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Autore: Aru_chan98    26/07/2015    1 recensioni
"Mai giudicare un libro dalla copertina" è un detto che Alfred si sente spesso dire ma che raramente mette in pratica. Ma sarà ancora così riluttante ad andare oltre le apparenze dopo aver letto il contenuto di cinque libri scolastici, scritto dal precedente proprietario dei libri?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi sveglio stranamente non sento la voce della mamma che urla per buttarmi giù dal letto, che sia successo qualcosa? Do una rapida occhiata alla sveglia e mi stupisco di leggere che sono appena le nove del mattino. Non ricordo quand’è stata l’ultima volta che mi sono svegliato così presto di mia spontanea volontà, ma la cosa che mi sorprende di più è che, anche se provo a rigirarmi nelle coperte, non riesco a tornare a dormire. Dopo una quantità di tempo che a me sembra quasi infinita, mi tiro su a sedere e mi alzo dal letto, scostando la coperta con irritazione: che cavolo dovrei fare adesso? Sono sicuro che non potrò andare a prendere la mia bici fino al pomeriggio e non ho nemmeno molta voglia di uscire con Kiku e Feliciano: la prossima volta che rivedo Kiku voglio aver battuto il suo record nel gioco che mi ha prestato e col malditesta che mi ritrovo non riuscirei a sopportare l’esuberanza di Feli. Mentre continuo a pensare a come riempire la giornata, comincio a scendere le scale, diretto in cucina e parecchio affamato. Spero solo che mamma si sia ricordata di cucinare anche per me. “Alfred, che hai fatto alla faccia?!” esclama la mamma appena mi vede. Fuck. “Ah, non è niente di che mamma, sono solo caduto” le rispondo, esibendo uno dei miei migliori sorrisi: se scopre la verità sono morto. “Ma come hai fatto?” “Well, stavo sognando di essere un superhero, e volevo dimostrare a Matt che potevo volare e smentire il fatto che non posso essere un supereroe. Così ho chiuso gli occhi e sono saltato dall’Empire State Building. Solo che quando ho riaperto gli occhi stavo abbracciando il tappeto che c’è alla fine delle scale”. All’inizio mamma mi scruta per qualche secondo, ma poi si allontana e sospira, dicendomi che dovrei fare più attenzione anche se sono cose che capitano. Quando esce dalla stanza per andare a salutare papà che va a lavoro, Mattie comincia a ridere. “Ridi ridi tu. Tanto sarà il tuo orso a fare il bagno nello sciroppo d’acero alla prima occasione” dico con un tono di voce seccato, sedendomi di fronte a lui. “Un po’ come la tua coperta degli Avengers. Sarebbe un vero peccato se qualcuno ci rovesciasse un mega frappuccino di Starbucks sopra” mi risponde, con aria di sfida. Come se non ci fossimo già vendicati a vicenda più volte in passato ( lo sfregio sulla mazza da hockey preferita di Matt e i residui di colla e pelle nel mio guantone da baseball ne sono una prova). “Quando hai finito di ridere come uno scemo non è che mi passeresti un blocco di ghiaccio dal freezer e un panno?” gli chiedo: odio da morire quando mi prende in giro. L’occhio nero che ho mica me lo sono meritato, è stato quel nanerottolo inglese a cominciare. “Tesoro sii più gentile con tuo fratello. Matt lascia perdere, ormai il livido c’è già” sento dire alla mamma. Che seccatura, non posso andare in giro con un occhio nero: attirerà qualche ragazza, ok, ma se papà lo vede non sono sicuro si berrebbe la storia che ho raccontato alla mamma. Il profumo delle uova strapazzate e pancetta della mamma riesce a tirarmi fuori dai miei pensieri e riesco almeno a godermi la mia colazione. Prima di essere incastrato a pulire i piatti, ritorno in camera mia e mi vesto. Sempre senza rifare il mio letto, afferro uno dei miei fumetti di Captain America e mi metto a leggerlo stando a pancia in su sulla coperta. Li avrò letti almeno un centinaio di volte, ma non mi sembra un cattivo modo di passare il tempo. Poco dopo anche Mattie entra nella nostra stanza ma, invece che prendersi cura del suo orsacchiotto (lo pulisce, gli cambia il fiocco che ha introno al collo periodicamente, ci gioca sempre, eppure non si ricorda mai che nome gli ha dato), si mette seduto sul tappeto vicino al suo letto e comincia a sfogliare i libri che abbiamo comprato ieri. “Che stai facendo?” gli chiedo dopo pochi minuti di silenzio, guardandolo con la coda dell’occhio ma sempre senza abbassare il fumetto che sto leggendo. “Controllo come sono messi i libri. Da quanto ho potuto vedere alcuni sono usati mentre gli altri sono nuovi” mi risponde, senza alzare gli occhi dal libro d’arte che ha in mano. “Libri usati eh?” ripeto sovrappensiero, ritornando al mio fumetto, ma mi irrigidisco subito: e se Mattie controllasse anche il mio libro di storia e scoprisse il lavoro di A.K.? Non posso assolutamente lasciare che accada, però se reagissi troppo vivacemente Matt potrebbe insospettirsi. “That’s so lame bro. Perché mai dovresti fare una cosa simile?” dico e riesco ad attirare la sua attenzione perché si gira verso di me e mi risponde dicendo “Noioso o no qualcuno deve farlo. Non mi va di avere dei libri a cui mancano delle pagine o sono completamente pasticciati. Dovresti controllare anche tu i tuoi”. “Thanks but no. Ho cose migliori da fare” “Sicuro di non voler scoprire quali libri hanno i compiti già fatti, evitando di passare pomeriggi interi a fare esercizi?” mi risponde ad un certo punto, cadendo nella mia trappola: sorry Matt, ma quei disegni mi piacciono troppo. “Se proprio insisti” dico fingendo un sospiro. Prendo i miei libri e parto da quello di storia: per non far insospettire mio fratello non mi soffermo sui disegni e cerco di svoltare le pagine più velocemente che posso, sempre dando l’impressione che stia controllando lo stato del libro. Passo a quello di diritto, ma è uno di quelli nuovi, mentre quello di Matt ha delle pagine strappate. Ce li scambiamo, tanto diritto è noioso e non faccio che dormire durante le lezioni. Anche quello di religione è nuovo, ma stavolta per tutti e due. Con un certo interesse prendo quello di matematica: potrò non essere un genio in niente che non riguardi lo sport, ma devo ammettere di aver sempre amato la matematica in modo particolare e di essere sempre andato bene. Comincio a sfogliare i capitoli, soffermandomi sulle spiegazioni di alcune formule matematiche e mentre le leggo noto una piccola scritta a bordo pagina: “I’ve got a new disguise; look into my eyes; there is something you don’t know”. Più sotto rispetto all’ultima riga c’è una piccola parentesi e il contenuto recita “Your number is my number – 999”. La calligrafia non mi è nuova, così corro alla prima pagina del libro, quella subito dopo la copertina e ad accogliermi c’è un muro di testo firmato “Schools are prisons – Sex Pistol” e, ancora più in basso, un nome: A.K. Mi sembrava di aver già visto questa calligrafia, infatti è la stessa di alcuni piccoli e rari dialoghi di Jackie. Prendo a sfogliare nuovamente il libro e stavolta m’imbatto in piccole frasi, sempre accompagnate da quelle frasi tra parentesi: “Well, I’ve given up on explanations; ‘cause I don’t feel in the mood; and you don’t even like my music; and you say that I’m much too rude” (Stop! Stop! – 999) nel secondo capitolo del libro; “Nobody knows, nobody cares; A fall down this games confused; it’s gone too far now we’re not amused” (Nobody knows – 999) in quello dopo; “Don’t you give a beggar a chance; dry on the outside; wetter on the inside; it ain’t exactly romance” (Crazy – 999) a metà del terzo capitolo, ma verso la fine dello stesso capitolo, nascosta tra alcuni esercizi, ecco un’altra frase “I’m in love, yeah in love; oh, can’t you feel it?; no I don’t like where you come from; it’s just a satellite of London” (Satellite – Sex Pistol). “Trouble here, trouble there; people stop just to stare; what’s the use of wasting time; just move on, leave ‘em all behind “ (Silly things – Sex Pistol) è scritta verso il quinto capitolo e poi, a metà del sesto, ce ne sono due quasi appiccicate: “Little red riding hood; I’d like to hold you if I could; but you might think that I’m a big bad wolf so I won’t” (Lil’ red riding hood – 999) e “I keep on dreamin’ and thinkin’ to myself; when it all comes true, man, that’s something else” (Something else – Sex Pistol). La cosa che attira maggiormente la mia attenzione però, è il fatto che queste frasi siano scritte a matita ma in corsivo e sono molto calcate, come se fossero di vitale importanza per il vecchio proprietario. Però questa calligrafia è troppo aggraziata e ordinata per appartenere ad un ragazzo: e se A.K. fosse una ragazza? Si, sono sicuro che sia così. Mentre sfogliavo il libro mi sono accorto che altre pagine sono piene di piccole frasi e credo siano pezzi di canzoni, ma a differenza delle altre, queste sono a matita leggera e sono piazzate ovunque, anche in mezzo ad altre scritte o nascoste. Questa ragazza deve ascoltare un sacco di musica per aver riempito quasi sei capitoli del libro di mate. Ma la cosa più curiosa è che per ogni frase in corsivo, nell’angolo esterno della pagina in cui sono scritte, ci sono delle date, e sono tutte in ordine cronologico. “Al. Alfred, ehy!” sento urlare a mio fratello e alzo di scatto la testa dal libro. “Era ora, è mezzora che ti chiamo” mi dice con un po’ d’irritazione. Spero di non essermi tradito perdendomi tra i pensieri di A.K. “Dovresti smetterla di trovare matematica così interessante: lo sai che i professori ti sgridano in continuazione proprio perché vai bene in quella materia e male nelle altre” “Che ci posso fare se è facile mentre il funzionamento della legislazione o come sono composte le cellule è noioso? Almeno in matematica si può fare qualcosa invece che studiare e basta”. Matt sospira esasperato e alla fine dice “Dovresti studiare tutto, non solo quello che ti piace. Comunque, la mamma ci ha chiamati a tavola, dobbiamo scendere”. Annuisco e lo seguo in sala da pranzo, pensando più al buon odore di carne arrosto che al contenuto del libro che ho appena scoperto.
 

Nel pomeriggio decido di andare a riprendermi la mia bici: sono sicuro che Gil sia sveglio a quest’ora (sono le tre passate) anche se fuori combattimento per la sbronza. “Matt, puoi dire alla mamma che esco per favore?” “Perché non glielo chiedi tu?” mi risponde , continuando a giocare col suo Kuma-coso sul divano del salotto. “Perché se glielo chiedo io probabilmente mi dirà di no se non ci sei anche tu. Papà l’ha detto a tavola che vuole che noi due passassimo più tempo assieme” “Non ricordarmelo” mi dice, con un’espressione alquanto seccata: il fatto che non ami particolarmente la mia compagnia è reciproco. Il giorno in cui saprà divertirsi allora potrei cambiare idea. “Va bene, ma se ti cacci nei guai te la vedi tu con la mamma” mi dice infine, sospirando. “No problem bro. Later” dico, infilandomi le mie converse con tanto di bandiera americana e uscendo dalla porta di casa. Prima di uscire dal vialetto però, mi assicuro di avere il mio cellulare, le chiavi delle bici e il portafoglio dietro. Avendo tutto, m’incammino verso la casa di Gilbert, con i Linkin Park che cantano attraverso i miei headphones. La casa di Gil dista almeno 30 minuti da casa mia, o almeno a piedi è così. Pazienza se è lontana, la mia bici vale tutto il tragitto. Mentre cammino mi viene da pensare a quello che A.K. ha scritto nel libro di matematica: più delle date scritte (che riportano la data di quest’anno scolastico) la cosa che mi sembra strana è il fatto che solo nove frasi siano in corsivo, mentre tutte le altre sono scritte meno pesantemente. E se quella fosse in parte la sua storia? Non mi ricordo bene le frasi, ma spero proprio che non sia così. A forza di pensarci arrivo a destinazione quasi senza accorgermene. La prima cosa che faccio è chiamare Gil e dirgli di uscire: so che vive con suo fratello minore, uno del primo anno a cui Feli da ripetizioni d’italiano, ma preferisco non incontrarlo. Eliza dice che sembra fin troppo serio e non ama essere disturbato. “Hallo. Ehm… warum bist du hier?” sento dire al mio amico, “For my bike. Non te ne sarai mica dimenticato spero” “Ah, giusto. Arrivo” e chiude la chiamata. Quanto avrà bevuto ieri per dimenticarsi di avere la mia bici? Fortunatamente non impiega troppo tempo per uscire di casa e non mi sembra essere messo troppo male per uno che non ha smesso di bere un attimo per tutta la festa. “Hi. So, where’s my bike?” gli chiedo e lui mi fa segno di seguirlo. Arriviamo davanti al suo garage, apre la porta e mi porta la bici. “Thanks dude. È stata una bella festa ieri, spero ne darai altre, ciao” dico, montando in sella alla mia amata bici. “Stanne certo, e sarà ancora migliore di quella di ieri kesesese” mi saluta, per poi chiudere la porta del garage e voltarsi per tornare in casa. Io faccio altrettanto cominciando a pedalare verso casa, anche se non ho molta voglia di rientrare. Le frasi in corsivo erano frasi di due gruppi in particolare: i 999 e i Sex Pistol. Probabilmente sono i gruppi preferiti di A.K. o forse una coincidenza, anche se qualcosa mi dice che il secondo gruppo le piaccia di più, forse per il testo intero di una loro canzone subito dopo la copertina del libro. Conosco un buon negozio di musica, potrei andare lì magari. Faccio dietrofront e mi dirigo verso il centro della città.


Arrivo davanti al “Music is life” in pochi minuti e fortunatamente lo trovo aperto: adesso che siamo a fine Luglio non si sa mai quali negozi siano ancora aperti e quali no. Apro la porta e la mia entrata viene accompagnata dal suono di uno di quei campanellini che si appendono nei negozi. Saluto il commesso e mi dirigo verso la sezione punk: sono anni che vengo qui e ormai io e il commesso ci conosciamo molto bene. Alcuni degli ultimi gruppi che ascolto me li ha consigliati lui, e so che ha ottimi gusti in fatto di musica e se decide di consigliarmi un cd in genere non ci penso due volte prima di comprarlo. Ma stavolta sono venuto per una ricerca: da quello che ho letto su wikipedia, quei due gruppi appartengono al genere punk britannico, ma non sono sicuro che Johnny abbia quel genere nel negozio. Cercando tra i vari dischi, dopo qualche minuto riesco a trovarne uno dei Sex Pistol, ma dei 999 non c’è niente, con mia grande delusione. Pazienza, vorrà dire che per le canzoni mancanti mi affiderò a youtube. “Sex Pistol eh? Non pensavo fossi il tipo da musica inglese” mi dice Johnny, quando vado alla cassa per pagare il cd. “Beh, una mia amica li adora e volevo conoscerli un po’ più da vicino” “Solo un’amica o qualcosa di più?” mi chiede con tono malizioso. “ An hot chick. No dai, seriamente è solo un’amica” “Beh, deve avere un bel caratterino per ascoltare questo genere”. Probabilmente è così, ma non saprei che dire: ho due libri scritti da A.K, ma non so molto su di lei in effetti. Saluto il mio amico e finalmente torno a casa. Mamma e Matt sembrano usciti, perché la porta di casa è chiusa, quindi mi tocca sollevare il vaso che c’è vicino alla porta d’entrata, capovolgerlo e recuperare la chiave di scorta che teniamo attaccata con lo scotch al fondo del vaso. Avere casa tutta per me è un sogno: lo adoro perché per un po’ posso fare quello che voglio senza essere rimproverato dalla mamma o da mio fratello. La prima cosa che faccio è mettere nel forno una confezione intera di patatine fritte congelate e settare il timer su 20 minuti: la mamma ne compra sempre due o tre di queste buste, quindi se ne nascondo una da mangiare col gelato che male c’è? Mentre aspetto magari posso già cominciare a mangiare il gelato al cioccolato che c’è in freezer. O meglio, vorrei farlo, ma quando apro la vaschetta la trovo vuota, salvo per un bigliettino che dice “Ops, I guess that I have eaten all of the ice cream. Ritenta fratellino, magari ti va meglio la prossima volta”. Matthew spera di aver finito lo sciroppo d’acero, altrimenti giuro che te lo sostituisco con la salsa barbecue e mi diverto io stavolta. Il maledetto deve averci pensato, perché non trovo il contenitore del suo amato sciroppo da nessuna parte e quando il timer suona, sobbalzo perché non me lo aspetto. Beh, almeno mi restano le mie french fries come consolazione. Le tiro fuori e le metto in un piatto, per poi salire in camera mia, appoggiarlo sul tappeto e afferrare il lettore cd che tengo sotto il letto. Infilo al suo interno il cd nuovo e premo play: mentre la musica comincia a diffondersi per la stanza, afferro il libro di matematica e mi metto ad esaminarlo mentre mangio. Il vero significato che potrebbe celarsi dietro quelle frasi comincia ad incuriosirmi sempre di più e può essere anche un’occasione per saperne di più sulla precedente proprietaria. Mentre le leggo il quadro che mi appare della situazione mi preoccupa un po’: se la mia interpretazione fosse corretta, vorrebbe dire che A.K. ha passato delle cose alquanto tristi. Credo che parli della scuola, sennò non mi spiegherei il testo completo di una canzone come Schools are prisons, e a pensarci molte cose quadrano. Magari durante i primi mesi di scuola veniva presa in giro per il suo carattere e per la musica che le piaceva e anche se lei sopportava magari le cose sono diventate troppo difficili. E poi, verso Novembre sembra essersi innamorata, ma è qui che non riesco a capire il senso delle frasi: credo che i suoi genitori disapprovino, ma allora perché qualche capitolo dopo cita alcune frasi che sembrano voler intendere che non potrebbe mai dichiararsi al suo amore perché verrebbe considerata una cattiva persona? L’unica parte che mi fa sentire leggermente meglio è il finale, perché sembra come se cominciasse a fregarsene di quello che dicono gli altri e aspettare il giorno in cui i suoi sogni diventeranno realtà. Johnny aveva proprio ragione: questa ragazza sembra sapere proprio il fatto suo. Mi chiedo chi sia il ragazzo fortunato però e se magari io abbia mai incontrato questa ragazza nei corridoi della scuola: sarebbe troppo fico averla potuta conoscere. Anche le altre frasi, quelle scritte normalmente, sono per lo più tristi e mi spiace davvero. Cavolo, se l’avessi conosciuta sarei stato subito suo amico: è dovere di ogni eroe aiutare il suo prossimo, e io non faccio eccezione. Durante questi due anni di scuola molto spesso aiutavo i ragazzi e le ragazze in difficoltà e sinceramente credo proprio che Superman sarebbe fiero di me. Ma in ogni caso mi dispiace non aver potuto fare niente per lei e mi sento più in colpa del solito. “We’re home” sento dire alla mamma dal piano di sotto, e la sua voce mi distrae dai miei pensieri. Chiudo alla svelta il libro, nascondo sotto il letto il piatto (ormai vuoto) di patatine ed esco dalla mia stanza, salutando la mamma e Mattie semplicemente sporgendomi dalla ringhiera delle scale.





Piccolo Angolo dell'Autrice
Ok, più andiamo avanti e più scopriamo dettagli su A.K. Parto subito dal dire che ogni frase scritta nei libri sarà sempre in inglese (un pò complesso come lavoro, ma penso sia meglio fare così). Per quanto riguarda i gruppi, io consiglio vivamente di ascoltarle quelle canzoni, perché sono molto belle, ma ce ne sono solo due, perchè i gruppi di punk britannico erano davvero tanti, quindi ho preferito prenderne solo due. Ultima cosa, so che Canada sembra un pò OOC, però non credo che subirebbe gli scherzi di America senza reagire XD
   
 
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