Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Conodioeamore    13/07/2015    1 recensioni
E se due ragazzi che hanno passato la maggior parte del loro tempo ad odiarsi, improvvisamente, si ritrovassero a condividere gli stessi sogni? E per giunta riguardano loro in ambiti romantici?
Mindy e Derrick sin dal primo giorno di scuola hanno provato subito un odio reciproco, eppure il destino ha voluto riservare loro una divertente prova.
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non sono australiana, ma italo-americana. Ho vissuto in Italia per i primi cinque anni della mia vita. Mio padre è americano, aveva co-nosciuto la mamma durante un viaggio in Francia. Fu amore a prima vista, così senza troppe cerimonie si sposarono e si trasferirono in Italia. Dopo un paio d’anni nacqui io e così mia madre smise di fare l’hostess. Successivamente, a mio padre venne offerto lavoro a Sid-ney come direttore di un giornale propagandistico australiano, così fummo costretti a trasferirci nella capitale del surf. Non sono mai stata una cima nello studio di materie scientifiche, le uniche materie in cui mi sono sempre distinta in modo particolare erano l’epica cavalleresca e quella omerica. Mi piacevano molto i mi-ti greci e romani. Però la mia bravura in quelle due materie non mi salvò dalla bocciatura, il mio primo anno di scuola superiore. E nemmeno l’anno dopo, se vogliamo essere onesti. Però questo non avrei dovuto dirvelo. Comunque, dov’ero rimasta? Ah, sì! Allora, il primo anno delle superiori scoprii per puro caso di essere portata per la recitazione, così iniziai a frequentare il corso di improvvisazione teatrale del mio liceo. Ebbi addirittura una mezza infatuazione per uno dei ragazzi che frequentava il corso, però non successe nulla (per fortuna). Co-munque quella cotta durò anche i primi mesi del secondo anno, poi però incontrai un ragazzo che me lo fece dimenticare pian piano. Anche se spesso lo nominavo in sua presenza per godermi la sua reazione. Comunque, prima che accada questo, devo ancora rac-contarvi come incontrai questo ragazzo, o meglio rincontrai. Ma prima di passare alla storia, vorrei porvi una domanda: come può una sola persona diventare un incubo per un’altra? È questa la do-manda che mi assilla tutt’ora. Comunque… la mattina seguente al mio rientro da Parigi, avevo in programma di andare al mare con Charlotte, la mia amica che avevo conosciuto il primo anno alle superiori e con la quale condividevo le lezioni. Lei era stata promossa, mentre io no. Eravamo rimaste ugualmente in contatto, perché tra di noi si era instaurato un bel rapporto. Portava i capelli lunghi fino al coccige. Non essendo una ragazza tanto alta, le stavano benissimo. Capelli castani ed occhi marroni, grandi come quelli dei cerbiatti. Avevamo deciso di andare al mare insieme ai suoi genitori, sua nonna e le sorelle. Ne ha tre più piccole di lei. Due gemelle, Claude e Rachelle. La terza si chiama Lucy, che all’epoca aveva solo otto anni. Mi alzai che erano le sette e mezza, il che significava che avevo so-lo un’ora per prepararmi perché, avevano in programma di arrivare in spiaggia prima delle nove. Quale persona va al mare così presto?! Però, dato che era più di un mese che non vedevo la mia amica, de-cisi di sacrificarmi e di svegliarmi prima del solito. Mi sbrigai a prepa-rarmi e a fare la borsa per la spiaggia. Alle 8:35 mi arrivò un messag-gio su whatsapp di Charlotte che diceva: “Noi siamo fuori casa tua, sbrigati ad uscire oppure andremo senza di te.” Abbozzai un sorriso. «Messaggio di Charlotte?» mi domandò mia madre, seduta sulla pol-trona a giocare all’Ipad. «Sì, è qui fuori. Meglio che non la faccia aspettare ancora.» Presi il borsone e mi diressi verso la porta per uscire. «A che ora torni?» mi chiese improvvisamente mamma. Mi voltai verso di lei, ma senza guardarla in faccia, perché stavo rispondendo al messaggio di Char-lotte. «Nel tardo pomeriggio.» «A che ora?» insistette lei. «Non lo so! Per le cinque e mezza, credo» sbottai, sbuffando do-po aver finito la frase. Uscii dalla porta, impedendole così di aggiun-gere qualsiasi altra parola, e mi sbrigai a raggiungere l’auto di Nadja e Max, i genitori di Charlotte. Lo sguardo di quest’ultima era fisso nella mia direzione, e non appena mi vide iniziò a salutarmi con la mano dal finestrino. L’aprì non appena fui abbastanza vicina nel suo raggio d’azione, mi saltò addosso e mi strinse talmente forte da stri-tolarmi le ossa. «Tesoro, sono felicissima di rivederti» le dissi sorridendo. «Devi raccontarmi tutto. Quello che hai fatto, chi hai incontra-to…» Il suo tono lasciava benissimo intendere che voleva sapere se avevo conosciuto qualcuno e se avevo avuto delle “avventure”. Mi dispiacque dirle l’esatto contrario di quello che si aspettava. «Mindy e Charlotte, salite immediatamente in macchina» ci ordi-nò Nadja. Facemmo come ci aveva ordinato il Grande Capo (così la chiamava Charlotte la madre, per il fatto che era lei a casa a portare i pantaloni.) «Buongiorno» feci al resto della famiglia. «Ciao, Mindy» mi salutò Max, mettendo subito in moto la macchina. «Devi raccontarmi ogni singolo dettaglio della tua vacanza!» disse Charlotte, spronandomi le spalle. Abbozzai un sorriso imbarazzato. «Ti racconto i particolari piccan-ti dopo» le sussurrai all’orecchio. La ragazza fece cenno di assenso con la testa. «Allora… il giorno del mio arrivo non ho fatto nulla di speciale. Mi sono fatta il bagno nell’enorme piscina dell’hotel. Du-rante la settimana frequentavo dei corsi per migliorare la lingua in un campus vicino Parigi. Mentre i weekend…», non feci in tempo a terminare la frase che venni anticipata da Claude. «Hai visitato Parigi e hai fatto shopping, vero?» Mi lasciai sfuggire una breve risata, prima di risponderle: «Esattamente!» Poco dopo arrivammo alla spiaggia, dove c’erano a malapena una decina di persone ed erano tutti anziani. Posammo le borse sotto gli ombrelloni e noi ragazze andammo immediatamente a farci il bagno. Non mi sembrava vero di tuffarmi nel mio amato Oceano Pacifico. L’acqua era un poco fredda, tant’è che al primo impatto rabbrividii. Iniziammo quasi subito a schizzarci come delle bambine. Cavolo, mi era mancato tantissimo farmi il ba-gno. Parigi era molto bella e movimentata, lo ammetto. Avevo addi-rittura pensato di iniziare lì i miei studi, però niente era come Sidney e le sue spiagge. Uscite dall’acqua io e Charlotte decidemmo di andarci a fare una passeggiata lungo la riva, passando per le altre spiagge. «Allora, cos’è successo durante la permanenza a Parigi? Hai tro-vato l’amore?» Nel sentire quelle parole, scoppiai immediatamente a ridere, diventando poi rossa sulle guance. «Beh, più che aver trovato l’amore, ho trovato l’incubo della mia vita.» Charlotte si girò a fissarmi, sorpresa dalla mia risposta. «Raccon-ta» mi spronò, prendendomi poi sotto braccio. «L’ultima sera, un ragazzo è entrato dentro la mia camera da letto e poco ci mancava che mi venisse un infarto.» La mia amica scoppia a ridere come una pazza. «Non ridere! Io mi ero spaventata. Poteva essere un maniaco.» «Cosa è successo, poi?» «Questa è la parte che preferisco. Praticamente si era venuto a nascondere nella mia stanza perché stava giocando a nascondino.» «Ma quanti anni aveva?» «Quattordici.» «Tu hai permesso ad un ragazzino di quattordici anni di entrare nella tua camera e di nascondersi?» «Beh, non proprio. A parte il fatto che non dimostrava per niente quattordici anni. Era molto alto e per di più da quello che ho potuto sentire stando a contatto con il suo petto, ha anche un fisico niente male» le feci notare con tono malizioso. «Non dirmi che avete…» Non le diedi il tempo di finire la frase, che le tappai subito la bocca con le mani. Non volevo che pensasse male, ci mancava solo che andasse in giro a dire che avevo perso la vergini-tà con uno sconosciuto. «Ma ti pare?! L’ho minacciato di chiamare la sicurezza. Il fatto è che prima mi aveva sorpresa alle spalle e mi aveva tappato la bocca per non farmi urlare. Lo stronzo mi ha anche minacciato di uccider-mi!» le risposi, corrucciando la fronte. «Ma almeno era bello?» mi domandò, togliendosi le mie mani dal-la bocca. Feci un lungo respiro, prima di risponderle. Il vento iniziò a soffiare, facendo muovere violentemente i capelli contro i nostri vol-ti. «Era fattibile.» «Fattibile?» fece eco, come se avessi sbagliato parola. «Non hai nessun altro aggettivo per descriverlo?» «Charlotte, cosa importa con quali aggettivi te lo descrivo? Tanto non lo rivedrò mai più!» La mia amica mi mise un braccio intorno al collo, come per ab-bracciarmi. «Mai dire mai, Mindy. Non sai cosa può rivelarti il desti-no!», detto ciò mi fece l’occhiolino e andò di nuovo a tuffarsi in ac-qua. La giornata volò tanto velocemente che quasi non me accorsi. Vennero le cinque di sera e la Nadja mi accompagnò con la macchina a casa. Durante il tragitto da casa di Charlotte alla mia, scoprii che la mia amica durante la mia assenza si era trovata un ragazzo, alquan-to in carne. Sembrava simpatico dalle foto che mi aveva fatto vede-re. Si chiamava Manuel, ma successivamente io e Letitia (amica di vecchia data di Charlotte) lo avremmo soprannominato Salcio Pan-za. Nello scoprire la novità che prima mi aveva tenuto celata, la ab-bracciai stritolandola fortissimo. Arrivai a casa che ero completamente distrutta. Mi affrettai a farmi la doccia e a portare giù il cane. Rex, Siberian Husky di dodici anni, mi aveva tenuto compagnia sin dall’età di tre anni e mezzo. Era stato un regalo (forzato) del cugino di mia madre. Eravamo andati a casa sua e avevo visto questo cucciolo. Ci avevo giocato tutto il gior-no e alla fine mi ci ero affezionata. Quando alla fine lo doveva dare ad un ragazzo, per venderlo, ero scoppiata a piangere perché lo vo-levo tenere con me. Per non sentire il pianto di una bambina dispe-rata, mio zio mi regalò il cane. Ero più affezionata al cane che al mio fratellino minore, Rick. Lui era l’ultimo di casa, con quattordici anni di differenza capirete che non era colpa mia se non morivo dalla voglia di giocare con un bam-bino di nemmeno un anno. La cosa triste è che piangeva per ogni co-sa. Le notti erano diventate quasi insopportabili e alcune volte mia madre mi chiedeva di badare a lui. Per tutta risposta le rispondevo che il figlio era il suo, ergo poteva benissimo guardarselo. Aveva vo-luto la bicicletta? Allora doveva pedalare. Comunque, la fine delle vacanze estive volò immediatamente tant’è che mi domandai se realmente fosse il primo giorno di scuola. I giorni seguenti mi domandai anche perché avevo deciso di rimane-re in quella maledettissima scuola. Dato che il mio stalker era diven-tato un incubo in carne ed ossa!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Conodioeamore