Since I fell for you
Una
promessa è una sorta di concetto davvero relativo.
Le persone
la buttano lì tutte le volte. Di solito non significa molto.
Lei aveva
detto ai suoi amici di liceo: “Ti prometto che ci terremo in contatto.”
Non l’ha
fatto. Ha mandato le chiamate in segreteria telefonica e ha lasciato le e-mail
senza risposta.
Lei aveva
detto a sua mamma: “Ti prometto che andrò dritto dalla nonna.”
Non l’ha
fatto. Invece ha fatto l’autostop fino in Messico per le vacanze di primavera.
Lei aveva
detto alla sua vicina: “Ti prometto che non ho rubato il tuo giornale.”
L’ha
fatto. Non poteva preoccuparsi di abbonarsi lei stessa.
Quindi
quando l’organizzatore del matrimonio di Sharpay Evans cancella il suo lavoro
tre giorni prima che quattrocento persone siano sistemate per essere assemblate
in una chiesa per vederla sposarsi al più buon partito in tutto il Nord
America, lei non sa perché è così sorpresa. Dopotutto, sebbene l’organizzatore
di matrimoni abbia promesso che i fiori sarebbero stati consegnati,
e abbia promesso che l’assegnazione
dei posti sarebbe stata decisa, e abbia
promesso di sistemare tutte le damigelle, e abbia promesso che i ragazzi del catering
avevano promesso che non avrebbero
servito pollo (così passé), come lei sa da un po’, le
promesse sono una sorta di concetto davvero relativo.
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“NON POSSO
CREDERE CHE ABBIA CANCELLATO!”
“Lo so,”
suo fratello arrotolò il suo cappello in un cuscino improvvisato. Sbadigliando,
controllò il suo orologio. 2 am.
“LO VOGLIO
MORTO.”
Ryan non
aprì gli occhi: “La mafia è in vacanza.”
Sharpay collassò sul divano, seppellendo la testa tra le mani: “Mi
sto per sposare, Ryan,” gemette “Tra
tre giorni! E l’organizzatore ha promesso
che avrebbe avuto tutto pronto per ieri! E ora, cancella? A me? Non ho
assolutamente niente! Niente è pronto! La disposizione dei fiori non è stata
organizzata, nessuno ha avuto gli ultimi ritocchi ai vestiti, la sede non è
stata confermata, il ricevimento non è stato combinato…” si fermò malvagia “Te
l’ho già detto? LO VOGLIO…”
“…morto,
lo so.” mormorò Ryan assonnato.
“E non
posso organizzare tutto in tempo! Sono solo una persona! E nessun organizzatore
di matrimoni sano di mente organizzerà un matrimonio in tre giorni! Dio, voglio
quel ragazzo…”
“…morto,
ho capito.”
“Questo è
un assoluto disastro. In tre giorni, quattrocento persone arriveranno, e mi
vedranno sposarmi nel mio vestito per il ballo della scuola al McDonald’s!”
“Shar,” il
fratello aprì un occhio “Tu hai i soldi. Charlie ha i soldi. Tra voi due, sono
sicuro che potete contattare qualcuno che organizzi il matrimonio per voi.”
Ryan giurò
di vedere una vena scoppiare nel collo di sua sorella: “CHI?” domandò con uno
strillo “CHI? Ho chiamato tutti in California, e non c’è nessuno che voglia
organizzare un matrimonio con quattrocento persone in tre giorni. Charlie dice
che non vuole nemmeno un matrimonio in grande ed elaborato! Tutto ciò che vuole
è passare il resto della vita con me!” alzò gli occhi al cielo come se quella
fosse la cosa più ridicola e offensiva che avesse mai sentito “Dio, mi sposo
con uno sciocco.”
“Forse
anche lui ha ragione, Shar. Insomma, spenderai il resto della vita con il
ragazzo che ami. Non dovrebbe importare se ti sposi nel giardino dietro casa o
se indossi un vestito prêt-à-porter…” un libro si
schiantò con la sua nuca.
“SEI
MATTO?” gridò sua sorella “VUOI CHE SIA UMILIATA DAVANTI A QUATTROCENTO
PERSONE?”
Saggiamente,
Ryan rimase zitto.
“IO NON MI
SPOSO NEL NOSTRO CORTILE. IO NON INDOSSERO’ UN VESTITO…” a questo punto, Sharpay
aveva un’aria molto suicida “… FOTTUTAMENTE PRET-A-PORTER!”
Il
fratello sospirò: “Shar, lo so che non è così che hai immaginato il tuo
matrimonio. Ma non puoi rinviarlo. Gli inviti sono stati spediti mesi fa e non
sono sicuro che Ellen DeGeneres
possa sopportare un altro matrimonio cancellato. Senti, sono certo che se
collaboriamo tutti insieme -io, te, Charlie e tutti i nostri amici- ed iniziamo
ad assegnare dei lavori a tutti, il matrimonio sarà sistemato in men che non si
dica.”
Sharpay si
lasciò scappare un rumoroso lamento: “Ry, non posso. Le
persone non possono sapere che sono stata abbandonata dal mio maledetto
organizzatore.”
“Ascolta,”
ribattè ragionevole Ryan “Ci proveremo, okay? Facciamo una lista di tutte le
persone che vorranno dare una mano.”
“La
famiglia di Charlie è fuori,” rispose immediatamente la sorella “Lo sai quale
tipo di vergogna mi porterà il fatto che non riesco nemmeno ad organizzare un
matrimonio come si deve? Mi eviteranno per il resto della vita, e a Natale, mi
daranno la parte peggiore del tacchino e la salsa bruciata.”
Ryan si
accigliò: “Non ha senso.”
“Solo, no,
okay?”
“Okay, va
bene. I tuoi amici dal lavoro?”
“Sono
nello show business, Ryan. Non ti fai degli amici a Broadway.”
“Bene, chi
altro conosci?”
“Nessuno!
Ecco ciò che intendo!” Sharpay era esasperata “Non mi fido abbastanza di
nessuno. Perderanno tutto il loro rispetto per me.”
“Sharpay,
non è colpa tua se quel ragazzo ti ha abbandonata.”
“Tu sei un
uomo,” Sharpay alzò gli occhi al cielo “Tu non capisci. Il matrimonio di una
ragazza è qualcosa che lei non può mandare all’aria! E io che faccio? Lo mando
all’aria.” si morse furiosamente l’interno della guancia “Quell’organizzatore?
Lo voglio…”
“…morto?”
finì Ryan “Sì, lo so.” sospirò “Non perderanno il rispetto per te.”
“Sì, lo
faranno! Tutti lo faranno quando lo scopriranno!”
Ryan si
fermò, immerso nei suoi pensieri, tamburellando con un dito sul mento:
“Gabriella Montez è in città per il matrimonio.”
Sharpay
alzò lo sguardo: “Dal liceo? Perché l’ho invitata?”
“Tu non
l’hai fatto,” il fratello scosse la testa “Io l’ho fatto. Non vi siete tenute
in contatto voi due?”
Sua
sorella scrollò le spalle: “Lo sai, dopo il liceo. Lei ha detto che avrebbe
chiamato, io ho detto che avrei chiamato. Noi… non abbiamo chiamato.”
“Beh, noi
siamo rimasti in contatto. Ci siamo incontrati a Parigi l’anno scorso. Sta
bene. E conosci Gabriella. Ti aiuterà con il matrimonio e poi ti annegherà
nella sua solidarietà.” Ryan osservò gli occhi della sorella perdere un po’ della
loro tristezza.
“La
chiamerò,” meditò Sharpay “E’ un po’ che non ci sentiamo.”
“E,”
continuò cauto Ryan “Troy Bolton è in città.”
Sharpay
alzò lo sguardo dal suo cellulare: “Okay,” disse lentamente “Per una partita di
basket?”
“Per il
matrimonio.”
“L’ho
invitato?”
“No, è
stato Charlie. Lui è il proprietario della squadra di Troy, ricordi?”
“No,”
rispose brevemente Sharpay “E riguardo a lui?”
“Aiuterebbe.”
Sharpay
era silenziosa: “E’ uno scherzo? Perché ‘Il lupo mangiafrutta’
sarebbe più divertente.”
“Beh, ha
senso!” esclamò Ryan “Lui non perderà il rispetto per te perché non ne ha mai
avuto, in primo luogo. E poi è un amico di Charlie. Non manderà a monte il
matrimonio solo per vederti soffrire.”
“Sarò io a
giudicare…” disse enigmatica Sharpay.
“Hai
bisogno di tutte le mani alzate, Shar. Questo matrimonio è tra tre giorni. Hai
bisogno di tutto l’aiuto che puoi trovare.”
Ci fu un
lungo silenzio mentre il viso della bionda si contraeva in un’espressione
agitata: “Bene. Prepara tutto, Ryan. Voglio Troy e Gabriella a casa mia alle
quattro.”
“Del
pomeriggio?”
“No, del
mattino.” lo interruppe Sharpay “Non possiamo perdere altro tempo. E
quell’organizzatore di matrimoni, lo voglio…”
“…morto,”
intervenne Ryan, annotandoselo sul cellulare “Capito. Chiamerò la mafia appena
ritornano dalla crociera alle Hawaii.”
“Favoloso.”
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Conto alla rovescia: tre giorni al
matrimonio
Gabriella
Montez non era mai stata in California prima. Era un posto luminoso, pieno di
cieli soleggiati ed anche sorrisi solari. Sfortunatamente, alle quattro del
mattino, non c’era tantissimo Sole e divertimento di cui lei potesse godere. Infatti,
non ce n’era proprio. Gli uccellini canticchiavano in aria mentre lei
parcheggiava la sua macchina a noleggio fuori da una villa a Beverly Hills. Non poteva nemmeno credere che in quel momento fosse
lì. Era da un sacco di tempo che non sentiva Sharpay.
Assonnata,
raggiunse i cancelli: “Salve?” sussurrò all’interfono “Sono Gabriella Montez.”
Avvertì un
soffio di aria calda dietro il collo. Oh Dio, dov’era il suo spray al
peperoncino contro gli stupratori quando ne aveva bisogno? Sua mamma le diceva
sempre di pulirsi le orecchie, di non lasciare mai che una torta si
raffreddasse prima di averla tolta dalla teglia, e di ricordarsi sempre lo
spray.
“E Troy
Bolton.” intervenne la voce.
Lei si
congelò. Quasi preferiva lo stupratore, in quel momento.
“Perché
stai sussurrando?” le sussurrò all’orecchio.
“Sono le
quattro del mattino,” mormorò lei in risposta. Deglutendo, forzò dell’aria nei
suoi polmoni “Le persone dormono.”
Lo sentì
ridere: “La domanda è, perché noi no? Insieme, preferibilmente.”
Lei si
girò e lo guardò negli occhi. Almeno, lei pensava che fosse il suo viso; era
troppo buio per dirlo e lei avrebbe potuto fissare ad una vicina palma: “Che ci
fai qui?” sibilò.
Lui fece
cenno alla casa: “Campo di addestramento. Stile matrimonio di Sharpay. Ho
sempre detto che mi sarebbe piaciuto essere dall’altra parte del mondo quando e
se la nostra piccola sfacciata si sarebbe sposata.”
“Cos’è
successo?”
“Charlie Delaney. È un mio amico. Povero ragazzo. Ha già la bara
pronta.”
“Si sta
per sposare, non morire.” replicò
Gabriella.
“Morire,
sposare Sharpay Evans, tutto collegato. Il LA
Times pubblicherà il suo necrologio tra sei giorni.”
Gabriella
sospirò esasperata: “Non sei cambiato.”
“Ecco dove
sbagli. Ho cambiato la biancheria stamattina. Tu, signorina Montez, non sei
cambiata.”
Gabriella strinse
i denti mentre lui le si avvicinava sempre di più: “No?” sussurrò, spingendosi
contro il muro.
Lui rise
senza divertimento: “No, sei sempre la stessa fredda stronza che eri al liceo.”
Bam.
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“Oooh!”
l’intero corpo di guardie di sicurezza più Sharpay e Ryan si lasciarono
scappare un gemito collettivo quando Gabriella colpì Troy con un pugno.
“Ecco,
ragazzi, pagare.” Ryan ghignò, allungando le mani aperte.
Sharpay e
le guardie di sicurezza borbottarono e riluttanti infilarono le mani in tasca
per prendere i venti dollari.
“Non ve
l’avevo detto?” Ryan intascò i soldi con aria di sufficienza “L’inferno non ha
la furia di una ragazza il cui ex-ragazzo chiama una fredda stronza perché lei
l’ha mollato al liceo. Dannazione, sono bravo in questo. Cinquanta verdoni, Jen ed Angelina si presentano agli Oscar con lo stesso
vestito.”
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Era
passato un sacco di tempo da quando Troy Bolton aveva visto i suoi vecchi amici
del liceo. A modo loro, erano cambiati drasticamente, ma allo stesso tempo, erano
ancora le stesse persone che conosceva e amava. Beh, che gli piacevano. Gli
piaceva Ryan. E odiava. Odiava Sharpay. E Gabriella? Non avevano ancora
inventato una parola per descrivere cosa provava in quel momento verso di lei.
Quindi, loro erano ancora le stesse persone che conosceva e che gli piacevano,
e che bleah-ava.
Sharpay e
Ryan sembravano non essere invecchiati di un giorno dai tempi del liceo. Ancora
vestiti nei loro sospettosamente coreografati
bizzarri vestiti, la prima era ancora così prepotente, stranamente affascinante
e prova che la sanità mentale probabilmente non era ereditaria, mentre il
secondo provvedeva ancora ad una parvenza di calma e ragione nella famiglia
Evans.
Non era
ancora sicuro del perché era andato là quel giorno. Avrebbe potuto dire di no a
Ryan quando aveva chiamato, inventandosi una scusa su un allenamento o qualcosa
del genere. Ma era lì alle quattro oh sette del mattino, una brocca di caffè
sul tavolo, una confezione di piselli congelati sul suo occhio nero di fresco,
discutendo della differenza tra bianco sporco e bianco steccato.
“A me
sembrano esattamente uguali.” osservò piatto.
Gabriella
gli lanciò un’occhiata sprezzante: “Non sono uguali.” scattò.
“Avrei
potuto confondermi.”
“Una
formica lobotomizzata potrebbe confonderti!”
Troy buttò
per terra la sua copia di Bride Magazine:
“Senti, perché non ci diamo dei compiti? Abbiamo tre giorni fino al matrimonio.
Se lavoriamo per conto nostro per un po’, allora sarà tutto a posto in men che
non si dica, e io non mi dovrò preoccupare per quale bianco dovrai indossare o
se dovrai riverniciare le tue scarpe.” fece una pausa “Aspetta, puoi
riverniciare le scarpe? Da quando?”
“In realtà
abbiamo già deciso per quello,” disse Sharpay, con tono da donna d’affari
“Preparerò il mio vestito oggi, e voi due dovete andare a cercare le band per
il ricevimento. Ora, quando prenotate la band, tenete a mente che questo è il mio matrimonio e io davvero non posso
sottolinearlo abbastanza, ho bisogno che scegliate qualcosa che piacerà a me…”
“Aspetta,
voi due?” l’interruppe Gabriella “Due? Dobbiamo farlo insieme?”
“Certo, insieme,”
sbottò la bionda “Non voglio che il mio matrimonio assomiglia ad un concerto
death metal,” voltò di scatto la testa nella direzione di Troy “ma non voglio
nemmeno che ci sia troppa agitazione come ad una dannata fiera del libro,”
occhieggiò direttamente Gabriella “Due menti sono meglio che una, giusto? Se lo
fate insieme, ci sono meno possibilità che mandiate tutto all’aria.”
“Beh,
perché non posso andare con Ryan?” si lamentò Troy.
Gli occhi
del biondo si spalancarono e lui diede uno strattone alla manica di Sharpay, in
preda al panico: “Neanche per idea.” sibilò “Mi faranno diventare completamente
demente.”
“Demente?”
“Demente,”
confermò Ryan “Pazzo. Banana. Matto. Bloccato a Bellevue
con una camicia di forza per la prossima decade. Scegli il tuo sinonimo.”
“Ryan deve
prenotare la chiesa.” annunciò la sorella.
“Lo farò
io con lui!” saltarono su simultaneamente Troy e Gabriella.
“Lui è una
suora,” disse velocemente Sharpay “Cioè, non una suora, ma tipo una suora. Tipo
un uomo suora. Non lasceranno entrare non-suore. Mi dispiace.”
Gabriella
e Troy si guardarono in cagnesco.
“Odio
tutto ciò…” la ragazza grugnì.
“Non hai
nemmeno un picnic con cui cavartela.”
“I odio te.”
“E tu mi rischiari
la giornata.”
“Hai la
maturità di un cinquenne!”
“Passato
al primo anno di elementari, giusto?”
“Di un asino di cinque anni! Con difficoltà
d’apprendimento!”
“Tu mi
vuoi.”
“Tu sei una crosta degli occhi.”
“Tanto
meglio che vedertici, mia cara.”
“Sei un
tale idiota!”
“Tanto
meglio…”
Sharpay
chiuse per un attimo gli occhi: “Li voglio…”
“…morti?”
tirò ad indovinare Ryan.
“Stavo per
dire muti. Ma anche morti mi andrebbe bene.”
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La sala
d’aspetto del Lakeside Weddings
sembrava più appropriata ad una sala d’aspetto di un killer.
Ma questo
non era colpa dello staff del Lakeside Weddings. Era luminoso, arieggiato, con varie e raffinate
fotografie in bianco e nero di spose assurdamente felici alle pareti. Gli unici
occupanti della sala d’aspetto, comunque, una Gabriella Montez dal volto duro e
Troy Bolton, sembravano capitati per caso nell’ufficio di un organizzatore di
matrimoni, mentre invece stavano cercando una casa di funerali o un pentolone
di acido in cui gettare l’un l’altro.
Troy lanciò
un’occhiata alla mora accanto a lui. Sospirò alla posizione mortalmente stretta
della sua mandibola: “Non mi parli più seriamente?”
“Non posso
farlo se continui a provare a parlare con me.”
“So che
abbiamo avuto le nostre divergenze…”
“Divergenze?” le mani di Gabriella
strinsero il bordo della sua sedia.
“E so che
sei ancora sopraffatta dal tuo desiderio per me…”
La testa
di Gabriella scattò a guardarlo: “Sopraffatta?
Dal mio desiderio?” si poteva
praticamente vedere del fumo uscirle dalle orecchie “Ascoltami bene, io odio tutto ciò. Odio tutto questo, odio
lavorare con te, e odio te. E’ chiaro? Lo sto facendo per Sharpay, perché me
l’ha chiesto, e perché ha bisogno di aiuto. Non ho chiesto di lavorare con te e
non ho nessun tipo di desiderio sopraffante di farti niente se non di tagliarti
il collo!”
Troy
sogghignò compiaciuto.
“E togliti
quel ghigno stupido dalla faccia!” replicò Gabriella.
“Succede
che questo è il ghigno più intelligente che possiedo.”
Gabriella
si morse furiosamente l’interno della guancia.
“Scusate?”
una voce li interruppe. Alzarono lo sguardo per trovare una ragazza
dall’espressione confusa “Il mio nome è Jodie. State
progettando di…” si fermò e registrò la furia sul viso tirato di Gabriella e il
sorriso stronzo su quello di Troy “Ehm, sposarvi?”
“Perché,
ci può giurare!” saltò su Troy con uno scioccante accento Texano. Si sporse per
circondare le spalle di Gabriella con un braccio “Sì, lo siamo! La mia piccola tesorina ed io stiamo cercando delle band che suonino al
ricevimento!”
Gabriella
battè lentamente le palpebre, le narici che si allargavano: “Sì,” disse
pacatamente “Ci chiedevamo se potevate aiutarci a prendere una decisione
informata.”
Troy
premette la guancia contro quella della ragazza e sorrise accattivante.
“Beh,” Jodie si schiarì la gola “Questo è quello per cui sono qui.
Che tipo di musica state cercando?”
“Violini,”
rispose sognante Gabriella “Forse un quartetto d’archi, un piccolo piano.”
Troy fece
una smorfia: “Un piccolo piano cioè niente
piano. Avete qualcosa di più movimentato? Forse delle chitarre elettriche,
degli amplificatori.”
I denti di
Gabriella stavano iniziando a fare male per tutto quel finto sorridere: “Tesoro,” disse mordace “Io non lo vorrei così. Io vorrei qualcosa di leggero e
tranquillo.”
“Evans?
Leggero? Tranquillo? Ah!”
Jodie
sembrava sopraffatta: “Abbiamo un pianista libero.”
“Magari
anche qualche sassofono.” meditò Gabriella.
“Ce l’ho!”
Troy suonò trionfante “Delle maracas, dei grandi
tamburi, e avremo un limbo party!”
“Io non
voglio un limbo party.” ringhiò la
ragazza a denti stretti.
“Adesso
dici così, ma aspetta finchè sarai orizzontale.”
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Otto ore,
un sacco di litigi, un quartetto d’archi, un piano, un sassofono, un set di maracas, una lista di numeri romantici come “The way you
look tonight” (Gabriella) e “Let’s
get it on” (Troy), ed un esaurimento nervoso della
povera Jodie più tardi, Troy e Gabriella lasciarono
il Lakeside Weddings.
“Gabriella sii flessibile, Gabriella sii
veloce, Gabriella cammina sotto la stecca del limbo.” canticchiò il
ragazzo.
“Troy sii flessibile, Troy aumenta il passo,
Troy meglio star zitto prima che Gabriella ti tagli il…”
“Shh!!”
pretese Troy “Stai cercando di essere così fredda ed insensibile? Lui potrebbe
sentirti!”
Gabriella
si lasciò scappare una risatina: “Ti riferisci al tuo pene in terza persone?”
Troy si
stupì: “Tu non lo fai?”
“E’ una
delle cose che controllano prima che ti diano il tuo certificato sanitario.”
Troy rise:
“E’ questo che ti insegnano a Parigi?” si fermò alla loro macchina a noleggio e
pensò un attimo “Ehi, ti va di fare una passeggiata?”
“Una
passeggiata?” Gabriella si accigliò.
“Ho
lasciato il mio mantello da Superman a casa. Non posso volare, scusa.”
Gabriella
rimise le chiavi della macchina nella borsa: “Suppongo che possiamo fare una
passeggiata.” sorrise, il primo vero che lui le aveva visto in tutto il giorno.
Aveva quasi dimenticato quanto bella poteva essere quando sorrideva così.
Infilando
le mani in tasca, si girò nervosamente verso di lei: “Allora, com’era Parigi?
Non ci siamo parlati per un po’.”
“Parigi
è…” Gabriella pensò per un momento “…sai, Parigi. Ho preso un anno di pausa per
girare l’Europa, e poi ho studiato per un po’. Ritorno in estate. Medicina.”
“Tu… hai
incontrato qualcuno?”
Gabriella
nascose un sorriso: “Uno o due. Ma adesso, nessuno.”
Troy finse
uno shock: “No fidanzato? No marito? No ruffiano?”
Lei
ridacchiò, un’abitudine infantile da cui pensava essere cresciuta. Scosse la
testa affettuosamente: “Mi sei mancato. Molto. Anche se non ci siamo
esattamente lasciati nella più amichevole delle circostanze. Giravo per dei
posti, o vedevo qualcosa di divertente, e pensavo ‘Oh, se solo Troy fosse qui
per vederlo.’” arrossì leggermente “Era stupido, lo so…”
“Anche io
ti pensavo. Cercavo il tuo viso tra la folla del pubblico.”
“Guardia
di punta dei Knicks, ho sentito.” Gabriella gli fece
un gran sorriso “Ho sempre saputo che ce l’avresti fatta. Come ci si sente? Tuo
papà deve essere molto orgoglioso.”
“Ci si
sente…”
“Alla
grande?”
“Alla
grande,” Troy mentì “E’ fantastico.”
“Sono così
orgogliosa di te. Non ho mai avuto l’opportunità di dirtelo, ma lo sono. E per
quanto valga, mi dispiace. Per il liceo e tutto.”
In un
secondo di debolezza, il castano le prese la mano: “E’ stato tanto tempo fa. È
nel passato, giusto? E mi dispiace per stamattina. Vecchie ferite ed il resto.”
Gabriella
provò coraggiosamente a sorridere: “E’ tutto a posto. Tutti diciamo cose
stupide.” esitò per un momento, avvertendo la sua mano fremere contro il suo
palmo “Dopo il matrimonio e tutto, dovremmo tenerci in contatto. Mi è mancato
averti intorno.”
Lui le
offrì un sorriso forzato: “Ti chiamerò. Scriverò.”
“Scriverò.
Chiamerò.”
Lui
ghignò, facendo dondolare le loro mani: “E’ divertente,” osservò “Adesso? Mi
sento come se fossi di nuovo diciassettenne. Siamo seduti sull’amaca, sotto le
stelle. Bevendo latte e biscotti come dei bambini. Cantando canzoncine sporche
con tutto il fiato quando invece dovremmo prepararci per gli esami finali.”
“E i
vicini ci minacciano ancora di farci causa?” domandò Gabriella ironicamente.
“Alcuni
dei momenti migliori della mia vita.” ammise Troy.
“Anche per
me.” disse lei dolcemente.
Lui si
fermò per un momento. Voltandosi verso di lei, sorrise malizioso, gli occhi che
brillavano: “Quali sono le chance di includere ‘Guarigione sessuale’
alla lista?”
“Praticamente
nessuna.”
“Lo
sapevo.”
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Conto alla rovescia: due giorni al
matrimonio
“NON AVRO’
MAI TUTTO PRONTO IN TEMPO. RYAN, ASCOLTAMI. E’ FINITA. LA MIA VITA E’
ROVINATA.”
Evidentemente,
Sharpay Evans stava prendendo la catastrofe che era il suo matrimonio
incombente piuttosto bene.
“VOGLIO
CHE GLI SPARINO FINO ALLA MORTE, RYAN. NE VOGLIO UNO NELLA TESTA, UNO NEL
PETTO.”
Ryan
espulse un respiro e si calò il cappello sul viso: “Shar…”
“CHI E’
CHE SI COMPORTA COSI? CHE RAZZA DI ORGANIZZATORE DI MATRIMONI SI RITIRA TRE
GIORNI PRIMA DI UN MATRIMONIO?”
Gabriella
sbadigliò e riaggiusto il cuscino perché le coprisse le orecchie: “Shar…”
“E ORA, IL
MIO MATRIMONIO SARA’ UN DISASTRO. ME LO RIMANGIO, RYAN. UNO NELL’INGUINE E POI UNO NELLA TESTA E NEL PETTO.
VOGLIO CHE SOFFRA.”
Troy fece
capolino noncurante dalla cucina: “Ragazza, hai finito i sandwich.”
“Shar,”
Ryan si alzò dal divano con grande sforzo. Massaggiò rassicurante le spalle di
sua sorella “Non farti prendere dal panico, okay? Senti, ho la chiesa e l’hotel
per il ricevimento già prenotati. Sono stati molto comprensivi quando ho
menzionato che era per Charles Delaney,
multimilionario, e Sharpay Evans, famosa artista. La mamma sta organizzando i
fiori per la cerimonia e il ricevimento mentre parliamo, e papà è al telefono
con quelli del catering in questo momento. E grazie a
Troy e Gabriella, la musica è sistemata.”
“Ma il mio
vestito da sposa…” gemette Sharpay “E tutti i vestiti delle damigelle.”
“Sono
stati sistemati oggi, ricordi?”
“E la
torta?”
Suo
fratello aprì la bocca e poi la richiuse: “La stanno…” la sua voce si
affievolì. Si girò lentamente verso Troy e Gabriella con la sua espressione
oh-merda “…Preparando.”
“Sei
sicuro?” premette Sharpay “Come ho chiesto io?”
“Come hai
chiesto tu.” Ryan deglutì rumorosamente.
Troy alzò
un sopracciglio e si avvicinò: “Hai chiesto per una carina, vecchia torta al
cioccolato, giusto? Come una di quelle che compriamo già fatte dal fornaio,
vero?” si scambiò un’occhiata nervosa con Gabriella “Per favore dimmi che è ciò
che vuoi, e che non sei una di quelle persone che vogliono una grande, enorme,
elaborata torta di nozze per cui servono tre settimane di lavoro?”
Gabriella
gli lanciò uno sguardo stanco: “Hai presente con chi stai parlando, giusto?”
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Cinque minuti dopo
“Salve, il
mio nome è Gabriella Montez…”
“…Troy
Bolton…”
“…Ryan
Evans…”
“…e mi
stavo chiedendo se voi possiate aiutarmi…”
“…una
triplo strato…”
“…alta un
metro e mezzo…”
“…rosa
pastello…”
“…e bianco
sporco, qualunque cosa sia…”
“…con
panna montata fresca dalla Svizzera…”
“…e
delicati fiori che adornino i bordi…”
“…con
fragola sullo strato in cima…”
“…cioccolato
sul secondo strato…”
“…e
vaniglia sul terzo strato…”
“…gelato e
caramella…”
“…un pizzico
di caramella fondente e marzapane…”
“…e
vorremmo averla tra due giorni…”
Beep.
“…due
giorni? …sì, ho davvero detto giorni.”
Beep.
“…pensate
che potreste possibilmente finirla tra due giorni? …ora, senta, adesso è
scortese. Non ha nemmeno mai conosciuto mia madre!”
Beep.
Gabriella
sbattè giù l’elenco telefonico: “E’ senza speranza,” gemette “Abbiamo chiamato
ogni pasticceria dello Stato. Mi riagganciano tutti in faccia. Non c’è modo in
cui potremo avere la torta che Sharpay vuole finita in tempo per il
matrimonio.” scrollò le spalle “Dovremo solo portarle una torta più semplice,
una per cui non servono settimane di preparazione.”
Ryan si
alzò disperato dalla sua sedia: “No, no, no,” disse. Uno degli occhi era più
grande dell’altro, donandogli un aspetto leggermente sconvolto “Ho promesso a Sharpay che avremmo trovato
la torta. Insieme al vestito, la torta è la parte più importante!”
“Una
promessa è qualcosa che fai a tua madre quando hai sette anni, di indossare
vestiti pruriginosi quando piove,” Troy osservò attraverso una bocca piena di
cibo. Scosse la testa e diede un altro morso: “Una promessa è qualcosa che fai
alla ragazza nel bar che probabilmente non rivedrai mai più perché vuoi
arrivare alla parte divertente. Una promessa è qualcosa che fai al tuo dentista
mentre ti sta programmando il prossimo appuntamento. È qualcosa che due giovani
star indossano sull’anulare della loro mano destra. Ti ho sentito. Non hai
promesso niente. Hai solo detto che la stavano preparando.” deglutì “Ed è
così.”
“Lo è?”
“Lo è?”
“Lo è,”
confermò Troy “Dovremo solo farla noi da soli.”
“Farla noi
da soli?”
“Farla noi
da soli?”
“Farla noi
da soli.” concordò Troy “Una volta ho fatto una torta per mia mamma. Di
caramella fondente. Era buonissima.”
Gabriella
emise un sospiro: “Lascia che ti ricordi, Troy, che una torta non rende l’uomo
cuoco.”
“Lascia
che ti ricordi, Gabriella, che odio quando parli di sottofondo.”
“Non
possiamo preparare una torta per il matrimonio, Troy.”
“Abbiamo
un’altra opzione…” osservò lui pensieroso.
“Davvero?”
“Davvero?”
“Davvero,”
ripetè il castano “Mi ha appena colpito.”
“Ha
lasciato una ferita, spero.”
“Dobbiamo
andare a fare visita ad un vecchio amico.”
###
“ZEKE?” sibilò Gabriella sottovoce.
Stavano davanti ad un elaborato ristorante alto parecchi piani. Si voltò
furiosamente verso il suo tronfio compagno “Stiamo andando da Zeke a chiedergli
di preparare una torta per il matrimonio di una ragazza di cui è ancora
ossessionato?”
“E hanno
detto che non ti meritavi il titolo di migliore studentessa del corso che
avrebbe tenuto il discorso il giorno del diploma [tutta sta frase per tradurre una parola sola O.o Nda] che Taylor aveva preso più A di te.” ghignò
Troy.
“Beh, non
possiamo entrare,” Gabriella indicò le porte serrate “Sono chiusi. Troveremo
un’altra soluzione.” si girò per andarsene ma Troy le afferrò il polso e la
strattonò indietro.
“Dammi una
forcina.” pretese.
La ragazza
lo guardò con un interessante miscuglio di incredulità ed irritazione: “Tu non
entrerai con la forza!” sibilò “E se lo farai, puoi farti arrestare da sola!”
“Sono
venuto qui altre volte, Gabriella,” insistette il ragazzo “Zeke lavora al
secondo piano. Tutto quello che dobbiamo fare è irrompere, sgattaiolare lassù e
parlargli. Capirà.”
“Irrompere?”
Gabriella sembrava pronta a sputare fuoco “Irrompere?”
“E’ per
Sharpay,” rimbeccò Troy “Stiamo cercando di aiutarla, ricordi? E al primo segno
di una porta chiusa…”
“Vuoi dire
un precedente criminale!”
“…sei già
pronta a lasciare tutto? Dov’è il tuo vigore?”
“Io sono
piena di vigore!”
“E allora
andiamo! Questo è per Sharpay, la nostra…” Troy fece una smorfia di disgusto “…amica.”
Gabriella
era silenziosa: “Non so perché ti do retta.” disse infine. Riluttante, come se
la stesse assolutamente uccidendo, portò una mano tra i capelli e prese una
forcina. La porse a Troy, che con un’appena udibile ‘evviva’, appiattì la
forcina e la inserì nella serratura.
“Sai cosa
stai facendo?” sibilò lei.
“Rilassati.”
“Se mi
buttano fuori dalla facoltà di medicina per questo…” minacciò.
Troy mosse
un’ultima volta la forcina nella toppa, prima che si sentisse un inconfondibile
click e che la porta si liberasse dalla chiusura: “Non te l’avevo detto?” guardò
dritto la mora, la spavalderia chiaramente identificabile nella sua voce. Mise
una mano sul pomolo della porta per aprirla: “Andrà tutto…”
In quel
preciso istante, lo strillo di un allarme che ricordava molto Sharpay si spanse
nell’aria.
“Bene?” gridò
Gabriella sopra il rumore. Lanciò a Troy un’occhiata acida: “Stavi per dire che
sarebbe andato tutto bene?”
Senza
parlare, lui le prese la mano in un movimento veloce e la condusse all’interno
del ristorante.
“Che stai
facendo?” pretese di sapere la ragazza. Il panico le colorava le parole:
“Dobbiamo uscire da qui prima che arrivi la polizia!”
“Stai
scherzando? Dobbiamo trovare Zeke!”
“Voi due!”
un uomo dal forte accento, con dei folti e ricci baffi, apparve alla porta
della cucina. Teneva in mano un coltello da macellaio, macchiato di sangue
animale. Gabriella scomparve dietro a Troy “Cosa state facendo voi due qui?
Siamo chiusi!”
“Dobbiamo
vedere un amico. Ci metteremo solo un minuto!” provò a ragionare Troy.
“Troy,”
grugnì Gabriella dal profondo della gola. Gli strinse la spalla e provò a
spingerlo fuori dalla porta “Ha un coltello.
Sai cosa fanno i coltelli? I coltelli posso tagliare le persone! Specialmente
le persone che irrompono nel loro ristorante!”
“No!”
l’uomo iniziò a marciare verso di loro “Siamo chiusi! Uscite da qui!”
Troy
deglutì, gli occhi che guizzavano alle scale verso il piano successivo del
ristorante: “Gabriella,” le strinse forte la mano “Usciamo da qui.”
Gabriella
sospirò di sollievo: “Ora stai… argh!”
strillò quando Troy la trascinò non fuori dalla porta e lontano dall’uomo pazzo
con il grande coltello, ma su per le scale del ristorante “Sei diventato
matto?” gridò “Dobbiamo uscire! Dove
stiamo andando?”
Oltrepassarono
un segnale di ‘Riservato al personale’ mentre Gabriella protestava che non
erano del personale, dando solo più incentivo all’uomo pazzo con il grande
coltello di tagliarli in tanti piccoli pezzettini. Al piano di sotto, potevano
sentire delle urla in una lingua straniera e un tramestio di passi su per le
scale. Infine, si trovarono in una cucina vuota, gli incipienti passi che
diventano più forti ogni secondo che passava.
“Cosa
facciamo adesso, Einstein?” Gabriella si girò verso Troy, le labbra strette
“Aspettiamo di essere mutilati da un branco di cuochi impazziti con dei grandi
coltelli?”
“Ci
nascondiamo.” rispose il ragazzo come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Osservò velocemente la cucina, prima che i suoi occhi si posassero infine su un
grande contenitore di plastica posato nel mezzo di un tavolo. Era coperto da
una rete e da della carta, e con un po’ di ristrettezza, sembrava che potesse
quasi contenere due persone che si nascondevano da un branco di cuochi
impazziti con dei grandi coltelli “Lì dentro.” sussurrò a Gabriella.
“Lì
dentro? Che cos’è?”
“Che
importa?” l’aiutò a salire sul tavolo e ad entrare in quell’aggeggio, prima di
calarsi nel contenitore accanto a lei.
“Ahia, è
il mio piede quello!”
“E quella
è la mia testa!”
“Che
ovviamente non serve a niente, perché se avessimo ascoltato me, saremmo al
sicuro e non staremmo per finire sei metri sotto terra!”
La porta
si aprì improvvisamente, accompagnata da un turbine di voci confuse che
suonavano sospettosamente come ‘Uccideteli’. Troy e Gabriella abbassarono
istintivamente la testa ancora di più nell’oscurità. “Dove sono?” gridò una
voce “Hai detto che erano saliti!”
“Sono
saliti! Non so dove sono andati!”
“Svelti,
controlliamo il terzo piano.”
“E’
inutile,” disse qualcun altro “C’è l’ascensore al terzo piano, ricordate?
L’ascensore che porta dritto al primo piano. Sono probabilmente a metà strada
per il Messico ormai.”
“Dobbiamo
aumentare la nostra sicurezza. Zeke, assicurati di questo.”
“Sì,
signore.”
Alla voce
familiare, Troy e Gabriella quasi saltarono per l’eccitazione. Troy spostò la
testa di un centimetro e fissò la ragazza, i suoi occhi che dicevano ‘Te
l’avevo detto’ nel più ovvio dei modi. Lei alzò gli
occhi al cielo e si portò un dito al collo, ricordandogli il corrente impiccio
in cui erano.
“Come sta
andando la torta per quella festa degli scapoli di stasera, Zeke? L’hai già
iniziata?”
“Non
ancora, signore, ma potrei aver bisogno di un po’ d’aiuto.”
“Lo farò
io. Tutti gli altri, ritornate a lavorare. Vado un attimo fuori a fare due cose
prima. Tornerò a darti una mano tra poco, Zeke.”
“Grazie,
signore.”
Ci fu un
brontolio collettivo quando il capo richiamò tutti gli altri al lavoro e i
passi del personale lentamente uscirono dalla stanza.
“E’ sicuro
adesso?” mormorò Gabriella.
Troy
scosse leggermente la testa: “Aspetta…” sussurrò.
Potevano
sentire i fischiettii allegri di Zeke mentre si aggirava per la cucina, aprendo
cassetti e frigoriferi. A volte, urtava il tavolo su cui Troy e Gabriella erano
rannicchiati, cosa che rendeva loro molto difficile non cadere. Infine, lo
sentirono avvicinarsi al tavolo ancora una volta. Cantava a bassa voce mentre
lavorava affianco a loro.
“Zeke…”
sussurrò Troy più piano che potè. Non ci fu risposta salvo che il rumore degli
strumenti sul tavolo.
“Zeke…”
intervenne Gabriella. Alla fine il lavoro si fermò.
“Zeke!”
Troy afferrò l’opportunità “Zeke, sono Troy!”
Poterono
udire il ragazzo deglutire: “Chi è là?”
Gabriella
si alzò un poco così che la sua testa potesse spuntare dal contenitore: “Ze…” si lasciò scappare un urlo smorzato quando il ragazzo afro-americano cercò di colpirla con una spatola.
“Gabriella?”
mormorò Zeke. Lasciò cadere la spatola e corse al contenitore. Ci guardò dentro
e vide il ghigno imbarazzato di Troy “Troy? Cosa ci fate voi due qui? E lì dentro?
“Stavi
cercando di uccidermi con quella spatola?” borbottò la ragazza. Si toccò protettiva
la sommità della testa “Mi hai quasi decapitata!”
“Pensavo
che foste i ragazzi che sono entrati di nascosto!”
Troy e
Gabriella si scambiarono un’occhiata.
Zeke
rimase a bocca aperta: “Voi eravate i
ragazzi che sono entrati di nascosto!”
“Zeke,
ascolta,” disse il castano a voce bassa. Guardò il suo vecchio amico “Siamo
venuti a trovarti.”
“Dovete
uscire da lì ragazzi!” rispose urgentemente Zeke. Si girò per controllare se il
suo capo era ancora impegnato “Finchè il mio capo è ancora nel suo ufficio.
Siete in una torta da stripper!”
Gabriella
alzò le sopracciglia: “Una torta da stripper?”
“Sai,
quelle torte a Vegas,” spiegò Troy “E’ il tuo compleanno, o il tuo addio al
celibato, ti portano la torta e la spogliarellista ci salta fuori.” al sorriso
accorto di Gabriella, s’impappinò “Non che io abbia avuto esperienze di prima
mano o altro…”
Gabriella
annuì: “Uh-uh, certo…” si girò verso Zeke “Ascolta,
Sharpay si sta per sposare e…”
Zeke
sbiancò e spalancò gli occhi: “Si sta per sposare?” ripetè piano. Sembrava un
cucciolo ferito “Qu-quando?”
“Tra due
giorni,” rispose Troy “E abbiamo bisogno di una torta.”
“Una
torta?” Zeke era ancora sbalordito.
“Una
torta.” confermò Gabriella.
“La
torta!” il capo uscì dal suo ufficio ed immediatamente Troy e Gabriella
scomparvero nella loro torta da stripper “Direi di iniziare, Zeke. Stasera
questa torta andrà a qualche ragazzo fortunato!”
Zeke uscì
dal suo intontimento e annuì: “Certo, certo.” sorrise rassicurante. Pensando
velocemente, prese un rotolo di fogli d’alluminio e con un’ultima occhiata
spaventata a Troy e Gabriella, coprì la punta del contenitore con l’alluminio.
Gabriella
si girò per guardare in cagnesco Troy. Almeno pensava fosse Troy; era buio, e
lei poteva anche stare guardando le pareti della torta da stripper: “E’ tutta
colpa tua,” disse sottovoce “Non posso credere di essere in una torta da
stripper. Perché questo tipo di cose succedono sempre quando sono con te?”
“E’ un
dono.”
“Hai
sentito qualcosa, Zeke?”
“No,”
potevano udire la voce smorzata di Zeke “Sono molto silenzioso, vero?” disse, battendo la mano contro la torta da
stripper.
Ci fu uno
spruzzo di glassa sui bordi del contenitore, il primo di molti.
“Io non ti
parlo più.” sbuffò silenziosamente Gabriella “Non voglio sentire un suono da te
finchè non usciamo da questo pasticcio.”
Potè quasi
sentirlo ghignare.
“Suono.”
###
Parecchie ore dopo.
Luogo indeterminato.
Il
sobbalzo di un furgoncino svegliò Gabriella. Potè sentire il motore spegnersi
sotto i suoi piedi e lo sbattere delle portiere mentre dei passi si
avvicinavano a loro.
“Troy,”
sussurrò “Troy, svegliati.”
“Non ne ho
voglia.”
Gabriella
roteò gli occhi: “Togli la testa dal mio petto.”
“Comodo…”
borbottò assonnato.
“Siamo
arrivati.”
“Arrivati
dove?”
Gabriella rimase
silenziosa per un secondo: “Non lo so, esattamente.”
Ci fu una
folata d’aria quando le porte del furgoncino si aprirono. Tre paia di piedi si
avvicinarono a loro, spingendo la tavola su cui erano posati giù per una rampa.
Ci fu un
altro duro sobbalzo: “La spogliarellista è dentro?” domandò una voce rauca.
“Ehm, sì.”
poterono sentire la risata nervosa di Zeke.
“Meraviglioso.”
disse qualcun altro “So che siamo solamente i ragazzi delle consegne, ma non ci
muoveremo per un po’. Sei lo chef? Cosa fai qui?”
“E’ una
grande torta. Voglio vedere, ehm, le persone che se la gustano.”
Gabriella
deglutì il suo pranzo mentre la tavola veniva condotta sul sentiero dissestato:
“Cosa facciamo?” mormorò “Visto che loro si aspettano che salti fuori la
stripper e siamo noi?”
“Togliti i
pantaloni.” ordinò Troy.
“Io non mi
tolgo i pantaloni.” bisbigliò sprezzante Gabriella.
“Come
faranno a credere che siamo degli spogliarellisti
allora?”
“Noi non fingeremo di essere spogliarellisti.”
“Questa è
una torta da stripper, giusto?”
“Smettila
di dire torta da stripper.”
“Beh, non
è una crostata.”
La tavola
si fermò improvvisamente e il trillo di un campanello potè distinguersi prima
di un improvviso scoppio di chiacchiere eccitate e grida da dentro la casa.
Gabriella
roteò gli occhi. A chi mai poteva piacere una torta da stripper?
“Ho una
consegna per Ben Johnston?” esclamò la voce smorzata
del ragazzo delle consegne “Firma qui?”
“Ehi,
amico!” gridò qualcuno. La tavola fu portata in casa e Gabriella avvertì Troy
tremare per delle risate incontrollabili. Non sapeva cosa lui potesse trovare
così divertente nelle circostanze in cui si trovavano “E’ arrivata la torta!
Okay, ragazzi, sedetevi. Ora, la torta qui è per il mio amico, Ben. Domani sarà
legato…”
“Amico. Mi
hai preso una torta con una spogliarellista dentro?”
“Il mio
regalo per te, fratello.”
Cadde il
silenzio.
“Cosa
facciamo?” sibilò Gabriella.
“Strip?”
suggerì Troy.
“Amico, ma
la torta sta sussurrando?”
“Amico,
quante spogliarelliste ci sono lì dentro?”
Zeke tossì
incisivo.
“Troy,”
Gabriella afferrò la manica della sua camicia, il viso colorato di panico
“Troy, cosa facciamo?”
Senza
rispondere, ma senza dubbio con un ghigno malizioso, Troy saltò su dalla sua
posizione dentro la torta: “EHI-LA’!” gridò
felicemente. Prima che Gabriella potesse solo elaborare l’imbarazzo, il ragazzo
usò una mano per strattonarla su e l’altra per sbottonare abilmente la sua
camicia. Glassa e pezzi di torta volarono per la stanza, atterrando su ogni
superficie possibile, benchè principalmente su Troy e Gabriella.
“Troy!”
strillò Gabriella, stringendo di nuovo i lembi della camicia.
Zeke si
prese la testa tra le mani, nell’angolo.
“Amico, mi
hai preso uno stripper gay?”
“No! Lo
giuro, fratello! Ho detto loro di assicurarsi che ci avrebbero dato Chrystal un milione di volte!”
Troy prese
un pezzo di torta dai suoi capelli e l’assaggiò, nemmeno preoccupandosi di
nascondere quanto ridicolosamente divertente trovasse
la situazione: “Ora, ragazzi, non assaliteci tutti in una volta. Mettetevi in
fila.”
“NOI,”
urlò Gabriella con tutto il fiato che aveva. Si girò verso Troy, il viso rosso
di rabbia “CE NE ANDIAMO. ADESSO.” ignorando le sue proteste, affondò le unghie
nel suo polso e scattò fuori dalla stanza.
Zeke cercò
di seguirli senza dare nell’occhio, il viso gonfio per lo sforzo di trattenere
le risate.
“Ehi,
aspettate! Avevamo ordinato una spogliarellista!
To be continued…
Premetto
che nemmeno io so come andrà a finire, visto che il secondo capitolo originale
non è stato ancora pubblicato. Ma io l’adoro già, e mi fa ridere XD
Non
dipenderà da me la pubblicazione della fine, ma spero arrivi presto, perché anche
io, come spero voi, sono curiosa.
Un
commento, lungo o corto, per dire se vi è piaciuta o no, se e dove vi ha fatto
ridere, sarebbe un grande regalo sia per me che per l’autrice.
Un
bacione a tutti
Hypnotic Poison