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Autore: BettyLovegood    01/08/2015    5 recensioni
Raccolta di drabble/one shot/flashfic Johnlock.
#1 - Don't be dead.
Io e te contro il resto del mondo, ricordi?
Non può esistere solo John. Non può farcela da solo John.
Siamo John e Sherlock, quindi smettila Sherlock Holmes, non puoi lasciarmi solo.
Siamo Sherlock e John, l’uno non può vivere senza l’altro, quindi alzati Sherlock Holmes.
Alzati e dimmi che è tutta una farsa, un trucco, uno stupido gioco.
#2 - Gli amanti perduti.
"Dimmi perché ti sei preso quella pallottola al posto mio" mormora piano il dottore.
"Tu sei quello importante John."
"Sei tu il genio Sherlock, non io."
#3 - L'arte del dedurre.
AU in cui Sherlock viene obbligato ad una seduta psichiatrica e John è il dottore.
#4- Notti senza cuore.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- OneShot, 2016 parole. -

 

#2 - Gli amanti perduti.

A Mary, la mia portatrice di luce.

 



L'unica cosa che John riesce a chiedersi in quel momento è: perché?
Perché è successo tutto quello? Perché non è riuscito ad impedirlo? Perché lui lo ha fatto? Perché è stato così dannatamente stupido da non capirlo?
John sospira piano, cercando di contenere inutilmente le lacrime che pretendono di scendere.
"Resta con me Sherlock" si ritrova a sussurrare al corpo posto ai suoi piedi. "Resta con me."

La sua mano scivola su quella del coinquilino, fredda e bagnata.
Gli tocca il polso, sentendo un lieve battito.
"Sherlock" mormora speranzoso. "Apri gli occhi Sherlock."
Ma l'amico non si muove, rimane inerme tra le sue braccia. John lo osserva, il petto si muove lentamente su e giù, gli occhi rimangono serrati, una chiazza di sangue si sta allargando all'altezza del cuore.
"Ce la puoi fare." Gli dice, accarezzandogli la mano. "Avanti Sherlock, tieni duro, l'ambulanza sta arrivando."
Continua a parlargli John, senza ricevere risposta. Perché non risponde? Perché rimane in silenzio?
Il respiro si fa sempre più debole, il sangue inizia a mischiarsi con l'acqua della piscina.
"Non andare Sherlock, non andare via." John stringe forte il corpo del coinquilino al suo, frena ancora le lacrime. Non deve piangere, Sherlock ce la farà, Sherlock vivrà.
John poggia la sua fronte contro quella dell'amico, punta i suoi occhi sulle palpebre chiuse dell'altro.
"Avanti Sherlock" sibila, quasi con rabbia"Non lasciarmi solo, non farmi nuovamente del male. Apri gli occhi Sherlock! "
Uno spruzzo di azzurro, un battito veloce di ciglia e John si ritrova a fissare i suoi splendidi occhi dal colore indefinito.
"Sherlock" sussurra John, la fronte ancora poggiata alla sua, gli occhi fissi in quell'azzurro che non sembra azzurro, le labbra a pochi centimetri le une dalle altre.
"John" la voce di Sherlock è roca e profonda. Il dottore non ha mai sentito un suono più bello di quello. "John io..."
John lo zittisce, poggiandogli un dito sulle labbra. "Perché Sherlock?" chiede, la rabbia sostituisce la sorpresa e si ritrova a stringere leggermente i pugni. "Perché lo hai fatto?"
Sherlock socchiude gli occhi e John istintivamente lo stringe più forte, come per risvegliarlo.
"John io non..." La voce di Sherlock si spegne in un attimo. Il consulente investigativo non sa cosa dirgli.
"Mi dispiace" "Scusa" "Ti amo"
Sono tante le cose che vorrebbe urlare in quel momento, ma non ci riesce.
Sente una forte fitta al petto e stringe i denti. Deve farcela, non può lasciare John da solo. Non può farlo soffrire ancora.
"Sai che non hai scampo fratellino" gli sussurra la voce di Mycroft. Sherlock chiude gli occhi e li riapre velocemente, per uscire dal suo MindPlace. C'è già stato rinchiuso a lungo, e sa come andrà a finire.
Osserva il voto di John, devastato, sofferente e stringe gli occhi per non piangere.
"Dimmi perché ti sei preso quella pallottola al posto mio" mormora piano il dottore.
"Tu sei quello importante John."
"Sei tu il genio Sherlock, non io."
Il detective si lascia sfuggire un sorriso storto. "Tu hai Mary, una figlia da crescere. Io non servo a nessuno, nessuno ha bisogno di me."
John apre e chiude la bocca senza riuscire a proferire parola.

Ricorda l'assassino che stavano inseguendo, un uomo alto con il volto celato da una maschera. Ricorda Sherlock, a pochi metri dietro di lui urlargli di non lasciarselo sfuggire. Ricorda di essersi voltato, come un idiota, verso l'amico, per ribadire che lui non si lascia sfuggire nessuno. E poi un urlo, Sherlock che lo tira giù e uno sparo. Il tonfo di un corpo che cade e qualcuno che si allontana correndo.
Ricorda di aver urlato il nome di Sherlock, di aver sparato alla cieca verso l’assassino e poi il caos totale.
L’aveva fatto di nuovo. Gli aveva salvato di nuovo la vita, per la terza volta.
John vorrebbe chiedergli perché continua a farlo, perché continua ad essere cosi dannatamente perfetto, perché ha scelto proprio lui.
Vorrebbe strappargli quel sorriso storto con un bacio per ringraziarlo di tutto quel che ha fatto per lui.
Ma non fa nulla di quello John, perché trasformare i pensieri in realtà è una cosa dannatamente difficile per lui. Gli accarezza una guancia fredda e si lascia sfuggire una lacrima.
"Sei un grandissimo idiota." Sussurra.
Sherlock sorride, calde lacrime scendono anche sul suo volto.
“Due secondi fa ero un genio”
“Si beh, sei un genio idiota.”
Sherlock si muove tra le sue braccia e John lo ferma.
“Sta fermo, l’emorragia …”
“John.” Il dottore riconosce subito il tono dell’amico. E’ quello che usa per fargli notare qualcosa di ovvio, quello che accompagna sempre con uno sbuffo, quello che nasconde dietro un ‘perché siete tutti idioti da non capire’.
“No.” Mormora in risposta, continuando a tenerlo fermo steso sulle sue gambe. “Stai fermo”
Sherlock sospira, allunga una mano per asciugargli le lacrime e John gliela ferma li, sulla sua guancia.
“John sei un dottore.” Gli dice. “Sappiamo entrambi come andrà a finire. Io non..”
“Sta zitto!” John lo interrompe, con voce dura. Le lacrime continuano a scendere, ormai non più fermarle. “Tu non morirai Sherlock, io non ti permetterò di andare via.”
E’ un ordine quello di John. Un ordine del capitano Watson che Sherlock non potrà eseguire, e lo sanno bene entrambi.
Sherlock deglutisce, la vista sta iniziando ad appannarsi, non sente più niente al di fuori della guancia calda di John sotto la sua mano.
“Parlami Sherlock” ordina ancora John. “Resta con me”
Sherlock annuisce piano, la sua testa sembra pesare tonnellate.
“Mi dispiace John.” Bisbiglia. “Mi dispiace per tutto, io non riesco…”
John scuote il capo, poi fa la cosa che meno si aspettava di fare ma che più desiderava fare da molto, troppo, tempo: lo bacia.
Un tocco di labbra, lacrime che si mischiano le une con le altre, sapore di sale e di cloro.
Si scambiano un bacio John e Sherlock, un bacio che sa di disperazione e sofferenza. Un bacio che racchiude tante cose mai dette, tante cose dimenticate, tante cose nascoste.
Un bacio che sa di addio.
Sherlock assapora quelle morbide labbra che da tanto desiderava far sue, chiude gli occhi per ricordare per sempre quel tocco leggero e magnifico del suo dottore.

Non doveva accadere così. Si ritrova a pensare il consulente investigativo.
Non doveva sapere di disperazione quel bacio, ma di gioia, di conquista e d’amore.
Ma infondo che ne sa lui di baci? Lui che disprezza i sentimenti, odia l’amore e rinnega la bellezza.
Che ne sa lui di tutto ciò? Lui è solo una fredda macchina calcolatrice, zero sentimenti, zero complicazioni.
Non sa nulla Sherlock Holmes di queste cose, ma c’è sempre un’eccezione.
E John Watson era la sua. John Watson è ciò che ha fatto rivivere Sherlock ed è ciò che lo sta uccidendo.
Una perfetta sintesi di una storia d’amore.


John piange. Si aggrappa al corpo di Sherlock. Non può lasciarlo andare via, non ora, non in questo momento, ne mai.
John non può andare avanti senza di lui, lo sa bene.
“Io ho bisogno di te Sherlock” gli urla. “Ho bisogno di te come un pesce ha bisogno d’acqua, come il sole ha bisogno della luna, come… come una pianta ha bisogno dell’anidride carbonica. Ho bisogno di te Sherlock Holmes, ho bisogno della tua follia, dei tuoi sbalzi d’umore e del tuo sorriso. Ho bisogno del tuo violino alle tre del mattino, dei tuoi esperimenti e delle tue stupide deduzioni. Ho bisogno di sentirti vicino, di poterti accarezzare di poter baciare nuovamente le tue labbra.”
Sherlock si bea delle dolci parole di John, del suo John, chiudendo gli occhi.
Sono le ultime cose che sentirà in vita sua, ed è felice Sherlock.
Sta scivolando via, lontano da John, lontano da tutti, ma il suono della voce di John lo accompagna, non lo lascerà mai.
“Ho bisogno di te Sherlock.” Sussurra ancora una volta John, con voce spezzata. “Non andare via.”
Ma John sa benissimo che Sherlock è già andato.
Il suo cuore ha smesso di battere, i polmoni di respirare.
Sherlock è andato via, in un posto dove John non potrà raggiungerlo.
“Non puoi averlo fatto sul serio Sherlock.” John scuote il capo, sul volto del compagno è rimasto dipinto un sorriso. “Non puoi avermi lasciato”

John sente dei passi avvicinarsi, non si volta a vedere chi è, non gli importa nulla.
Qualcuno lo chiama piano, ma lui non risponde continua a tenere gli occhi fissi sul volto di Sherlock, continua a sperare di rivedere i suoi occhi riaprirsi e la sua bocca muoversi.
Un uomo gli poggia una mano sulla spalla, lo tira per allontanarlo, mentre una donna e un ragazzo si chinano a prendere il corpo di Sherlock.
“No” mormora, liberandosi dalla stretta dell’uomo, per riavvicinarsi a Sherlock.
Non può lasciarlo.
“John vieni via.” Il dottore riconosce la voce di Mycroft, scuote la testa e rimane li.
“Ho bisogno di lui” sussurra piano afferrandogli la mano fredda.
L’uomo sospira, osservando il corpo del fratello privo di vita. “Lo so John, anche io.”
John si volta finalmente ad osservarlo. Non piange Mycroft Holmes, rimane in piedi dietro di lui con il suo completo impeccabile e il suo ombrello scuro.
Non versa lacrime Mycrof, ma John riconosce la sofferenza nei suoi occhi.
Annuisce piano e finalmente si alza, lasciando che i medici prendano il corpo di Sherlock.
Si asciuga le lacrime e prende un forte respiro.
Da un’ultima occhiata a Sherlock, coperto interamente da un lenzuolo bianco, volta le spalle e se ne va, ignorando le persone che tentano di fermarlo.
Non c’è niente più che gli impedisce di andarsene.



 

*******
 






Le ragazze di Baker Street amano raccontarsi storie d’amore.
C’è quella del principe innamorato di una serva, del vampiro infatuato della mortale, ma quella che più amano è quella dei due amanti perduti.
Si dice che da Southwark a St. James’s, passando per Waterloo; da Westminster a Belgravia fino ad arrivare su a Marylebone (*) si può ascoltare la loro storia.
Un dottore e un geniale detective; un uomo paziente e il suo irritante amico; un soldato e un violinista; uno scrittore e un allevatore d’api; … Sono tanti i ruoli che assumono i due, non si sa mai quale siano quelli giusti.
Forse tutti, o forse nessuno.
I due si sono conosciuti grazie ad un amico, un grasso Cupido, come amano chiamarlo le ragazze, in un ospedale.
E’ bastato uno sguardo, poche parole e i due si sono ritrovati a condividere un appartamento.
Hanno vissuto una vita piena d’avventure insieme, si dice che si sono salvati a vicenda, rendendo meravigliosa la vita l’uno dell’altro.
Si racconta che i due hanno scoperto solo in punto di morte il loro amore, ma tutti i loro amici sapevano già che la loro era una sconosciuta (ai loro occhi) storia d’amore.
Si dice che siano riusciti a scambiarsi un solo bacio, ma che con quello abbiano suggellato anni e anni di cose non dette, parole nascoste,
Dicono che uno dei due era sposato, aveva una figlia, una bella vita che ha abbandonato per un po’ per preoccuparsi dell’uomo che in realtà amava.
Raccontano che uno dei due sia ancora vivo, invecchiato e stanco, ma che ogni singolo giorno passa per Baker Street e si ferma davanti al 221b, una casa abbandonata che non hanno mai demolito, e sorride.
Si dice che l’uomo ancora vivo, per motivi sconosciuti, non si sia mai fatto crescere i baffi e che zoppica appoggiandosi ad bastone.
Raccontano che vicino alla tomba dell'amante perduto ci sia un ombrello scuro, che nessuno mai porta via.
Dicono che la loro storia è speciale, che l'uomo morto abbia salvato ben tre volte la vita dell'uomo che amava e che nessuno mai sarà in grando di prendere il posto di quest'uomo nel cuore dell'altro.
Raccontano che è tutta una leggenda, non può esistere un amore così grande, ma la ragazza dai biondi capelli e gli occhi azzurri sorride.
Lei sa la verità, lei conosce la vera storia dei due amanti perduti e sa che l'uomo ancora vivo non ha mai smesso di amare il suo migliore amico.




Note di B.
(*) Mentre sfogliavo una vecchia cartina di Londra ho scoperto che Marylebone è un'area di Londra  dove si trova Baker Street.

Questa storia è nata grazie ad una "sfida" lanciata da Koa su facebook.
E' inspirata alla fanart stupenda pubblicata sopra.
Ho riscritto questa storia forse dieci volte, ci ho messo un'intera settimana e non riesce a convincermi, ma sono felice di essermi sbloccata dal mio periodo di 'non scrittura'.
Ringrazio Koa per questa magnifica sfida, mi sono divertita e spero di giocare ancora ;)
Ah, la sfida consisteva in non più di  2500 parole, e c'era bisogno dell'avvertimento death.
Credo di essere riuscita in tutto xD
Vi consiglio vivamente di andare a leggere la storia di Koa e di Rosebud, le due partecipanti alla sfida, meritano sicuramente di essere lette e amate.
Prometto di tornare con qualcosa di meno triste,
with love B <3

 

 

   
 
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