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Autore: Meer    25/01/2009    2 recensioni
Anni ed anni di vita. Tu, ferma davanti a quella finestra, guardando fuori, aspettavi che qualcosa cambiasse, mentre tutti ti giudicavano sbagliata, stupida. Ti deridevano. Inutile sognare…, dicevano. E tu, a quelle parole, non potevi che abbassare la testa e restare in silenzio. Incapace di rispondere, ti attaccavi maggiormente a ciò che sognavi. Se non sogni, quale sogno, potrà mai avverarsi?!?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Se invece di fuggire solo una volta, ti portassi via per sempre, tu verresti con me, Bill

Da dietro il muro, un ragazzo ed una ragazza, entrambi dai capelli corvini ed il trucco pesante, si sporgevano, un poco, per osservare la scena che si stava svolgendo davanti agli studi televisivi.

Un secondo.

La ragazza, sollevo il capo, incontrando gli occhi scuri di lui.

Si fissarono, i volti sconvolti, per un paio di secondi in silenzio, poi lei parlò

“E adesso, come facciamo a cavarci da questo impiccio???”

 

Laß mich träumenacht

 

Mi sembrava fosse passata una vita, eppure, era trascorsa solo mezz’ora.

Mezz’ora, da quando io, completamente presa dalle mie emozioni, avevo smesso di pensare e, con una audacia che non sapevo da dove fosse venuta, mi ero alzata sulle punte dei piedi, sfiorando le labbra di lui.

 

Ferma dietro quel muro, a solo pensarci, deglutii ancora, per poi tornare a guardare lui, Bill.

Sospirai.

 

Avevo baciato Bill, anche se la cosa, mi sembrava impossibile.

Avevo baciato Bill e, cosa per me, ancora più impossibile, lui, aveva baciato me.

Per dieci minuti.

Senza pause.

 

Sospirai ancora, deglutendo per l’ennesima volta, prima di tornare a focalizzare l’attenzione davanti a me, a quel guaio, di proporzioni stratosferiche, in cui, ci eravamo cacciati.

 

In cui io, lo avevo cacciato.

 

Tornai a fissare Bill.

Il suo volto era serio, mentre fissava anche lui di fronte a sé, probabilmente riflettendo, per trovare una soluzione.

Un secondo.

 

Ma perché dovevo essere così maledettamente stupida?, mi domandai, torturandomi, senza pietà.

 

Sospirai nuovamente, consapevole del perché.

 

Gli anni passano, ma certe cose non cambiano. Mai.

Io, che quando sapevo di compiere qualcosa che in realtà non dovevo, ero maniacalmente attenta ad ogni piccolo dettaglio, ogni qualvolta raggiungevo la felicità, perdevo completamente la testa, diventando la persona più distratta di questo mondo, pensando solo a ciò che mi dava gioia.

 

Alzai di nuovo la testa, osservando il bel viso del ragazzo.

 

Al momento, la cosa in questione, era lui.

 

Un secondo.

Bill abbassò il capo, notando il mio sguardo. Un dolce sorriso apparve sulle sue labbra, poi appoggiò il capo sopra al mio, le sue mani, si ricongiunsero sulla mia pancia, abbracciandomi.

“Non è tanto grave, tranquilla…” mormorò, teneramente.

 

Deglutii, per l’ennesima volta, mentre lui, mi cullava.

 

Dire che siamo nei guai, a mio modesto parere, non è sminuire la faccenda. E’ ignorarla completamente mentre si agitata proprio davanti ai nostri occhi.

 

Ancora tra le sue braccia, ricominciai ad osservare la scena, ripensando a ciò che era successo nella mezz’ora precedente.

 

 

Dopo il bacio,

 

…mio Dio, meglio non pensarci, se no, col cavolo che riuscirò a concentrarmi…

 

, mi ero staccata, lentamente, da lui.

Un secondo dopo, entrambi avevamo fissato le nostre scarpe, troppo imbarazzati, per osare osservare il volto dell’altro finché, ad un certo punto, il cellulare di Tom, vibrando furiosamente nella tasca dei jeans di Bill, non ci aveva fatto sobbalzare.

Gli sguardi, si erano incrociati e, senza più imbarazzato, eravamo scoppiati a ridere.

Una volta calmati, avevamo deciso di dare un’occhiata alla strada, per uscire dagli studi, per vedere se era libera.

 

Avevamo avuto una fortuna sfacciata.

 

Avevamo camminato, disinvolti, in mezzo agli addetti, fingendo di non aver nulla da nascondere, per poi, avanzare, lentamente, mano nella mano, rasentando il muro, quando i corridoi erano deserti, spiando da dietro ogni angolo, temendo di incontrare i nostri manager.

Alla fine, senza problemi, dopo essere addirittura riusciti a restituire i cellulari a Tom e Bushido, lasciandoli nei loro camerini vuoti, eravamo riusciti ad uscire.

 

Liberi, avevamo iniziato a correre, come due bambini.

Bill, che stringeva la mia mano, si era fermato quasi subito, dietro il primo angolo, per abbracciarmi.

Ci eravamo baciati ancora.

 

Non ricominciare! Concentrati!!!

 

Poi, nel giro di dieci minuti, avevamo scoperto di essere nei guai.

 

Che facciamo adesso?” avevo domandato, la voce allegra, specchiandomi nei bellissimi occhi scuri di lui.

Bill, gli occhiali da sole appoggiati contro la visiera del cappello che aveva in testa, mi aveva sorriso, riflettendo.

Un attimo dopo, il suo volto aveva rapidamente cambiato espressione.

Era diventato bordeaux.

Lo avevo fissato, senza capire, per alcuni secondi.

Lui, fissandosi le scarpe, si era grattato la guancia sinistra con la mano, imbarazzato.

“Forse sarebbe meglio andare a casa…” aveva iniziato, la voce quasi un sussurro.

Un secondo dopo, la persona con il viso più rosso, ero diventata io.

Lo avevo fissato, alcuni attimi, gli occhi sgranati, troppo sconvolta, per riuscire a parlare.

Vedendomi, anche lui aveva sgranato gli occhi, quasi urlando “No…! Ti assicuro…Non è come pensi…!”

Avevo continuato a fissarlo, in silenzio.

Ora era lui, che avrebbe attirato un toro da 50 chilometri di distanza, tanto era arrossito. “Solo…se qualcuno ci riconosce…senza guardie del corpo…”

Finalmente, avevo ricominciato a battere le palpebre, riprendendomi dallo shock.

“Cavolo! Non ci avevo nemmeno pensato!” avevo esclamato, la voce un po’ preoccupata.

 

Appartenevo a quel mondo, da troppo poco tempo, per pensare a cose di quel tipo…

Fin’ora, infatti, mi ero mimetizzata solo per sfuggire dalla mia manager…Ai fan, non avevo mai nemmeno pensato…

 

Un attimo di silenzio, poi la vocina razionale del mio cervello, aveva terminato la frase

 

…forse, perché ancora, non ne hai, di fan…

 

Avevo alzato il capo di botto, osservando il volto di lui, ora dal colorito normale.

 

Per lui, era un’altra cosa…

 

“Va bene, allora…” avevo esclamato, prima di arrossire ancora e ricominciare a fissarmi le scarpe, mentre esclamavo “Andiamo da te?”

Ok…” aveva risposto subito lui, sorridendo, ricominciando velocemente ad arrossire. Di nuovo.

Ma, solo un attimo dopo, il rossore era un ricordo.

 

Bill era sbiancato, improvvisamente. Aveva sgranato gli occhi, spalancato la bocca, portandosi una mano alla fronte.

“Le chiavi le ha Tom! Che idiota che sono!”

Io, avevo sbattuto di nuovo le palpebre, un principio di ansia che mi assaliva.

“Se siamo fortunati, riusciremo a scivolare di nuovo dentro, prendere le chiavi, ed uscire…” avevo risposto, cercando di essere ottimista.

Bill, aveva subito abbozzato un mezzo sorriso. “Proviamoci”

Avevo annuito, esclamando con voce carica “Ok!” poi lui, velocemente, si era piegato su di me.

Mi aveva baciato...

 

Concentrazione! Accidenti!!!

 

Solo che poi, quando ci eravamo staccati, ed avevamo appoggiato gli occhi sulla strada, io, non avevo potuto evitare di sbiancare.

 

Davanti alla porta dello studio, la mia manager, fissava di fronte a sé, perfettamente immedesimata nel ruolo che i signori della casa discografica le avevano affidato.

Il cane da guardia.

“Accidenti!” avevo mormorato, risentita “Come diavolo facciamo a rientrare?!?” avevo domandato poi, esasperata “Non appena mi vedrà, non mi lascerà più da sola! Sarebbe capace di aspettarmi fuori dalla porta del bagno!”

Un secondo.

Bill, alle mie spalle, aveva sogghignato, prima di rispondere, la voce tranquilla “David non è in giro…Posso andare da solo, prendo le chiavi e torno…”

Io, avevo sbattuto un altro po’ le palpebre, poi avevo annuito, anche se, l’idea di lasciarlo, non mi entusiasmava molto.

 

E piantala! Starà via un quarto d’ora al massimo…, mi aveva sgridato subito, la voce razionale del mio cervello.

 

Ma un quarto d’ora è lungo…, aveva risposto immediatamente, quella irrazionale.

 

Avevo sospirato, poi avevo annuito ancora, lo sguardo di Bill, incollato addosso.

“Farò prestissimo, promesso!” aveva concluso subito lui.

Entrambi ci eravamo voltati, tornando a fissare gli studi.

Un altro secondo.

Di nuovo, i nostri occhi si erano sgranati.

“…Talmente presto, che mi sa che non andrai…” avevo mormorato, esterrefatta.

Ero sconvolta.

 

Ma da dove erano sbucate tutte quelle ragazze, vestite di nero?

E, soprattutto, come diavolo, avevamo fatto, io e Bill, a non accorgerci di nulla, nonostante urlassero, con tutta la voce che avevano in corpo, il nome della band di lui?!?

 

Mi ero voltata, per fissarlo.

Bill aveva sospirato.

Io, lo avevo subito imitato.

 

Ora si, che siamo davvero nei guai…

 

Continua…

 

Hallo! Scusate il ritardo, ma devo studiare! Cercherò di postare il prima possibile! Grazie^^!

  
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