Da dietro il muro, un
ragazzo ed una ragazza, entrambi dai capelli corvini ed il trucco pesante, si
sporgevano, un poco, per osservare la scena che si stava svolgendo davanti agli
studi televisivi.
Un secondo.
La ragazza, sollevo il
capo, incontrando gli occhi scuri di lui.
Si fissarono, i volti
sconvolti, per un paio di secondi in silenzio, poi lei parlò
“E adesso, come facciamo a
cavarci da questo impiccio???”
Laß mich träumen…acht
Mi sembrava fosse passata
una vita, eppure, era trascorsa solo mezz’ora.
Mezz’ora, da quando io,
completamente presa dalle mie emozioni, avevo smesso di pensare e, con una audacia che non sapevo da dove fosse venuta, mi ero
alzata sulle punte dei piedi, sfiorando le labbra di lui.
Ferma dietro quel muro, a
solo pensarci, deglutii ancora, per poi tornare a guardare lui, Bill.
Sospirai.
Avevo
baciato Bill, anche se la cosa, mi sembrava impossibile.
Avevo
baciato Bill e, cosa per me, ancora più impossibile,
lui, aveva
baciato me.
Per dieci minuti.
Senza pause.
Sospirai ancora,
deglutendo per l’ennesima volta, prima di tornare a focalizzare l’attenzione
davanti a me, a quel guaio, di proporzioni stratosferiche, in cui, ci eravamo cacciati.
In cui io, lo avevo
cacciato.
Tornai a fissare Bill.
Il suo volto era serio,
mentre fissava anche lui di fronte a sé, probabilmente riflettendo, per trovare
una soluzione.
Un secondo.
Ma perché dovevo essere
così maledettamente stupida?, mi domandai,
torturandomi, senza pietà.
Sospirai nuovamente,
consapevole del perché.
Gli anni passano, ma certe
cose non cambiano. Mai.
Io, che quando sapevo di
compiere qualcosa che in realtà non dovevo, ero maniacalmente attenta ad ogni piccolo dettaglio, ogni qualvolta
raggiungevo la felicità, perdevo completamente la testa, diventando la persona
più distratta di questo mondo, pensando solo a ciò che mi dava gioia.
Alzai di nuovo la testa,
osservando il bel viso del ragazzo.
Al momento, la cosa in
questione, era lui.
Un secondo.
Bill abbassò il capo, notando
il mio sguardo. Un dolce sorriso apparve sulle sue labbra,
poi appoggiò il capo sopra al mio, le sue mani, si ricongiunsero sulla
mia pancia, abbracciandomi.
“Non è tanto grave,
tranquilla…” mormorò, teneramente.
Deglutii, per l’ennesima volta, mentre lui, mi cullava.
Dire che siamo nei guai, a
mio modesto parere, non è sminuire la faccenda. E’ ignorarla completamente
mentre si agitata proprio davanti ai nostri occhi.
Ancora tra le sue braccia,
ricominciai ad osservare la scena, ripensando a ciò che era successo nella
mezz’ora precedente.
Dopo il bacio,
…mio
Dio, meglio non pensarci, se no, col cavolo che riuscirò
a concentrarmi…
, mi ero staccata,
lentamente, da lui.
Un secondo dopo, entrambi
avevamo fissato le nostre scarpe, troppo imbarazzati, per osare osservare il
volto dell’altro finché, ad un certo punto, il cellulare di Tom,
vibrando furiosamente nella tasca dei jeans di Bill, non ci aveva fatto sobbalzare.
Gli sguardi, si erano
incrociati e, senza più imbarazzato, eravamo scoppiati a ridere.
Una
volta calmati,
avevamo deciso di dare un’occhiata alla strada, per uscire dagli studi, per
vedere se era libera.
Avevamo avuto una fortuna
sfacciata.
Avevamo camminato,
disinvolti, in mezzo agli addetti, fingendo di non aver nulla da nascondere,
per poi, avanzare, lentamente, mano nella mano, rasentando il muro, quando i
corridoi erano deserti, spiando da dietro ogni angolo, temendo di incontrare i
nostri manager.
Alla fine, senza problemi,
dopo essere addirittura riusciti a restituire i cellulari a Tom
e Bushido, lasciandoli nei loro camerini vuoti,
eravamo riusciti ad uscire.
Liberi, avevamo iniziato a
correre, come due bambini.
Bill, che stringeva la mia
mano, si era fermato quasi subito, dietro il primo angolo, per abbracciarmi.
Ci eravamo baciati ancora.
Non ricominciare!
Concentrati!!!
Poi, nel giro di dieci
minuti, avevamo scoperto di essere nei guai.
“Che
facciamo adesso?” avevo domandato, la voce allegra, specchiandomi nei
bellissimi occhi scuri di lui.
Bill, gli occhiali da sole
appoggiati contro la visiera del cappello che aveva in testa, mi aveva sorriso,
riflettendo.
Un attimo dopo, il suo
volto aveva rapidamente cambiato espressione.
Era diventato bordeaux.
Lo avevo fissato, senza
capire, per alcuni secondi.
Lui, fissandosi le scarpe,
si era grattato la guancia sinistra con la mano, imbarazzato.
“Forse sarebbe meglio
andare a casa…” aveva iniziato, la voce quasi un sussurro.
Un secondo dopo, la
persona con il viso più rosso, ero diventata io.
Lo avevo fissato, alcuni
attimi, gli occhi sgranati, troppo sconvolta, per riuscire a parlare.
Vedendomi, anche lui aveva
sgranato gli occhi, quasi urlando “No…! Ti assicuro…Non è come pensi…!”
Avevo continuato a
fissarlo, in silenzio.
Ora era lui, che avrebbe
attirato un toro da 50 chilometri di distanza, tanto era arrossito. “Solo…se qualcuno
ci riconosce…senza guardie del corpo…”
Finalmente, avevo
ricominciato a battere le palpebre, riprendendomi dallo shock.
“Cavolo! Non ci avevo nemmeno pensato!” avevo esclamato, la voce un po’
preoccupata.
Appartenevo a quel mondo,
da troppo poco tempo, per pensare a cose di quel tipo…
Fin’ora, infatti, mi ero mimetizzata solo per sfuggire dalla mia manager…Ai fan, non
avevo mai nemmeno pensato…
Un attimo di silenzio, poi
la vocina razionale del mio cervello, aveva terminato la frase
…forse, perché ancora, non
ne hai, di fan…
Avevo alzato il capo di
botto, osservando il volto di lui, ora dal colorito
normale.
Per lui, era un’altra
cosa…
“Va bene, allora…” avevo
esclamato, prima di arrossire ancora e ricominciare a fissarmi le scarpe,
mentre esclamavo “Andiamo da te?”
“Ok…”
aveva risposto subito lui, sorridendo, ricominciando velocemente ad arrossire. Di
nuovo.
Ma, solo un attimo dopo, il
rossore era un ricordo.
Bill era sbiancato,
improvvisamente. Aveva sgranato gli occhi, spalancato la bocca, portandosi una
mano alla fronte.
“Le chiavi le ha Tom! Che idiota che sono!”
Io, avevo sbattuto di
nuovo le palpebre, un principio di ansia che mi
assaliva.
“Se siamo fortunati,
riusciremo a scivolare di nuovo dentro, prendere le chiavi, ed uscire…” avevo risposto,
cercando di essere ottimista.
Bill, aveva subito abbozzato
un mezzo sorriso. “Proviamoci”
Avevo
annuito, esclamando con voce carica “Ok!” poi lui,
velocemente, si era piegato su di me.
Mi aveva baciato...
Concentrazione!
Accidenti!!!
Solo che poi, quando ci eravamo staccati, ed avevamo appoggiato gli occhi sulla
strada, io, non avevo potuto evitare di sbiancare.
Davanti alla porta dello
studio, la mia manager, fissava di fronte a sé, perfettamente immedesimata nel
ruolo che i signori della casa discografica le avevano affidato.
Il cane da guardia.
“Accidenti!” avevo
mormorato, risentita “Come diavolo facciamo a rientrare?!?”
avevo domandato poi, esasperata “Non appena mi vedrà, non mi lascerà più da
sola! Sarebbe capace di aspettarmi fuori dalla porta
del bagno!”
Un secondo.
Bill, alle mie spalle, aveva
sogghignato, prima di rispondere, la voce tranquilla “David non è in giro…Posso andare da solo, prendo le chiavi e torno…”
Io, avevo sbattuto un
altro po’ le palpebre, poi avevo annuito, anche se, l’idea di
lasciarlo, non mi entusiasmava molto.
E piantala!
Starà via un quarto d’ora al massimo…, mi aveva sgridato subito, la voce razionale del mio
cervello.
Ma un quarto d’ora è
lungo…, aveva
risposto immediatamente, quella irrazionale.
Avevo
sospirato, poi avevo annuito ancora, lo sguardo di Bill,
incollato addosso.
“Farò prestissimo,
promesso!” aveva concluso subito lui.
Entrambi ci eravamo voltati, tornando a fissare gli studi.
Un altro secondo.
Di nuovo, i nostri occhi
si erano sgranati.
“…Talmente presto, che mi
sa che non andrai…” avevo mormorato, esterrefatta.
Ero sconvolta.
Ma da dove erano sbucate
tutte quelle ragazze, vestite di nero?
E, soprattutto, come
diavolo, avevamo fatto, io e Bill, a non accorgerci
di nulla, nonostante urlassero, con tutta la voce che avevano
in corpo, il nome della band di lui?!?
Mi ero voltata, per
fissarlo.
Bill aveva sospirato.
Io, lo avevo subito
imitato.
Ora si, che siamo davvero
nei guai…
Continua…
Hallo!
Scusate il ritardo, ma devo studiare! Cercherò di postare il prima possibile!
Grazie^^!