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Autore: FlyingBird_3    06/08/2015    3 recensioni
Berlino, 1938
La capitale tedesca è in fermento, viva più che mai grazie alle abili mani dei gerarchi nazisti; tra le sue strade però, le persone comuni svolgono la vita di tutti i giorni.
Tra queste vi è Gerda, una giovane ragazza berlinese amante della moda e della libertà; la sua routine quotidiana è scandita dal lavoro, da feste e chiacchiere con le amiche.
Tutto sembra perfetto finché un giorno, improvvisamente, fa la sua ricomparsa un’importante figura nella vita di Gerda: Andreas.
Andreas Lehmann è un ragazzo tutto d'un pezzo, reso una proiezione di sé stesso grazie ai tempi della dittatura; all’apparenza è freddo, distaccato dai rapporti umani, dedito solo al lavoro. Ma dietro la sua corazza, nasconde un passato di sofferenze e dolore che solo l’amore più sincero può guarire.
I due, amici dall'infanzia, si rincontreranno così dopo molti anni, scoprendo che non c'è via di fuga al loro destino.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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Seconda parte
 
Mezz’ora più tardi ci trovavamo in una splendida stanza laterale del teatro, circondati da lunghi tavoli pieni di delizie. Da ogni dove spuntavano uomini in divisa o in abito da sera, tutti recanti la vistosa fascia rossa con il simbolo del Reich.
Donne eleganti, per lo più anziane, accompagnavano quelli che dovevano essere mariti o parenti, e tutti sembravano conoscersi, in un modo o nell’altro; io e Andreas stavamo scegliendo un drink quando una voce familiare ci fece voltare.
< < Andreas! Signorina… > >
L’ammiraglio ci sorrise, e quasi non notai Andreas che gli fece il saluto militare, al mio fianco.
< < Riposo, riposo! Caro Andreas, ti sei dimenticato di presentarmi la tua accompagnatrice… ma non ti disturbare abbiamo già risolto da soli > > disse, facendomi l’occhiolino.
< < Spero le sia piaciuto lo spettacolo di questa sera > > disse Andreas, porgendogli un bicchierino.
< < Magnifico, una prima eccezionale… > > l’uomo si girò giusto un attimo controllare dietro di sé, < < Vorrei presentarvi un mio caro amico > >
L’ammiraglio ci introdusse ad un uomo basso e grassoccio, quasi insacchettato dentro il suo smoking nero, e con un paio di occhiali che continuavano a scendergli dal naso. Appena strinsi la sua mano, una scossa di spiacevole mi attraversò il braccio; gli occhietti iniettati di sangue dell’ometto mi squadrarono da capo a piedi, facendomi sentire stranamente vulnerabile.
Gli altri comunque sembravano non averlo notato, e dopo alcuni minuti di soliti convenevoli, l’ammiraglio mi prese sottobraccio.
< < Spero che non ti dispiacerà se chiedo alla tua compagna di fare un ballo > > disse.
Io mi girai verso Andreas, sorpresa: sembrava che mi stesse portando via per lasciarli parlare da soli.
< < Vi guarderò da qui > > disse, guardando prima lui poi me.
L’ammiraglio Meyer mi portò al centro della piccola pista da ballo, ed iniziammo un lento valzer in mezzo ad altre coppie.
< < Lei dev’essere una ragazza molto perspicace > > disse tra un passo ed un altro.
Io risi, trovando l’intera situazione irreale.
< < Come fa a dirlo? Non mi conosce neanche > >
Lui annuì, osservando un punto alle mie spalle.
< < Posso dirle che ho un occhio allenato nel capire queste cose > >
Scossi la testa ringraziandolo, nonostante non ci stessi capendo proprio niente della sua persona; in alcuni aspetti continuava a ricordarmi Andreas.
Mi girai a guardarlo dall’altra parte della stanza, e lo vidi impegnato in una fitta conversazione con l’ometto di poco prima; Meyer doveva averlo notato, poiché subito dopo mi chiese di lui.
< < Quanto le ha raccontato del suo lavoro il signor Lehmann? > >
< < In verità non molto. Sembra che assorba gran parte del suo tempo, ma non ne vuole parlare… > >
L’ammiraglio mi strinse più forte mentre ondeggiavamo da una parte all’altra della pista.
< < Saprebbe dirmi di cosa si occupa quell’uomo con cui sta parlando Andreas? > >
La curiosità fu troppa, e non riuscii a impedirmi di chiedergli chi fosse quell’uomo.
< < Quello signorina è il braccio destro di von Osten. Non c’è decisione che von Osten prenda, senza aver prima consultato quell’uomo. > >
Alzai gli occhi dalla pista per cercare di ricordare dove avevo già sentito quel nome… von Osten… Lilian mi aveva detto qualcosa su di lui. Andreas era visto di buon occhio da quell’uomo.
Per un attimo persi il filo del discorso con Meyer, e dato che sembrava non sfuggirgli niente, pensò bene di concludere lui la conversazione.
< < Signorina, gli stia accanto il più possibile. Andreas è un soldato che ha una grande carriera davanti, ma un uomo ha bisogno anche di altro nella sua vita oltre al lavoro. Diciamo che… ultimamente ha preso delle decisioni che per alcuni potrebbero risultare grandi errori > >
Lo ascoltai attenta.
< < Non posso dirle di più. Sono sicuro che lei lo aiuterà a prendere decisioni migliori per lui, nel futuro. Ora mi scusi… > >
Prima ancora che potessi fare qualsiasi domanda l’ammiraglio mi lasciò, riservandomi un piccolo inchino.
Qual’era il vero significato dietro quelle parole? Qual’era l’errore che aveva appena commesso Andreas?
Qualcosa in quello che era successo in galleria mi spinse a non chiedergli nulla; quando gli tornai vicino, notai che il suo interlocutore se n’era andato.
< < Sembra che tu piaccia molto a Meyer > > disse, invitandomi a spostarci dalla calca del banchetto.
< < È un uomo misterioso. Da quanto vi conoscete? > >
< < È stato il mio capo fino a poco tempo fa. Lo considero come un secondo padre… cosa ti ha detto? > >
Ecco perché Meyer dava del tu ad Andreas… doveva essere stato una persona importante nella sua vita se lo stesso ammiraglio si preoccupava per lui.
< < Abbiamo parlato dello spettacolo. Nulla di particolarmente interessante > > dissi, facendomi tentare da piccole fette di Sacher.
 
La serata passò e, quando fummo in macchina, nemmeno mi accorsi che era già passata la mezzanotte.
Il suo autista personale non c’era (Andreas disse di avergli dato il consenso di tornarsene a casa prima) e così entrambi sedemmo davanti.
< < Per quanto me ne si dica, il momento migliore di una serata è quando si torna a casa. Tu che ne pensi Gerda? > >
Quasi non lo stavo ascoltando, rapita da una magnifica Volkswagen scintillante che stava facendo salire la più bella coppia che avessi mai visto in quel momento.
< < Cosa? No… no, io preferisco l’inizio invece… i preparativi… > >
Mi girai alla ricerca di quell’uomo e quella donna che facevano aspettare i servitori baciandosi sotto un ombrello nel mezzo del marciapiede.
< < Che c’è Gerda? Hai dimenticato qualcosa? > >
Tornai seduta comoda, vedendo che Andreas mi guardava con sguardo divertito.
< < Perché non facciamo una passeggiata invece di tornare subito a casa? > >
Era troppo tardi per me per fare una richiesta del genere, ma verità era che volevo stare con lui, sola con lui. I miei genitori mi avrebbero punita sicuramente, però non potevo non cogliere quell’occasione.
< < Piove… potresti rovinare il vestito > >
Mi guardai la pelliccia, e in un attimo la tolsi; la buttai nei sedili posteriori e presi una giacca che probabilmente aveva lasciato lì poco prima.
< < Ti dispiace? > > dissi, indossandola.
Lo vidi sorridere mentre mi guardava mettere la sua giacca verde da lavoro; scesi dalla macchina, scoprendo che non stava piovendo affatto. In compenso però, il freddo penetrava fin nelle ossa.
Mentre mi scaldavo le mani guardando se l’orlo del vestito toccava terra, sentii la sua portiera aprirsi e chiudersi, e in pochi passi fu accanto a me.
< < Sicura di non avere freddo? > >
Mi strinsi nelle spalle, affondando nella sua giacca: subito un profumo familiare mi avvolse.
< < Camminando lo sentirò di meno > >
Andreas mi mise un braccio attorno alle spalle, stringendomi al suo petto; piano piano iniziammo a camminare tra le vie sorprendentemente deserte del centro città.
< < Dove vuoi andare? > > mi chiese dopo un po’.
< < Non lo so… non so neanche più dove siamo > >
Camminammo così tanto che arrivammo quasi vicino al palazzo del Reich, o almeno così era sicuro Andreas; con il buio fitto non riuscivo più a distinguere le vie.
< < Ci vengo ogni mattina qui, la conosco come le mie tasche questa strada > >
Mi guardai intorno e mi accorsi che avevamo imboccato un viale: piccoli alberelli spogli alternati a panchine segnavano il percorso, mentre i lampioni illuminavano in modo scarso il marciapiede. Tutta l’atmosfera, complice il silenzio, sembrava completamente surreale. Dov’era finita tutta la gente? Possibile che fossero tutti a dormire con quello spettacolo proprio fuori dalla loro porta?
Un violino gracchiava stonato da qualche parte di quel viale, e colse subito la mia attenzione.
< < Lo senti? > > dissi ad Andreas.
Lasciai la sua mano, addentrandomi nel buio di una stradina; quando fui abbastanza vicino al musicista, questo interruppe bruscamente la canzone. Mi guardai attorno con più attenzione, e notai un fagotto che cercava di nascondersi nell’ombra.
< < Non avere paura, non voglio farti del male… volevo solamente ascoltare la tua musica… > >
Mi avvicinai ancora di più, quando qualcuno mi trattenne da dietro.
< < Stai attenta > >
Tirai un sospiro di sollievo quando vidi gli occhi azzurri di Andreas illuminare il buio.
< < Stai tranquillo > >
In quel momento una luce nel palazzo a fianco si accese, illuminandoci tutti e tre: riuscii a scorgere la figura che si nascondeva tra le vesti. Era una donna. Una donna estremamente familiare, ma non riuscivo a ricordare chi potesse essere.
< < Sta bene? Ha bisogno di qualcosa? > >
Mi avvicinai con cautela alla donna e, spostando la grande sciarpa che le copriva quasi interamente il viso, riuscii a sfiorarle le guancie: erano gelide.
Presi la borsetta e l’aprii, dandole tutto quello che avevo.
< < Prenda. Serve più a lei che a me > >
La donna fece segno di no con la testa, ma io insistetti; alla fine accettò, conservando il denaro in una tasca del suo grande cappotto.
< < Grazie > >
Appena udii la flebile voce della donna, la sensazione di deja-vù ritornò prepotente: l’avevo riconosciuta. L’accento austriaco, gli occhi scuri.
< < Lei è… lei era un’insegnante di violino per caso? Alla scuola di musica di Charlottenburg? > >
La donna sbarrò gli occhi, guardandomi sorpresa.
< < Sapevo di averla già vista, mi ricordo delle sue esibizioni a teatro. Ma come… come ha fatto ad arrivare qui? Era così brava > >
La donna sembrò affondare ancora di più nei suoi stracci, mentre cercava di rispondere.
< < Licenziata… troppo vecchia per lavorare... in poco tempo ho perso tutto e non ho nemmeno i soldi per tornare in Austria… voglio essere lasciata sola. > >
Mi girai verso Andreas che stava in piedi dietro di me, impassibile.
< < Non ha un marito? Un parente? Possiamo aiutarla noi… > >
La donna scosse violentemente la testa, in segno risoluto.
< < Tutti in Austria > > disse, semplicemente.
Mi inginocchiai e posai una mano sulla sua spalla, in segno di conforto. Appena si mosse per soffiarsi il naso, notai il manico del violino accanto a lei.
< < Le prometto che tornerò ad aiutarla. Lei potrebbe farmi un favore? > >
La donna mi guardò un po’ in cagnesco, in attesa della mia richiesta.
< < Potrebbe suonarmi un pezzo di Schubert? Era così brava a scuola… mi incantava > >
Gli occhi della donna scintillarono, come se all’improvviso non sentisse più il freddo e la fame; si girò e prese il violino con gesti sicuri. Io la salutai con un cenno e tornai sui miei passi con Andreas.
< < Credo che quella donna voglia essere lasciata sola > > disse, mentre le note ci accompagnavano.
< < Come fai ad abbandonarla? Un biglietto per l’Austria per quanto possa costare non varrà mai più della sua vita, Andreas. Non hai compassione per lei? > >
Ci fermammo, seguiti ancora dalle malinconiche note di violino.
< < Succede Gerda. Questo non vuol dire che non mi dispiaccia per lei, ma Berlino è piena di barboni. Non possiamo aiutarli tutti > >
Sospirai, sedendomi su una panchina ghiacciata. Quanto durava quella canzone? Tre, quattro minuti?
< < È triste che abbiamo perso l’abitudine di guardare le stelle la notte > > disse Andres, < < È come se mi riportasse indietro di anni. Stesso posto, stessa persona eppure tutto è cambiato > >
Lo guardai mentre osservava il cielo, e nel giro di qualche minuto sembrava aver perso ogni corazza, ogni protezione.
< < Lo faresti un ballo Andreas? > >
Lui mi guardò di traverso.
< < Qui. Balleresti con me? > >
< < Gerda, io non so… ballare… > >
Risi, vedendo che per la prima vera volta sembrava impacciato; gli cinsi le spalle, prendendo una sua mano nella mia.
< < Vedi non è così difficile… basta seguire la musica > >
Le note del violino si facevano sempre più lontane, ma il ritmo che stavamo seguendo era quello del nostro cuore.
Ci guardammo negli occhi per un tempo che non seppi definire, chiusa nel suo abbraccio come in una fortezza inespugnabile; seguì il bacio più bello che possa ricordare.
Le viscere sembravano annodarsi ogni volta che lui mi portava sempre più accanto a sé; tutto il resto sembrava annullarsi al tocco delle sue labbra.
Quando mi lasciò dolcemente, sentivo il corpo tremare: era stato più forte di quanto avrei mai pensato.
< < Vorrei portarti a casa con me stasera > > disse, ma il suo sguardo era triste.
< < Ti prometto che arriverà quel giorno in cui le nostre strade non si divideranno più, nemmeno per tornare a casa > >
  
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