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Autore: Mirajade_    22/07/2015    3 recensioni
Hinata Hyuga vive una vita semplice, fatta di scuola e lezioni di violino.
Queste sono le parole di ogni studente.
Hinata Hyuga è una ragazza che adora scoprire le debolezze della gente, scoprire il motivo di ogni lacrima, il perchè "Nessuno vive una vita perfetta".
Hinata Hyuga vive da sola, almeno così sembra: padre assente e madre morta. L'unica famiglia che le rimane e sua sorella minore che di giorno in giorno degenera, prova ogni esperienza, dal fumo alla droga.
Naruto Uzumaki è un orfano, scappato tante volte dalla propria famiglia adottiva. Ribelle, cattivo, odia il suo lavoro e la sua vita, è un falso misantropo.
Dal testo:
–Sei la sorella della ragazzina, suppongo. Questo spiega la tua presenza stamattina al capannone- perspicace, stranamente, un ragazzo perspicace –Dille di stare alla larga da me e dagl’altri, non vogliamo più averla intorno-
***
La droga è la speranza di chi speranza non ne ha più. La vita è un lungo malinteso.
***
-Potresti essere uno stalker, un assasino, un pedofilo, un maniaco, un pazzo, un serial killer... di tutto- dico assumendo un espressione ovvia mentre vedo aleggiare un sorriso divertito, alla mia reazione, sul suo volto ed anche io, stranamente, sorrido. Un sorriso vero.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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Nightingale


Somebody speak to me, cause im feeling like hell 
Need you to answer me, I'm overwhelmed 
I need a voice to echo, I need a light to take me home 
I need a star to follow, I dont know.

 

La pesante stoffa della felpa nera aderisce alla mia pelle, facendomi sudare freddo. La gola accenna la sensazione fastidiosa di una tosse imminente, facendomi così coprire fin sotto il naso con il collo della felpa. Il vento è freddo ma quasi in uno stato di calma che si abbina perfettamente allo sfondo di grattacieli illuminati e stelle poco visibili a causa del cielo pece.
Non so perché ho deciso di fidarmi, solamente fidarmi, come una sorella si fiderebbe di un fratello.In fondo mi sono lasciata trasportare.
Sono sempre stata dell’idea che noi non viviamo, trascorriamo solo dei momenti e quelli più piacevoli li marchiamo nella nostra mente.Un po’ come le nostre azioni… quelle più semplici sono sempre quelle più sbagliate e ci viene quasi naturale fare una stupidata, mentre quelle più difficili sono sempre quelle dove la maggior parte delle volte devi pensare a ogni dettaglio, alle conseguenze, all’azione successiva e alle azioni che faranno chi ti sta accanto ,fino ad arrivare alla conclusione che man mano ti porterà al nulla, al punto di partenza… sempre.
Le azioni strane invece… sono appunto strane, non pensi e non parli ma non ti viene neanche spontaneo. Lasci che il tuo corpo semplicemente si abitui e capti ogni aura maligna o benigna cercando di capire in poco tempo se la scelta è giusta… e poi neanche te ne accorgi: raccogli tutto e ti insinui in nuove esperienze.
-Sei venuta…- sento, quasi un sibilo,come una voce che non parla da mesi e che deve riprendere confidenza con l’aria che fa vibrare le corde vocali.
Quando abbasso lo sguardo dal cielo opprimente scorgo la sua figura lontana di poco ,sempre nel solito vestiario scuro. Questa volta però i capelli sono lasciati liberi e messi in risalto dalla luce lattiginosa dei lampioni lontani, si accendono di una tenue sfumatura giallo-biancastra. Una perfetta mescolanza tra le ombre troppo scure e le luci troppo opache.
Non so effetivamente cosa rispondere a quell’affermazione, non sono la tipa da “Non avevo niente da fare”, sono più quella che non sa cosa dire in ogni situazione.
-Cosa vuoi fare? Intendo… perché vuoi la mia presenza?- una delle poche volte dove non balbetto, ma quel termine, “presenza”, sembra una cosa strana in questo contesto…
Mi mordo la lingua.
Lo vedo sorridere divertito, abbassare lo sguardo verso il marciapiede e rialzarlo:- Perché no?- chiede semplicemente.
Adesso sono indecisa se ridere o urlare stranita, ma non so urlare .Mi esce quasi sempre o un tono da funerale o una voce acuta imbarazzante.
-Potresti essere uno stalker, un assassino, un pedofilo, un manico, un pazzo, un serial killer… di tutto- dico assumendo un’espressione ovvia. Intanto vedo aleggiare sul suo volto un sorriso divertito, come in risposta alla mia reazione ,così anche io, stranamente, sorrido. Un sorriso vero.
La mia voce, mi accorgo solo adesso, è risultata leggermente stridula.
-Beh, non hai fatto resistenza  quando ci “siamo conosciuti” non vedo perché dovresti farla adesso, dopo che ho salvato la tua verginità da Sasori- lo vedo mentre cerca di trattenersi dal ridere, incrociando le braccia e tossendo.
Arrossisco, lo percepisco dal calore delle mie guance, troppo caldo, scottante sotto gli occhi.
-Che ne puoi sapere tu se sono vergine o meno?!- sbraito e mi faccio seria incrociando anche io le braccia indignata. Di giorno sarà pure il solito ragazzo affascinante e misterioso ma solo ora riesco a vedere questa nuova sfumatura da schiaffi.
-Vuoi negarlo?-
Sarei già rientrata dentro, in casa, forse urlando qualche imprecazione insignificante se non fosse stato per il taxi nero accostatosi sotto il lampione da cui stava uscendo una figura alta e senza il minimo dettaglio, a parte dei lunghi capelli e due valigie pesanti alle mani. D’istinto prendo il biondo per la manica della felpa ,iniziando a correre verso la strada che porta al centro città, lontano da quel taxi e da quella figura.
Quando ci fermiamo ho il fiatone, le gambe mi dolgono e le mani sembrano attraversate da mille aghi a causa del freddo. Respiro velocemente appoggiandomi sulle ginocchia e coprendomi la vista con i lunghi capelli che non mi sono preoccupata di legare.
-Chi era?- ora il suo tono è serio .Non sembra affaticato come me e immagino lui e le sue giornate passate a correre e scappare dagl’occhi della gente comune.
-Dovrebbe essere mio cugino- ansimo rimettendomi in posizione eretta. Le guance subiscono il forte impatto del vento freddo dandomi una sensazione di sollievo.
-Ma certo ,Hinata Hyuga non può essere vista dalla famiglia di ricchi spocchiosi in compagnia di un ragazzo di strada- ride incrociando le braccia dietro la nuca e cominciando a camminare verso le luci cittadine, sicuro che l’avrei seguito.
Sembrava divertito, presuntuoso e incupito,nonostante quella posizione del corpo che sapeva tanto di relax.
-Non conoscevo questo tuo lato solare, Naruto-kun- è la prima volta che lo chiamo per nome e mi fa uno strano effetto. Come solletico sul ventre, e graffi nello stomaco; non so se definirla una sensazione piacevole, voglio soltanto alzare il volume della voce e ridere magari, per motivi che sconosco.
-Primo…- inizia socchiudendo gli occhi e fissando un punto impreciso davanti a lui – È  la magia del giovedì sera, la magia del “puoi fare quel cazzo che vuoi”- sorride mostrano lievemente una dentatura dritta e bianca, di chi è ha passato gli anni delle medie con l’apparecchio dentale –Secondo… solo Naruto- il sorriso scompare ritornando serio.
-Va bene- dico in un sussurro- E dove stiamo andando, Naruto-kun?- mi corpo le labbra con la mano, come quando i bambini dicono una parola volgare –Scusami, è l’abitudine- rimedio ,ma lui sembra non farci caso, sorride solamente infilando le mani nelle tasche dei jeans.
-Ci divertiremo. Non preoccuparti ,non ti porterò in vicoli stretti per drogati se è quello che pensi, non faccio spesso affari la sera- soffia tra le labbra con tono normale, parlando di quello che fa con una naturalezza spaventosa.
Mi limito a stare in silenzio, fissando la pietra del marciapiede alternarsi e riscaldando le mani nelle maniche della felpa.
Quando tornerò rivedrò mio cugino, tutto diventerà più difficile, persino la vita di Hanabi che, essendo adesso quindicenne, verrà presa di mira anche da lui, forse venendo insultata più pesantemente di come sono sempre stata insultata io. In fondo stiamo parlando di Hanabi, colei che fa sfoggio delle sue dipendenze, rinfacciando al mondo quella poca e invisibile libertà che possiede, essendo una Hyuga.
Forse sarò anche incolpata da lui di queste dipendenze, e non gli darò torto, perché in fondo è vero. È come se con il mio silenzio le avessi concesso ogni cosa, abbandonandola  a se stessa con le mie parole mai dette.
“Adesso si prosegue da soli” forse . “Io per la mia strada, tu per la tua”.
L’unico aiuto adesso è Tenten, che va avanti con un dolore simile al mio, sfogandosi di tanto in tanto.
 Una nuova sorella… infondo soddisfa tutti i requisiti per essere una Hyuga, se non fosse solamente per i suoi occhi color terra.
Adesso sono tra le strade di Konoha, nel vento fresco degl’ultimi giorni d’inverno con accanto un ragazzo che giorni fa mi ha confessato quello che sono diventata ormai per i ragazzi della mia età. Dovrebbe essere solo una copertura quella del “mi appartieni” , ma più le ore scorrono più io prendo seriamente questa cosa.
La risposta di tutto questo è ovvia. Io so perché voglio che questo strano rapporto diventi sempre più forte…
Prima della morte di mia madre non ho mai avuto amici, semplicemente per il fatto che non uscivo mai dalla villa e che frequentavo lezioni private. Vivevo nel più completo oblio, oppressa dal silenzio ,aggrappandomi alla figura di mia madre. Lei c’era sempre, in ogni minuto della giornata lei era lì a spazzolarmi i capelli o a insegnarmi a leggere, anche quando aspettava Hanabi e faceva fatica a muoversi con l’enorme pancione lei era accanto a me con un sorriso stampato sul volto e gli occhi di una ragazzina.
Mio padre invece, mai esistito, a malapena ricordavo il suo volto, non era mai in casa e certe volte per ricordarmi le sue fattezze frugavo tra gli album di fotografie di famiglia. Adesso la sue presenza si è fatta sentire maggiormente, a causa della mancanza di una figura autorevole e femminile in famiglia, ma non è cambiato nulla. La sua vita è legata a quelle scartoffie e a quella dannata azienda.
Quando arrivò quel giorno, quello stramaledetto giorno, mi accorsi di quando fosse stato violento l’impatto con la realtà: ritrovarsi tra la gente comune, senza una figura sempre ad osservarti e sostenerti, da sola in un mondo dove il minimo sbaglio ti segna a vita, come se s’incidesse sulla tua stessa pelle sotto lo sguardo di tutti.
E adesso dopo gli anni, i mesi, i giorni a piangere, a tremare, ad avere paura di ogni conseguenza delle mie azioni l’ho finalmente ritrovata, quella figura. Dura, rigida, inquietante ,opprimente e possessiva ,ma rassicurante, perché è come se fossi protetta da tutto e tutti.
Racchiusa in una sfera di vetro fatta di sicurezze e certezze, ma una sfera fragile che può rompersi al minimo sbaglio della vita, alla minima frase. Un qualcosa di così debole che devi imparare a non racchiuderci dentro tutta te stessa. Ma se ormai fosse troppo tardi? Io.… non ci riesco.
 
-Scuotila e dai il via all’immaginazione- Sakura mi porge una bomboletta di vernice. I suoi occhi sono illuminati perfettamente in due smeraldi e i capelli pastello sono tenuti sistemati da una fascia per capelli.
Sarà passata una mezz’ora da quando io e Naruto siamo arrivati alla nostra meta, una di quelle piccole piazzette completamente dimenticate dove il massimo che puoi trovare è una di quelle panchine in legno marcio, rotte. La prima cosa che avevo notato, arrivando, era lo sguardo truce di Sasuke Uchiha che sembrava volesse urlarmi contro di starmene alla larga.
Solo un lampione lontano riusciva a illuminare la piazzetta desolata e quel solo lampione rischiarava il viso pallido del ragazzo, che parlava in tono basso attraverso una sciarpa scura e strappata in alcuni punti.  Accanto a lui c’era una ragazza dal viso radioso ma nel contempo  annoiato dalle discussioni che avevano preso luogo tra i sette ragazzi di quel gruppo vestiti in un nero lugubre.
Lontano da noi sedute a terra tre ragazze, vestite anch’esse di nero, invece, erano impegnate a fumare e muovere frettolosamente le dita sullo schermo illuminato del cellulare.
Mi sentivo fuori luogo, lo ammetto, ma non quella sensazione data dalla curiosità della gente, forse era proprio l’ indifferenza a farmi cadere in un oblio.Come se non fossi una persona, ma semplicemente qualcosa passato di lì, fermo e apatico, inutile, senza un’importanza precisa.
-Piacere- avevo alzato lo sguardo dalle strane mattonelle di quelle piazza, piccola ma con una certa eleganza, sfregiata dal tempo e dai disegni su qualche edificio nei paraggi, notando subito gli occhi verdastri di quella ragazza, con una felpa un po’ troppo grande per lei e i capelli corti rosa –Sakura Haruno- aveva allungato un braccio verso di me mostrando solo le dita della sua mano, che uscivano a malapena dalla manica della felpa –Sei la nuova amica del baka. Ho sentito parlare in giro di te, Hinata- avevo stretto lentamente quella manica mentre il mio stomaco sembrava restringersi.
-Pi…piacere mio Sakura-san-
-Chiamami solo Sakura o Sakura-chan, se ti fa piacere- aveva socchiuso un occhio e io non feci altro che annuire.
-E’ la prima volta che lo fai, vero?- aveva chiesto ed io avevo annuito mentre il mio sguardo si soffermava sul suo viso dolce e spensierato che stonava con quell’aria di nicotina, sangue, crimini e malessere –Allora stai vicino al gruppo. Io sono un amica di Sasuke- aveva alzato gli occhi al cielo alla parola “amica” e aveva ripreso il suo sorriso –Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure, sai non ci sono molte ragazze qui e le uniche sono ormai un tutt’uno con il loro cellulare- osservò le tre ragazze ma riportò velocemente il suo sguardo sul mio e dopo aver sentito il suo nome, chiamato da Sasuke, si girò giusto il tempo per prendere al volo una bomboletta di vernice spray e porgermela  con quel sorriso.
-Che… che dobbiamo fare?- chiedo con una punta di timore fissando la bomboletta fredda nelle mie mani. Su di essa a caratteri cubitali compare la scritta “Bloody” e come sfondo una chiazza rossastra.
Mi guardo intorno soffermandomi su i tanti graffiti che arricchiscono i muri spogli e le tante scritte in pennarello indelebile, alcune ormai illeggibili. Come una delle tante cicatrici sbiadite che qualche volta mi ritrovo sul corpo, sono sbiadite ma ci sono, segno di tutti gli anni passati e di tutte le volte che sono riuscita a trattenermi, che non mi sono lasciata completamente andare, perché so di non doverlo fare.
-Vandalismo- ghigna divertita la rosata scuotendo energicamente la bomboletta.
Spalanco gli occhi. Gli atti di vandalismo non li ho mai capiti, soprattutto quello dell’imbrattamento della città, e adesso mi sto ritrovando a eseguire uno di quelli.
-Perché?- chiedo ricevendo uno sguardo stranito da Sakura; sicuramente non sapeva che rispondere.
-Perché è divertente- dice alzando le spalle –Ti rilassa e poi puoi fare quel cazzo vuoi. Tipo rubare un’auto… ma l’ultima volta che l’ho fatto ho dovuto cambiare casa a causa degli sbirri- spiega incrociando le braccia dietro la testa e mostrando un perfetto sorriso a trentadue denti. Sorrido, forse per la semplicità con cui si esprime con me, forse perché mi diverte il suo modo di essere.
Scendo con lo sguardo sul lato del suo collo dove un tatuaggio disegna radici sottili scure, attorcigliate tra di loro fino a diventare così sottili da mischiarsi alle pieghe della pelle. Su ognuno di essi ci saranno si e no una decina di piccoli fiori rosati; i bellissimi fiori di un ciliegio giapponese.
Lei deve aver notato il mio sguardo interessato e meravigliato rivolto al suo tatuaggio e sorride – È il mio albero preferito- spiega scostando la felpa scura in modo da far vedere il prolungamento delle radici sulla schiena – Forse è colpa del nome- ride – Ti piacciono i tatuaggi?- mi chiede poi risistemandosi la felpa.
-Si, mi sono sempre piaciuti ma non ne ho mai fatto uno- rispondo
-Come mai?-
Inghiotto amaramente – Mio padre mi ucciderebbe-
Lei sembra sbuffare –Scusami se te lo dico… ma è un coglione. Quanto li odio quei genitori del tipo niente tatuaggi,niente piercing, niente uscite tardi, niente cose non di marca… ma dovevo immaginarlo, tuo padre è quello spocchioso di Hyuga- subito dopo queste parole si copre la bocca con una mano –Oddio scusami! Non intendevo dire che tu fossi spocchiosa… -
Alzo le spalle indifferente –Non preoccuparti, non mi sento di esserlo, anche se non sei la prima che me lo dice-
-Scusami ma ho dimenticato che fosse tuo padre e sai com’è… i figli vengono come marchiati a vita dalla reputazione dei loro genitori, ecco perché sono contenta di non averli!- sembra tranquilla e rilassata mentre pronuncia quelle parole. Il viso stirato in un’espressione libera e felice – Per tutti però non è cosi, conosco gente appartenente a famiglie di “alto calibro” che sono le prime a sputare per strada o fumare canne come se dipendessero da quello- stranamente sento una strana stretta all’altezza dello stomaco che via via si propaga fino al cuore, quella descrizione rispecchia così tanto Hanabi che devo mordermi aggressivamente l’interno della guancia per evitare di piangere.
-Ed io?- chiedo curiosa e interessata a la risposta che potrebbe dare – A quale categoria appartengo?-
Sogghigna benevola –Lo scopriremo- mi prende per un polso e corre fuori da quella piazzetta urlando un “A dopo stupidi idioti”, mi volto quanto possibile per vedere l’espressione di Naruto divertita e quella di Sasuke, al suo fianco, che sembra volersi dare uno schiaffo nel bel mezzo del viso.
 
-Solamente un tiro- quasi implora Sakura porgendomi una sigaretta appena accesa. Sento già il pessimo odore del tabacco bruciato e la sola idea di infilarmi una sigaretta in mezzo alle labbra mi fa rabbrividire –Questa sera si tenta cara Hinata- si sporge dalla terrazza di quel vecchio appartamento abbandonato, abitato solamente da qualche senzatetto o alcolizzato ( la rosata si era precedentemente infiltrata nell’appartamento come se fosse la cosa più naturale mentre apriva la porta principale con una portentosa pedata).
 Il suo sguardo è rivolto alla strada che si scorge di sotto dove compare il suo “capolavoro” di vernice: tanti piccoli disegni ammucchiati ,la maggior parte raffiguranti le pupille multicolore di un occhio.
-È  tabacco?- chiedo facendo accendere una luce di speranza nel suo sguardo.
-Tabacco. Puro tabacco … non ti farò provare altro, sappilo- mi sventola la sigaretta davanti al viso per poi avvicinarsela alla bocca e aspirare.
Questa rientra nelle notti più strane che abbia mai vissuto, sicuramente, sono stata tirata in ogni luogo angusto della città a disegnare malamente o scrivere citazioni deprimenti sui muri con la paura di venire vista… e adesso l’ultima tappa è farsi un tiro… ma perché no? Infondo devo concludere la serata in bellezza, no? Se lo possono fare Hanabi e Tenten, suppongo che possa farlo anche io.
Prendo la sigaretta lentamente tra le dita.
-Se muoio- inizio con un sorriso divertito –sappi che i miei fiori preferiti sono le margherite- e avvicino l’involucro di carta e tabacco alle labbra. Aspiro lentamente mentre la sensazione della gola scorticata inizia a farsi sentire, ha un retrogusto orrendo, di tabacco e fumo e brucia, brucia dannatamente, fino ai polmoni ,lasciando nel suo percorso dalla trachea  fino agl’alveoli una sensazione disgustosa, come se stessi marcendo per pochi e veloci secondi.
Porgo di nuovo la sigaretta a Sakura mentre un lieve giramento di testa inizia a farsi sentire e tossisco.
-Allora?- mi chiede mentre cerco di controllare i colpi di tosse – Com’è stato?-
-Vuoi saperlo veramente?- lei annuisce
-Un completo schifo… dio mio, come fai?- i colpi di tosse si placano completamente potendo così respirare quella poca aria pulita della città.
-Abitudine- alza le spalle –Guarda sono arrivati i ragazzi- lancia un’occhiata di sotto e noto quattro figure immerse nelle loro lugubre felpe scure. Si mimetizzano perfettamente con l’oscurità e la luce dei lampioni, fievole e sporca. Ognuno di loro alza lo sguardo verso di noi, anzi verso Sakura, facendo segnale di scendere.
La ragazza accanto a me sbuffa –Abbiamo finito per sta sera. Ci sarai la prossima settimana?-
-Non so… non so che dirti- ma lei sembra ormai non sentirmi più, scatta in avanti, tendendo le orecchie e dilatando le pupille fino a coprire gran parte delle iridi verdastre. Punto lo sguardo verso un paio di luci colorate che si scorgono in lontananza da una strada buia e solo quando sento il rumore assordante mi allarmo. Il cuore sembra fermarsi e lo stomaco chiudersi completamente in una morsa impaurita.
Naruto e gli altri ragazzi iniziano a correre, li vedo allontanarsi e dividersi tra di loro e poi l’auto della polizia proprio sotto i miei occhi.
-Presto dobbiamo andarcene!- quasi urla Sakura
Cerco di avvertirla che se usciamo dalla porta principale ci faremmo sicuramente prendere ma lei mi zittisce con un gesto della mano –Useremo le scale antincendio. Spero che tu sappia correre veloce- mi prende per un polso e inizia la sua folle corsa, saltando i vari scalini dell’interno della palazzina e trascinandomi anche a costo di farmi cadere per terra. La porta dell’uscita d’emergenza è completamente distrutta e gettata in un punto impreciso della scala. Imbocchiamo le scale antincendio entrando nella completa oscurità di una strada, non riesco a vedere nulla se non luci lontane e questo non rende di certo più facile la mia corsa.
Sakura corre velocemente, trascinandomi nel buio e costringendomi a sforzare le gambe in una maniera assurda ,fino a non sentirle più. Sento i poliziotti dietro di noi che ci intimano di fermarci e le loro scarpe a contatto con delle piccole pozzanghere invisibili.
Quando la strada sembra finire e le luci farsi più accese scorgo di nuovo la figura dei ragazzi incappucciati.
-Adesso ti lascio! Mi raccomando corri fino alla fine! Io vado con Sasuke- lascia la presa dal mio polso imboccandosi in un vicolo cieco e scavalcando agilmente una ringhiera di ferro dove l’ombra o meglio la figura di Sasuke si staglia inquietante.
Il cuore adesso mi sale in gola sono da sola, inseguita da due poliziotti a giudicare dal rumore e con la testa ancora confusa a causa della sigaretta. So che mi prenderanno, lo so!
Cosa dovrei fare alla fine della strada? Urlare? No…. No… non posso essermi veramente rovinata solamente per un ragazzo! Kami miei…
Chiudo gli occhi, le gambe adesso mi fanno un dolore cane e le lacrime sembrano premere attraverso le palpebre. Sento una forte presa e le gambe fermarsi di colpo. Mi lascio invadere completamente il dolore e la fatica pressante e lacerante della corsa. Uno strano calore emerge davanti a me e riapro lentamente gli occhi, un po’ lucidi. Non distinguo nulla se non i cappelli di Naruto e il suo viso che cerca di tranquillizzarmi e farmi stare zitta mentre il suo corpo e pericolosamente vicino al mio. Solo ora mi accorgo di essere appoggiata ad una parete, in una di quelle stradine strette dove albergano solo bottiglie di vetro completamente frantumate e piccole siringhe incastrate negl’angoli.
Dopo un paio di minuti in cui le orecchie mi fischiano Naruto si allontana da me. Il suo cappuccio ricade sulla schiena liberando quei capelli biondo ambra chiaro. Lo sento ridere e la mia rabbia sale per la sua risata.
-Vuoi spiegarmi perché stai ridendo?!- sbottò incrociando le braccia
-Dai… è stato divertente-
-Cosa?! Non c’era nulla di divertente!- affermo – Se venivo presa erano cazzi miei, tanto per parlare volgare, non tuoi! Mio padre mi avrebbe rinchiusa in casa per anni o mi avrebbe spedita in qualche campo militare o peggio non mi avrebbe mai mandata all’università!- la rabbia si placa subito sentendo quel sentimento non appartenere alla mia natura, un sentimento che mi sta troppo stretto.
-Ma non è successo- dice lui alzando le spalle e spingendomi fuori da quel vicolo per poi imboccare una serie di piccole stradine maleodoranti. Lui tiene le mani dentro le tasche della felpa giocando con quella che sembra un pacchetto di sigarette girandosi di tanto in tanto per vedere se sono viva.
Il mal di testa si affievolisce leggermente anche se sento ancora il fumo premere contro le mie membra e bruciarle con insistenza. Non posso ancora crederci di averlo fatto, io che sono sempre stata dell’idea “niente droga, niente sigarette, niente alcool”,  ma so che non lo rifarò mai più, non ne sento il costante bisogno come accade ad Hanabi. Sospiro silenziosamente affiancandomi al biondo che adesso si appresta ad accendere una sigaretta tra le dita.
-Ti riaccompagno a casa?- mi chiede iniziando ad aspirare e tenendo l’oggetto della sua dipendenza tra il pollice e l’indice.
-No- dico. Non voglio ritornare a casa ,dove un cugino prepotente mi aspetta forse attende che mio padre torni dal lavoro prolungato fino al giorno dopo semplicemente per avvertirlo della mia mancanza. Quantomeno se resto fuori per tutta la notte posso dire di aver dormito a casa di Ino.
Immagino già i rimproveri, gli insulti, le urla e spero fermamente che non si aggiunga altro a tutto questo, non lo sopporterei.
Naruto mi guarda interrogatorio – E dove vorresti andare?-
-Da qualunque parte, ma ti prego, non a casa mia- tra le luci dei lampioni e i suoni assordanti dei clacson che si trovano in quella strada, noto il sogghigno che si dipinge sul suo volto.
 

-Kami miei, devo smetterla di darti ascolto- sospiro tenendo le fastidiose scarpe in una mano con il solo intento di gettarle in mezzo alla strada e vedere un macchina passare loro addosso.
“Perché le indossi?” mi chiedono sempre e io rispondo che sennò mi sento una tappa. Una ragazza bassa. Rientrerò nella media ma è una questione mia, non qualcosa che faccio per farmi notare dagl’altri.
Davanti a me barcolla leggermente Rock Lee che ,lamentandosi del doloroso mal di testa rischia più volte di cadere sul marciapiede e lasciandosi abbandonare al sonno e alla stanchezza.
-Quella non era una festa!- mi lamento – mentre tante piccole pietruzze mi scorticano viva la pianta dei piedi –Era un bordello! Una casa con dentro un bordello, mancavano solamente i pali e le puttane nude in giro, e sfortunatamente quelle non mancavano del tutto!- ma il mio amico d’infanzia sembra non ascoltarmi concentrandosi interamente al suo disagio. Vorrei sferrargli un pugno solamente per essere stata ignorata, ma non ci riesco… fosse stato un altro lo avrei atterrito.
-Comunque io sono arrivata- dico fermandomi davanti l’inizio di una strada con pochi lampioni – Più avanti c’è villa Hyuga. Cerca di proseguire senza svenire o altro- lo avverto e lui mi fa cenno con la mano che va tutto ok, ma non è tutto ok, almeno lui non lo è.
Gli do una leggera pacca sulla spalla procedendo poi verso la mia strada, guardando con attenzione il marciapiede per evitare d’incontrare pezzi di vetro o altro con cui potrei dilaniarmi il piede.
I miei genitori sembrano essere svaniti, forse basta loro un misero messaggio per sapere qualcosa sull’incolumità della loro figlia o semplicemente non hanno la faccia e le palle per presentarsi davanti a  me chiedermi scusa, e non accadrà mai il contrario. Non sento la loro mancanza, non mi mancano i loro commenti e la loro presenza ,anzi da quando sono andata via posso finalmente affermare di essere tranquilla, rilassata e raggiante senza i soliti “Non puoi fare questo!” o “Smettila di frequentare certa gente!” o peggio ancora “Volevamo farti conoscere un ragazzo”.
Arrivata davanti alla villa scavalco con facilità il cancello dirigendomi sul retro completamente al buio e acutizzando la vista per riuscire a scorgere l’edera, finta o vera che sia, su una facciata del muro. Afferro una radice iniziando a sollevarmi ,agganciando i piedi dove è più adatto, fino a raggiungere il primo piano. Alla mia destra noto il balconcino di Hinata e lontano alla mia sinistra la finestra aperta di quella che ormai potrei definire la mia stanza. Strano, ricordo di averla lasciata socchiusa e non penso sia stato il vento ,visto che è completamente assente,ad aprirla.
Mi muovo sempre sull’edera fino ad arrivare alla finestra desiderata ,appoggiandomi al davanzale per poi sollevarmi ed entrare in camera. Durante la scalata ho scordato quelle odiose scarpe di sotto, ma non ne faccio un problema.
La camera è totalmente scura e con stanchezza mi sfilo la canotta che avevo indossato gettandola in qualche angolino con l’intenzione di ripescarla il giorno dopo. Faccio per gettarmi contro il letto ma qualcosa attira la mia attenzione, uno spiraglio di luce provenire dal bagno in camera e  i lievi rumori di un movimento.
Che sia Hanabi? Dubito, non ne avrebbe motivo.
Hinata? No, è uscita con Naruto Uzumaki.
Hiashi Hyuga? Perché mai quell’essere inesistente dovrebbe presentarsi in camera?
Chiunque sia non posso rischiare e inizio a cercare nel buio la mia canotta con l’aiuto dei piedi. Fantastico, sei un genio Tenten!
Nella stanza si accende un bagliore proveniente dal lampadario di pessimo gusto e nel mio accecamento rischio di sbattere contro un mobile.
-Chi sei tu?- mi irrigidisco. Voce mai sentita, maschile, cattiva, fredda… non mi piace. Mi volto verso il bagno notando la figura seminuda di un ragazzo, sicuramente appena uscito dalla doccia, con i capelli lunghi umidi e uno sguardo che sembra volerti congelare e bruciarti vivo. Gli occhi sono uguali a quelli di Hinata e Hanabi con un tono più azzurro ma che rimane sempre sulla cadenza lilla. Senza volerlo il mio sguardo scende sul petto scoperto arrossendo, se il mio si può definire arrossire.
-Chi sono io?!- ripeto riprendendo controllo delle mie azioni o meglio della mia visuale –Chi sei tu?!-  chiedo con sfacciataggine incrociando le braccia, cercando di coprire la mia parte superiore coperta solamente dal reggiseno.
-Colui che potrebbe sbatterti in prigione- sibila, incrociando anche lui le braccia arricciando le labbra in un espressione di superiorità mista all’egoismo.
Se solo potrei gli sferrerei un pugno su quella faccia da stronzo che si ritrova.
-Ti consiglio di parlare se non vuoi che ti denunci-
-Ti consiglio di ammutolirti se non vuoi che ti bastoni- ribatto. Non m’importa se davanti a me c’è un possibile Hyuga che potrebbe farmela pagare troppo amara, l’unica cosa che riesco a vedere io al momento è la figura di uno stronzo che cerca di darsi delle arie.
-Veramente?- chiede lui divertito –E sentiamo… con quale coraggio ci proveresti?-
Faccio per ribattere ma un ripetuto bussare alla porta ha il potere di fare svanire ogni singola parola. L’infisso si apre lasciando entrare Hanabi, un pigiama scuro indosso e gli occhi arrossati da chissà che cosa.
-Chi ti ha detto di entrare?-
-Non iniziare Neji- alza gli occhi al cielo la quindicenne, spostando poi l’attenzione su di me –Esci Ten- mi ordina poi indicando con la testa fuori dalla stanza.
-Allora è amica tua, questa qui- dice con sdegno quello che ho capito essere Neji. Nel frattempo che parla lo vedo infilarsi velocemente una maglia.
-Questa qui ha un nome, coso- ribatto uscendo dalla stanza e incenerendo con lo sguardo la sua figura.
-Tenten  ha sbagliato stanza. È un’ ospite di mia sorella, non fare domande- ci interrompe Hanabi sbattendo poi la porta e iniziando ad avviarsi nella sua stanza.
Cammina lentamente con i piedi sul pavimento, massaggiandosi le tempie e facendo grandi respiri. Attraverso il pigiama noto la magrezza dei polsi e delle gambe. So che non è una magrezza data dal suo metabolismo: è sciupata e debole, non sopporto vederla così, ha solamente quindici anni!
-Hanabi?- si volta versa di me, mentre entra nella sua stanza.
Porta pesanti occhiaie, zigomi scavati e labbra secche, persino i capelli sembrano aver perso il colore scuro e luminoso.
-Stai bene?- chiedo
Lei sospira e con la testa accenna un “No”.
-Vorrei parlare con Hinata- dice solamente gettandosi sul suo letto. Entro e chiudo la porta alle mie spalle. La sua stanza è spoglia, spartana, soltanto con l’essenziale. C’è una leggera puzza di sigarette bruciate e su una parete sono appese alcune foto di lei e la sua famiglia.
Sua padre non compare sempre nelle foto, sono più frequenti sua madre e sua sorella, ma questo succedeva mesi, forse anni, fa.
-Fallo- rispondo io alzando le spalle e accorgendomi di non aver ripreso la maglietta.
Fantastico sono un genio.
-No. La disturberei e poi inizierebbe a dire cose del tipo “Hana sei diversa” o “Ti stai rovinando con quella roba”. Insomma, non sono scema, so che mi sto rovinando e che questo schifo fa male psicologicamente e fisicamente ma… kami miei, chiedo solamente di essere capita. Questo veleno…- dice abbassando il tono di voce –Mi aiuta a dimenticare. Rimando il dolore aspettando il momento per scaricarlo, ecco tutto- nasconde il viso nel cuscino, forse sta piangendo, ma non sento singhiozzi e non la vedo scossa.
-Non la disturberesti- sospiro –Di le stesse cose che mi hai detto ora a lei. Hinata non è una cattiva persona ne tantomeno menefreghista, semplicemente ha bisogno di aiuto per capire come ti senti- alza il viso dal cuscino, non è umido, ma la sua espressione è quella di qualcuno che ha pianto –Sono sicura che rimedierete. Vi serve qualche ora, niente di più- sorrido –Adesso che ne dici se mangiamo qualcosa? Non ho mangiato nulla a quella festa pallosa e neanche tu sembri messa bene- alzo un sopracciglio e lascio che la sua risata si espanda per la stanza. Rivedo una ragazza quindicenne; può essere ancora salvata.

Fuori dalla porta di casa di Naruto i fiori sono secchi. Privi di vita, incolori e malati. Riempiono con l’inquietudine il giardino esterno fungendo come un allarme, come se volessero spiegare a chi passa da quella casa la persona apatica che vive in quella casa.
La felpa che indosso è sporca e puzza di fumo ma mi stringo di più a lei quando comprendo  pienamente che Naruto mi ha portato a casa sua. Dovrei preoccuparmi? Sono timida, non stupida .So qual è uno dei pensieri fissi degli uomini.
La figura del biondo infila la chiave nella serratura di casa per poi aprire la porta in legno duro e scuro ed entrare in casa facendomi segno di seguirlo.
Quando metto piede in casa la prima cosa che noto è una strana sensazione di casa che mi avvolge nonostante le pareti e l’arredamento spoglio, con l’essenziale:  l’ingresso presenta solamente un porta ombrelli e sulle pareti adocchio quattro foto dove i protagonisti della foto sono Naruto da piccolo, una donna e un uomo che cambiano in base alla foto. Da qui intravedo alla mia sinistra una cucina e alla mia destra un piccolo salottino, entrambi con le pareti di un bianco vecchio e dai mobili semplici.
Mi piace.
Amo questa semplicità, mi rispecchia, direi. Villa Hyuga è sempre così sofisticata: vasi, quadri astratti, lucernari costosi, tappeti giganteschi e mobilio intagliato elegantemente, cose di cui se ne potrebbe fare a meno. Anche mia madre lo pensava, lei cercava di soddisfare sempre le richieste di mio padre, infondo non le costava nulla .Sapeva di quel lato raffinato che possedeva mio padre che voleva sempre mettere in mostra, e lei non ne ha mai fatto un problema.
-Chiudi la porta!- sento urlare dalla cucina.
Obbedisco e poi con titubanza eseguo dei passi verso il luogo da cui è provenuto l’urlo ma quando arrivo di fronte allo stipite della porta qualcosa mi ferma. Un muro? No… magari lo fosse; lì davanti a me con una mela in mano il giovane Uzumaki è intento a togliersi la felpa, mostrando fin troppo ai miei occhi.
Arrossisco e d’istinto copro il mio viso con le mani. Caldo, troppo caldo…
-Santo cielo! Non puoi presentarti così!- cerco di dire tra le mani e stringendo gli occhi. Le orecchie sembrano aver perso la capacità dell’udito, quasi tutto sembra ovattato dall’incessante rumore del cuore che tenta di perforare lo sterno.
Lo sento ridere – Dire che sei strana è poco, angioletto – dice –Conosco gente che mi salterebbe addosso se mi vedesse in questo stato-
-Da… dannato egocentr…- tolgo le mani dal viso, così rossa da far invidia ad un semaforo.
-Di sopra c’è il bagno- mi aggira dirigendosi verso il salottino – E la mia camera. Se vuoi cambiarti la felpa, fai con comodo- si getta sul divano, accendendo la piccola tv. Gli rivolgo uno sguardo interrogatorio mentre l’imbarazzo sembra scemare, nonostante la visione dal biondo di fronte a me.
Il corpo tonico e teso, il viso tranquillo e divertito…
Imbocco velocemente le scale per raggiungere il primo piano per sfuggire da quella visione.
 
Neanche il getto d’acqua gelata pare voler far scendere il l mio calore corporeo. Mi sembra di bruciare viva sotto quelle sensazioni così contrastanti e la figura di Naruto sembra essersi marchiata a fuoco nella mia mente.
La forma dei suoi capelli aurei, la pelle abbronzata, i muscoli del torace ben definiti, tutte cose che non intendono cancellarsi dai meandri della mia mente. Insinuandosi con fastidio.
Con uno scatto fulmineo, quasi di frustrazione, tolgo la felpa ormai impregnata dello sporco che aleggiava nell’aria dei vicoli stretti e seguendo il consiglio di Naruto mi intrufolo nella sua stanza, che sembra essere l’ultima porta del corridoio.
Una stanza piccola, con l’essenziale: un letto singolo, un comodino con un lume e un armadio. Le pareti sono spoglie, di uno strano giallo sbiadito, macchiate d’umidità in alcuni punti ,crepate in altri, inoltre lì la temperatura sembra essere scesa di un bel po’.
Mi sembra strano entrare ed aprire con noncuranza l’armadio di qualcuno che potrei definire forse un conoscente, neanche con mia sorella l’ho mai fatto. Apro velocemente l’armadio individuando l’angolo delle t-shirt ammucchiate, l’idea di restare in intimo un altro secondo in più di certo non mi alletta tanto, ne afferro una e la infilo constatando che se non fosse per il mio prosperoso seno sicuramente mi arriverebbe fin sotto il sedere.
Scendo di sotto con in mano un’altra t-shirt; Naruto è ancora lì, su quel divano con l’espressione di qualcuno che man mano sta scivolando nel dormiveglia. Gli tiro l’indumento e lui sembra riscuotersi lanciandomi un’occhiata stranita –Beh…- inizio arrossendo – Di certo il tuo non è il modo di presentarsi a una signorina- alzo il viso e lo vedo accennare una risata infilandosi la maglia.
-Allora…- mi dice –Dove vuoi dormire?-



LITTLE WONDERLAND
Si ehm... ciao... ^^''
Finalmente si ritorna! Anche se lo so che stavate preparando i forconi e le torcie... perdonatmei veramente!
Ho la vita indaffarata XD Tra libri, manga, anime (essendo anche che avevo iniziato Fairy Tail), studio, grafiche, fanficiton e mare... l'unico tempo che mi rimaneva era la sera e, sfortunatamente, la sera sono troppo esausta per scrivere più di un paragrafo.

Sumimasen ^^'
Vi ringrazio per i seguiti, i preferiti e le recensioni. Grazie veramente :3


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