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Autore: ellephedre    16/07/2015    16 recensioni
1. Minako al settimo giorno di vita del suo bambino.
2. Ami al secondo mese di vita del suo bambino.
3. Ami e Rei (prima della nascita). Una chiacchierata a quattro con Usagi e Makoto.
4. Minako al settimo mese di gravidanza. È un pochino giù, ma sa come consolarsi.
5. Usagi e Mamoru, al sesto mese di Chibiusa, a Natale.
6. Yuichiro e Rei (alla nascita di Iria).
....
18. Gen babysitter (con Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi)
19 - Profetessa (Iria, 7 mesi)
20 - Nato per essere padre (Iria, 2 mesi)
21 - Rei e l'istinto materno (7 mesi)
22 - Halloween (Adam, 1 mese - Rei incinta di otto mesi)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Maternità 8

Maternità/Paternità

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


8 - Makoto e Gen (nelle ultime settimane di gravidanza)

Nota: devo avvertire. Questa piccola storia contiene spoiler molto grossi e importanti. Se non volete avere sorprese, sarebbe meglio che la leggeste solo se avete già letto gli spoiler che ho postato nel gruppo Facebook 'Lo spoilerone di Elle'.

   

In quel primo weekend di Giugno il caldo era disceso su Tokyo come la bocca dell’inferno. Lui e Makoto non avevano fatto in tempo a installare l’aria condizionata nel loro appartamento. A maggio avevano discusso se risparmiare prendendo un impianto portatile, ma era parso a entrambi inutile, considerando che la casa era predisposta per un impianto fisso. Era uno dei motivi per cui l’avevano scelta.

Quella mattina Gen aveva proposto a Makoto di comprare subito un condizionatore con un paio di split, per farlo installare l’indomani. Lei si era impuntata.

«Non sappiamo per quanto rimarremo a vivere qui. È una spesa inutile.»

Lui non aveva capito come lei potesse preoccuparsi del denaro. «Vuoi morire di caldo proprio in queste ultime settimane?» Nelle sue condizioni?

«Il meteo non ha detto se questa afa continuerà. Sai quanto dovremo spendere dopo? Pannolini, accessori, vestiti…»

Non navigavano nell’oro, ma avevano abbastanza da permettersi delle basiche comodità. «Mako… Pensa a stasera. Stai già facendo fatica a trovare una posizione per dormire.»

«Grazie di avermelo ricordato!»

Di tanto in tanto lei era intrattabile. «Lo dico per te.»

«Magari durerà solo un paio di giorni e intanto noi avremo speso una fortuna. Non posso pensare che rimanere fresca mi costi centomila yen a notte! Non si può buttare così il denaro, è... irrispettoso. Non parliamone più!»

Gen aveva smesso di discutere. In quei giorni sapeva quali battaglie affrontare con lei. Quando Makoto era infastidita da qualcosa, non c’era buon senso che tenesse. Tutto quello che lei voleva era avere ragione, perché… sì. Non le era mai piaciuto litigare e e ora che si portava addosso dieci chili di peso in più, la minima discussione la irritava.

La mattina dopo si sarebbe arresa all’evidenza e avrebbero comprato il loro condizionatore, ne era convinto. Forse sarebbe servito per poco tempo, ma a lui non importava: Makoto era incinta e non doveva subire l’afa dell’estate, così come i loro due bambini, sia dentro la pancia che fuori, appena fossero nati. Dalla comodità di tutti e tre lui avrebbe a sua volta tratto giovamento.

Davanti al ventilatore, chiuse gli occhi. Il venticello generato dalle pale in movimento era fantastico. Si allontanò e direzionò il soffio dell’aria verso il letto. A tre metri di distanza, anche se il ventilatore fosse rimasto acceso tutta la notte, non avrebbero preso il raffreddore.

Makoto entrò in camera, nuda con l’eccezione di un paio di mutandine. Tutto quello che vedeva lei - Gen lo sapeva - era la protuberanza tesa della pancia. Lui trovava molto più interessante la maniera incredibile in cui si erano gonfiati i suoi seni. Ne aveva visti di simili solo in certi video, e non per merito di madre natura.

Makoto si coprì il petto con l’indumento che portava in mano. «Non guardarmi.»

Lei era di cattivo umore. No, era triste. «Cosa c’è?»

«Non mi sta il pigiama.»

Gen guardò il pezzo di stoffa bianco tra le sue braccia.

Makoto lo allargò di fronte al corpo. «Era il più fresco che avevo! Non mi entra più!»

«Mi dispiace. Domani ne compriamo uno nuo-…» Non concluse. Makoto era vicina alle lacrime. «Ehi…»

«Non so neanche se mi stanno gli altri! L’estate è arrivata troppo presto, fa troppo caldo!»

Non era il quel modo che lui avrebbe voluto avere ragione.

Avvicinandosi, provò a stringerla.

Makoto si scostò. «E mi sto comportando da strega!»

«Non è ve-»

«Non mentire!»

Dire la cosa giusta stava diventando un percorso a ostacoli. «Sarei infastidito anche io se avessi tanto peso addosso da…» Si rese conto del suo errore.

Makoto abbassò lo sguardo sul proprio stomaco, abbattuta. «È enorme. E mancano ancora tante settimane. Non possono uscire prima.»

Gen la prese per un braccio. Delicatamente, la portò davanti all’aria generata dal ventilatore. «Così si sta meglio, no? Andiamo, si risolve tutto.»

Lei cominciò a perdere energia. «Mi ammalerò.»

«No, mi alzerò a spegnerlo dopo che ti sarai addormentata. Il meteo dice che tra poco arriva un po’ di aria fresca.» Era una speranza.

Makoto teneva la testa china. Si accarezzò lo stomaco. «Mi dispiace, non ce l’ho con voi. Vi voglio bene.»

La singola lacrima che le bagnò la guancia gli causò dolore al petto.

«Cosa c’è che non va?»

«… tutto.» Lei ce l’aveva con se stessa. «Non sappiamo se rimarremo a vivere qui. Non voglio spendere tanto in vestiti che poi non userò più. Vorrei avere il tempo di cucirmi qualcosa, ma…»

Certo, lei aveva ancora troppi impegni. Era restìa a metterli da parte, ma quello era un discorso da rimandare al giorno seguente: era troppo complicato. «Sediamoci.»

Makoto non protestò. Si sistemarono sul bordo del letto.

«Dobbiamo risolvere una cosa alla volta. Per i vestiti… Comprali. Non stai spendendo solo per degli abiti, ma per stare bene e rilassarti. Lo stai facendo per te stessa e per loro, quindi è una cosa importante.»

Con le labbra unite, strette per l’infelicità, Makoto considerò il suo ragionamento.

«Per la casa… mi dispiace, è anche colpa mia. Domani ci mettiamo davanti al tavolo e prendiamo una decisione insieme. Non importa se non sarà perfetta o se spenderemo di più.»

«Magari dovremo solo restare qui.»

«Ne parliamo domani. Oggi pensiamo al problema immediato: il pigiama. Vuoi che ti presti una delle mie magliette?»

Makoto sospirò. «Speriamo che mi stia.»

«Certo, ne ho alcune larghe.»

Lei fece una smorfia.

«Non lo intendevo in quel modo.» Andò a toccarle la pancia e detestò il modo in cui lei si irrigidì.

Perché Makoto era diventata tanto suscettibile su quel punto? In precedenza non le era importato. «Se i bambini sono grandi, vuol dire che sono sani e forti, no?»

«Lo so. Anche io voglio che crescano bene.»

Lei si stava ancora coprendo. «Sei cambiata, ma non in peggio.»

«La pancia non è il vero problema, è tutto il mio torso che… Con queste mammelle sembro una mucca!»

Lui cercò di non ridere. «Ma no.»

«Sono sgraziata e brutta!»

«Non è vero.»

«Ho letto in una rivista che poi il seno non torna più come prima. Più si allatta e peggio è. E io dovrò farlo per due!»

Ora stava esagerando. «Makoto… tu non sei una donna normale.»

A quello lei non rispose.

«Hai il tuo potere che ti guarisce e fa tante cose sul tuo corpo. Comunque, anche se non rimettesse a posto le cose… Io non ti trovo brutta. Anzi, da una settimana a questa parte sei cambiata in un modo che trovo molto interessante.»

Lei se la prese per il suo tono allusivo. «Non ho un seno solo per te.»

Certo, no.

Makoto si abbatté di nuovo. «Comunque, non saranno belle da sgonfie. Tutta questa carne ballonzolerà!»

«Non importa.»

Lei non lo ascoltò, appoggiò la testa sul suo petto. Iniziò a singhiozzare.

Gen si sentì incompetente. «Torneranno come prima, vedrai.» Era quello che lei voleva sentirsi dire, inoltre... «Avrai un aspetto fantastico in ogni momento.» Lo pensava davvero e la circondò con le braccia.

Lei pianse ancora un po’, poi si scostò piano. Tirò su col naso. «Devo smetterla. Per loro.»

Non era necessario essere forte. «Non sono ancora qui. Non ti sentono.» 

«Per fortuna.» Makoto rilasciò un lungo sospiro, ma dal suo volto era sparita la malinconia. «Io… forse avevo bisogno di piangere. Mi sento meglio.»

… era quella la soluzione? «Allora puoi piangere tute le volte che vuoi.»

La fece sorridere, una vittoria che lo fece sentire un gigante.

Sentì la mano di lei sulla guancia, poi sui capelli.

«Vai a prendermi una tua maglietta. La provo.»

  

Sdraiata su un fianco, sul cuscino per il corpo che aveva preso, Makoto provò a rasserenarsi. Era più facile con la brezza del ventilatore sulle gambe, una maglietta di cotone intrisa dell’odore di Gen e la sensazione quotidiana, a quell’ora, dei loro piccoli che si muovevano nella pancia.

Fece una smorfia. Uno dei bambini stava premendo contro un suo rene. Si massaggiò la parte bassa della schiena, tenendo la mano dove l’altro suo piccolo stava calciando. Sentiva il suo piede. Voleva prenderlo in mano e stringerlo forte, portandolo alle labbra per baciarlo. Se solo li avesse avuti tra le braccia, forse sarebbe stata più tranquilla.

Era nervosa e preoccupata per tante cose. L’idea di non avere ancora scelto la casa in cui i loro figli sarebbero cresciuti, le difficoltà che aveva nel gestire il suo tempo…

Come Sailor Jupiter aveva tanti doveri ora, verso tante persone. Aveva diritto di prendersi del tempo per sé, ma si sentiva in colpa a preoccuparsi solo della sua piccola vita, mentre al mondo tante persone soffrivano e attendevano solo il suo aiuto. Inoltre, anche se non avesse avuto tutte quelle responsabilità, forse avrebbe sentito lo stesso che le cose non erano completamente a posto.

Sarebbe stata una buona madre? Sapeva cucinare, era affettuosa, di solito calma, ma… Due bambini. Sarebbe stato difficile crescerne uno, ma due?

Non voleva prendere qualcuno che la aiutasse, era compito suo fare la madre. Lo aveva desiderato così tanto. Voleva essere lì per ogni sorriso, per ogni pianto, per ogni minimo malessere.

Come poteva qualcun altro sapere di cosa avessero bisogno i suoi bambini? Era lei che li sentiva muoversi dentro di sé, era lei che già conosceva il loro carattere. Con il pianto avrebbero cercato la loro mamma, non una persona estranea.

Sotto la mano sentì la forma di una testolina, mentre uno dei piccoli - impossibilmente - trovava ancora lo spazio per girarsi.

Si riempì di un amore così assoluto da farle spavento e si abbracciò lo stomaco, rannicchiandosi anche se era fastidioso.

Si lasciò accarezzare dall’aria fresca, chiuse gli occhi. Mentre massaggiava i suoi figli da sopra la pancia, si beò di essere ancora un tutt’uno con loro. Nel silenzio, provò a percepire il loro battito.

    

Uscendo dal bagno, Gen non tornò in camera. Afferrò il cordless e prese la strada del balcone. Una volta fuori, chiuse la porta dietro di sé e verificò che il telefono avesse segnale.

Compose il numero di casa Kumada-Hino.

«Pronto?»

Bene, aveva beccato proprio Hino. «Ciao, sono Gen.»

«Ah. Ciao.»

Sì, una comunicazione tra loro due era insolita. «Ti chiamo per Makoto.»

«Sta bene? I gemelli sono a posto?»

«Sì. Non è un problema di salute.»

«Okay» si tranquillizzò lei. Si incuriosì. «Cosa, allora?»

«Mi chiedevo se avevi un pigiama estivo che ti avanzava. Di quando eri incinta, ma solo se è di buona qualità.»

«Che?»

Gen alzò gli occhi al cielo notturno. A cosa si era ridotto? «Makoto oggi ha scoperto che il suo pigiama preferito non le sta più. Le ho prestato una mia maglietta, ma con quella suderà con tutto questo caldo.»

«Ma certo, poverina! Possibile che tu non abbia ancora installato l’aria condizionata?»

Gen strinse i denti. «Stiamo discutendo se metterla. Domani riuscirò a convincere Makoto.»

«È lei che non la vuole?»

«Non vuole spendere soldi.»

«La solita. Non si può pensare a risparmiare su queste cose!»

Gen non poteva essere più d’accordo. «Il problema è solo per stanotte. Domani cercheremo qualcosa di nuovo.»

«Non tu. Domani mi libero e la porto fuori con le altre. Qui stanno tutte impazzendo tra il caldo, quelle pance e… tutto il resto. Abbiamo bisogno di comportarci da persone normali. Lo shopping ci aiuterà.»

In effetti, tra donne si sarebbero intese meglio. E Makoto aveva bisogno delle sue amiche, non solo come compagne nel loro nuovo destino di responsabilità verso il pianeta. «Glielo dico io?»

«No, le farò una sorpresa domattina. Comunque non dovrà comprare un pigiama: ne ho uno perfetto per lei.»

«Io intendevo un prestito…»

«Non vedo a cosa debba servirmi un pigiama extra-large che non metterò mai più. Sei fortunato, sai? È un regalo di Yuichiro, ma lui lo ha preso della taglia sbagliata. A sei mesi ci cadevo dentro, poi è finita l’estate e non ne ho avuto più bisogno. È praticamente nuovo.»

«Se è un regalo, Yuichiro non vorrà che tu lo dia via.»

«Mi ha fatto mille regali in quei mesi e stavo già cercando qualcuno a cui dare questo pigiama. Non era facile scegliere chi favorire tra tutte le ragazze. Mi hai risolto un problema.»

Era felice di esserle stato d’aiuto, ma… «È di cotone leggero e fine?»

Udì la risata di Hino. «Sentirti parlare così mi fa morire dal ridere. Sì, è perfetto per questo caldo. Ora lo senti anche tu.»

Lei chiuse la chiamata e Gen si scostò di lato sul balcone. Doveva farle spazio.

Rei Hino non si fece attendere: col teletrasporto apparì, in pieno costume Sailor, a un metro da lui.

«È così che giri per casa?»

«A quest’ora ero in pigiama anche io, non mi sembrava la mise adatta per questo incontro.» Gli mise in mano un indumento di stoffa bianca.

Gen non poté credere alla sua fortuna: il tessuto era uguale a quello dell’adorato pigiama di Makoto, di cui lei decantava le lodi da anni. «Grazie.»

«Continui a sorprendermi, sai? Ti sei proprio ammansito.»

«Makoto era triste. Volevo fare qualcosa per lei.»

Hino si incupì. «Stalle vicino, sarà nervosa in queste settimane. Poi cambierà tutto. Non sarà facile, soprattutto per voi che ne avrete due.»

Sì, il mondo intero continuava a ricordarglielo, ma lui era ottimista.

Hino sorrise furba. «Ci scambieremo favori di babysitteraggio col tempo, così avrete modo di respirare.»

«Grazie» ripeté lui. 

«Non vedo l’ora di vederti con le occhiaie, prostrato da due neonati urlanti.»

Lei era sadica. «Resisterò.»

«Certo. Se vedo Makoto più stanca di te, ti farò camminare sui carboni ardenti.»

Gen strinse gli occhi. «Carboni ardenti veri?»

«Ne sarei capace. Il potere non mi manca.»

Stava lì il punto. «Ormai neanche a me. Un giorno…»

«Chissà tra quanto. Per allora sarò molto contenta di raccogliere la tua sfida. Marte non teme rivali.»

«Neanche Ganimede.»

«Sei giusto più piccolo di un milione di chilometri rispetto a me. Ci vede, Gen.»

Hino sparì, togliendogli il gusto dell’ultimo parola.

  

Makoto sentì rientrare Gen nella stanza. Lui aveva fatto una doccia molto lunga: sicuramente moriva di caldo.

«Ho una sorpresa per te.»

Prima che fosse riuscita a voltarsi, sentì le mani di lui sui fianchi, che le sollevavano la maglietta. Quella sera lei non aveva energie per fare sesso, ma forse l'avrebbe fatta stare bene sentirsi amata.

Gen la stava tirando a sedere, spogliandola con delicatezza, come fosse fragile o malata.

Non era così che lui iniziava un approccio.

«Dormire nuda non è una buona soluzione, sai?» Si coprì il seno, cercando di sorreggerlo per intero con le mani.

Gen scuoteva la testa. «Alza le braccia, metti questo.»

Ritrosa, Makoto sollevò le mani in aria. Gen non abbassò neppure per un istante gli occhi sul suo corpo, si limitò a far scivolare su di lei un indumento leggero.

Quando lo ebbe indosso, Makoto si osservò, incredula. Un pigiama. Era... delizioso, perfetto.

«Dove lo hai preso?»

«L’ho chiesto a Hino. Ha detto che è un regalo.»

Oh. Rei era stata gentilissima, ma lui…

Gen era felice come un ragazzino. Spense la luce sul soffitto. «Visto? Con questo pigiama e col ventilatore… quasi non sembra che faccia caldo, vero?»

Makoto si commosse così tanto che non riuscì a piangere. Gen era il suo eroe.

Sentì un nuovo calcio al ventre e le uscì una piccola smorfia.

Gen guardò il suo stomaco. «Sono di nuovo agitati?»

«È l’ora.» Mentre camminava i bambini si sentivano cullati, ma appena si sdraiava un momento… La sera era il loro momento di gioco.

Gen afferrò il cuscino lungo da dietro le sue spalle e lo sistemò tra loro. «Sdraiati qui.»

Per quanto era stanca, Makoto obbedì senza protestare. «Il pigiama è un regalo meraviglioso.»

«Te lo meritavi. Ora vediamo se riesco a fare qualcosa anche per...» Lui aveva posato una mano sul suo stomaco e si interruppe sentendo un colpo contro il palmo. «Ah, eccolo. Chi è dei due?»

«Indovina.»

Sorridendo, Gen si sdraiò su un fianco, mettendosi col volto all’altezza del suo petto. «Meglio che non lo sappia, così non saprò chi punire per farti tanto male. Vostra madre ha bisogno di dormire, sapete?»

Nella sua pancia non vi furono più movimenti.

«Li hai zittiti.»

«È il giusto tono di voce. Ci vuole disciplina.»

In risposta il pigiama fluttuò su un punto teso della sua pancia.

«Ah, un ribelle. Lì dentro si annoiano.»

Makoto sorrise e abbassò le palpebre sugli occhi.

«Quando uscirete» continuò Gen, «vi porterò in giro tutto il giorno, così la sera sarete stanchi. È bello anche dormire, sapete? Lì lo fate a volontà, lo so. Magari, appena sarete fuori, continuate così per un po’. Dovrete avere pazienza. Tra voi due vi capite con un tocco, con noi sarà un po’ più difficile…»

Makoto passò una mano tra i suoi capelli, immergendo le dita in lui e nella sua voce. Si lasciò cullare nel sonno.

  

Nel silenzio della loro camera, Gen combatté per tenere gli occhi aperti.

Doveva spegnere il ventilatore.

Mosse la testa nella mano di Makoto, abbracciando piano la sua pancia.

C’era un buon odore, di lei e di qualcos’altro che doveva ancora arrivare, ma che era già presente tra loro.

Udì il ticchettio lontano delle lancette dell’orologio. Makoto respirava piano, addormentata.

Contro la mano sentì un movimento. Non un calcio, ma una passata leggera di piede, l’orma così piccola da stare tre volte nella sua mano.

… era felice di essere vivo. Era felice che lo fossero tutti.

Dormì.

FINE


NdA: Non preoccupatevi, dopo un po' Gen si è svegliato e ha spento il ventilatore :P

Una cosina sola: non ho ancora deciso il sesso di questi bambini. Due maschi, un maschio e una femmina... Può essere tuto. Non ho nemmeno escluso che siano due femmine, anche se mi sembra sempre più improbabile. Nel caso, tornerei a correggere al femminile quanto scritto qui :D

Per il resto... be', ho inserito tante piccole chicche in questa storia, vorrei sapere da voi se sono state colte :)

Elle

 

P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato alle mie storie: Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

 

   
 
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