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Autore: Andromenoir    04/08/2015    2 recensioni
"Prego?" domandai.
"Ciao"
"No"
"No?"
"Sono lesbica"
"Non capisco"
"Sono tutte risposte che dovrebbero indurti ad alzare i tacchi e provarci al massimo con la tredicenne seduta dietro di te. Con lei forse avresti qualche speranza"
"A me piaci tu"
"A me Megan Fox, come la mettiamo adesso?"
Un incontro casuale. Un incontro che cambierà la vita di Amelia.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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CAPITOLO 2:

Quando mi alzai il mattino successivo notai di essere di fronte ad un grande dubbio: era successo davvero oppure l'incontro della notte precedente l'avevo solo sognato?
Impiegai alcuni minuti buoni per convincermi che l'ipotesi giusta fosse la prima, detto questo non potevo non ammettere che fosse stato un qualcosa di davvero strano.
Mi resi conto inoltre che per tutta la mattinata non ero riuscita a far altro che pensare a quel ragazzo, a Matt. Tuttavia, risprofondando nella mia routine giornaliera, questi venne obliato dalla mia mente.
Come ogni santo giorno avevo fatto mille corse a piedi e con il bus per spostarmi da una parte all'altra della città. Ero andata a recuperarmi le ultime dispense di cui necessitavo, avevo fatto un po' di spesa, ed ecco che si era di nuovo fatta sera. Decidemmo, io, Allison e June, di vederci per fumarci una siga e per bere qualcosa, stravaccate da qualche parte.
Mi piaceva stare con loro. Era bello, una volta diplomate, continuare a vederci nonostante non frequentassimo la stessa università, e parlare del più e del meno. Ero indecisa se raccontar loro la mia ultima esperienza, decisi però che avrei atteso in ogni caso per farlo.
"Mio fratello è tornato!" esclamò Allison non appena ci sedemmo su una panchina "finalmente dopo un anno è ritornato a casa. Chissà se è ancora scemo come lo era prima di partire"
"Dici che l'Inghilterra non l'abbia cambiato?" domandò June.
"Dico solo che le brutte abitudine sono dure a morire"
"E tu lo sai bene, vero?" domandai costringendo Ju a soffocare una risata "tra l'altro è assurdo che io non abbia mai conosciuto tuo fratello"
"Beh conta che è andato via per un anno, e noi ci frequentiamo bene da poco prima"
"Tra l'altro" ripresi la parola "parlando di cose assurde... sapete chi ho incontrato ieri sera?"
"Oddio il pazzo!" indovinò June portandosi le mani alla bocca.
"Eccheccazzo ma non ce la fai proprio a non rovinarmi le sorprese vero?"
"Ma ti pare che tu la definisca una sorpresa?!" mi redarguì lei.
E fu così che narrai le varie vicende della sera prima, senza tralasciare neanche un dettaglio. Vi lascio immaginare le loro espressioni, e i loro commenti. Le rassicurai spiegando che si era trattato di un caso e che non lo avrei mai più visto neanche volendo. Ed effettivamente io non volevo rivederlo. Perchè avrei dovuto? La mia vita era perfetta così com'era.
"Ah si?" mi domandò June quando lo affermai "ma se ti stavi per comprare un gatto!"
"E quindi?"
"Tu odi i gatti" mi ricordò.
"Amelia è ora che ti trovi qualcuno, finchè sei in tempo" si intromise adesso Allison.
Rettifico tutto quello che aveva detto prima: adesso le ammazzo di botte.
Non capivo perchè si preoccupassero tanto dei miei sentimenti, o meglio, del fatto che non li nutrissi per un monocefalo dell'altro sesso e quello  sua volta non li provasse per me. Ero ancora bella e giovane, il mondo sarebbe stato ai miei piedi ancora per cinque anni.
Non è che non apprezzassi il loro interessamento ma June era ancora single, e Allison era fidanzata da appena quattro mesi.
"Lia" mi chiamò dolcemente June, al che le lanciai un'occhiata di fuoco intimandola di non rivolgersi mai più a me con quel diminutivo "Amelia" si corresse soffocando una bestemmia "non è un problema che tu sia single, ci mancherebbe, il punto è che lo sei da troppo tempo!"
"Che intendi?"
"Due anni sono davvero troppi"
June era forse la persona a cui più tenevo al mondo. La persona che forse più mi amava sulla faccia della terra e per la quale, e sola, potevo affermare di provare un sentimento molto simile all'amore. Era un'amicizia strana la nostra, malata e morbosa, ma non sessuale. Ci amavamo in maniera platonica, in un modo che non era possibile da etichettare. Motivo per cui si poteva considerare il solo essere umano che poteva prendersi la libertà di dirmi tutto ciò che pensava senza temere un ceffone in faccia o un calcio nei coglioni. Detto questo, non vuol dire che doveva piacermi sempre ciò che mi diceva.
"Perchè? Capita ad un sacco di persone!"
"Si, ma non a te"
"Ma smettila! Preferisci che io sia single, o che continui a frequentarmi con uno di quei ragazzi di cui, purtroppo, mi sono sempre circondata?"
"No, a me preoccupa solo il fatto che tu non sia in grado di trovarti un bravo ragazzo, ma che continui a cadere nei soliti giri"
Non capivo perchè mi dicesse quelle cose. Neanche Allison era più a suo agio, e questo lo avevamo notato entrambe. Non riuscii però a concentrarmi su altro che su June: che fosse giunto per lei quel periodo del mese e che l'avesse indotta così a vomitarmi merda addosso, oppure pensava davvero quelle cose ed erano mesi che attendesse di dirmele?
Non volli scoprirlo.
Purtroppo la mia natura femminile si fece presto avanti, e piuttosto mi sarei staccata i bulbi oculari con le dita che far vedere che in fondo mi avevano ferita. Nonostante lei lo avesse capito perfettamente da sè: a lei non si poteva nascondere nulla, era davvero in grado di leggerti l'anima nella maniera più strana e inquietante del mondo.
"Io sto bene così June, e il giorno in cui avrò bisogno di un consiglio saprò da chi andare. Quel giorno però non è oggi"
Mi alzai, presi la mia borsa e le salutai.
Non tentai di inventarmi una scusa. Non pensai che fosse il caso, soprattutto perchè la colpa, se così volevamo definirla, non era mia.
Sapevo che il giorno successivo, o quello ancora seguente mi sarei dimenticata di tutto, ma il mio orgoglio mi impediva di far trascorrere meno tempo prima di rivederla.


Non volevo tornare a casa. Non volevo andare a dormire con quelle parole che mi risuonavano nella testa. E quale era il solo modo per dimenticarsi di qualche cosa?
Bere.
Afferrai il mio cellulare e mi maledissi ulteriormente per non averlo ricaricato. Non avevo più credito, in realtà non ce l'avevo più da quasi un anno, ma in ogni caso il problema sussisteva: come cazzo avrei chiamato Mich?
Le opzioni erano diverse, una più improponibile e infattibile dell'altra. Decisi allora di tentare la sorte: sarei andata sino al locale dove di solito si andavano a sbronzare lui e i suoi amici.
Ero troppo stanca e arrabbiata per pensare di stare indossando il vestito più corto che il mio guardaroba avesse sfoderato in uno dei quartieri peggiori in cui sarei potuta finire con quell'abito.
Ripeto, ero troppo stanca e arrabbiata per pensarci.
Non mancava molto prima che arrivassi alla piazzetta di fronte a quel locale di cui stavo parlando prima, quand'ecco che ad un certo punto mi sentii afferrare per un braccio. Per un secondo ebbi un dejavù: mi voltai come se dietro dovessi trovarci Matt, ma non mi sarei potuta sbagliare tanto come quella volta.
Non solo, ovviamente, non si trattava di quel ragazzo, ma non si trattava nemmeno di una persona sola.
Sapevo bene o male come comportarmi in quella situazione, e me lo ripetei all'infinito dentro di me per cercare di tranquillizzarmi e apparire così il più serena possibile.
"Ciao bella ragazza" sbiascicò uno di quei tre uomini di origine orientale "hai una sigaretta per me?" mi domandò gentilmente.
"Certo. Ecco, tieni"
Sperai dentro di me che i suoi bisogni in quel momento si limitassero al tabacco. E, senza sapere il motivo, un brivido mi attraverò tutta quanta la schiena raggelandomi il sangue in un giorno di metà agosto.
"Come ti chiami?" mi domandò sempre lo stesso, gli altri due invece si limitavano a sorridermi.
"Amelia. Ciao ragazzi, scusate ma devo andare: mi stanno aspettando qui dietro alcuni amici e se dovessi ritardare scemi come sono inizierebbero a cercarmi"
Non sembrava capire. Non voleva capire che me ne dovessi andare. Ricominciò a parlarmi come se nulla fosse. Non riuscivo bene a comprendere ciò che mi stesse dicendo, a causa del fatto che da un lato non conosceva bene la nostra lingua e dall'altro avesse visibilmente bevuto. Gli altri due invece si scambiarono parole in una lingua a me sconosciuta, quindi mai avrei potuto comprendere ciò che si stessero dicendo.
"Sai" riprese la parola "io lavoro bene. Prendo più di 85 dollari al giorno" parlava per mezzo di frasi molto concise, e prendendosi una piccola pausa l'una dopo l'altra "e cerco una donna per me e per mio fratello"
Ed ecco che adesso uno degli altri due si fece avanti sfoderando un sorriso smagliante. Questo però tutto poteva fare altro che rassicurarmi.
Ripresero a scambiarsi parole nella loro lingua, decisi a non voler farmi capire che cosa si stessero dicendo.
"E' bello mio fratello vero? Parla inglese, lo sai questo?"
"Sono sicura che riuscirà a trovare una moglie perfetta per lui. Adesso scusate, ma devo proprio andare"
"Molto bella tu. Lo sai che abito qui vicino?" mi informò ulteriormente afferrandomi il polso e avvicinandomi leggermente a sè.
"Ti ringrazio, ma il mio ragazzo mi sta aspettando. E non vorrei mai che venisse a cercarmi"
Solo allora quello mi lasciò andare.
Li salutai cortesemente, e subito dopo me ne andai con passo svelto.
Il cuore batteva a mille, e dentro di me mi sentii sollevata per essere nuovamente riuscita a cavarmela. Sapevo di non poter scherzare con il fuoco, ma sapevo anche che a forza di abitudine divenni sempre più esperta nell'affrontare determinate situazioni.
"Ti stavamo aspettando" mi disse Mich non appena mi sedetti accanto a lui e afferrai dalle sue mani una birra.
"Finalmente sono arrivata"

  
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