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Autore: Porsche    25/07/2015    2 recensioni
"Ok, ti dirò quello che ho capito di te dopo la discussione con tua madre. Ma se ci azzecco, allora devi essere sincera e dirmelo, d'accordo?".
Feci cenno di si con la testa, curiosa di sapere che cosa avrebbe detto riguardo la sottoscritta.
"Ho capito che sei una persona introversa, che difende il suo mondo interiore attraverso una corazza. Che preferisce restare nell'ombra, invisibile agli occhi degli altri, come se fossi soltanto anima e non corpo. Che non ha dei sogni nel cassetto per cui impiegare tutte le proprie forze, ma che si lascia trasportare dalla vita, come se non le appartenesse... E credo... di aver intravisto una ferita di molti anni fa che la corazza non è riuscita a rimarginare, ma che è ancora lì, ad attendere di essere guarita".
Non mi girai a guardarlo nemmeno una volta.
Ero stata sconfitta e ciò era umiliante.
Ma quello che volevo nascondere erano le lacrime che continuavano a scendere senza che niente e nessuno potesse fermarle.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dietro ad un sorriso

Capitolo 2 – State of Shock

 

 
 

Non so quanto tempo passò prima che mi riscossi dallo stato di shock in cui sembravo essere caduta. Per quel che ne sapevo potevano essere passati minuti interi, o anche ore.
Comunque, fu come essersi risvegliati da una trance, ciò che era successo nel frattempo rimaneva per me ignoto.
Michael Jackson era lì a qualche metro di distanza, cappello nero in testa e camicia rossa, e l’unica cosa che volevo fare era andarmene via il più lontano possibile. Ma avevo promesso ai bambini che sarei andata a trovarli, come facevo ogni anno prima di Natale, e poi non vedevo l’ora di riabbracciarli.
Feci un sospiro silenzioso e subito dopo un altro, non volevo farmi notare, quindi spostai piano i regali vicino la porta e a passo lento mi andai a sedere su una sedia in un angolo della stanza. Salutai distrattamente con la mano alcuni volontari che si trovavano seduti, anche loro intenti ad ascoltare il Re del Pop. Ormai non c’era più nessun dubbio, quella che si prospettava essere una bella giornata era appena diventata un incubo, un inferno, e quel che era peggio, non c’era via di fuga.

Nel mentre erano entrate anche mia madre e Claire.
Mi concentrai su di loro, assicurandomi di avere in viso l’espressione più terrificante di cui fossi capace. Con il sangue che mi ribolliva nelle vene non fu per nulla difficile. Difatti, a confermarmelo fu la faccia che fece Claire non appena si girò verso di me. La vidi deglutire e sorridere, allo stesso tempo preoccupata e imbarazzata. “Bene bene”, sorrisi interiormente, almeno una piccola soddisfazione l’avevo avuta.
Mia madre invece … Ah! Mia madre prima o poi mi avrebbe fatto esasperare! Era talmente concentrata su Jackson che non mi degnò di uno sguardo. Forse credeva di avere davanti a sé una delle sette meraviglie o di trovarsi in un sogno da tempo desiderato, non ne avevo idea, ma in viso aveva un’espressione totalmente adorante.

Per la terza volta da quando ero entrata in quella stanza, sospirai.
Stavolta però, dovetti averlo fatto in modo più rumoroso, perché d’un tratto il signor Jackson smise di parlare e per la prima volta ci guardammo reciprocamente.
Non mi aspettavo di ritrovarmi puntati addosso gli occhi più grandi che avessi mai visto. Nel mio inconscio sapevo che erano anche i più belli. Ma fu un pensiero che non trovò l’attenzione necessaria per emergere. Rimase sopito in un angolo della mia mente, ero troppo occupata a contemplare l’uomo che avevo dinanzi.
Ci furono pochi secondi di silenzio e, quando anche i bambini si accorsero di me, si udì il mio nome pronunciato in coro. Ben presto venni circondata da una marea di baci e abbracci. Ricambiai come potevo, divertita da quell’ entusiasmo e anche commossa, soprattutto commossa. Salutai tutti, ma fu un momento che passò velocemente perché sapevo che dall’altra parte c’era ancora il Signor Jackson e, nonostante di lui non me ne importasse nulla, l’avevo interrotto maleducatamente. 
   << Forza, su! Tornate dal Signor Jackson, non volete sapere il continuo della storia? >>.
Come se si fossero appena ricordati di una cosa estremamente importante, tornarono tutti ai loro posti. Sorrisi guardando la loro reazione, quel giorno erano davvero incontenibili.
Scoprii Jackson lanciarmi un’occhiata divertita prima di ricominciare a leggere il libro.
Mi concentrai a tappare la bocca e tenere da parte qualsiasi sospiro o gesto che potesse di nuovo creare disturbo.

Lo ascoltai.
Aveva una bella voce, questo era indubbio.
Parlava piano, quasi in un modo delicato, e alternava ad una lettura veloce momenti di brevi silenzi, riuscendo a creare molta suspense al suo piccolo pubblico.
A guardarlo, dava l’impressione di avere due personalità. Anche non conoscendo la sua fama si sarebbe detto di lui che avesse qualcosa di straordinario, qualche talento sconosciuto e che non fosse una persona come tutte le altre. Eppure, vederlo in quella situazione di completa normalità, seduto sulle mattonelle fredde del pavimento, con le spalle rilassate, come un uomo qualsiasi, mi fece chiedere quale delle due impressioni fosse la più veritiera. Era più personaggio o più persona? Non mi diedi risposta.
Sembrava assorto e totalmente concentrato sul libro, ma aveva anche un’aria serena. Ogni tanto alzava gli occhi per guardare i bambini, lanciava un breve sorriso e tornava a riporre l’attenzione al suo racconto.
Era bravo ad interpretare ciò che leggeva. Non usava sempre lo stesso tono di voce e questo gli permetteva di esprimere al meglio il significato nascosto dietro ogni parola che enunciava e, allo stesso tempo, si assicurava di non annoiare chi lo stava a sentire.
Doveva essere piacevole ascoltarlo per chi lo amava.
Per me, invece, era solamente irritante.

Quando cominciai a non poterne davvero più, finalmente finì di leggere. Sospirai, sollevata.
Nello stesso momento in cui chiuse il libro, i bambini iniziarono a lamentarsi. Volevano sentire altre storie ma Jackson si limitò a ridere e a dire che il bello sarebbe avvenuto in quel momento perché avrebbero scartato i regali. In verità, non sapevo di quali regali stesse parlando visto che in quella stanza c’erano solamente quelli portati da me, però bastò a far entusiasmare i bambini, che adesso sembravano impazienti.
Compresi subito dopo che stesse parlando dei miei regali, perché velocemente alzò gli occhi su di me, mi sorrise e fece cenno di avvicinarmi.
Non mi mossi subito. Lo guardai alcuni secondi, incapace di muovere un muscolo. 
Dovevo avere una faccia davvero buffa perché rise con quella sua risata che tanto avevo imparato ad odiare e che per questo mi riscosse dallo stato di blackout in cui per l’ennesima volta mi ero imbattuta.
Tornò ad intimarmi di raggiungerlo e così feci.
In pochi passi raggiunsi i bambini che adesso guardavano me, felici. Sorrisi a mia volta.
   << Isa, guarda chi è venuto! Michael Jackson! Guarda, guarda! >>.
   << Ehi Ricky, ma lo sai che anch’io ho due occhietti? Lo vedo chi è >>, risposi ridendo.
Alla mia destra una bambina con i capelli biondi e il viso più dolce che potesse esistere, mi si aggrappò alla maglietta cercando di attirare la mia attenzione.
   << Mi sei mancata … >>. Non era solo il viso ad essere dolce.
Si chiamava Katy, aveva quasi quattro anni e da quando l’avevo conosciuta occupava un posto speciale nel mio cuore. La prima volta che la vidi era una neonata di sole tre settimane, abbandonata a sé stessa vicino all’entrata dell’orfanotrofio. Fui io la prima a trovarla e la prima a darle un biberon pieno di latte mentre veniva cullata dalle mie braccia.
Mi abbassai al suo livello e le posai le mani sulle guance paffute.
   << Anche tu mi sei mancata Katy >>, dissi in un soffio, felice.
   << Vieni, voglio presentarti una persona >>. Mi prese la mano e mi accompagnò davanti al Re del Pop, che nel frattempo si era alzato. Katy acciuffò anche la mano di Jackson e portò entrambe ad avvicinarsi, fino a stringersi.
   << Piacere, sono Michael >>, annuì leggermente e sorrise. Aveva la mano grande e fredda.
   << Isabella Hayden, piacere >>, risposi, in tono un po’ distaccato.
Nonostante questo aveva ancora il sorriso stampato in viso.
Ero tesa come una corda di violino ed io odiavo dare quell’impressione alle persone.
Avevo lavorato a lungo sul mio carattere. L’avevo rafforzato, fortificato.
 E indurito.
Non avrei più permesso di farmi vedere debole.
Eppure … eppure, avevo scoperto che il dolore è un ottimo maestro di vita, ti aiuta a crescere, ma una volta che si è presentato, si insinua in te e viene fuori quando meno te lo aspetti sotto forma di paure e incertezze.
Anche il carattere più forte avrà sempre momenti in cui sarà considerato debole.
   << Vedo che i bambini ti adorano, prima appena ti hanno vista sono corsi da te >>.
   << Sì, beh, vengo qui spesso. Sono tanti anni ormai che frequento questo posto >>, dissi, in maniera più rilassata possibile.
   << Complimenti, è un bel gesto >>.
   << Grazie, anche se non è molto, faccio quel che posso >>.
   << Credo sia il contrario invece. Non serve tanto per rendere migliore la vita di qualcuno, delle volte basta anche solo regalare dei sorrisi, e i bambini sono felici quando stanno in tua compagnia, quindi secondo me fai molto per loro >>, disse, e dal tono che utilizzò parve fermamente convinto del suo pensiero.
Sorrisi leggermente, avevo apprezzato il complimento.
Ad un tratto sentii tirare la mano che mi aveva preso in precedenza Katy.
   << Isa, possiamo aprire i regali? >>.
   << Certo! Venite >>.
Andai vicino alla porta, dove erano rimasti i sacchi pieni di regali. Per un attimo incrociai lo sguardo di mia madre, aveva uno strano luccichio mentre mi guardava. Non mi soffermai nel chiedermi cosa stesse pensando, anche se dentro di me qualcosa avevo intuito.
Una volta aperto il grande sacco, cominciai a distribuire ad ognuno il suo regalo. Era fantastico vederli sorridere emozionati mentre ricevevano il pacco incartato. In quel momento trasmettevano una felicità tale che riuscivano a contagiarti e a farti vivere quegli istanti come se fossi uno di loro, tanto che dopo pochi secondi mi ritrovai a sorridere come un’idiota, neanche fossi anch’io una bambina che doveva scartare il suo regalo. Mi rendeva orgogliosa vederli felici grazie a me, mi sentivo come se fossi parte del mondo, come se fossi viva e non rinchiusa nel mio solito guscio. Dimenticai per un attimo l’irritazione che avevo provato solo pochi minuti fa e mi abbandonai a quel clima di festa.
Ma mi sentivo osservata.
Cercai di non badarci, avevo una strana sensazione a riguardo, ma la curiosità ebbe poi la meglio, così mi girai e le mie supposizioni trovarono conferma.
Michael Jackson mi stava guardando.
Quando lo colsi sul fatto arrossì vistosamente e girò lo sguardo verso i bambini.
Io invece rimasi con un sottile senso di disagio che mi attraversò da capo a piedi.
A quel punto non sapevo chi fosse più rosso in viso, se io o lui.

Pochi minuti dopo ogni regalo era giunto al suo rispettivo proprietario e io stavo aiutando le assistenti dell’orfanotrofio a raccogliere la carta sparsa per tutto il pavimento. Con la coda dell’occhio notai mia madre vicina al signor Jackson. Avrei giurato che mentre gli parlava avesse i cuoricini al posto degli occhi. Anche se può sembrare impossibile, mia madre era capace di cose del tutto fuori dal comune. Quando prima dicevo che sarebbe arrivato il momento in cui mi avrebbe fatto esasperare, intendevo proprio questo.
Quando fu tutto sistemato mi avvicinai a Claire, la quale era andata ad assicurarsi che i bambini si stessero divertendo.
   << Allora ragazzi, vi sono piaciuti i regali di zia Isabella e di zia Elizabeth? >>.
   << Siii! >>, urlarono insieme.
   << Sono contenta >>. Batté le mani, in un gesto di contentezza, e si girò nella mia direzione. << Ah, Isa, non so se tua madre te ne ha già parlato, ma stasera avrei pensato di fare anche una festa di Natale. Lo so che è in anticipo ma credo che sia il momento giusto visto che i bambini sono emozionati per la presenza di Michael. E a proposito, ci sarà anche lui stasera, è fantastico! >>.

Cosa?!
Mi morsi la lingua, reprimendo un grido.
Avrei voluto dirle che, no, non era per nulla fantastico, ma era troppo entusiasta ed io non volevo rovinarle il momento, quindi tenni il pensiero per me.
   << Beh, in effetti non ne sapevo nulla, ma non mi stupisco, dato che, a quanto pare, non è stata l’unica cosa di cui sono stata tenuta all’oscuro >>, risposi leggermente piccata, notando con piacere che aveva colto il significato della battuta, visto il sorrisetto imbarazzato.
   << Eh eh! Ora vado dal signor Michael, questo è un giorno speciale >> riprese, con il suo tono entusiasmante di sempre.
Speciale, eh?
Come no, a me pareva più un incubo, quelli che non vorresti più vivere perché riaprono vecchie ferite che in realtà, non sono mai state chiuse.
Averlo lì, davanti ai miei occhi, che adesso rideva e scherzava con i bambini, mi infastidiva terribilmente.

Mentre erano tutti indaffarati a circondare il Re del Pop, io me ne stavo in disparte a guardare la scena, chiedendomi il motivo di tanto entusiasmo. Potevo capire i bambini che si trovavano di fronte una Star e non sapevano nulla delle voci che circolavano sul suo conto, ma gli adulti andavano oltre la mia comprensione.
Con le mani cominciai a giocare con la zip della mia borsa, cercando di passare il tempo e di distrarmi dai miei pensieri. Anche mia madre era rimasta vicina al suo cantante preferito e sinceramente la cosa non mi dispiaceva affatto. Quel giorno me l’aveva fatta troppo grossa ed io ero ancora arrabbiata per poterle stare vicino senza dirle qualcosa che di certo avrebbe messo in imbarazzo me e lei. 
Mi sentivo un po’ sola, a dir la verità, e tradita, quindi decisi di alzarmi e andare a prendere una boccata d’aria fuori. Il movimento dovette aver catturato l’attenzione di mia madre perché smise di parlare con Jackson ed entrambi mi guardarono. Fecero cenno di avvicinarmi ma declinai l’invito scuotendo la testa e facendo un sorriso rassicurante, per non destare sospetti. Ebbi giusto il tempo di notare i loro visi perplessi prima di girare lo sguardo.
Mi affrettai ad arrivare all’uscita e quando finalmente mi trovai di fronte i meravigliosi paesaggi californiani tirai un enorme sospiro di sollievo. Davvero, dovevo aver trattenuto un’immensa quantità d’aria perché sentii i polmoni alleggerirsi e le spalle rilassarsi. Mi ero quasi sentita claustrofobica a stare in quella stanza.
Sorrisi, adesso più serena, potevo finalmente starmene in santa pace.

 

 

*Spazio autrice:

Benvenuti al secondo capitolo.
Prima di tutto grazie a GiulyJ, Diana_mj e RaffaellaMj per aver recensito il primo capitolo. Mi avete reso felice.
Punto secondo … piaciuta la sorpresa??? Volevo farvi vedere come mi ero sempre immaginata Isabella nella mia testa.
Adoro Vittoria Puccini (*__*), credo che sia un esempio lampante di donna bella, elegante ed intelligente al tempo stesso. 
E per questa storia non potevo non scegliere lei.
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, sono ben accette critiche e complimenti (<---
 soprattutto questi ultimi ahahah XD).
Al prossimo capitolo, ciao!

  
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