3.
Battuto su carta
Frances
strinse nuovamente le dita
attorno alla bretella dell’east-pack grigio, i palmi sudati.
Chimica le
piaceva, e come nelle altre materie era abbastanza brava da permettersi
voti
alti e regolari. Osservò April O’Neil entrare in
classe, si passò le mani sul
top grigio scuro a righe nere verticali e superò
l’uscio. Solitamente si
sarebbe diretta al suo solito banco accanto alla finestra –
aperta – ma quella
volta cambiò direzione come un automa parandosi davanti alla
rossa. Indossava i
suoi soliti abiti, una t-shirt gialla e bianca con la stampa cerchiata
di un
due sul petto, degli shorts di jeans sopra a dei leggings neri ed un
paio di
UGG appena sotto al ginocchio. Aveva un viso dai lineamenti dolci e
torniti,
grandi occhi azzurri incorniciati da ciglia flessuose e una spruzzata
di
efelidi sul naso all’insù.
‹‹ Ehm... questo posto è
occupato? ›› borbottò Frances,
indicando la
sedia accanto ad April, che si riavviò una ciocca rossiccia
sorridendole
leggermente perplessa.
‹‹ No, no, fai pure.
››
La bruna arricciò un angolo della bocca in un
principio di sorriso e si
sedette rigidamente accanto alla ragazza, posando lo zaino a terra e
sistemando
i libri sul banco. Durante le ore di chimica ci si sedeva due a due per
utilizzare un microscopio per banco. Frances si era preparata il
discorso da
fare quella mattina. La sera precedente le tartarughe avevano accennato
ad
April e Casey Jones, e la ragazza desiderava saperne di più
su quella faccenda
dei robot – anzi, dei Kraang
– e
tutto il resto. Così, mentre April osservava al microscopio
il minerale che la
prof aveva consegnato ai banchi per identificarlo, Frances prese
parola, forse
con troppa schiettezza: ‹‹ Tu conosci le
tartarughe, vero? ››
La rossa sobbalzò, facendo dondolare la sedia,
‹‹ E-eh?! Tartarughe? Ma
di che stai parl- ››
‹‹ Leonardo, Donatello, Raffaello e
Michelangelo, April. Gli conosco, mi
hanno salvato dai Kraang ieri sera. ›› la
interruppe Frances, abbassandosi un
poco la scollatura del top per mostrarle la garza della fasciatura.
April sbarrò gli occhi e la sua espressione si
fece truce ‹‹ Ho
incontrato le tartarughe in modo simile, quei dannati robot avevano
rapito me e
mio padre e- ››
‹‹ Signorina O’Neil
›› scandì la prof, arricciando il naso
‹‹ invece di
chiacchierare dovrebbe classificare il minerale che le è
stato assegnato. ››
‹‹ Mi scusi, prof
›› intervenne Frances pacata
‹‹ sono io che ho fatto
una domanda ad April. ››
‹‹ Rimanderete le domande a quando
avrete classificato opportunamente il
minerale. ››
La bruna sbuffò piano alzando velocemente gli
occhi al cielo. Lanciò uno
sguardo alla pietra cristallizzata e poggio la guancia sul palmo della
mano, ‹‹
E’ un sodanitro, della famiglia dei nitrati. La sua formula
scientifica è NaNO3.
Posso ascoltare la risposta di April alla mia domanda, ora?
››
La professoressa rimase basita, osservando Frances con i
suoi grandi
occhi da insetto sbarrati, balbettandole di essere meno sfacciata. La
ragazza
sbuffò una risata in direzione della rossa, alzando le
sopracciglia. ‹‹ April,
io vorrei trovare un modo per ringraziarli. Ma non so molto di loro.
Quindi...
verresti da me dopo la scuola? ››
April
restò a bocca aperta davanti a
casa di Frances. Dietro una recinzione di ferro battuto a regola
d’arte si
srotolava un prato dall’erba rorida e curata, cosparsa di
margherite selvatiche
ed aiuole di papaveri. La casa era in mattoni grigi, ma non di un
grigio piatto
ed uniforme: non c’era una tegola o una piastrella della
stessa sfumatura; ed
era geometricamente e simmetricamente perfetta. Davanti alla porta
d’ingresso
si apriva un porticato dalle colonne bianche semplici, tornite e
snelle. Erano
aperte quattro finestre dalle tapparelle verdi su ognuna delle due ali
laterali
dell’edificio, mentre sul tegolato del tetto spiovente
s’innalzavano due camini
come pinnacoli di un castello. Altre due imposte si protendevano
all’infuori
dal tetto, illuminando la mansarda. Frances teneva le mani unite dietro
la
schiena mentre camminava a passo spedito sul vialetto di ghiaia che
portava al
porticato dell’ingresso, come se si vergognasse. In effetti,
sembrava una nota
stonata in tutto quel tradizionalismo che grondava dalle pareti della
villetta,
l’unica nota di colore nel suo abbigliamento erano un paio di
parigine
scarlatte. Il resto era dai toni cupi: un paio di Dr Martens di vernice
nere,
dei pantaloncini a vita alta del medesimo colore ed un top scuro con le
maniche
a tre quarti.
‹‹ Allora, vieni?
›› la spronò Frances, da dentro
l’enorme atrio dalle
pareti di pietra color crema ed il pavimento di legno scuro e lucido
coperto in
parte da un finemente ricamato tappeto persiano.
April si riscosse ed annuì, correndo dentro,
ritrovandosi circondata da
muri spogli ed abbacinanti, dove talvolta alcune nicchie bordate di
semplici
stucchi e fregi dove spiccavano composizioni floreali dai colori
decisi. Una
scala curva dalle forme spiraleggianti girava attorno ad un complesso
lampadario
pieno di volute ed arabeschi di ferro battuto. Frances condusse April
nella sua
stanza, che si trovava nella mansarda, mentre la camera adiacente era
impiegata
come enorme cabina armadio.
‹‹ Wow! Ma i tuoi genitori che
lavoro fanno? ›› esclamò la rossa
ammirata, guardandosi attorno con gli occhi sgranati. Le pareti
dell’ampia
camera erano tinteggiate di un tenue color pesca, il letto ad una
piazza e
mezza era coperto da coltri stropicciate celesti e cuscini colorati ed
effigiati con immagini della Tour Eiffel. La parete dietro la testiera
era
completamente coperta di foto e poster, ed attaccata al soffitto
c’era una
trama intricata di luci natalizie gialle.
‹‹ Sono due chirurgi estetici, ma
lavorano sempre all’estero e tornano a
casa solo il weekend, se tutto va bene. ››
rispose Frances scrollando le
spalle, come se fosse la cosa più normale del mondo
‹‹ E tuo padre? Mi avevi
detto che avevano catturato anche lui, i Kraang.
›› domandò leggermente
apprensiva, buttandosi a peso morto sul materasso della grande amaca
quadrata,
affondando fra i cuscini.
‹‹ Oh, beh, in realtà
siamo riusciti a liberarlo ›› balbettò
April,
sedendosi accanto alla bruna ‹‹ Però
poi è entrato in contatto con del Mutageno
e... ›› la ragazza tentò di trattenere
il tremare nella sua voce.
‹‹ Mutageno? ››
‹‹ Ehm, sì. E’
una sostanza aliena che dà a chiunque lo tocchi le
sembianze dell’ultima creatura con cui è stato in
contatto. E’ così che sono
nate le tartarughe e Splinter è diventato... Splinter.
››
‹‹ Ah ››
Frances si sedette a gambe incrociate mettendo le mani sui
polpacci ‹‹ E, posso chiederti... insomma... tuo
padre... ››
‹‹ Un pipistrello gigante
››
La bruna ammutolì, abbassando il viso e
mordendosi le labbra ‹‹ Mi
spiace ››
Calò il silenzio come una coltre di freddo
grigiastro, pesante come un
piumino e soffocante come la neve imbrattata di fango di una slavina.
Frances
si sentiva spiazzata, quella faccenda degli alieni e dei mutanti le era
piombata addosso troppo velocemente, senza un pretesto, mancante di
movente. Passò
l’indice sulla stoffa liscia delle parigine tracciando
disegni immaginari sulla
trama liscia dei fili rossi.
‹‹ Beh, io per ora penso di sapere
solo che
a Michelangelo piace mettere le caramelle gommose sulla pizza.
›› disse
Frances, arricciando un angolo della bocca prima di aggiungere:
‹‹ Temo che
durante la mutazione qualcosa sia andato storto.
››
April scoppiò a ridere, una risata sguaiata,
che la piegò in due
facendole tenera la pancia con le mani. Una risata liberatoria,
perché gli
opposti si toccano e si attraggono, e Dio solo sapeva quanta voglia di
piangere
l’avesse attanagliata in quei momenti.
Ci
stavano lavorando da una mezz’ora
buona, da quando April aveva finito di ridere asciugandosi col dorso
della mano
una lacrima densa e fuggiasca reprimendo un singhiozzo. La rossa era
sdraiata
mollemente sull’amaca facendo dondolare le gambe accavallate
e giocando con una
palla da football di gommapiuma turchese, dettando a Frances ogni
passione e
passatempo dei quattro fratelli. Frances era seduta a gambe incrociate
sulla
poltroncina bianca da ufficio mobile e la seduta ruotabile, il gomito
poggiato
alla scrivania e la guancia al palmo, mentre nell’altra mano
stringeva una
penna chiusa dall’inchiostro blu elettrico che sbavava sul
foglio riciclato
viola aromatizzato alla lavanda. Faceva scorrere gli occhi sulla lista
vergata
da quella sua calligrafia quasi illeggibile, aguzza, minuscola ed
accavallata.
Pizza, allenamento, Giappone, videogiochi, Eroi Spaziali per Leo,
elettronica
per Donnie, azione per Raph, musica per Mikey... Infinite parole con
significati agli antipodi.
‹‹ Beh, facciamo così:
›› si riscosse April, sedendosi a gambe
incrociate, facendo ondeggiare l’amaca
‹‹ tu cosa sai fare bene? ››
Frances fece pendere il labbro da una parte, in un moto di
stizza ‹‹ Non
so... Me la cavo abbastanza con le fotografie. ››
‹‹ Uh, ho avuto un’idea!
Facciamo un book fotografico: possiamo metterci
immagini del Giappone, posso fare un disegno su Eroi Spaziali, cercare
l’immagine
di un combattimento... ››
La bruna si spinse col piede per far girare la seduta
della sedia,
buttando la testa all’indietro ‹‹
Ottima idea April, solo una domanda: dove
prendiamo foto del Giappone o di un combattimento. E ti prego non dire
Google. ››
L’altra ragazza si alzò in piedi con
un salto, sorridendo con
determinazione: ‹‹ Tu fidati di me, ci servono i
soldi per un taxi però, e la
tua macchina fotografica! ››
Ciao
belli! Allora, come vi sembra?
Spero di non aver deluso le aspettative e spero anche che questa April
vi
piaccia J.
Un
quesito: dove prenderanno le foto?
Che contributo darà April nel regalo? Come reagiranno le
turtles?
Rispondetemi cosa
accadrà secondo voi,
potrebbe essere un nuovo giochetto :D! Al prossimo cap!