Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: haev    08/07/2015    3 recensioni
«Sono uscita.» rispose accarezzandogli i capelli.
«Per fare cosa?» domandò e aprì finalmente gli occhi.
«Per salvarti.» sussurrò Rion, ma era certa che il fratello l’avesse sentita e come sempre non aveva detto niente, così gli lasciò un bacio sulla fronte e uscì dalla camera.
[...]
Il castano si sorprese ad ammirarla e sentir nascere dentro di sé un senso di calma che non aveva mai provato. Aspirò il fumo e scosse la testa: non doveva affezionarsi a lei. Il suo compito era quello di renderla più loquace, di scavare dentro di lei e capire il motivo per cui amasse così tanto la solitudine.
[...]
Greta non si definiva una ragazza depressa, semplicemente aveva smesso di vivere e non sapeva nemmeno se a vent’anni si potesse dire di aver iniziato a vivere per davvero, aveva ancora davanti una vita piena di cose da fare, scoprire e lei aveva già rinunciato a tutto.
Peccato che il suo tutto fosse su un letto con una bandana in testa per la chemioterapia.
Completa.
Genere: Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
And then I found out how hard it is to really change.
Even hell can get comfy once you’ve settled in.
I just wanted the numb inside me to leave.
No matter how fucked you get, there’s always hell when you come back down.
The funny thing is all I ever wanted I already had.
There’s glimpses of heaven in everything.
In the friends that I have, the music I make, the love that I feel.

I just had to start again.
-Oliver Sykes.
 
VII
 
Rion posò la testa sul banco e si impose di non addormentarsi, era la prima volta in tre mesi che si sentiva così stanca, prima non le era mai successo. Il fatto di arrivare così tardi a casa era divenuta una specie di routine, a cui Rion aveva fatto l’abitudine, ma quel giorno le si chiudevano gli occhi.
La sera prima era andata al condominio desolato e gli acquirenti erano arrivati solamente dopo le undici e mezza di sera, orario in cui Rion doveva essere già sotto le coperte a riposare, invece era rimasta là, imperterrita a vendere qualcosa.
E qualcosa aveva venduto e Bon si era complimentato con lei per aver guadagnato una somma assai modesta per un mercoledì sera, Rion, senza nemmeno sorridere ne salutare era andata spedita a casa e si era addormentata come un piombo, ma la sveglia era suonata fin troppo presto.
La signorina Finch stava facendo esercizi in preparazione alla verifica imminente e Rion, abbastanza portata in matematica, riuscì a farli con le palpebre che si chiudevano.
La sua compagna di banco le diede una gomitata e la ragazza alzò la testa di scatto, il cuore prese a martellarle nel petto pensando che la professoressa l’avesse chiamata.
«È suonata.» disse tranquillamente.
Rion fece un cenno del capo e iniziò a preparare la borsa mentre il resto della classe scemava fuori dall’aula, notò però che Louis si era fermato con la signorina Finch.
Fece finta di niente, dicendosi che le stava chiedendo qualcosa riguardo il programma, d’altronde il ragazzo era arrivato solamente da un paio di settimane e alcuni argomenti che ci sarebbero stati nella verifica, erano di un mese prima.
Stava pensando di dormire un po’ quel pomeriggio quando la prof. la chiamò, la ragazza, riluttante, si avvicinò alla cattedra.
«Rion, Louis vorrebbe avere delle delucidazioni riguardo un argomento di trigonometria.»
La ragazza guardò la professoressa con aria scocciata e disse: «Maxie potrebbe aiutarlo, è il migliore in matematica.»
«Questo non lo metto in dubbio, ma il signorino Luke è già andato e tu sei l’unica rimasta. – La guardò sorridendo – Oggi mi sarei dovuta fermare in biblioteca per correggere delle verifiche, ma dato che la verifica è dopodomani e bisogna prenotare per andare in biblioteca, vi cedo il posto.»
Rion era sbalordita, non le veniva in mente niente da ribattere, in fondo, la signorina Finch era la sua professoressa e quando si trattava di scuola era meglio non mettersi contro gli insegnanti.
«D’accordo.» rispose respingendo uno sbadiglio.
«Avrai un più per questo, ed è pure su un argomento che ti piace abbastanza: le applicazioni di seno e coseno.»
Questo non migliorò l’umore di Rion, la ragazza non metteva in dubbio che la trigonometria fosse uno dei rami della matematica che amava di più, ma era comunque stanca e per di più doveva fare ripetizioni a Louis. Louis.
Quel ragazzo in quei giorni aveva cercato di avvicinarsi, chiedendole quali fossero i compiti oppure aveva richiesto un dollaro per la merenda, cose a cui Rion non aveva fatto caso fino a che non aveva visto sua sorella parlare con il castano nel giardino della scuola.
Da quel momento aveva iniziato a pensare che Rylee volesse usare Louis per far sì che la facesse entrare nella vita sociale, cosa di cui non aveva assolutamente bisogno. Lei stava bene da sola.
Dopo che ebbe visto Louis parlare con sua sorella, aveva evitato il ragazzo; non appena lo vedeva avvicinarsi, si rinchiudeva nel bagno, l’unico luogo della scuola in cui un ragazzo non poteva accedervi.
In bagno aveva fumato e mangiato la sua merenda, consapevole che se fosse scesa in cortile, il castano l’avrebbe seguita.
Lo evitava e adesso si ritrovava a fargli ripetizioni. Fantastico.
«Ciao, ragazzi.»
«Arrivederci, prof.»
Rion respirò stanca e sconsolata.
 
Rylee guardò fuori dal finestrino, la musica che urlava nelle sue orecchie. La canzone era sempre la stessa da circa cinque giorni, era in fissa con quella melodia.
La ragazza era così, quando si fissava con una cosa, doveva sempre averla a portata di mano, così come quella canzone.
Non era una patita della musica, ma comunque alcune canzoni le entravano dentro senza il suo permesso e lei era costretta ad accettarle.
Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato qualcosa d’altro a catturare la sua attenzione e quella canzone per lei non avrebbe significato più nulla, ma tanto valeva godersi il momento.
Mosse le labbra cantando il ritornello e sorrise. Era da tempo che non sorrideva in quel modo, aveva così tante cose per la testa in quel periodo tra la scuola, suo fratello e Kevin.
Aveva visto il suo ex ragazzo sabato sera alla luce di un lampione che fumava una sigaretta, a che sapeva, Kevin non aveva mai fumato.
Evidentemente aveva iniziato quando si erano lasciati, Rylee venne pervasa da un senso di malinconia.
Anche se non lo ammetteva, le mancava Kevin. Fino a cinque mesi prima era la sua ragione di vita e quando veniva colta da quei momenti si sentiva afflitta e inutile, grazie a Kevin aveva capito cosa significava amare davvero qualcuno, farlo felice. Aveva messo in primo piano la felicità di Kevin piuttosto che la sua e aveva sbagliato, eccome se aveva sbagliato, Rylee si era resa conto che era felice solo perché il suo amore lo era. Ma lei, senza di lui, che cos’era? Assolutamente nulla.
Rylee aveva sbagliato ad amarlo così tanto, il suo amore bastava per entrambi, ma nonostante i mille errori in quella storia d’amore, non si pentiva.
Grazie a quell’amore finito, aveva sbagliato e aveva capito.
Scoprire cosa significava soffrire per amore e al contempo andare avanti con la vita, l’aveva resa più forte. Ma c’erano cose a cui Rylee non era forte abbastanza, c’erano piccole e futili cose che la riportavano indietro e la costringevano a pensare che cosa sarebbe successo se lei e Kevin fossero stati ancora insieme.
Rylee avrebbe continuato a vivere nel suo mondo perfetto? Avrebbe mai imparato cosa significava soffrire? Si sarebbe resa conto che anche lei doveva essere felice per davvero? Non lo sapeva, alcune volte, Rylee si diceva che il sentimento dell’amore, con il tempo, sarebbe calato e avrebbe fatto sorgere quei dilemmi.
Appoggiò la testa al finestrino e ascoltò quietamente la canzone che ripartiva, strappando delle pellicine dalle dita delle mani quella sofferenza che aveva ancora nel cuore.
Infondo, il primo amore non si scorda mai.
 
Louis era stordito.
Era da giorni che cercava di fare dialogo con Rion, ma la ragazza aveva sempre risposto a monosillabi e negli ultimi giorni non l’aveva degnato di neanche uno sguardo. E ora avrebbe passato un pomeriggio con lei.
Si sentiva euforico e intimorito. Non sapeva come avrebbe fatto a farla parlare.
Un muro è impenetrabile, ma al contempo è possibile scalarlo e scavalcarlo. Il punto era scoprire quanto fosse alto questo muro e soprattutto se c’erano appigli a cui aggrapparsi.
Respirò a fondo e mettendosi le mani in tasca, disse: «Ti va di mangiare qualcosa, prima?»
La ragazza lo guardò e solamente in quel momento Louis si rese conto delle occhiaie sotto gli occhi, quegli occhi verdi che lo inchiodarono al pavimento.
«Non ho soldi.» biascicò abbassando lo sguardo.
Louis sorrise, «Io ho dieci dollari, dici che da McDonald’s riusciamo a prendere qualcosa?»
«Di sicuro, costano un cazzo le cose là.»
«Bene, lasciamo qui le cartelle?»
Rion scosse le spalle: «Meglio portarcele a dietro, non si sa mai con i bidelli che ci sono. – Ridacchiò tra sé e Louis trovò quella risatina adorabile – Prima però avvisiamo il bibliotecario, poi andiamo a mangiare.»
La ragazza scese velocemente le scale, Louis fece altrettanto, non si era ancora abituato a tutto quel grigio e l’idea di vederlo costantemente nella scuola lo angosciava, per ciò, ogni volta che metteva piede fuori dall’aula, faceva le scale velocissimo e usciva nei mille colori.
Il bibliotecario disse loro che la signorina Finch era venuta ad avvisarlo del cambio e aggiunse che la biblioteca chiudeva alle cinque.
«Non ci vorrà così tanto, ma grazie lo stesso.» disse Rion rivolta al bibliotecario.
I due ragazzi uscirono dalla scuola e si diressero al McDonald’s lì vicino, mentre camminavano Louis osservò Rion di sottecchi. La ragazza si guardava intorno con aria smarrita e persa nel paesaggio, quest’ultimo era molto secco: alberi spogli, eccetto per alcuni pini, strade vuote, dove ai lati c’erano ritagli di giornale, gli infissi delle porte erano chiusi per via del freddo dell’inverno. Era quasi terminato gennaio, uno dei mesi più freddi.
Rion si accese una sigaretta e Louis la imitò.
Entrambi i ragazzi iniziarono a fumare, ognuno perso nei suoi pensieri. Louis si accorse che la sua rabbia si era acquietata già da diverso tempo e si chiese che cosa potesse averla placata, guardò alla sua sinistra.
Le labbra di Rion, rosse e seccate per il clima freddo, erano avvolte attorno al filtro. Gli occhi verdi, come l’erba, erano chiusi. Le guance scavate, tiravano il fumo, facendolo andare nel polmoni per poi uscire da quel piccolo naso nel centro del suo viso.
Il castano si sorprese ad ammirarla e sentir nascere dentro di sé un senso di calma che non aveva mai provato. Aspirò il fumo e scosse la testa: non doveva affezionarsi a lei. Il suo compito era quello di renderla più loquace, di scavare dentro di lei e capire il motivo per cui amasse così tanto la solitudine.
 
Rion lo portò in una specie di galleria vicino al McDonald’s. I muri erano ricoperti di graffiti, ma non c’era il classico puzzo di piscio delle gallerie, lì l’aria era perfino buona e per di più, riparava dal freddo.
«Come conosci questo posto?»
Rion strinse le labbra, era la strada che faceva per andare a spacciare.
«Ci venivo in bici da piccola.» mentì e affondò i denti nel panino.
«Quindi abiti qui da sempre?»
La ragazza annuì e mormorò: «Tu, invece, perché ti sei trasferito?» e lo fissò, aveva già quasi finito il panino, evidentemente, Louis aveva fame al contrario di lei che sentiva lo stomaco chiuso.
«Per il lavoro di mio padre, fa l’agente immobiliare.»
«E che cazzo serve un’agenzia immobiliare qui? – Rion non riuscì a fermare le parole – Non c’è niente.»
«Vero? Ma l’agenzia si trova proprio sulla strada che porta a New York e per mio padre è un luogo strategico.»
Rion scosse la testa e si limitò a dire: «In effetti.»
Cadde il silenzio, ma la ragazza non si sentiva affatto in imbarazzo, forse perché il sonno era più forte di qualsiasi emozione, neanche il panino era riuscita a svegliarla. Si sporse verso Louis e disse: «Lo vuoi finire tu? Non ho granché fame.»
«Okay.»
Rion si alzò e disse: «Mi serve un caffè, vieni, andiamo a prenderlo mentre finisci di mangiare.»
La ragazza si alzò e così pure il castano, Rion porse il panino a Louis, ma al posto di trovare le mani del ragazzo, trovò il selciato.
Rion rimase sbalordita e si portò le mani alla bocca, poi alla vista della faccia sconsolata di Louis, scoppiò in un risata. Il ragazzo era rimasto a bocca aperta, con gli occhi fuori dalle orbite e guardava il panino a terra come un tesoro irraggiungibile.
Rion continuava a ridere e vide Louis diventare rosso: «Ma che fai? Arrossisci?» e gli sfiorò una guancia con un dito.
A quel tocco fu come se un uragano entrasse dentro di lei e la riportasse sulla terra.
Il riso si quietò e il sorriso svanì, le mani andarono alla ricerca di una sigaretta e il viso si tramutò nello stesso volto inespressivo.
 
Louis avrebbe voluto che quel momento non terminasse mai.
Il suo riso l’aveva fatto rinascere, si sentiva tranquillo, in pace con se stesso.
Quella risata uscita così liberamente dalle sue labbra, l’aveva fatto sentire felice, lui era riuscito a farla ridere. Si chiese da quanto tempo Rion non ridesse davvero.
E si chiese se fosse stato di nuovo in grado di strapparle un sorriso.
Quando l’aveva sfiorato, quel gesto così delicato e incapace al tempo stesso, l’aveva costretto a fissarla negli occhi.
E fissando quel verde colore dell’erba bagnata, aveva capito cosa intendeva Maxie.
Prima c’era stato un enorme pozzo che lo aveva inchiodato a terra, ma aveva resistito ed era riuscito a risalire quel pozzo, aveva visto la sofferenza, la malinconia, la paura.
La disperazione.
E in quel frangente capì quello che doveva fare, doveva essere lui a riportarla in vita.
Scoprire perché Rion fosse così sola e si ostinasse a rimanere tale.
«Il bar vende anche delle brioches se hai ancora fame.» il suo tono era neutro, piatto. Come se quello che era successo due minuti prima, non fosse accaduto.
Louis si sentì sconsolato.
«Perfetto, la dividiamo?»
«Solo se tu ti prendi la parte più grande, come ti ho già detto non ho fame.»
«Va bene.» e voglioso di sentire di nuovo quella risata, si mise a correre come un deficiente sul marciapiede, saltellando e aprendo le braccia, facendo sì che il freddo gli entrasse nei pori delle guance, nel naso e nella bocca.
La ragazza, nonostante ciò, continuò ad aspirare dalla sua sigaretta, non emettendo alcun suono, ma facendo il classico sorriso muto.
 
I fogli che aveva tra le mani, a furia di rigirarli e correggerli, si erano stropicciati.
Kevin non era ancora sicuro che quelle cinque pagine fossero sufficienti a far capire che cosa provasse lui in quel momento, anzi la sicurezza non esisteva minimamente dato che nemmeno lui, alcune volte, sapeva quello che aveva nel cuore.
Quella lettera era stata una delle imprese più difficili della sua vita, prima di tutto perché aveva sempre odiato scrivere e faticava ad esprimere i suoi sentimenti, nella sua vita non gli era mai capitato di esprimerli, quindi non aveva mai avuto il bisogno di frugare nel suo cuore e cercare di capire quali emozioni vi abitassero.
Quel pomeriggio, però, ci aveva messo l’anima e aveva ricavato ben cinque fogli di carta bianca, sulle quali aveva disegnato delle righe per scrivere dritto.
Era una lettera per Rylee, ancora non sapeva quando gliel’avrebbe data, ma soprattutto se l’avrebbe consegnata alla ragazza.
Prima di tutto doveva mettersi in testa che Rylee, una volta letta la lettera, non era detto che sarebbe tornata da lui e su questo Kevin aveva alcuni dubbi.
Immaginava il ritorno della ragazza come una scena da film, ma quello non era un film d’amore. Quella era la vita reale, e la maggior parte delle volte, questa si rivelava bastarda.
Non sapeva cosa avesse fatto se la ragazza non fosse ritornata da lui, magari avrebbe scritto altre lettere oppure avrebbe definitivamente capito che era stato un coglione a lasciarla.
Ripiegò i fogli stropicciati e li mise dentro una busta, sulla quale ci scrisse ‘per Rylee’, non aveva firmato la lettera, per il semplice fatto che immaginava che la ragazza sapesse chi fosse.
La nascose dentro uno dei libri di scuola, poi si buttò sul letto, fumando una sigaretta. Sua madre lo aveva sorpreso fumare uno di quei giorni e non ne era rimasta affatto basita: erano mesi che sentiva il puzzo di fumo sui vestiti e nella sua camera; non gli disse niente, semplicemente di non fumare in casa, regola a cui Kevin non prestava la minima attenzione.
Ripensò alle righe della lettera, scritta con due penne diverse perché una aveva smesso di scrivere, corretta con il correttore in vari punti, mentre in altri era stato più facile tracciare una riga.
Ricordava ogni singola lettera, sigla, sillaba, forse perché l’aveva riletta così tante volte da ricordarsela o magari perché era tutto il suo rimorso.
L’idea di scrivere una lettera gli era venuta d’un tratto e non ci aveva pensato un secondo di più, erano cinque mesi che rimuginava su come far capire a Rylee il suo sbaglio, ma non gli era venuta in mente nessuna idea, e così aveva aspettato, aspettato fino a quel pomeriggio.
Carta e penna lo aspettavano sulla scrivania e lui si era completamente buttato per cercare di cavarne fuori le sue emozioni e forse ci era riuscito.
Chiuse gli occhi e si disse che avrebbe lasciato la lettera a Rion, lui sapeva del loro segreto.
 
«Capito?» chiese paziente la ragazza.
Louis annuì e disse: «Sì, da come lo diceva il libro sembrava più complesso.» e sorrise, Rion era una maschera immutabile.
«Ti scrivo due esercizi e vediamo se riesci a farli.» detto ciò gli prese il foglio e iniziò a scrivere alcune applicazioni.
Louis prese il foglio dello schema fatto da Rion, la sua scrittura era minuta, non aveva nulla di particolare, ma era chiara seppur piccola. Il ragazzo aveva capito fin da subito le applicazioni di seno e coseno, ma aveva fatto finta di non comprenderle per passare più tempo con la ragazza. Non che questo giovò a suo favore, dato che Rion continuava a rimanere in silenzio, ma si sentiva così rilassato con lei che se anche non proferiva parola, la voleva avere vicino.
La ragazza gli consegnò il foglio e Louis iniziò a risolvere gli esercizi, questa volta non commise nessuno sbaglio, era la terza volta che Rion gli spiegava il procedimento e non voleva apparire così stupido, quindi optò di farli giusti.
Stava iniziando a risolvere il terzo, quando notò la ragazza appoggiare la testa sul banco e socchiudere gli occhi, scosse le spalle e continuò con il suo esercizio.
Quest’ultimo fu particolarmente complesso e per questo ci mise un po’ a risolverlo, «Rion.» mormorò e guardò verso la mora.
Le spalle si alzavano e abbassavano piano, soffuse; il respiro era pesante e gli occhi non eran più socchiusi, ma chiusi definitivamente. Il viso era rilassato, tranquillo, non vi erano emozioni, ma comunque non era lo sguardo privo di sentimenti che sfoggiava sempre. Era tranquilla.
Louis si sorprese a fissarla come ipnotizzato, scosse il capo e la toccò su una spalla.
Rion sobbalzò dalla sedia e infuocò Louis con lo sguardo, inchiodandolo, dopo le sue guance scavate si pitturarono di rosso fuoco.
«Ma che fai? Arrossisci?» e fece sprofondare un dito nella sua guancia, che scoprì non essere poi così tanto scavata.
Rion abbassò il viso e mormorò: «Scusami, non ho dormito bene questa notte.»
«In verità, è da quando vengo qui che ti vedo delle occhiaie.» disse Louis, perforandola con lo sguardo.
Vide le sue membra sussultare e gli occhi diventare paurosi, «Fammi vedere come hai fatto i due esercizi.» e gli prese il foglio, noncurante della provocazione del castano.
Louis si morse un labbro.


Spazio autrice.

Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera!

Non ho bevuto il caffè e sono abbastanza stanca, quindi chiedo scusa per eventuali errori/ripetizioni lasciate.

Rileggendo questo capitolo non mi ha entusiasmato per niente, boh.
Andiamo per gradi.
1) Rylee---> vi sembra ancora la classica popolare?
2) Sì CRISTINA CI HAI AZZECCATO. Kevin ha scritto una lettera d'amore: SPOILEEEER: l'ho già scritta e non potete capire la difficoltà, è tutta una cosa mielosa vomitosa che mi mette i brividi e per leggerla dovrete aspettare tanto, troppo tempo, tipo il 16/17 capitolo. DHEHEHE
3) LOUIS E RION FINALMENTE ASSIEMEEEEE. Cosa ve ne pare?

HO UNA NEWWWWWWWSSSSSSSSS: HO IN MENTE UNA NUOVA STORIA.
SARA' UNA SHORT-LONG, OVVERO UNA LONG CORTA. 
E PARLA DI...............-------------> HARRY STYLES VERSIONE PIRATA.
CON L'AGGIUNTA DI KURT COBAIN. 
HO GIA' TUTTA LA STORIA IN MENTE E DEVO SOLO METTERLA PER ISCRITTO.
FARO' UNA SORTA DI COLLABORAZIONE CON LEEEEI----->
 larryshvgs 
Andate sul suo profilo a dare un'occhiata e magari leggete Thalassophobia (è una slash, e io che non sono una slash-shipper adoro, quindi muovete i cuoli)

NON SO QUANDO AGGIORNERO' PERCHE' DOMANI HO IL CONCERTO DEGLI AC/DC OMG E SARO' IN COMA CATOTONICO A VITA, QUINDI BOH.

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: haev