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Autore: Euachkatzl    21/07/2015    4 recensioni
2013: la rivista Rolling Stone decide di pubblicare una biografia di uno dei gruppi rock più grandi di sempre, i Guns n' Roses. Ogni ex componente del gruppo viene intervistato singolarmente, vengono poste loro identiche domande. Ad una, però, rispondono tutti allo stesso modo.
"Un periodo della tua vita al quale vorresti tornare?"
"Febbraio 1986"
Ma che è successo, nel febbraio 1986?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Getto un'occhiata a destra e a sinistra, faccio una veloce giravolta su me stessa per assicurarmi che nessuno ci stia seguendo e riafferro il braccio di Slash, un po' più tranquilla.

"Così mi crei ansia" mi prende in giro lui. Ha poco da prendere in giro, sento perfettamente che pure lui è teso come una corda di violino: continua a guardarsi intorno come se da un momento all'altro dovesse comparire un dio della morte o qualche altra cazzata.

"Cerca di pensare positivo" suggerisce lui, tentando più di incoraggiare sé stesso che me.

"Siamo in un quartiere di spacciatori, a mezzanotte e mezza, per vendere droga" riassumo "Cosa c'è di positivo in questa situazione?"

 

Steven continua a parlare di Nicole e del fatto che sì, gli manca ma è già riuscito a farsene una ragione (aiutato dalla tizia che si è fatto nei bagni del Roxy), e che quindi è ora che anche lei la smetta con tutte queste storie.

"Vi siete mollati una settimana fa" gli ricordo: dal suo discorso sembra siano anni che lei gli fa da stalker.

"Esatto, penso sia passato abbastanza tempo per buttarsi tutto alle spalle e non pensarci più" conferma lui, come se il mio ragionamento avesse dovuto portare a quella conclusione.

Annuisco distratto, pensando che, invece, una settimana mi pare decisamente poco: sono passati anni da quando la mia prima ragazza mi ha brutalmente scaricato, e ancora non sono riuscito ad avere nuovamente una relazione seria. Non che mi interessi particolarmente accasarmi e mettere su famiglia, è solo che non ho più sentito le farfalle nello stomaco guardando una ragazza: le farfalle le ho sempre sentite un po' più in basso.

 

"Certo che possiamo ricominciare, ormai nessuno si ricorderà più della nostra figura di merda" tenta di incoraggiarmi Izzy, ma io non ci voglio nemmeno pensare. Dopo quella figuraccia non ho neanche il coraggio di tornare nei locali dove suonavamo di solito, figuriamoci riprendere in mano tutto.

“Potremmo cambiare nome” spara un'idea, facendomi rabbrividire. Non se ne parla.

“Sì, magari Guns n' Roses suona un po' da checche, possiamo metterci qualcosa di più cattivo” inizia a blaterare Izzy, dicendo una cazzata dopo l'altra. “Potremmo togliere il Roses”

Mi soffoco con la saliva quando propone questa sconcertante, indicibile idea.

“Togliere il Roses?” gli strillo in faccia. “E cosa vuoi metterci, al suo posto? Unicorni? Vuoi che ci chiamiamo Pistole e Unicorni?”

Izzy tenta di calmarmi, ma lo fa con la peggior frase che potesse tirare fuori.

“Non vuoi cambiarlo solo perché c'è il tuo nome” borbotta, cacciandosi le mani in tasca e proseguendo a testa bassa.

Stringo i pugni e prendo un respiro profondo. Non posso uccidere il mio migliore amico per strada. A parte il fatto che è l'unica persona di cui mi fido davvero, mi scoprirebbero subito, se aprissero un'indagine.

Rimando ad un altro giorno l'omicidio di Izzy e mi zittisco, tentando di non pensare a quest'assurda storia del riprendere tutto in mano e ricominciare. Abbiamo avuto un'occasione, l'abbiamo bruciata, stop.

 

“Ma se qualcuno ci chiede qualcosa e non capiamo cosa ci sta dicendo?” sussurro a Slash. Mi viene da parlare a bassa voce anche se qui non c'è nessuno, ora come ora sono impaurita da qualsiasi cosa. Il ragazzo mi guarda storto.

“Che c'è, non ti ricordi l'inglese?” domanda. Non trovo niente di sarcastico nel suo tono, quindi probabilmente non ha capito sul serio quello che gli sto dicendo.

“C'è tutto un linguaggio strano, in questo giro” spiego, abbassando ancora di più la voce; quasi non riesco a sentire nemmeno io quello che sto dicendo. Slash strabuzza gli occhi; perché ogni cosa che dico deve procurargli un'espressione stupida?

“Non ti sei mai fatta?” chiede, stupito. Certo, amore, sette anni con gli Aerosmith e non ho mai toccato nulla, come no.

“Ovvio che mi sono fatta” rispondo, ormai senza far nemmeno uscire la voce e usando solo il labiale “Ma la roba ce la trovavamo pronta in camerino, non sono mai dovuta andare in strada a comprarne”

“Oh” è l'unico commento di Slash. Almeno stavolta non ha fatto una faccia stupida. “Okay, parlo io, tu tira fuori le tette un altro po' e siamo a posto”

 

Faccio sedere Steven sul ciglio del marciapiede, dato che, a causa della crisi isterica che sta vivendo, non riesce nemmeno a camminare.

“Mi manca tantissimo, Michael. Lo capisci? Mi manca da morire” urla ai quattro venti, spalancando le braccia. Mi siedo di fianco a lui e mi prendo la testa tra le mani; abbiamo una carriera come spacciatori, di fronte a noi: tutti vorranno comprare da un orsacchiotto in lacrime e da un palo esasperato.

 

“Come hai fatto a finire dentro al giro?” chiede incuriosito Izzy, appoggiandosi al muro e accendendosi una sigaretta. Faccio spallucce.

“Conoscevo gente” mi limito a rispondere, vago: meglio che non mi metta a raccontare di come ho conosciuto Joe, o del perché mi ritrovi perennemente in debito con lui.

“Gente che ti ama parecchio, se ti affida tutta questa roba” infierisce Izzy, che evidentemente vuole farsi i cazzi miei a tutti i costi. Fruga un po' dentro lo zaino, decretando che quella che stiamo vendendo non è solo erba.

“Perspicace” commento. Tiro un pugno sul braccio di Izzy quando vedo un tizio avvicinarsi, che come noi continua a guardarsi alle spalle.

 

“Secondo me dovremmo andare noi da qualcuno a chiedere” suggerisce Slash, e in effetti non ha tutti i torti. Non sarò un'economista, ma penso starsene fermi in un vicolo cieco dove non passa neanche un cane sia controproducente.

“Tu hai idea di come si fa?” borbotto, controllando lo smalto sulle unghie, che si è già rigato.

“Si tocca la spalla al tipo e si chiede se vuole qualcosa” spiega il ragazzo, che sta tentando di dimostrarsi vissuto e con esperienza in ogni campo della vita. Sempre che spacciare droga si possa considerare 'un campo della vita'.

“E se tocchi la spalla al tipo sbagliato?” mi informo, anche se so già la risposta alla domanda, che sarà qualcosa sul fare rissa o roba del genere.

“Tranquilla, dolce donzella, la proteggerò a qualsiasi costo” mi rassicura Slash con tanto di inchino.

Sollevata, lo prendo a braccetto e mi lascio guidare verso 'posti migliori', come li definisce lui.

“Soprattutto perché il rosso ha detto che devo stare attento a te perché non vuole portarsi a letto qualcuno con un occhio nero” aggiunge, guadagnando un pugno dalla sottoscritta.

 

Dopo aver camminato per quelle che mi sono sembrate ore (in realtà sono stati dieci minuti, ma Slash va come un treno e stargli dietro ti uccide, anche se sei allenato), entriamo in uno dei locali del nostro quartiere in cui avevo giurato di non mettere mai piede. Di giorno è il classico bar dei vecchi (sì, esistono dei vecchi a Los Angeles, non siamo tutti ventenni come nei film), ma di notte non è il miglior bar dove fermarsi a prendere un caffè: c'è un modesto giro, nel retro del locale, e Saul sembra essere a proprio agio in mezzo a tutta questa gente.

“Sei già stato qui?” sussurro, anche se avrei potuto benissimo urlare e nessuno mi avrebbe comunque sentito, dato il brusio insistente.

“Un paio di volte” risponde. Quel 'paio' è lo stesso che dici al dottore quando ti fa qualche domanda scomoda: 'Quante sigarette fuma al giorno?' 'Un paio', 'Quanti bicchieri beve il sabato sera?' 'Un paio'.

“Senti, ci sono giorni in cui bisogna festeggiare” si giustifica Slash, capendo che ho intuito che quel paio, in realtà, è un paio di dozzine.

“Io sono l'ultima che può giudicare” commento, alzando le mani e ricordandomi che c'è stato un periodo, con gli Aerosmith, in cui non sono mai stata davvero lucida: ero sempre o ubriaca o fatta, e i ricordi di quelle settimane sono tutti abbastanza confusi o del tutto assenti.

Slash mi accompagna nel retro del locale e saluta un po' tutti; sembra conoscere ogni singola persona qui, e il problema è che nessuno appare molto raccomandabile. Anche se, a dirla tutta, nemmeno noi appariamo molto raccomandabili.

Una mano si appoggia sul mio sedere mentre sfiliamo di fronte a un gruppo di cinquantenni, e mi viene parecchia voglia di voltami e prendere a schiaffi chiunque abbia osato toccarmi, ma respiro profondamente e tento di calmarmi: dobbiamo riuscire a vendere qualcosa; ne va del nostro appartamento, dato che a breve dovrebbero pure arrivare affitto e bollette.

 

Faccio un cenno col capo al tizio che continua ad avvicinarsi a noi, notando troppo tardi che non è un tizio qualsiasi.

“Ragazzi” saluta il biondo di cui sia io che Jeff ci ricordiamo perfettamente. Il biondo che ci ha piantati in asso quando ci hanno scoperti in playback. Il biondo che ha detto 'Tanto io ho la mia band' e ha preferito svignarsela prima che le cose si mettessero male.

Il ragazzo si ferma davanti a noi con un sorriso falso quanto i capelli di Duff. Io e Izzy lo guardiamo incrociando le braccia al petto, come se da un momento all'altro potessimo spazientirci e pestarlo, quando in realtà non ce lo sogniamo nemmeno: non mi è mai piaciuto iniziare risse senza senso, come fa di solito Slash.

“Che sono quei musi lunghi, ragazzi? Pensavo vi avrebbe fatto piacere rivedermi” continua a sfottere il biondo, mantenendo costante quel sorriso falso e bugiardo.

“Vattene” ordino a denti stretti, tentando di sembrare il più minaccioso possibile. Come cazzo ha fatto questo tizio a trovarci, se ci siamo imbucati in un vicolo dove non passa nessuno?

“Cercavo il tizio che mi rifornisce di solito” spiega Vince, quasi leggendomi nel pensiero. “Non è che l'avete visto in giro?”

“No” risponde Izzy, secco. “Qui ci siamo noi, e penso che faresti meglio ad andartene”

Vince, che sembra intenzionato il più possibile a rompere il cazzo, tira fuori il labbruccio e fa il verso a Jeff, facendomi andare fuori di testa: io odio la gente che fa il verso, è una cosa talmente infantile che non dovrebbe nemmeno sfiorare la mente di nessuno. Respiro profondamente e deglutisco, ritrovando la calma, o almeno facendomi passare l'istinto di prendere Vince a pugni in faccia.

“Te la vendiamo noi la roba” suggerisco, calmo. Il biondo mi guarda stranito, e subito mi pento di quello che ho detto: di sicuro andrà a parlare in giro di quel gruppo che, dopo essersi rovinato la carriera ancora prima di iniziarla, è finito a spacciare droga.

“D'accordo” annuisce il ragazzo, facendo spallucce.

 

Un paio di ragazzoni vestiti di nero si avvicinano a noi, sentendo Steven urlare e lamentarsi rumorosamente.
“Volete un paio di caramelle della felicità?” propone uno, mostrandoci la mano aperta e piena di pasticche colorate.

“Volentieri” mugugna Steve, prendendone una generosa manciata. Prima che quelle pilloline finiscano nella sua bocca, faccio in tempo a dargli un colpo con la mano e a far cadere tutto sull'asfalto sporco, ricevendo una serie di insulti da parte dei due ragazzi. Uno, particolarmente incazzato, sta già brandendo un pugno all'aria, pronto a spedirmelo dritto in faccia.

“Suvvia, il tuo amico vuole solo essere felice” tenta di placare gli animi l'altro, fermando il suo amico e salvandomi letteralmente la faccia.

“Abbiamo altri modi per essere felici, noi” rispondo a tono, rendendomi conto dopo che questa frase ci fa sembrare due gay che cercano solo un posticino nascosto dove 'essere felici'.

“Già, abbiamo anche noi quella roba nelle borse” borbotta Steve, aprendo lo zaino che aveva in spalla e mostrandone il contenuto ai ragazzi. Mi sto chiedendo se Steven si sia drogato prima di uscire o se sia così stupido di suo.

“Insomma siamo colleghi” sorride uno, dando di gomito all'amico, che coglie al volo le sue intenzioni.

“Giusto” attacca l'altro “Andiamo a bere qualcosa, ragazzi. Offriamo noi”

Tento di afferrare Steven, ma sono troppo lento: lui si è già alzato e, ancora con gli occhi lucidi, si sta avviando con i due ragazzi verso un bar dall'altra parte della strada.

 

“Il solito, Vince?” chiede un ragazzo arrivando da dietro, già con un paio di bustine in mano. Vince, voltandosi, saluta il suo spacciatore di fiducia e dice che no, non gli serve niente perché noi l'abbiamo già rifornito a sufficienza. Impreco silenziosamente contro quel pezzo di merda: si sa che agli spacciatori non fa piacere che il loro miglior cliente vada da qualcun altro, e men che meno che quel qualcun altro stia occupando il loro posto.

Il ragazzo incrocia le braccia al petto e ci guarda dall'alto. Deglutisco, riflettendo su un'ottima scusa e su un modo per svignarsela il più in fretta possibile: non mi va di essere pestato per la seconda volta in meno di una settimana.

“Allora noi andremo...” mi congedo, mormorando. Riusciamo a muovere un paio di passi ma, proprio quando penso di aver superato il pericolo, sento una mano afferrarmi dal colletto della felpa. Sospiro, rassegnato, e mi rendo conto che abbiamo ancora molta strada da fare, come spacciatori.

 

“E' la terza volta che qualcuno mi tocca il culo” sussurro a Slash, che si è comodamente appoggiato ad un muro, scrutando la clientela. “Se arriva anche la quarta io inizio a tirare schiaffi”

Lui fa spallucce.

“E' una legge di mercato, il cliente ha sempre ragione” commenta, continuando a fissare un tizio promettente.

Di colpo, Slash parte in direzione di quel ragazzino, più spaventato che altro: sembra sia capitato qui per caso. Seguo il mio socio d'affari e mi avvicino al ragazzo, che dimostra sedici anni o giù di lì.

“Vuoi vendere a lui?” chiedo a Slash: non mi va l'idea che inizino a drogarsi così presto: la droga ti devasta, se non sei ancora pronto (come se si potesse essere pronti, dopotutto).

“Quanti anni avevi quando ti sei fatta per la prima volta?” domanda di rimando Slash. Nemmeno rispondo, mi limito ad abbassare la testa e guardare il pavimento: la prima volta che mi sono fatta in vena avevo quindici anni; ero scappata dal collegio appena due settimane prima.

Slash, nel vedere che è riuscito a spegnermi, sorride soddisfatto, per poi dedicare le sue attenzioni al piccolo cliente, che quasi si spaventa nel vedere un omone del genere avvicinarsi a lui.

“Ciao, piccolino” gli sorride Slash, e quasi scoppio in una risata nel sentire il modo in cui gli parla. “Ti sei perso, per caso?”

Giusto per rincarare la dose, Saul si piega sulle ginocchia come si fa quando si discute con un bambino. Il ragazzino, visibilmente impaurito, non ha il coraggio di dire nulla.

“Come mai sei qui a quest'ora? Non è un bel posto, questo” continua Slash, scandendo ogni singola parola. Fa per allungare una mano verso il ragazzo, ma questo si sposta di scatto.

“Io…” inizia questo, cercando le parole giuste o solo un minimo di coraggio “Io cercavo roba”

“Quanti anni hai, piccino?” domanda Slash. Io continuo ad ascoltare, in disparte: non capisco cosa stia aspettando per vendere e andarsene.

“Quindici” risponde il ragazzo, deglutendo rumorosamente e facendo un paio di passi indietro quando Slash si avvicina a lui. Guardo gli occhi del ragazzino, rivedendo esattamente i miei il giorno in cui il mio ragazzo tornò contento con una dose di eroina in mano. Nemmeno avevo il coraggio per infilarmi l'ago, tanto ero spaventata. Allo stesso modo, il ragazzino è terrorizzato, e probabilmente si sta chiedendo perché cazzo gli è venuta l'idea di andare a comprare.

“Ecco” dice Slash, posando una mano su una spalla del ragazzo “Ora porti il tuo culo a casa il più velocemente possibile e ti chiudi in camera tua, e non esci finché non ti saranno passate queste idee del cazzo che ti ritrovi”

Detto questo, si alza e torna ad appoggiarsi al muro, lasciandomi di sasso. Il ragazzo esegue velocemente gli ordini di Slash e sparisce tra la folla. Lo seguo finché non riesco più a vederlo, inghiottito dal capannello di gente formatosi attorno alla porta d'ingresso.

“Pensavi davvero che gli avrei permesso di finire come noi?” mi chiede Slash, vedendo la mia faccia stupita. Improvvisamente, mi rendo conto di essere una persona spregevole.

 

Entriamo nel peggior bar di tutto il quartiere, quello in cui di giorno si accumulano quantità infinite di nonnetti, ma che di notte diventa il centro di un piccolo giro di droga.

I nostri due accompagnatori, se così si possono definire, spariscono velocemente tra la folla, diretti verso un preciso tavolo.

“Ma dovevano offrirci da bere” si lamenta Steven, ingenuo come sempre. Io non dico una parola. Ho un brutto, bruttissimo presentimento.

Tento di afferrare Steven e di spiegargli che dobbiamo uscire di qui al più presto, ma un tizio seduto al tavolo (il più grosso, ovviamente) ci ha già adocchiati e sta venendo verso di noi con fare minaccioso. Io non volevo casini, almeno non anche oggi. Abbiamo problemi tutti i santi giorni, perché non potevamo stare calmi a casa a guardare la televisione, stasera?

 

“Vendete?” chiede un tizio a me e Slash, che stavamo discutendo su come passare una crisi d'astinenza restando sani di mente. Ci voltiamo di scatto; l'uomo, sulla cinquantina, ci sta fissando, anche se l'occhio gli cade spesso sulle mie tette.

“Sì” confermo, anche se con un po' di diffidenza.

“Buono a sapersi” sorride l'uomo, prima di cacciare un pugno in pieno volto a Slash.

 

L'ennesimo pugno sullo stomaco mi fa rendere conto che non potrò reggere ancora per molto, e che sarebbe molto meglio darsela a gambe, per quanto poco virile sia. Tento di incrociare lo sguardo di Jeff e proporgli silenziosamente una fuga, ma lui è piegato in due sotto i colpi di Vince, quella testa di cazzo che ama metterci nella merda, e che ora sta pestando per bene il mio migliore amico. Io lo uccido.

 

Il tizio si ferma davanti a me e Steven e io, da perfetto idiota ma anche da perfetto amico, mi faccio avanti. Cosa peggiore non potevo farla.

Ricevo uno spintone che mi obbliga a fare qualche passo all'indietro; almeno non ho perso l'equilibrio, o avrei fatto una figura di merda a cinque secondi dall'inizio.

Compiacendomi di quanto bravo sia, provo a tirare un pugno al tizio, che però riesce a fermarmi e a farmi pentire di averci provato.

 

La prima idea che mi viene in mente è quella di aiutare Slash a pestare l'uomo ma, dato che il riccio sembra cavarsela piuttosto bene, preferisco dedicarmi a quello che sta arrivando alle sue spalle. Non me la cavo male nel picchiare, nonostante sembri tanto piccola e carina ad una prima occhiata: quattro anni passati a vagabondare e a farsi ospitare da sconosciuti ti insegnano a difenderti. Ma soprattutto, dato il fatto che sono una ragazzina così dolce (all'apparenza), posso sempre sfruttare il fattore sorpresa e il fatto che a nessun uomo piace prendere a pugni una donna.

Sto per avvicinarmi al tizio che ho adocchiato quando un paio di mani mi afferrano per le spalle e mi tirano verso il muro. Un uomo si para di fronte a me, intrappolandomi tra il suo corpo e la parete.
“Andavi da qualche parte, bambina?” mi chiede sarcastico, ricevendo in risposta uno schiaffo decisamente troppo forte per una bambina. Quasi mi stupisco anch'io della forza che ci ho messo; probabilmente è la rabbia repressa contro Axl, che mi permette di picchiare così pesante.

L'uomo si sfrega la guancia, e la sua espressione cambia decisamente: dal sarcasmo che dimostrava prima, passa ora a una rabbia che non promette nulla di buono.

 

Con un potente strattone, riesco a liberarmi dalla presa del tizio e a fargli perdere l'equilibrio, facendolo cadere pesantemente a terra. Senza perdere un secondo di più, riesco a tirare via Izzy dalle grinfie di Vince e a trascinarlo via, nonostante le sue proteste.

“Taci e mettiti a correre” gli ordino, muovendo le gambe il più velocemente possibile. Lui borbotta qualche protesta, dato che voleva fargliela vedere a quello stronzo, ma preferisce saggiamente seguire il mio consiglio.

Schizziamo fuori dal vicolo e ci rendiamo conto che sia Vince che il tizio non ne hanno avuto abbastanza e si sono messi a rincorrerci. Ma che cazzo vogliono, quelli? Non bastava pestarci un po', devono per forza continuare a torturarci?

Giro bruscamente a destra, afferrando Izzy per un braccio e trascinandolo con me; conosco la zona, e so che qui vicino c'è un bar che di notte è parecchio affollato, grazie al piccolo giro di droga che si è creato nel corso degli anni (e del quale abbiamo fatto largo uso pure noi). Non dico di andare lì a vendere, ma almeno confondersi tra la gente e non farsi notare.

Appena entrati, notiamo che non è il miglior posto dove rifugiarsi, dato che c'è già una rissa in piena regola, e non tra persone qualsiasi: Duff è a cavalcioni di un tizio, che a quanto pare non se la sta passando parecchio bene, mentre Steven, in piedi su un tavolo, minaccia un paio di ragazzi utilizzando una stecca da biliardo.

Mi volto e vedo Vince e l'altro entrare; a quanto pare ci hanno notati. Ignorando bellamente i nostri due compagni, vado a nascondermi con Izzy nel retro del locale.

 

“Anche voi qui?” sento Slash salutare, ma non riesco a voltarmi per vedere chi sia arrivato, dato che l'uomo continua a tenermi appiattita al muro, senza smettere di fissarmi per un secondo. Stanca di stare ad aspettare che lui faccia la prima mossa, prendo l'iniziativa e alzo repentinamente un ginocchio, colpendo l'uomo in un punto parecchio sensibile. Lui si lascia fuggire un gemito e finalmente sento la presa sulle mie spalle allentarsi. Velocemente, scivolo via, non prima di aver lasciato un altro calcio all'uomo e avergli insegnato che anche le bambine sanno picchiare duro.

Un altro paio di mani mi afferra, ma stavolta riesco a voltarmi e tirare un pugno a chiunque abbia provato a toccarmi. Mi accorgo, con una punta di sadico piacere, che il malcapitato è Axl.

“Ma sei cretina?” urla, tastandosi la guancia.

“Dov'è Jeff?” chiedo, guardandomi intorno preoccupata. Non so se rilassarmi o preoccuparmi ancora di più quando lo vedo aiutare Slash, che era stato quasi messo a tappeto dall'uomo che io avevo idea di pestare prima che succedesse tutto quel casino.

“Però picchi bene, ragazza” commenta Axl, continuando ad accarezzarsi la guancia. “Beviamo qualcosa?”

Guardo sconvolta il ragazzo, già pronta a tirargli un altro pugno sul naso. Tuttavia non ne ho il tempo, dato che due biondi che conosco parecchio bene irrompono nella stanza dove ci troviamo; Steven ha in mano una stecca da biliardo, e la brandisce come se avesse la stessa potenza distruttrice di una spada laser.

“Buonasera” saluta Duff, intrattenendosi con noi, mentre Steven e la sua arma di distruzione di massa vanno ad aiutare Slash e Jeff. “Il proprietario è un po' stizzito dal nostro comportamento, e suggerirei di andarcene velocemente prima di essere ancora più nella merda”

Annuisco vigorosamente alla proposta di Duff, recuperiamo i tre che stanno ancora combattendo valorosamente e li trasciniamo verso la porta di servizio del locale.
“Isbell!” mi sento chiamare da qualcuno. Faccio in tempo a voltarmi e scorgere di sfuggita i capelli biondo platino di Vince, prima che Axl chiuda la porta.

 

Mi lascio cadere a peso morto sul divano; non sono mai stato così contento di appoggiarci il culo.

“Qualcuno è ferito?” chiede premurosa Jeanette, guardandoci uno dopo l'altro. Tutti facciamo segno di no con la testa: siamo un po' ammaccati, ma nulla di preoccupante.

“Qualcuno è riuscito a guadagnare qualcosa?” chiede Axl, decisamente meno interessato alle nostre condizioni di salute. Tutti facciamo nuovamente segno di no.

“Abbiamo pure perso gli zaini” aggiungo, passandomi le mani sul viso e tastandomi lo zigomo che ha iniziato a gonfiarsi. Il rosso ci guarda con gli occhi sgranati, per poi ammettere che anche lui ha dovuto abbandonare la borsa per darsi a una vergognosa fuga.

“Però siamo riusciti a vendere qualcosa” lo salva Izzy, spento subito dopo dal commento di Axl, che gli ricorda che il tizio non li aveva ancora pagati quando era arrivato l'altro omone.

“Insomma non siamo bravi nemmeno in questo” fa notare Jeanette, sedendosi sulle mie ginocchia, dato che il divano è occupato dagli altri e il pavimento non sembra comodo quanto le mie cosce.

“No, è solo che Joe ci ha mandati fuori senza spiegarci nulla” si giustifica Axl “Oggi pomeriggio vado a parlargli e sentiamo se riesce a darci delle zone dove non rischiamo di venire pestati”

“Non puoi dirgli che non lo vogliamo fare?” chiede Steve, riflettendo la domanda di tutti.

“No” taglia secco Axl, prima di chiudersi in camera.

 

Non potrei mai mollare Joe così, non dopo che ho preso un impegno tanto grande. Gli ho dato la mia parola, e dopo quello che lui ha fatto per me non posso rimangiarmi tutto.

 

“Quindi che facciamo?” chiede Duff. Tutti ci voltiamo a guardarlo e iniziamo a borbottare commenti su Axl, sullo spacciare in piena notte, sui giovani che si drogano, finché non finiamo col discutere delle migliori cazzate che abbiamo fatto dopo esserci fatti di qualcosa.

“Ti ricordi di quella volta che abbiamo cavalcato i delfini?” se la ride Slash, rivolto a Duff.

“E io vi ho dovuto tirare giù dal cornicione del tetto” aggiunge Jeff, che non sembra avere un ricordo altrettanto divertente della situazione.

“Capita, amico, capita” Slash gli tira un pugno su un braccio. “E comunque quella volta che hai iniziato a levitare siamo stati io e la pertica a tirarti giù”

“Eravate voi che mi vedevate levitare, io ero solo seduto” spiega mio fratello, venendo completamente ignorato dai due.

“Steven però rimane sempre il migliore” ride Slash, che a quanto pare ha parecchie storie da raccontare su quest'argomento. Ci voltiamo verso Steve, ansiosi di sentirne una, ma lo troviamo accasciato sul divano, con la testa all'indietro e la bocca semiaperta, senza dare segni di vita.

“Secondo voi è morto?” sussurra Slash, che improvvisamente si è fatto serio. Una poderosa russata da parte del biondo ci conferma che non è morto e ci fa rendere conto che è meglio andare a dormire, prima di crollare come lui.

 

Mi sveglio a causa del sole che punta direttamente contro i miei occhi e mi rendo conto che dobbiamo aver dormito parecchio. Mi alzo e vedo Jeanette dormire sull'altro letto, dato che Steven le ha rubato il suo posto sul divano. Silenziosamente, facendo attenzione a non svegliarla, esco dalla stanza e vado in cucina, notando dalla piccola sveglia sopra al frigo che sono le tre del pomeriggio.

“Salve, chiunque tu sia” saluta distrattamente Izzy, intento a fissare qualcosa di apparentemente interessantissimo fuori dalla finestra. Non rispondo, agguanto un pacco di biscotti e vado a sedermi sul divano, svegliando Steven e facendolo alzare di malavoglia.

Slash esce dalla sua stanza ancora mezzo rincoglionito, chiedendo se Axl sia qui o sia scappato verso lidi migliori.

“E' scappato” rispondo, dando un'occhiata al bagno e scoprendolo vuoto. Poco male, almeno il rosso non ci coinvolgerà più in idee strampalate.

 

Supero i cancelli del parco e noto Joe seduto sulla solita panchina, intento a guardarsi intorno.

Quando sono abbastanza vicino, lo saluto con un cenno della mano, ottenendo un sorriso di rimando.

“Allora, com'è andata?” mi chiede, arruffandomi i capelli non appena mi siedo accanto a lui. Non gli rispondo, semplicemente mi limito ad alzare la maglietta e fargli notare i lividi violacei all'altezza dello stomaco.

“Se magari il signorino mi avesse detto dove andare, avrei evitato di finire in zone già occupate” commento acido, ricordandogli che non mi aveva dato alcuna indicazione su dove andare o su cosa fare. Lui annuisce distrattamente, come se del mio discorso non gliene fregasse nulla.

“Quindi mi stai dicendo che non hai guadagnato niente” deduce. “E magari hai pure perso la roba”

Mi guarda, e dal mio silenzio capisce che sì, abbiamo perso la roba senza nemmeno guadagnarci un centesimo.

“Ti sto dicendo anche che voglio tirarmene fuori” aggiungo tutto d'un fiato, non molto convinto di quello che sto dicendo: non penso che mi permetterà di farlo, ma tanto vale tentare. Joe si limita a sorridere divertito, facendomi intuire che ho appena sparato una gran cazzata.

“Dopo tutto quello che ho fatto per te, tu vuoi tirarmi pacco così?” chiede, guardandomi ridendo.

“Non potrai continuare a rivendicare diritti per tutta la vita” gli faccio notare, arrampicandomi sugli specchi: certo che può, sono stato io l'idiota che gli ha detto che avrebbe fatto tutto quello che voleva.

“Invece posso” mi ricorda lui, soddisfatto. “Quindi ti do un altro po' di roba e stasera torni a spacciare”

Afferro controvoglia il sacchetto che mi porge e, stanco, mi alzo e mi dirigo a testa bassa verso casa.

Io e le mie idee del cazzo.

 

“Dobbiamo andare in ospedale” è il saluto di mio fratello non appena esco dalla stanza di Duff e vedo tutti radunati in salotto. Tutti tranne sua maestà il grande Axl. Quando connetto orecchie e cervello, mi spavento non poco.

“E' successo qualcosa?” chiedo preoccupata, guardando mio fratello.

“Devo farmi togliere i punti” mi ricorda lui, mostrandomi la mano ancora fasciata.

“Giusto” commento io, che mi ero completamente dimenticata che dieci giorni fa Steve e un bicchiere rotto hanno attentato alla vita di mio fratello.

 

Saluto con la mano Jeanette e Jeff che escono, una con una faccia più stanca dell'altro.

“Noi che facciamo?” chiede Slash, che non sapendo come ammazzare il tempo sta riportando in salotto il disordine che Axl aveva messo a posto solo ieri. Jeff, che evidentemente ha sentito la domanda, apre il portone di scatto e ci ordina di andare a cercare un locale dove poter suonare.

Tutti e tre lo fissiamo, tentando di capire se ci prende per il culo o fa sul serio, e quando il portone si chiude finiamo per fissarci a vicenda.

“Tutto sommato, non mi dispiacerebbe ricominciare a suonare” commenta Slash, che incredibile ma vero accetta un'idea proveniente dall'esterno e non dalla sua testa bacata. “Non ho passato anni ad esercitarmi per finire a morire di fame in un appartamento del cazzo”

Nonostante non muoia dalla voglia di uscire e farmi riconoscere come 'quello che suona in playback', mi infilo le converse ed esco con gli altri due, uno più entusiasta dell'altro all'idea di ricominciare ad esibirci.

 

Mi siedo affianco a Jeff sulle scomode poltroncine della sala d'attesa, dopo aver camminato per un quarto d'ora in lungo e in largo per la stanza deserta.

“Iniziavi a farmi girare la testa” commenta divertito Jeff.

“Voglio trovare i miei veri genitori” dico tutto d'un fiato, chiedendomi subito dopo se lo penso davvero o no. Jeff rimane in silenzio, non si volta nemmeno a guardarmi.

“Sei sicura?” si limita a chiedermi.

Annuisco, sentendo un improvviso groppo in gola. Lui sospira.

“Lo sai che ti aiuterò” mormora, quasi a disagio in una conversazione così importante “Ma ci saranno molte conseguenze”

Lo so. Non mi sono mai messa a riflettere davvero su cosa potrebbe succedere se li trovassi, ma un paio di idee me le sono fatte. A parte il fatto che la ricerca potrebbe rivelarsi lunga e complicata ma infruttuosa, e questo causerebbe sofferenza e basta, ci sono molte altre ipotesi da considerare. Scoprirei perché sono stata rifiutata; magari per una ragione giustificata, magari mia madre era troppo giovane e sola, o magari troppo povera per permettermi una vita felice. Tuttavia, potrebbero anche avermi lasciata da parte per puro egoismo.

“Lo sai che potrebbero non essere le persone che ti aspetti, vero?” mi mette in guardia mio fratello, visibilmente preoccupato dalla mia scelta.

“Sinceramente, non saprei nemmeno cosa aspettarmi” mormoro, appoggiandomi alla spalla di Jeff e lasciandomi abbracciare.

 

“Dove andiamo per primo?” chiede Steve, passeggiando e continuando a parlare felice, come se fossimo in vacanza.

“Evitiamo qualsiasi posto in cui andavamo di solito” suggerisce Slash “E andiamo in qualche locale di merda, dove verremo pagati cinque dollari a serata ma almeno potremo suonare”

Acconsentiamo con le proposte del saggio Saul e continuiamo a camminare in cerca di un luogo adatto per ricominciare. Passiamo davanti al Roxy e tentiamo di ignorarlo, ripensando a quanto in alto eravamo arrivati e a quanto in basso siamo caduti in una sola serata.

 

Rientro a casa e, con immenso piacere, la scopro vuota. Lascio cadere il sacchetto con la roba sopra al comò e mi butto sul divano, trovando un pacco di biscotti sopra il tappeto. La fortuna inizia a girare.

Compiaciuto, sgranocchio qualche biscotto e do un'occhiata alla confusione che si sta già ricreando, probabilmente incoraggiata da Slash. Un foglio in particolare attira la mia attenzione. Mezzo scribacchiato, è seminascosto da una serie di carte con sopra canzoni e disegnini di dubbio gusto.

Raccolgo il foglio in questione e gli do una rapida scorsa, ricordandomi che è quello dove avevo appuntato il testo della canzone che Jeanette aveva canticchiato al funerale di suo zio, o suo nonno, o qualcuno che non mi ricordo. Rileggo le parole scritte in velocità, correggendone qualcuna e modificando intere frasi, spostando il ritornello e le strofe. Farei prima ad accartocciare il foglio e a scrivere qualcosa di nuovo da zero, ma non ce la faccio: queste poche parole sparse a casaccio hanno un non so che di magnetico.

 

Jeff entra nell'ambulatorio e attendo che se la sbrighi con il medico, sfruttando quei venti minuti (cinque per togliergli i punti e un quarto d'ora per fargli la predica) per riflettere su come potrebbe essere la mia vera famiglia, e su cosa ho sempre pensato riguardo l'adozione. E' una vita che dico che la vera famiglia non è quella biologica ma quella che ti cresce, ma nel mio caso sinceramente non so cosa pensare. Non sento mia nessuna delle due famiglie. Una mi ha rifiutata quando sono nata e l'altra mi ha rifiutata qualche anno dopo. Forse la mia vera famiglia è quella che si sta creando adesso attorno a me, con i ragazzi.

 

Entriamo in una bettola che sembra dover cadere a pezzi da un momento all'altro e ci guardiamo intorno, notando dal fondo della stanza un signore dietro al bancone guardarci in cagnesco.

“Parla tu” suggerisce Steven poco amichevolmente, spingendomi davanti a lui.

Sfodero il mio miglior sorriso e saluto affabilmente il signore.

“Che cazzo volete?” chiede lui, decisamente meno affabilmente.

“Siamo un gruppo...” inizio il racconto, ma vengo prontamente fermato dall'uomo, che si lamenta che siamo il terzo che si presenta nel giro di una settimana, e che lui non ne può più.

“Ma noi siamo più bravi degli altri” tenta di dire Slash, ma sceglie saggiamente di seguire me e Steve e uscire prima che gli arrivi un boccale dritto sul naso.

 

Do you need some time on your own

Do you ned some time all alone

Everybody needs some time on their own

Don't you know you need some time all alone

 

Canticchio per l'ennesima volta quello che dovrebbe essere il ritornello della canzone, ma che non mi convince poi tanto. Mi passano alcune soluzioni per la mente, dal dargli fuoco al modificarlo, ma i miei ragionamenti vengono interrotti brutalmente dal campanello che suona. Lascio che la persona al di là della porta continui a scampanellare, sperando che se ne vada, e ripeto la strofa un'altra volta.

 

Io e Jeff saliamo le scale in silenzio. Arrivati al pianerottolo, notiamo una ragazza dai capelli corti davanti alla porta di casa nostra, intenta a suonare il campanello senza però ricevere alcuna risposta.

“Nicole” la chiamo. Lei si spaventa nel sentirmi, ma quando mi riconosce sorride.

“Duff mi aveva detto di passare da voi, oggi, ma non credo ci sia nessuno” spiega, indicando la porta.

“Cercavi Steve?” le chiedo, convinta che la risposta sarà sì. Nicole, infatti, annuisce.

“Meglio se ripassi domani, non sappiamo quando torna” le suggerisco: ho già abbastanza problemi per la testa, non voglio una tragedia amorosa in salotto. Almeno non oggi.

Nicole mi abbraccia e se ne va velocemente. Ora che è tornato il silenzio, sento Axl canticchiare da oltre la porta. Sta canticchiando una canzone ben precisa.

 

Sussulto e nascondo il foglio sotto i cuscini del divano quando sento la porta aprirsi e Jeanette e Izzy entrare in casa.

“Tutto bene?” chiedo. Izzy mi mostra il suo polso nuovo di zecca e annuncia che sì, va tutto bene.

 

Sono ormai le dieci di sera e dei ragazzi nessuna traccia. Capisco che dovevano trovare un locale dove suonare, ma inizio a pensare che siano andati a cercarlo in Ohio.

Quando sono ormai sul punto di chiamare la polizia e denunciare la loro scomparsa, la porta si apre e i nostri indomiti e impavidi eroi entrano in salotto. Slash, decisamente euforico, annuncia che stasera si suona al Roxy.

 

Tutti ci fissiamo stralunati, non credendo ad una sola parola di quello che ha appena detto Slash.

“Avete trovato la droga che avevamo perso e vi siete fatti” tenta di trovare una spiegazione Izzy, ma i ragazzi sembrano piuttosto seri, per quanto esaltati.

“Dovremo suonare cover del cazzo ma non ha importanza, abbiamo un ingaggio” urlacchia Slash, raccogliendo la sua chitarra da terra e uscendo senza nemmeno portarsi dietro la custodia.

“Come cazzo avete fatto?” grida Izzy esagitato, correndo in camera a recuperare la chitarra.

Jeanette, un po' pensierosa, è ancora seduta sul divano a fissare il vuoto, come se tutto quello che sta succedendo attorno a lei si stia svolgendo in un altra dimensione.

Uno scossone di Duff la riporta al mondo reale e lei si ridesta, interrompendo qualsiasi cosa stesse pensando. Sorride, contenta della notizia, e si lascia trascinare fuori dall'appartamento.
Esco anch'io, chiudendo silenziosamente la porta dietro di me.

 

“Siete qui solo perché avete avuto il culo di capitare quando avevamo appena scoperto che il gruppo di stasera ci aveva tirato pacco” ci accoglie il proprietario del Roxy, visibilmente contrariato nel rivedere i ragazzi nel locale. “Non provate a suonare niente di vostro, fate cover, fate battute stupide, ma non fatevi riconoscere”

Se ne va lungo il corridoio, borbottando qualcosa a bassa voce contro di noi. Lo seguo con lo sguardo, perdendomi poi a fissare un punto indefinito nell'aria. Ultimamente mi succede spesso.

“Jeanette” mi chiama Axl, afferrandomi un braccio. “Devo chiederti un favore”

“Pensavo fossi tu il mio schiavetto” rido, ricordando il patto che abbiamo stipulato ieri.

“No, è una cosa importante” la voce del rosso diventa improvvisamente seria, e di colpo capisco. Axl mi porge un sacchetto.

“Qui dentro? Ma sei fuori di testa?” ribatto, sconvolta. Io non mi metto a vendere dentro al Roxy, in mezzo a tutta questa gente.

“Due isolati dopo casa nostra c'è una strada con un pub di irlandesi. Nel vicolo di fianco al pub spacciano quelli di Joe” mi spiega, paziente ma tentando di essere il più convincente possibile. “Stasera sei tu quella di Joe”

“Da sola” mormoro. Non è una domanda, ho perfettamente capito che non ci sarà nessuno con me. “Non puoi dire a Joe che ce ne tiriamo fuori? Avete ricominciato a suonare, possiamo trovare i soldi così”

“Non posso” si rifiuta Axl. “Buona fortuna”

Buona fortuna un cazzo, tanto sono io quella che deve rischiare il culo mentre tu stai a ballare su un palco.

Incazzata e impaurita, esco dal locale e mi dirigo verso il luogo che mi ha spiegato Axl, iniziando mentalmente a pregare qualche santo affinché vada tutto bene.

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Nota dell'autrice:
Ciao, sono tornata con un altro capitolo, anche se ci ho messo un po' tanto perchè sto scrivendo migliaia di cose (so che volete che ve le spammi, tranquilli, più tardi lo faccio).

Comunque, parliamo di cose serie: cosa faranno i ragazzi? *zan zan zaaaaaan*
Continueranno a spacciare (o meglio, a farsi predere a pugni) o riusciranno a tornare alla ribalta? E la piccola dolce Jeanette (diciamocelo, non è mai stata dolce) supererà incolume questa notte? E Izzy riuscirà a suonare anche se si è appena tolto i punti, dopo dieci giorni passati con un polso steccato? E io riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo in tempi decenti? E perchè cazzo è ricomparso Vince, che non c'entra nulla?

La risposta a questa e molte altre domande nel prossimo capitolo (che temo arriverà minimo tra un paio di settimane, perdonatemi c.c)

Un bacio a quelli che sono stati felici di rivedere Febbraio,
euachkatzl.

P.S.: come vi avevo promesso, lo spam; ho qualche storia in attivo e mi farebbe piacere che ci deste un'occhiata c:
Nella sezione degli Avenged Sevenfold (so che piacciono anche a voi, sì sì) (ho tirato pacco a un ragazzo perchè ha parlato male dei Sevenfold, ma è un'altra storia), ho in attivo The Pentacle e A word to the wise when the fire dies (l'ultima la trovate tra le serie);
Nella sezione Multiband ho in corso una songfic altamente demenziale, intitolata Hail to the Divah (e tra un po' compariranno anche i nostri amati Guns).

Okay, giuro che ho finito, fateci un giro se ne avete voglia :3
Bye,
euachkatzl.

 

 

  
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