlanda del Nord - agosto 1949

L’auto, una stupefacente Porsche nera prodotta come prototipo l’anno precedente, sfrecciava per le campagne di Doire, con un rombo potente al quale ormai mi ero abituato, il sole risplendeva in un cielo terso, benché fosse la fine di agosto, attorno a noi il paesaggio aveva perso i colori brillanti dell’estate e si avviava al tripudio caldo dell’autunno. Il vento e la velocità mi portavano con insistenza il profumo di Deidra al naso. E la sua risata cristallina, che si levava dal posto accanto al guidatore. Ogni volta che quel profumo e quella voce mi affondavano, come lame, nel cervello, la mia bocca si faceva più sfacciata sul collo di Eleanor, strappandole piccoli gridolini di accusa e falso pudore.

    «Ehi, stiamo buoni là dietro, intesi?»

Deidra si voltò ridendo, mentre Alshain mi gettava un’occhiata complice e divertita dallo specchietto retrovisore. Risi a mia volta. Quel dannato bastardo! Da quando il padre l’aveva cacciato di casa, a causa di Deidra, ed era entrato nel Puddlemere, la sua vita era un susseguirsi di assurde provocazioni, secondo i miei parametri di Slytherin tradizionalista: stava diventando quasi peggio di un vero babbano! Era indubbio, però, che sapesse godersi la vita, anche se ormai era un rinnegato! Quando, alcuni mesi prima, mi ero Materializzato nel luogo convenuto e l’avevo visto semi sdraiato sul cofano di quel mostro di lamiera, per poco non ero svenuto. La prima volta mi ero ero rifiutato di salire, redarguendolo sulle conseguenze se qualcuno l'avesse scoperto, e Alshain mi aveva mandato al diavolo in gaelico, era salito e, rombando, mi aveva lasciato lì come uno stupido. La seconda, beh, lo dovevo ammettere, era un’impresa strana ma sembrava divertente, anche se un po' pericolosa, ma rimasi a terra, ammirando la forma sinuosa della vettura e l’aria estatica di Alshain alla guida. Alla terza occasione presi coraggio e mi avvicinai, salii e... scesi subito, non appena quel pazzo mise in moto, a tradimento, benché mi avesse promesso che non l'avrebbe fatto. Da allora erano passati mesi e quello era diventato anche per me un inebriante momento di fuga dalla realtà. C’era Deidra, vero, a rendere le cose più difficili: la moglie del mio migliore amico era l’unica Strega, fino a quel momento, che mi avesse fatto battere il cuore. Da quando avevo capito che era una causa persa, le rosse irlandesi come Eleanor erano diventate la mia fissazione: Deidra ne rideva, non avendo sospetti o fingendo di non averne, ma Alshain, che mi conosceva bene e mi diceva sempre tutto quello che pensava, a volte ne appariva turbato e imbarazzato.

    «Tu pensa alla strada, Sherton, qua dietro è tutto sotto controllo!»

Affondai di nuovo la bocca su quelle labbra morbide e arrendevoli, mentre le mani si facevano largo tra i pizzi della gonna leggera. Non perdevo il controllo, però, anzi lasciavo correre lo sguardo, uno sguardo di sfida, verso lo specchietto, incrociando gli occhi d'acciaio del mio amico. Era una sfida persa in partenza, la nostra.
Tre mesi più tardi, mentre ci facevamo una birra al Leaky Cauldron, seppi che Deidra aspettava un bambino.

***

Orion Black

Zennor, Cornwall - agosto 1947

    «Tu mi metterai nei guai, se non la smetti di far danni con quel tuo dannato amico scozzese!»

Sbuffai non visto, seduto immobile davanti alla sua scrivania vuota, mentre mio padre, in piedi, guardava fuori dalla finestra la mamma che camminava nel parco con mia sorella: aveva addirittura interrotto la discussione con loro riguardo alla proposta di Prewett per Lucretia solo per farmi la solita chiassata.

    «Ci divertiamo, padre! È forse colpa mia se quelle non sanno dirci di no? Lo sai, il nome dei Black apre tutte le porte!»

Ghignai, ridendo tra me per il doppio senso.

    «Sei disgustoso, non è certo per questo genere d’imprese che va sprecato il nome dei Black!»
    «Sono tutte belle e brave ragazze purosangue, anzi molte addirittura Slytherins! Non sto… »
    «Ancora peggio! Non pensi a Walburga? Non c’è giorno che Pollux non mi racconti quanto soffra a causa tua! È ora che tu metta la testa a posto e pensi a darci un degno erede! Basta giocare con quella specie di selvaggio!»
    «A me non importa nulla di Walburga! Se non è felice, possono sempre rompere quel dannato accordo che avete fatto ancor prima che nascessi!»

Mi guardai le mani, strette a pugno, le nocche livide per la forza della stretta, le unghie conficcate nella carne, quasi a sangue.

    «È questo che vuoi? Disonorarci, svergognarci davanti a tutti! Vuoi provocare uno scandalo, far rompere il fidanzamento e condurre una vita da depravato?»
    «Se ben ricordo c’è solo un accordo tra voi due, non è esattamente un fidanzamento ufficializzato in pompa magna davanti a tutti! Se fossimo fidanzati, almeno, a quest'ora avrei potuto verificare se, sotto le gonne, quella là è davvero una ragazza, perché a volte non si direbbe!»

Trattenni un altro ghigno, più isterico che ironico, ormai.

    «Per l’amor di Merlino, bada a quello che dici, Orion!»

Mi guardava con gli occhi iniettati di sangue, sapevo che poteva farmi del male, e anche molto, ma in quel momento avevo tante difficoltà a non ridergli in faccia: come poteva anche solo lontanamente immaginare che io potessi provarci con la mia odiosa cugina? Il solo pensiero di parlarle mi dava il voltastomaco, così stronza e arrogante, figuriamoci se riuscivo a pensare di baciarla o di… la scena era qualcosa a metà tra il ridicolo e il raccapricciante.

    «Non mi piace, è antipatica e potrei trovarmene mille migliori di lei, altrettanto pure, ricche, Slytherins e soprattutto belle!»
    «Tu avrai dei figli che saranno al 100% Black, Orion, mi hai sentito? Ti do tempo un anno!»
    «Altrimenti? Che faresti? Vorresti diseredarmi? Non mi pare che tu abbia altri figli maschi, padre!»
    «Ti ammazzo con le mani, ecco cosa ti faccio! Prima ti torturo e poi ti ammazzo! Vali meno di zero, l’unica parte di te che vale qualcosa… »

Si avvicinò pericolosamente alla mia sedia e mi fece un gestaccio volgare indicandosi l’inguine, io strinsi gli occhi in segno di sfida. Quanto avrei voluto sputargli in faccia, lurido essere spregevole! Mi davano il voltastomaco, tutti loro!

    «Magari mi ammazzassi! Almeno non dovrei vivere con quell’arpia tua pari per il resto dei miei giorni!»

Mi alzai dalla sedia come una furia, rapido raggiunsi la porta e me la sbattei dietro le spalle, Smaterializzandomi all’istante, in tempo per non beccarmi la Cruciatus che mio padre mi aveva lanciato addosso a fior di labbra. Salazar, quanto invidiavo quei personaggi di cui mi aveva fatto leggere Alshain, di trafugo, quell’Edipo che ammazzava il padre e tutti gli altri, dannati per l’eternità, vero, ma l’eternità poteva anche essere solo un'illusione o una speranza, la vita di tutti i giorni, invece, per me, era ormai un tormento, reale e continuo!
Affondai le mani in tasca e sognando un futuro radioso, lontano dalla mia fosca famiglia, mi diressi lungo la via principale di Diagon Alley, avevo un appuntamento con Alshain davanti al negozio delle scope da Quidditch. Con una stretta al cuore mi resi conto che per me, quell’anno, i cancelli di Hogwarts non si sarebbero aperti.

    Sì, sarà proprio il primo di una lunga fila di anni di merda.

***

Orion Black
Hogsmeade, Highlands - novembre 1947

    «Non puoi immaginare che noia sia gestire gli affari di famiglia, Alshain… »
    «Per distrarti, a Natale, vorrei invitarti da me, Orion, ma ho capito che non sto molto simpatico a tuo padre, ahahahah.»

Rise, lui sì che sapeva far uso di eufemismi! Ghignai anch'io, guardando la sua faccia monella: era diventato ancora più alto da settembre e tra un po’, tra i due, quello più grande sarebbe sembrato lui, a me restava sempre quello stupido muso imberbe da moccioso. Mi rabbuiai, sembrava che lontano da Hogwarts io fossi diventato un’altra persona, un altro Orion Black. Mi vergognavo come un ladro, ma la realtà era che spesso, non vedevo l’ora che fosse notte, poter gettare la mia maschera insieme ai vestiti ed essere libero di piangere in pace, da solo, a letto, sul mio futuro e le mie disgrazie.

    «Intanto però potresti venire alla festa che si terrà da Aberforth il prossimo fine settimana, ci divertiremo, ti trovo qualcuna che possa… come dire... tirarti su!»

Sghignazzò sul doppio senso, tanto che la Burrobirra gli uscì dal naso, io mi guardai attorno reprimendo a stento una risata.

    «Che fai, cerchi la tua preda?»
    «Mah… sai com'è, ormai le migliori le “conosco” praticamente tutte!»

Risi a mia volta, gli ultimi due anni mi ero proprio dato da fare, altro che Walburga Black! Erano poche quelle che mi erano sfuggite, il sistema che adottavo era pressoché infallibile. E non usavo nemmeno dei trucchi di Magia Oscura per convincerle a... seguirmi.

    «Tu con chi ci vai?»

Riindossai la mia maschera da sciupafemmine e gli feci la classica domanda, quella che apriva "le danze": anche se a volte avevamo cacciato insieme, era bene conoscere le altrui intenzioni e tenere i pascoli ben separati.

    «Con la Parkinson: da quanto mi hai raccontato l’anno scorso, ci sarà da divertirsi, dico bene?»
    «Oh sì, ragazzo mio, te lo assicuro, saranno ore indimenticabili, ma scegliti un luogo molto, molto appartato, o fa uso di Muffliato mooolto potenti, perché quella lì, come dire, ulula come un furetto infoiat… »

A quel punto però mi bloccai, l’ennesima insolenza mi morì sulle labbra, rapito com’ero da una magnifica visione.

    «Che c’è? Hai visto un fantasma? O il marito di quella rossa che ti cerca dall’anno scorso?»

Non riuscivo nemmeno a ridere, e sì che quella era proprio una storia divertente, pericolosa, certo, ma dannatamente divertente.

    «Zitto… e osserva... quale meravigliosa apparizione è scesa tra noi mortali… ma chi è quella rossa appena entrata? Quella che si sta sedendo laggiù? Sono più che certo di non conoscerla! Dimmi com'è possibile che mi sia sfuggita, Alshain, sto forse invecchiando? Dai, girati ma senza dare nell’occhio!»

Alshain rise e si voltò baldanzoso, la risata però gli morì subito sulle labbra. Si girò di nuovo verso di me, muto, tracannò il resto della Burrobirra e fece cenno di volerne un’altra, poi rimase con gli occhi fissi sul boccale.

    «Si chiama Llywelyn... Deidra... Llywelyn... sta sempre chiusa in biblioteca, è sempre e solo con sua sorella, di solito ai corsi arriva per ultima ed esce per prima... sempre in fondo all'aula... fa di tutto per non farsi notare, insomma... comunque viene in classe con me.»
    «Viene... nel senso letterale o anche in quello metaforico? Ahahahahah.»

Gli feci un occhietto e risi, di nuovo, ma stranamente la risata di Alshain non fu altrettanto pronta. Lo guardai, sembrava in imbarazzo: strano, molto strano per lui. Tra noi due, Alshain era il più giovane ma anche il più tremendo con le femmine, anche grazie alla sfrontatezza che gli dava essere il Cercatore della nostra squadra di Quidditch, non aveva paura di niente e di nessuno ed era proprio navigato, stando a quello che mi raccontavano le sue "vittime": per un po' mi ero "specializzato" nel recuperare i cuori che infrangeva lui. Inutile dire che alle poverette non potevano capitare due disgrazie peggiori di noi due presi singolarmente, se agivamo in coppia poi, non avevano alcuna speranza di salvezza.

    «Mmm sbaglio o ci sono novità di cui non mi hai parlato? Da quanto tempo le muori dietro?»
    «Cosa? Chi, io? Sei pazzo? A me non m’incastra nessuna!»

Ghignò, ancora ricordavo come aveva preso sul serio la mia disperazione, quando gli avevo raccontato del mio problemino chiamato Walburga Irma Black.

    «Sì, certo, come no, basta guardare la faccia che hai fatto!»
    «Se vuoi te lo dimostro! Avanti, vai da lei e chiedile di uscire con te, sappiamo entrambi come andrà a finire, no? Orizzontalmente, giusto? Ecco... perciò vai, sei libero di trombartela in tutte le posizioni che preferisci, per quanto me ne frega, a me, di una come quella!»

Sguardo fiero e aggressivo, vero, molto schietto e sincero, una brutale offerta da vero amico: ma in quegli occhi c’era anche una nota di sofferenza a guardarli bene. O era solo una mia impressione?

    «Ok, visto che mi concedi il tuo permesso di... per usare un linguaggio più elegante... spupazzarmela per benino tutta quanta… »

Ghignai al suo orecchio, poi mi alzai e con i miei soliti modi aggraziati e al tempo stesso pericolosi, mi avvicinai al tavolo della rossa: se io non avevo idea di chi fosse lei, di sicuro lei sapeva chi fossi io, un Black non passa mai inosservato. La sua amica, immaginavo irlandese anche lei, stando al colore delle chiome e dell’incarnato, mi guardò e arrossì all’istante, mi chinai verso la mia preda, feci una battuta leggera e idiota, tanto per strapparle un sorriso e un timido "ci penserò”, quando le proposi di farle da cavaliere il sabato successivo. In quel momento, però, a muovermi non era la caccia quanto la sfida: per tutto il tempo non staccai gli occhi dal tavolo in cui avevo lasciato Alshain, il quale mi rilanciava uno sguardo fisso e vuoto. Ero più che certo che stesse soffrendo come un animale ferito. E altrettanto certo che non mi avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo.

*

La festa non era il massimo ma era comunque una serata piacevole. Certo, a pensarci mi sentivo un po' a disagio: ero l’unico ex studente di Hogwarts presente. Deidra, la mia dama, era graziosa, più di quanto mi fosse sembrata una settimana prima, e decisamente più bella della maggior parte delle mie abituali conquiste. Almeno fino a quel momento, però, sembrava anche la più granitica. Le offrii da bere e iniziammo a ballare, la strinsi a me, comportandomi bene rispetto ai miei standard, anche se un paio di volte la mano mi scivolò distratta e leggiadra e Deidra andò a recuperarla e riportarsela al fianco, risoluta, pur senza perdere il suo sorriso e la sua eleganza. No, non era il tipo di ragazza con cui uscivo di solito, ma non mi pareva il caso di arrendermi subito: rideva delle mie battute, era giocosa, simpatica e brillante, eppure fin dall'inizio avevo il sospetto, anche se non ancora la certezza, che avrebbe fatto parte della mia piccola percentuale d’insuccessi. Non mi scoraggiai: solo a guardarla, alta, sinuosa, belle forme ancora acerbe, occhi da sogno e labbra invitanti, valeva la pena investirci un po' più tempo del solito, per la prima volta nella mia vita stavo valutando l’idea di non buttarmi a capofitto, ma di impegnare più tempo, più cortesia e persino più di me stesso nel tentativo di conquistarla. A metà della serata, naturalmente, riuscii a mandare a monte il mio intrigante progetto.

    «Non che faccia differenza, per me, ma stai già con qualcuno?»

La buttai lì, senza tanti giri di parole, lei mi fulminò con lo sguardo, sicuramente stava pensando a una cosa cattiva da dirmi per poi andarsene offesa, invece arrossì e negò con la testa, ma era evidente che… La consapevolezza mi colpì all’istante come un pugno ben assestato, lasciando pressoché ciechi tutti i miei sensi.

    «Ho capito, certo, certo, che idiota: avresti gradito molto di più l’invito dell’altra persona seduta al mio tavolo, quando mi sono presentato, una settimana fa.»

Ghignai.

    Hai capito Sherton? Lo lascio solo a Hogwarts nemmeno due mesi e quel bastardo si ritrova non solo innamorato ma addirittura ricambiato, roba da non crederci! E soprattutto, essendo un maschio secondogenito, al contrario di me, non dovrà sottostare a stupidi accordi che incombono sul groppone di noi dannati figli eredi primogeniti!

    «No, io… è che… ho sentito... cosa si racconta di te... e del tuo amico… di come siete... spregiudicati... con le ragazze... »

Il suo viso andò in fiamme e abbassò quegli stupendi occhi di smeraldo che fino a quel momento non aveva abbassato mai, nemmeno quando ero stato provocatorio, con stile, certo, ma molto provocatorio.

    Spregiudicati... che modo elegante di ricordarmi la mia fama di maiale, bastardo e maniaco sessuale

Risi: sì, a volte capitava che troppa pubblicità diventasse controproducente… Ma il problema, nel caso di Deidra Llywelyn, non era tanto la mia pessima fama, quanto il mio affascinate migliore amico.

    «Tutte leggende, tesoro! O meglio… le leggende hanno un fondo di verità, ma nel mio caso, sono proprio un… misero fondo.»

Deidra rise di me e con me, il mio cuore iniziò a vorticare impazzito come se invece di una semplice risata le avessi rubato la sua stessa essenza: non mi ero mai sentito così, e sapevo che per il bene di tutti, dovevo starle lontano, che non era destinata a me, non in quel senso, almeno. Tornato a casa, nonostante le cose non fossero andate come mi ero immaginato e avessi scarsissime speranze che la situazione potesse cambiare, ero felice di me stesso: ero riuscito a stare accanto a una ragazza che mi attraeva rispettandola e a sentirmi ugualmente bene. In fondo la mia natura Black, quella malata, distruttiva, potevo governarla. In fondo, avevo appena scoperto di poter essere migliore di quanto mi aspettassi. In fondo potevo essere un Black diverso.
Sei mesi più tardi mi feci accompagnare dalla mia migliore amica, Deidra Eavan Llywelyn, alla festa organizzata dagli Slytherins a Hogsmeade per il compleanno del loro Cercatore, Alshain Sherton: da quel momento le nostre vite cambiarono per sempre.

***

Orion Black
Zennor, Cornwall - sab. 20 maggio 1950

    "Mio caro Orion, voglio che tu sia il primo a saperlo, dopo mio padre: finalmente mio figlio è nato... il mio Mirzam è nato... proprio stanotte!"

Sentii il cuore crollarmi a terra e infrangersi in duemila schegge. Mio padre, seduto a tavola di fianco a me, posò il bicchiere sulla tavola e mi guardò indagatore.

    «Brutte notizie Orion? Qualcosa nei nostri affari non sta andando bene?»
    «No, padre, solo una novità, una notizia che aspettavo da un po'.»

Rimasi perso nei miei pensieri: ero stato il loro testimone di nozze, una cerimonia asciutta, con i soli parenti Meyer di Alshain, l’allegra e numerosa famiglia di Deidra, i suoi compagni di squadra e pochissimi amici comuni, quelli che non temevano l’ira del vecchio Sherton. Era stata una cerimonia semplice, in una bella giornata di luglio, appena ottenuti i diplomi di MAGO, celebrata a Doire: non l'avevano organizzata neanche in coincidenza del solstizio, come era tradizione per gli Sherton, proprio per non far infuriare ulteriormente il vecchio. Alshain faceva finta di nulla ma la rottura col padre lo addolorava e cercava di fare di tutto per non pensare agli affetti che aveva perso per ottenere Deidra. Ero stato tanto preso da quel suo mutamento di sorte, dal volergli stare vicino e aiutarlo per quanto potevo, che mi ero scordato di restare turbato dal fatto che lui, non io, si stesse sposando. E che la sposa fosse proprio Deidra. Quasi senza accorgermene, avevo ripreso la mia vita da dongiovanni impenitente, suscitando le ire di mio padre, che aveva fino a quel momento scambiato la mia strana calma per responsabilità. Quando avevo saputo del bambino, però, avevo aperto gli occhi. E mi ero reso conto della voragine che mi si era aperta nel petto.

    «Oggi vado a trovare Pollux, dovresti venire con me, credo sia ora che… »
    «Non ora padre, vorrei intraprendere quel viaggio in Francia che ti dicevo l’altro giorno, è necessario per i nostri affari.»
    «Orion, questa farsa ormai ha del grottesco, stiamo diventando lo zimbello… »
    «Appena avrò fatto quello che devo, ti prometto che sposerò Walburga!»

I miei si guardarono increduli: non l’avevo mai accettato ed ora, a sorpresa, per la prima volta non mi stavo opponendo, chiedevo solo tempo, e per gli affari di famiglia, non per me. Che senso aveva opporsi, in fondo? Se anche avessi rimandato tutta la vita, l’unica cosa che avrei trovato sarebbero state solo insulse storie di una notte. Non poteva essere diversamente, non potevo sperare di far battere di nuovo il mio cuore, se il mio cuore era ormai andato distrutto: a lungo non avevo voluto rendermene conto, ma la realtà era che avevo trovato l’unica ragione per farlo battere e l’avevo persa nell’istante stesso in cui l’avevo incrociata. Non riuscivo nemmeno a odiare lei o chi me l’aveva “rubata” -tra l'altro, non ti possono rubare ciò che non è mai stato tuo-, sarebbe stato come odiare se stessi, la propria anima. Amavo Alshain come il fratello che non avevo avuto, e odiavo me stesso perché ero così egoista e meschino -e inconcludente e incapace di raggiungere i miei sogni- da non riuscire a essere del tutto felice per lui.
Rilessi l’ultima parte della sua lettera.

    “Devo dirti anche un'altra cosa meravigliosa. Mio padre mi ha perdonato, vuole venire a Londra per conoscere mia moglie e il mio bambino, ci ha addirittura invitati tutti a Herrengton, non appena Deidra si sentirà meglio.”

Forse ero più geloso di questo che di tutto il resto. Ero geloso non di Deidra o di suo figlio, ero geloso perché suo padre l’amava, perché per suo padre Alshain era un figlio. Per mio padre, invece, io, Orion Arcturus Black, ero solo colui che doveva procreare un erede. Il mio valore stava solo nel numero di figli maschi Slytherins e purosangue che fossi riuscito a dare alla nobile e antichissima casata dei Black. Sarei stato suo figlio solo quando avessi donato al mondo un altro infelice.

    Un infelice come me.


***

Orion Black
Bruges, Belgio - ottobre 1952

Il viaggio. Quante bugie su quel fantasioso viaggio. In realtà passavo più tempo a Londra, nella casa di Essex Street, di quanto mio padre sospettasse. Adoravo Mirzam e iniziavo a credere che forse avere un figlio non sarebbe stato tanto tremendo come pensavo: certo, sarebbe stato anche figlio di Walburga, ma per metà sarebbe stato mio e io avrei fatto di tutto perché prendesse la parte migliore dei Black. Anche stare accanto a Deidra iniziava a essere meno difficile, ora che la mia attenzione era spostata sui miei progetti futuri e sul mio figlioccio: non avevo resistito, ero scoppiato dalla felicità quando Deidra mi aveva chiesto di essere il padrino del loro bambino e Alshain mi aveva abbracciato, appena avevo accettato, emozionatissimo. Da quel momento il nostro rapporto era tornato perfetto: prima, lo vedevo, lui aveva capito cosa avevo nel cuore e nella mente; non aveva paura di me, sapeva che non c’erano rischi, che non avrei mai tentato di fargli una vigliaccata, ma aveva paura per me, quello sì, paura che la loro felicità mi ferisse, che la nostra amicizia non sopportasse la violenza di alcuni miei silenzi. Sapevo che per lui ero più di un fratello, i nostri sentimenti da quel punto di vista si equivalevano. Alshain teneva a me quanto io tenevo a lui. In quel momento io ero felice, la mia famiglia erano loro, iniziavo a vedere un barlume di ragionevolezza nel mio futuro, nel figlio che mi attendeva, sentivo che potevo farcela. Ero sereno, avrei accettato il mio destino, sapevo che ce l’avrei fatta. Sì, potevo farcela, anche grazie a loro.

    Troppo sereno… troppo ingenuo… troppo indifeso.

La tempesta arrivò e mi trovò impreparato, un terreno disarmato, fertile e pronto, in cui una passione, la vera passione, quella che si prova da adulti, quella completa e ottenebrante, poteva attecchire fino nel profondo del mio essere. Fino a devastarmi. Una camera prenotata mi attendeva nelle Fiandre, in un albergo di Bruges, una nebbiosa sera di fine ottobre. Ero arrivato tardi, avevo passato tutto il mio tempo a Londra a giocare con Mirzam attaccato sulle spalle, e avevo poche ore ormai per prepararmi all’incontro con DesChamps, il mattino seguente. Quella sera nel ristorante dell’albergo si stava tenendo una festa, io volevo solo sbrigarmi a mangiare e poi chiudermi in camera, un paio di Muffliato avrebbero celato il suono di musica e risate. Mi sedetti, il cameriere mi portò subito la lista, muovendosi con grazia e leggiadria, quasi incorporeo nella sala. Allontanai una ciocca di capelli corvini dal mio sguardo stanco, e per la prima volta mi decisi a studiare chi mi stava attorno.
Non dovevo farlo.
Fu un fulmine a ciel sereno, una tempesta capace di scardinare un castello fin dalle fondamenta, un sole caldo, capace di ridar vita a un cuore nascosto all’interno di un muro di ghiaccio. Avevo sbagliato tutto, ero così certo di essere al sicuro, di non avere più un cuore perché già la donna della mia vita l’aveva fatto a pezzi.

    E invece il destino mi doveva ancora uno sguardo…
 
Elizabeth fu appena uno sguardo, poi la vita tornò a reclamarmi. Mi alzai, lei stava al bar, dall’altra parte della sala, persa in pensieri tutti suoi, mi feci avanti, l’età aveva raffinato ulteriormente i miei metodi di caccia, a causa degli impegni mi concedevo meno prede, ma le sceglievo sempre difficili, amavo più la caccia in sé che il meritato bottino. Quella sera non c’era tempo per fare le cose in grande, la caccia non poteva durare a lungo e quello sguardo aveva acceso in me una sete che non conoscevo da tempo, nemmeno quando speravo ancora di avere una chance con Deidra avevo sentito una sete così forte.
Non era una buona preda, Elizabeth: cadde subito nei miei tranelli, in altre circostanze mi sarei anche allontanato deluso, insoddisfatto della facilità della situazione, ma avevo scoperto che c’era altro, che quella donna mi suscitava qualcosa di nuovo, una curiosità di testa che metteva in secondo piano tutto il resto. Senza rendermene conto ero io a essere caduto nella sua rete. Fu una notte convulsa, poco romantica, decisamente fisica, non ero più un adolescente, tutt’altro, eppure il mio corpo sembrava riprendersi con una velocità che non aveva avuto nemmeno anni prima, forse perché lei era una delle donne più disinibite che avessi mai incontrato, e sapevo che non ci sarebbe stato un domani. Volevo sperimentare tutto quello che il mio corpo e il passare delle ore mi avrebbero concesso.
Mi leccai le labbra prendendo aria nei polmoni, mi ero staccato con fatica da lei, debole e prosciugato, il corpo accaldato, sudato, in fiamme e lei era già di nuovo sopra di me, a lavorarmi il collo con le sue labbra vellutate, i capelli che solleticavano il mio petto mentre scendeva sempre più in basso, mi riprendeva tra le labbra per l’ennesima volta e mi mandava di nuovo fuori di testa. La guardai, i suoi occhi mi fecero capire che ero io la preda, Merlino, non lo ero stato mai, e in fondo non mi dispiaceva affatto scoprire l’altra parte della barricata. Tornò verso di me, arcuò il suo corpo contro il mio, riprendendomi dentro, assaltò il mio collo mentre le mie dita affondavano nei suoi fianchi, muovendola dapprima piano, poi sempre più forte, i suoi sospiri mi entravano sempre di più nel cervello. Le presi un seno e iniziai a torturarlo con le labbra, lei si arcuò all’indietro, sentii i suoi spasmi stringermi e farmi quasi soffocare di nuovo dal desiderio di venirle dentro. Rotolai sopra di lei, stringendole i polsi accanto al viso, presi il controllo della situazione mentre lei mi concedeva la massima libertà di movimento, e di nuovo affondai in lei, quasi mi fosse necessario più di respirare.
Solo dai suoi gemiti e dal suo calore traevo un senso alla mia esistenza.

***

Orion Black
Manchester, UK - estate 1953

Non potevo crederci, io, Orion Arcturus Black, ero innamorato di una donna, libera, bellissima, forte, coraggiosa, intelligente, semplice, passionale, curiosa, dolce, complice. Non finivo mai di elencare i suoi pregi, perchè erano infiniti. C’era solo un particolare, un particolare che mi impediva di andare da mio padre con lei, dirgli, “questa è la situazione, fattene una ragione, se vuoi un nipote, sarà Black solo al 50%.”, mandare al diavolo lui e Walburga e tutto il mio dannato futuro preimpostato.
Elizabeth era una Mezzosangue.
Una Mezzosangue, figlia di una Babbana e di un Purosangue, un purosangue Grifondoro, per l’esattezza, proveniente da una delle più note famiglie di Traditori del SanguePuro esistente sulla faccia della terra. Odiavo me stesso, perché nonostante l’amassi, la voce di mio padre e di mia madre e dei miei nonni e di tutta la dannata casata dei Black ripeteva come una litania nella mia testa che le cose stavano così: ero un Black e per quanto non m'importasse essere amato dai miei genitori, c’era qualcosa che, dentro di me, geneticamente, non riusciva a farmi vivere in pace quella situazione. Il pensiero che il mio nome potesse essere cancellato dall’Arazzo dei Black, per la prima volta, mi spaventava davvero. Io volevo sposarla, magari in segreto, lei lo sapeva e non me lo faceva pesare, ma sapeva bene chi fossi, e soprattutto, cosa fossi: lei mi amava, mi amava nonostante la mia vigliaccheria, mi amava per me stesso, non per chi fossi o cosa possedessi. Lei mi amava, ed io sapevo che una donna tanto meravigliosa meritava di sicuro un uomo migliore di me.
A casa i miei scalpitavano, il mio viaggio ormai si stava protraendo da circa tre anni, gli affari di famiglia andavano benissimo, grazie a me vero, ma Walburga stava per compiere 28 anni, io 24. E Cygnus, dopo anni di tentativi, ancora non era riuscito a ottenere altro che due dannatissime figlie femmine. Alphard, poi, lui nemmeno ci provava a mettere la testa a posto, proprio come me.
Di tutta questa storia non sapeva nulla nemmeno Alshain: dal viaggio a Bruges, da quando mi era diventato chiaro cosa mi stesse succedendo, mi ero staccato da lui, sicuro che mi avrebbe fatto ragionare e chiudere in fretta quella situazione. Io invece volevo viverla quella storia, magari in modo incompleto, magari rifugiandomi nelle mie assurde illusioni. Perché in cuor mio sapevo che prima o poi il sogno sarebbe finito ed io…
A quel punto come se avesse un sesto senso, Elizabeth sbucava sempre dietro di me e mi faceva coraggio: stavo pensando di lasciare tutto, prendere le mie poche cose, inscenare una disgrazia e fuggire con lei, il più lontano possibile. Per Elizabeth anche quella soluzione era accettabile ed io l’amavo per quanto era nobile e generosa.
E odiavo sempre più me stesso per la mia totale incapacità e inettitudine.


*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, aggiunto a preferiti/seguiti, recensito ecc ecc.

Valeria



Scheda
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