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Autore: Reiko_Hatsune    14/07/2015    1 recensioni
Si sa che da sempre lo Yin e lo Yang si attraggono in quanto perfettamente opposti creando così l'equilibrio, c'è il bene nel male e c'è il male nel bene, tutto ruota in armonia.
Cosa succederebbe però se ad un certo punto uno dei due decidess di diventare puro e eliminare così l'altra essenza dal suo essere?
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Sasuke, Naruto/Sakura, Sai/Ino, Sasuke/Karin
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun contesto, Contesto generale/vago
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Capitolo 1
Troppa sabbia e altri imprevisti
 
 
 


Decise di fermarsi dopo un tempo interminabile passato a viaggiare in mezzo a ghiacciai e dirupi, aveva oltrepassato il confine e si era vista costretta a utilizzare le ali per sorvolare l’oceano. Si ritrovò in un posto che riconobbe subito per una piccola caratteristica:
  “Sabbia, sabbia ovunque.”, alla vista di quel luogo arido e inospitale ebbe il desiderio di fare dietro-front e tornarsene al suo amato gelo, ma decise che ormai era troppo tardi e proseguì per la sua strada.
Non era sicura se Sunagakure, il Villaggio della Sabbia, si trovasse esattamente nella direzione in cui stava andando, sperò che lo fosse in quanto il suo senso dell’orientamento in luoghi piatti e monotoni come il deserto era alquanto scarso.
Aveva approfittato di una breve pausa per levarsi le catene che le gravavano sui polsi, utilizzò una tecnica del fuoco per farle fondere, nulla di speciale, solo che non fu necessario utilizzare i segni in quanto le era bastato voler far comparire le fiamme. Era una seccatura bella e buona quella a cui si sottoponevano i ninja, ogni volta dovevano studiare cosa fare o non fare, un po’ li compativa anche se non erano affari suoi.
Camminò per le dune sotto il sole cocente, ovunque guardasse c’erano cielo e sabbia, sabbia e cielo; non una nuvola, sia mai, si era formata, non un cactus o un qual dir si voglia animale nel raggio di metri. Confermò una volta per tutte che odiava il deserto con tutto il suo cuore e proseguì sconsolata finché una voce alle sue spalle la colse alla sprovvista:
  “E tu chi saresti?”, un tono era piatto eppure autoritario, Aoshiro si voltò lentamente per poi trovarsi davanti un ragazzo dai capelli rosso fuoco e dagli occhi severi, le sopracciglia aggrottate e la bocca serrata; aveva un tatuaggio sul lato sinistro della fronte, c’era scritto ‘amore’, chissà perché. In un primo momento la ragazza pensò che fosse bello, poi si ricordò che non doveva fidarsi di nessuno.
  “Chi sei?”, questa volta la domanda risuonò più dura, lo sconosciuto incrociò le braccia al petto in attesa della risposta. Con quel gesto lo sguardo della giovane si spostò sulla sua figura e notò che era basso, almeno in confronto al metro e ottantaquattro di Toneri, e che aveva legato una grossa giara alla schiena.
  “Mi chiamo Aoshiro Onmyō, e tu?”, anche lei imitò la posa del ragazzo giusto per vedere la sua reazione. Fu ripagata con un grugnito di disappunto sommesso.
  “Gaara, sono il quinto Kazekage del Villaggio della Sabbia.”, cosa? Era partita da nemmeno tre giorni e già ne aveva trovato uno? Strabuzzò gli occhi e l’altro se ne accorse anche se non disse nulla.
  “Ti stavo cercando.”, disse lei mettendosi in equilibrio su una sola gamba, la sabbia rovente cominciava a scottare sotto le piante dei piedi costantemente nudi.
  “Perché? Non sei di qui, da dove vieni?”, c’erano astio e diffidenza nelle domande, Aoshiro cercò di non farci caso.
  “Te lo spiegherò poi anche perché non lo so nemmeno io, mi è stato chiesto di cercarvi e no, non sono di qui, vengo da un posto che nessuno sa dove sia.”, la replica al secondo quesito insospettì il rosso che squadrò la ragazza da testa a piedi.
Alla fine decise di accompagnarla fino al Villaggio dove vennero accolti da una folla di curiosi, c’era chi guardava la straniera con interesse, chi con timore e chi, addirittura, con disprezzo. Certo, non si vedeva tutti i giorni una persona come lei, ma restò il fatto che tutti quegli sguardi stessero mettendo a disagio Aoshiro la quale, involontariamente, si rifugiò dietro la figura di Gaara:
  “Che stai facendo fratellino?”, un tipo strano con la faccia ricoperta di strisce viola si avvicinò a loro affiancato da una giovane donna che gettava alla ragazza sbirciate ostili.
  “Come ‘che sto facendo’, non si vede?”, la risposta quasi divertì lo Yang che ridacchiò appena cercando di non farsi notare.
  “Stai facendo entrare nella capitale della Terra del Vento una sconosciuta sospetta fratellino, ecco cosa stai facendo.”, lo rimbeccò quella che sembrava avere quattro balle di fieno attaccate in testa.
  “Non è sospetta Temari, piuttosto contatta Naruto. Kankuro, te per favore cerca informazioni su di lei, -indicò con un leggero cenno del capo Aoshiro- ha detto che le è stato chiesto di cercarmi.”, entrambi si lanciarono un’occhiata perplessa prima di andarsene.
Fu strano entrare in un luogo chiuso, quando Gaara la condusse all’interno del palazzo principale, e residenza dello stesso Kage, rimase a bocca aperta e si sentì in trappola sotto certi aspetti e protetta sotto altri.
Fu lasciata all’interno di un’elegante stanza e solo allora la ragazza si rese conto del fatto che muri e pavimenti erano in sabbia compattata, ruvida e fresca al tocco, ma che non si sbriciolava e di conseguenza tutto era immacolato. I mobili raffinati erano in legno chiaro e, questo lo constatò immediatamente, il letto era tremendamente comodo.
Non si accorse nemmeno di essersi addormentata, lo capì solo perché si era fatto buio. Si accorse con sollievo di avere ancora i suoi amati shorts bianchi e la maglia leggera a maniche lunghe e larghe che era di un colore simile alla carta da zucchero, al loro interno ci poteva nascondere parecchie cose, come ad esempio la banda del suo Villaggio che custodiva con cura.
Volle vedere se almeno un po’ poteva consolarsi del fatto di essere tanto lontana da casa e uscì sul piccolo balcone che dava, manco a dirlo, sul deserto. Si illuminò quando, alzando lo sguardo, incontrò il suo amato cielo stellato con la Luna e non poté fare a meno di sorridere, e vederla con un’espressione diversa da quella diffidente che esibiva sempre era alquanto raro, ma niente era abbastanza infrequente quanto vederla veramente felice:
  “Ti piace guardare le stelle?”, era la seconda volta in un giorno che la stessa persona la faceva sobbalzare cogliendola alla sprovvista.
  “Sì, mi rilassa e mi fa sentire meno imprigionata.”, disse in un soffio voltandosi appena e incrociando lo sguardo serio del rosso che se ne stava fermo sulla soglia della camera.
  “…”, l’altro non rispose a quell’affermazione, ma non perché pensava che fosse illogico, bensì perché anche lui trovava conforto guardando il cielo notturno.
  “Comunque, perché sei qui?”, lanciò la domanda bruciapelo giusto perché non voleva seccature.
  “Sono venuto qua per dirti che Kankuro non ha trovato assolutamente nulla su di te, me lo sai spiegare?”, Aoshiro ghignò fra sé e sé.
  “Ovvio che non c’è niente su di me, io non esisto.”, quella era la verità, non c’era modo che qualcun altro sapesse della sua esistenza.
  “Che intendi dire? Certo che esisti.”, Gaara sembrava veramente non capire, portò lo sguardo in basso per provare a cogliere quello della ragazza che però stava guardando altrove.
  “Fisicamente, ma sono nata in un posto che non esiste.”, ogni sua frase era un mistero intricato per le orecchie del suo interlocutore che aggrottò le sopracciglia, Aoshiro ridacchiò.
  “Non ti preoccupare, forse un giorno te ne parlerò.”, purtroppo il Kazekage non aveva badato a quanto appena detto perché si era incantato nell’udire la risata cristallina che era risuonata per appena un paio di secondi.
Non capì nemmeno lui cosa gli prese, dopotutto poteva trovarsi di fianco ad una spia nemica, magari mandata dagli Akatsuki, eppure non sembrava avere cattive intenzioni, ma nel contempo si accorse di una cosa che lo preoccupò.
 
Dopo pochi minuti la luce riflessa della Luna sparì, i due alzarono lo sguardo e videro un grosso rapace completamente bianco, solo che non era veramente un animale bensì:
  “È una delle creature create da Deidara con l’argilla esplosiva! Dannazione!”, imprecò Gaara correndo ad avvertire i fratelli che andarono a mettere al sicuro i cittadini mentre, con Aoshiro poco dietro che lo seguì senza spiccare alcuna parola, uscì dal palazzo, aveva già sentito quel nome perché sapeva tutto sui membri degli Akatsuki.
Attraversarono la città il più velocemente possibile e ne uscirono per evitare combattimenti che avrebbero potuto causare danni. Una volta fuori dalle mura si allontanarono e di tanto in tanto gettavano qualche occhiata alle loro spalle notando come effettivamente la bomba di argilla li stesse seguendo; appena furono sicuri di essere abbastanza lontani si fermarono attendendo di essere raggiunti. Gaara si preparò e dalla sua giara uscì una sabbia più scura di quella che li circondava, era intrisa di chakra e si mosse velocemente prendendo a girare attorno al Kazekage che, concentrato, non distolse un attimo lo sguardo dalla figura che si stava avvicinando.
A dispetto delle aspettative il rapace si fermò e il suo, per così dire, proprietario scese facendo qualche passo verso i due che rimasero immobili, all’erta:
  “Mmh?”, quando l’unico occhio scoperto del biondo si posò sulla ragazza lo stesso piegò la testa di lato, incuriosito.
  “Deidara, quante volte ti ho detto che odio aspettare?”, un’altra persona apparve quasi dal nulla, sembrava un ragazzino, aveva i capelli rossi e gli occhi nocciola.
  “Scusa Maestro Sasori, mi ero fermato ad osservare lei. Non noti anche te qualcosa di strano?”, a quel punto Aoshiro si sentì seriamente al centro della più totale attenzione, cosa che non le piacque per nulla.
  “Hai ragione. Interessante però, non trovi?”, commentò Sasori con tutta calma. Era quasi snervante il suo modo di fare.
  “Si può sapere cosa volete? Siete estenuanti, mi sta già venendo il mal di testa.”, disse lei al limite della pazienza dopo cinque minuti che gli altri due bisbigliavano sommessamente senza mai smettere di fissarla.
  “Ma sentitela la bambina. Non dovresti essere a letto a quest’ora? Su su, lascia le cose ai grandi.”, il tono provocatorio di Deidara le fece chinare il capo e tremare di rabbia.
  “Chi stai chiamando bambina?”, soffiò fra i denti serrati in una morsa che dopo poco cominciò a farle male. Il biondino si prese la libertà di andarle di fianco, tra l’altro ignorando bellamente Gaara, e posò una mano sulla testa della ragazza che la scansò. Puntò i suoi occhi in quelli dell’altro, occhi colmi d’ira, proprio non sopportava essere presa in giro per la sua altezza:
  “Ti faccio presente che i bambini dovrebbero pensare a giocare, non a cercare di assassinare la gente con lo sguardo. Quanti anni hai bambina?”, si divertiva proprio a ripetere e a calcare su quella parola.
  “Ne ho diciassette, vecchietto.”, ribatté in ripicca nonostante sapesse bene che l’altro aveva solo un anno più di lei.
  “Cosa? Diciassette? Scusa Sasori, ma per te è normale essere così bassi a quest’età?”, si mise a ridere e non si accorse del violento pugno allo stomaco che lo fece cadere con un rantolo.
Odiava il suo atteggiamento, odiava lui. Be’, era difficile trovare qualcosa che lei non odiasse, a parte il cielo ovviamente.
Il loro atteggiamento però risultò strano, in qualche modo non sembravano interessati a combattere o a rapire qualcuno, questo insospettì ulteriormente sia Aoshiro che Gaara il quale, stanco di rimanere a guardare Deidara e la ragazza battibeccare, si mise in mezzo:
  “Allora cosa siete venuti qui a fare?”, disse scocciato.
  “Ah già, quasi dimenticavo! Siamo venuti qui perché eravamo sulle tracce di una persona… come dire… invisibile.”, provò a spiegare il biondo. Il Kazekage alzò un sopracciglio scettico.
  “Deidara sei sempre il solito, non sai spiegare le cose.”, Sasori si era, chissà quando, avvicinato e teneva gli occhi puntati sulla ragazza.
  “Vi spiego io perché siamo qui. Stavamo effettivamente seguendo qualcuno, ma definirla invisibile è eccessivo perché appunto per quel motivo spicca fra tutti gli altri.”, era stato fin troppo vago persino per lui.
  “E, di grazia, quale sarebbe il motivo?”, Aoshiro affiancò Gaara che nel frattempo aveva indietreggiato fino a raggiungere una distanza ottimale da coloro che erano i loro nemici.
  “Ma come, dovresti saperlo bene mia cara Aoshiro Onmyō.”, parve accarezzare con la voce il cognome della ragazza la quale arretrò di un passo, che sapessero cos’era lei? Impossibile, era semplicemente assurdo.
  “Tu…”, cominciò a dire lei, ma fu interrotta e un paio di occhi nocciola l’ancorarono al suolo.
  “Mi pare strano che qualcuno, per quanto debole, non emetta nemmeno una minima traccia di chakra.”, accidenti, non l’aveva calcolato. Una caratteristica che avevano in comune lei e suo fratello era quello di occultare del tutto la quantità di chakra che possedevano, solo che era permanente e ciò attirava l’attenzione di eventuali ninja esperti. Era stata sciocca a non pensarci, Toneri l’aveva messa in guardia mille e più volte.
  “…”, non seppe cosa dire, ribattere era inutile perché tutti i presenti lo sapevano.
  “Eppure non sembri affatto debole, o sbaglio?”, lo scorpione aveva stampato in volto un sorriso di vittoria perché sapeva di averla in pugno.
  “E quindi?”, il Drago dello Yang strinse i pugni e tese le braccia lungo i fianchi.
  “Niente, ora ce ne andiamo. Oggi la nostra missione era quella di raccogliere informazioni, tutto qui.”, concluse definitivamente il Maestro burattinaio saltando sopra il volatile in argilla.
  “È stato un piacere conoscerti, bambina, spero ci rivedremo presto.”, Deidara fece un piccolo inchino provocatorio e seguì il compagno, poi se ne andarono.
 
  “Non capisco.”, Kankuro si grattò la testa dopo l’ennesimo tentativo sprecato per fargli capire la situazione.
  “Lascia perdere.”, sospirò sconsolata Temari. Non aveva ancora deciso se fidarsi o no dell’altra ragazza, ma decise di non opporsi al volere del fratello più piccolo.
Aoshiro si era chiusa nella sua stanza e se ne stava sul balcone ad osservare l’alba che pian piano rischiarava il cielo, le stelle vennero oscurate dalla luce del Sole che sorgeva al di là delle dune. Al suo fianco c’era Gaara che aveva appena terminato di raccontare la prima volta in cui Deidara e Sasori erano entrati a Sunagakure. Erano sprofondati nel silenzio e, a parte il leggero soffio del vento, non si udiva alcun rumore.
Era confortevole stare con qualcuno di così taciturno, pensò la ragazza; Toneri in confronto era un chiacchierone e perciò spesso si vedeva costretta a fuggire da lui saltando giù dalla colonna di ghiaccio. Aoshiro pensò a quanto era successo da quando era partita, a chi aveva incontrato sul suo percorso e a chi aveva appena affrontato. Spostò lo sguardo dal grande Sole rosso al Kazekage che guardava dritto davanti a sé, ricordò a come si era messo fra lei e il biondo con l’intento di proteggerla da un eventuale pericolo e fu felice di aver avuto qualcuno che l’aveva pensata, anche se solo per un attimo. Il ragazzo si accorse dello sguardo che era posato su di lui e ricambiò mettendosi ad osservare il viso stanco che era a poco meno di trenta centimetri di distanza dal suo; occhiaie scure e pesanti gravavano sotto gli occhi misteriosi che non volevano mollare i suoi color acquamarina:
  “Sarai stanca e probabilmente avrai anche fame, se riesci a reggere un’oretta andiamo a mangiare qualcosa, ok?”, propose così dal nulla. Lei annuì appena e tornò a fissare l’orizzonte.







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NOTA DELL'AUTRICE: Buongiorno a tutti! Ecco, ci tenevo a precisare che Aoshiro ama il cielo (non l'avevate ancora capito, vero? Ahah). Ho voluto dedicare l'intero capitolo alla prima impressione che si fanno gli altri di una ragazza così strana come lei (non che i personaggi di Naruto siano normali, per l'amor del cielo). Ci vediamo al prossimo capitolo!♥

 
   
 
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